Rassegna stampa
Tsitsi il Dio greco (Crivelli). Nole mette il punto in difesa del padre (Giammò). Eliminati i big, la piccola Urgesi fa grande l’Italia (Nidzegorodcew). Una poltrona per due (Azzolini). Rybakina-Sabalenka, a chi batte più forte (Strocchi). Nell’occhio del ciclone (Semeraro)
La rassegna stampa del 28 gennaio 2023
Tsitsi il Dio greco (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
La disfida al titano si gioca anche sul filo sottile della psicologia: «La finale del Roland Garros del 2021? Non ne ho memoria». In questo modo, Stefanos Tsitsipas ripaga della stessa moneta Novak Djokovic, che nei glomi scorsi aveva dimenticato di inserirlo tra i rivali che avevano già disputato una finale Slam. Eppure quello parigino non fu un incrocio banale, perché Nole ribaltò la partita da due set sotto, spegnendo l’urlo in gola all’Apollo greco. Domani mattina, alle 9.30 italiane, la caldissima rivincita di quel pomeriggio avrà come premio un doppio tesoro: non soltanto il successo in un Major, ma anche il numero uno del mondo. E se le cifre raccontano di un uomo solo al comando, perché il Djoker insegue il decimo trionfo in Australia e il 22° Slam (come Nadal), Tsitsi all’apparenza non trema ed è convinto che sia arrivata finalmente l’ora di portare la Grecia sull’Olimpo: «Sogno una vittoria Slam da quando sono piccolo, da quando vidi Marcos Baghdatis arrivare in finale qui. Da allora lavoro duro per questo obiettivo e adesso è li, a portata di mano. Forza ragazzi, andiamo a prendercelo». Nuova mentalità La nuova dimensione di Stefanos, ancora imbattuto nel 2023 (10 vittorie) e straordinario in queste due settimane a salire di livello quando i punti contavano di più (anche se In semifinale con Khachanov non ha sfruttato un vantaggio di un break e poi due match point nel terzo set, allungando il match di un’altra ora), discende da un approccio diverso e più filosofico al tennis: «Se fai quello che ami, se ogni mattina ti svegli e cerchi di fare il meglio per avere successo e intorno hai persone che Condividono lo stesso sogno, allora niente è impossibile. Con la mente, puoi ottenere tutto quello che vuoi. Oggi come oggi riesco a essere sempre ottimista e positivo. La frustrazione spesso nasce e cresce di pari passo con le insicurezze nei propri mezzi. La calma e la serenità che mt porto dentro, e che trasferisco sul campo, sono qualità che un tempo mi mancavano. Ho bisogno di sentirmi vivo il più possibile in campo». […] Merito anche di Mark Philippoussis, l’ex finalista di Wimbledon 2003 nato in Australia da genitori greci e dunque in sintonia anche culturale con il team: «Lui ha portato senso dell’umorismo e il serve e volley. Non lo faccio mai, ma è li nel caso serva». II dolce addio Il tono scherzoso racconta molto dell’equilibrio interiore raggiunto da Tsitsipas, cui non e estraneo, in una versione moderna dell’epica greca, il superamento del complesso di Edipo verso mamma Julya Salnikova, discreta ex pro’ (n.198) che ha sempre avuto un’influenza decisiva sul percorso del figlio. L’anno scorso lei si presentò in conferenza stampa a Dubai, dopo un ko proprio contro Djokovic in finale, incalzandolo con il micro – fono in mano, davanti a tutti: «Mi chiedo se tu sappia quanti sono i grandi tennisti che sono stati seguiti dai loro genitori. Sai che Marat Safin era allenato da sua mamma? Anche Rublev è stato a lungo allenato dalla mamma. Hingis, Graff, Capriati, Sanchez-Vicario: tutte grandi giocatrici e tutte seguite dai loro genitori». Una scena che spiega plasticamente il lento maturare di un’esasperazione culminata, alle ultime Finals di Torino, nel lancio di una pallina verso il box dei genitori. E così, da quest’anno, mamma Julya non è più all’angolo di Stefanos, nonostante le parole al miele del figlio: «Tutto il mio gioco lo devo a lei. Il rovescio a una mano, le discese a rete dopo il servizio… E poi mi ha instillato la disciplina. Non è mai stata morbida con me e credo sia per una ragione sola: farmi crescere più forte». Però senza la sua ombra ingombrante, è arrivata la seconda finale Slam dopo una fine di 2022 non proprio esaltante. Più che l’amore filiale, potè la testa: «Ho vissuto momenti in cui non sapevo reggere la pressione, ma in quelle situazioni gestire le emozioni, i pensieri, dipende solo da te. Sei l’unico che può prenderne il controllo». Una filosofia da numero uno.
Nole mette il punto in difesa del padre (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)
Battendo in tre set Tommy Paul in quella che è stata la sua ventisettesima vittoria consecutiva agli Australian Open, Novak Djokovic domani mattina scenderà in campo per giocarsi la sua decima finale a Melbourne Park e con lei la chance di issarsi nuovamente in vetta al ranking. Ma le stesse ambizioni ce le ha il suo avversario Stefanos Titsipas, che ieri ha battuto Khachanov, anche lui impegnato a conquistare il tetto del mondo per la prima volta nella sua carriