Tsitsi il Dio greco (Crivelli). Nole mette il punto in difesa del padre (Giammò). Eliminati i big, la piccola Urgesi fa grande l'Italia (Nidzegorodcew). Una poltrona per due (Azzolini). Rybakina-Sabalenka, a chi batte più forte (Strocchi). Nell'occhio del ciclone (Semeraro)

Rassegna stampa

Tsitsi il Dio greco (Crivelli). Nole mette il punto in difesa del padre (Giammò). Eliminati i big, la piccola Urgesi fa grande l’Italia (Nidzegorodcew). Una poltrona per due (Azzolini). Rybakina-Sabalenka, a chi batte più forte (Strocchi). Nell’occhio del ciclone (Semeraro)

La rassegna stampa del 28 gennaio 2023

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Tsitsi il Dio greco (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La disfida al titano si gioca anche sul filo sottile della psicologia: «La finale del Roland Garros del 2021? Non ne ho memoria». In questo modo, Stefanos Tsitsipas ripaga della stessa moneta Novak Djokovic, che nei glomi scorsi aveva dimenticato di inserirlo tra i rivali che avevano già disputato una finale Slam. Eppure quello parigino non fu un incrocio banale, perché Nole ribaltò la partita da due set sotto, spegnendo l’urlo in gola all’Apollo greco. Domani mattina, alle 9.30 italiane, la caldissima rivincita di quel pomeriggio avrà come premio un doppio tesoro: non soltanto il successo in un Major, ma anche il numero uno del mondo. E se le cifre raccontano di un uomo solo al comando, perché il Djoker insegue il decimo trionfo in Australia e il 22° Slam (come Nadal), Tsitsi all’apparenza non trema ed è convinto che sia arrivata finalmente l’ora di portare la Grecia sull’Olimpo: «Sogno una vittoria Slam da quando sono piccolo, da quando vidi Marcos Baghdatis arrivare in finale qui. Da allora lavoro duro per questo obiettivo e adesso è li, a portata di mano. Forza ragazzi, andiamo a prendercelo». Nuova mentalità La nuova dimensione di Stefanos, ancora imbattuto nel 2023 (10 vittorie) e straordinario in queste due settimane a salire di livello quando i punti contavano di più (anche se In semifinale con Khachanov non ha sfruttato un vantaggio di un break e poi due match point nel terzo set, allungando il match di un’altra ora), discende da un approccio diverso e più filosofico al tennis: «Se fai quello che ami, se ogni mattina ti svegli e cerchi di fare il meglio per avere successo e intorno hai persone che Condividono lo stesso sogno, allora niente è impossibile. Con la mente, puoi ottenere tutto quello che vuoi. Oggi come oggi riesco a essere sempre ottimista e positivo. La frustrazione spesso nasce e cresce di pari passo con le insicurezze nei propri mezzi. La calma e la serenità che mt porto dentro, e che trasferisco sul campo, sono qualità che un tempo mi mancavano. Ho bisogno di sentirmi vivo il più possibile in campo». […] Merito anche di Mark Philippoussis, l’ex finalista di Wimbledon 2003 nato in Australia da genitori greci e dunque in sintonia anche culturale con il team: «Lui ha portato senso dell’umorismo e il serve e volley. Non lo faccio mai, ma è li nel caso serva». II dolce addio Il tono scherzoso racconta molto dell’equilibrio interiore raggiunto da Tsitsipas, cui non e estraneo, in una versione moderna dell’epica greca, il superamento del complesso di Edipo verso mamma Julya Salnikova, discreta ex pro’ (n.198) che ha sempre avuto un’influenza decisiva sul percorso del figlio. L’anno scorso lei si presentò in conferenza stampa a Dubai, dopo un ko proprio contro Djokovic in finale, incalzandolo con il micro – fono in mano, davanti a tutti: «Mi chiedo se tu sappia quanti sono i grandi tennisti che sono stati seguiti dai loro genitori. Sai che Marat Safin era allenato da sua mamma? Anche Rublev è stato a lungo allenato dalla mamma. Hingis, Graff, Capriati, Sanchez-Vicario: tutte grandi giocatrici e tutte seguite dai loro genitori». Una scena che spiega plasticamente il lento maturare di un’esasperazione culminata, alle ultime Finals di Torino, nel lancio di una pallina verso il box dei genitori. E così, da quest’anno, mamma Julya non è più all’angolo di Stefanos, nonostante le parole al miele del figlio: «Tutto il mio gioco lo devo a lei. Il rovescio a una mano, le discese a rete dopo il servizio… E poi mi ha instillato la disciplina. Non è mai stata morbida con me e credo sia per una ragione sola: farmi crescere più forte». Però senza la sua ombra ingombrante, è arrivata la seconda finale Slam dopo una fine di 2022 non proprio esaltante. Più che l’amore filiale, potè la testa: «Ho vissuto momenti in cui non sapevo reggere la pressione, ma in quelle situazioni gestire le emozioni, i pensieri, dipende solo da te. Sei l’unico che può prenderne il controllo». Una filosofia da numero uno.

Nole mette il punto in difesa del padre (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

Battendo in tre set Tommy Paul in quella che è stata la sua ventisettesima vittoria consecutiva agli Australian Open, Novak Djokovic domani mattina scenderà in campo per giocarsi la sua decima finale a Melbourne Park e con lei la chance di issarsi nuovamente in vetta al ranking. Ma le stesse ambizioni ce le ha il suo avversario Stefanos Titsipas, che ieri ha battuto Khachanov, anche lui impegnato a conquistare il tetto del mondo per la prima volta nella sua carriera. Ai traguardi del serbo va aggiunto che raggiungerebbe Rafa Nadal a quota 22 Slam nella classifica dei più vincenti di sempre nei quattro major. Di che pasta è fatto ancora Djokovic basta chiedere agli avversari, battuti su una gamba, e ai quali è rimasta la brutale consapevolezza di quanto ancora li separi dal livello di gioco offerto da questo cannibale trentacinquenne. […] «Giocare un’altra finale di un torneo del Grande Slam è esattamente quello che ho immaginato e che ho sperato arrivando in Australia», ha dichiarato invece il serbo in conferenza stampa. Contro Paul il suo gioco ha impiegato un po’ più di tempo prima di ritrovare il ritmo da crociera che lo avrebbe poi scortato fino a destinazione: avanti 5-1 nel primo set:, Nole ha avuto un blackout che ha permesso all’americano di riportarsi in parità. Ma più che dal campo, è plausibile credere che ieri la distrazione da lui pagata in avvio sia figlia di quanto accaduto mercoledì sera fuori del rettangolo di gioco, che ha visto coinvolto il padre, Srdjan, immortalato a far festa con un gruppo di tifosi russi filoputiniani. Ieri a poche ore dall’incontro, è stato lo stesso Srdjan, in una nota, a chiarire «di essere qui solo per sostenere mio figlio, non avevo nessuna intenzione di causare alcun disturbo né ritrovarmi invischiato in quanto accaduto. La mia famiglia ha conosciuto l’orrore della guerra e quel che ci auguriamo è solo la pace. Per non alimentare ulteriori problemi ho quindi deciso di guardare la semifinale da casa». Una versione confermata da Novak: «Era di passaggio e c’erano molte bandiere serbe. Pensava di fare una foto con qualcuno dalla Serbia. Questo è tutto. Non è piacevole per me affrontare tutto questo considerando tutto ciò che è accaduto l’anno scorso e quest’anno in Australia. E’ qualcosa che non voglio e di cui non ho bisogno. Spero che possiamo concentrarci sul tennis. Non è stato bello non averlo nel box. È una decisione che abbiamo preso insieme. Spero che ci sarà nel box per la finale». Tennis Australia intanto in un comunicato aveva già dato notizia dell’allontanamento dei manifestanti dalla sede del torneo, rassicurando sull’impegno con cui continuerà ad essere garantita la sicurezza del pubblico presente e sulla rimozione di eventuali altre bandiere russe e bielorusse dovessero nuovamente apparire sugli spalti. Stamattina la finale femminile tra Sabalenka e Rybakina sarà l’occasione per verificarlo.

Eliminati i big, la piccola Urgesi fa grande l’Italia (Alessandro Nidzegorodcew)

 L’Italia batte un (piccolo) colpo agli Australian Open. Federica Urgesi, diciassettenne di Fano, ha conquistato il titolo di doppio femminile juniores insieme alla quindicenne Renata Jamrichova. la coppia italo-slovacca ha sconfitto in finale le giapponesi Kinoshita e Saito 7-6 1-610-7 nella bella cornice del campo 3 di Melbourne Park. Una grande soddisfazione per la giovane marchigiana che in singolare era stata sconfitta, non senza rammarico, al secondo turno. Fisico da giocatrice moderna (alta 175 cm), tennis potente e dalle buone geometrie, Federica Urgesi ha iniziato a giocare a sei anni seguendo le orme della sorella maggiore Arianna. «Avevo provato anche basket, pallavolo e nuoto – racconta – ma il tennis mi è sempre piaciuto più di tutti. Ricordo che andavo con i miei genitori a seguire i tornei di Arianna, facendo crescere la mia passione sempre di più». A 13 anni è arrivata la chiamata dal Centro Tecnico Federale di Formia, diretto da Vittorio Magnelli e con la presenza costante di Tàthiana Garbin, capitano della nazionale azzurra. Formia dista circa 400 chilometri da Fano, non una banalità per una ragazza così giovane, che ha scelto di lasciare la famiglia per inseguire un sogno. «Sono arrivata al centro tecnico che ero una bambina, orami sento più matura e professionale». Il tennis come passione pura, ma anche il talento per riuscire ad arrivare in alto. «È ciò che mi piace fare e sto investendo le mie energie per diventare una professionista. Il sogno è vincere Roma. Se devo fare un discorso più concreto e razionale, ritengo che la Top-50 W1A sia lo step da raggiungere». II rovescio è il colpo naturale di Urgesi, mentre il dritto è in continuo miglioramento e sta diventando, pian piano, un’arma importante. […] La strada verso il professionismo è ancora lunga, ma questa vittoria può dare a Federica Urgesi consapevolezza e fiducia, così da proseguire il percorso intrapreso senza dubbi e con grande determinazione.

Una poltrona per due (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Nel mondo di Novak Djokovic c’è una spiegazione per tutto a cominciare dai padri che si trovano per caso là dove non dovrebbero essere. Ne prendiamo atto. L’importante è che a crederci sia lui, quando spiega che papà Srdjan, nelle foto e nei video con i russi che inneggiavano a Putin, mostrando do magliette e bandiere con le famigerate “zeta” dei tank in Ucraina, ci sia finito per caso, convinto fossero tifosi del figlio, tra i tanti con cui è solito festeggiare all’uscita dello stadio. «La nostra famiglia conosce la guerra, ne abbiamo vissute parecchie dagli anni Novanta, sappiamo quanto siano devastanti per i popoli e non le sosterremo mai», dice Novak con una frase che gli fa onore e che non abbiamo dubbi lui possa permettersi di pronunciare. Altri, chi lo sa.. […] Tanto più che in quello stesso mondo, c’è un tennis spesso inarrivabile. Composto da un insieme quasi perfetto di ingranaggi cine ruotano all’unisono e assai più speditamente di quanto non riesca agli altri. Sempre in una unica direzione, si dirà, ma in termini ineccepibili e difficili da comprendere, per chi dimentica l’evoluzione di questo nostro sport dagli anni Settanta a oggi, centrata sulla figura di tennisti che attaccano difendendosi, e colpiscono forte quanto più forte provano a colpirli. […] Le stesse distrazioni che hanno indotto il semifinalista per caso Tommy Paul a una prova tanto coraggiosa quanto inutile, nella quale ha provato a sbrecciare la barricata con tutto ciò che aveva a disposizione, e cioè assai poco per riuscirvi davvero. In ognuno dei set si è ritrovato sotto di due break, 5-1 il primo 5-0 il secondo, 4-0 il terzo, musica sulle note di` la festa appena cominciata, è già finita (“Canzone per te” Sergio Endrigo e Roberto Carlos, Sanremo 1968). Bravo è stato Paul ad agganciare Nole nel primo set recuperando fino al 5pari,ma lo sforzo gli è costato un nuovo break e la brusca fine del sogno. Trentatreesima finale, la decima in Australia dove Nole, nell’atto decisivo, non ha mai perso. Lo sa tutto questo Stefanos Tsitsipas, che quando gli chiedono della finale al Roland Garros 2019, l’unica giocata nello Slam, che l’altro giorno Djokovic sosteneva di aver dimenticato, non trova di meglio che rispondere piccato, ” l’ho dimenticata anch’io»? Oppure era un modo per dirci che è giunto il momento di azzerare il passato, e per correre nuove strade? Attendiamo, domani i due saranno a tiro e in palio c’è la prima vittoria Slam per Stefanos, la ventiduesima per Djokovic, e il primato in classifica per il vincitore. All in… Con una mano, si prende tutta. Nel casa vale la pena di ricordare al greco ventiquattrenne i tempi, non lontanissimi, del suo avvento nel tennis che conta, tra il 2018 e il 2019, quando – unico tra i giovani- s’impose sulla sacra trimurti del nostro sport con Federer proprio agli Open d’Australia, negli ottavi, con Nadal in semfinale a Madrid, e con Djokovic in Canada e a Shanghai, fino a essere.. avanti 2-1 nei testa a testa che oggi invece segnano un netto divario (10-2) a favore del serbo. Quel primo Tsitsipas giocava spingendo come un ossesso su ogni palla, poi si è acquietato. Ma da questi Open lo abbiamo rivisto più vicino a quella figurina che aveva impressionato tutto il mondo del tennis. Nei primi due set contro Sinner, per esempio. E a tratti anche nella semifinale di ieri notte contro Khachanov, che poteva finire in tre set se ilrusso non avesse randellato i due match point che Tsitsi ha avuto sulla punta della racchetta, evento che non gli haimpedito di vincere a mani basse nel quarto. In questi anni di fulgore solitario Djokovic ha subito sconfitte solo dai suoi pari e da quei pochi che siano riusciti a sovrastarlo, con le arti magiche che lui non conosce (Federer), con una difesa ancora più ermetica della sua (Nadal. e nel 2016 Murray) o forzando i colpi oltre la soglia che Nole possa sfidare con le sue ribattute (Wawrinka nelle finali di Parigi e New York, e in sott’ordine Del Potro). La via per farcela è questa, Tsitsipas è avvisato. “Conosco bene Djokovic e le sue armi, sono pronto. Rispetto all’anno scorso ho recuperato la fiducia e un po’ dell’ottimismo che avevo perduto. Sto giocando un buon tennis e sono disposto a dare più del cento per cento”, assicura il greco che si sente in buona compagnia. La comunità greca di Melbourne è la più grande, il tifo è assicurato. […]

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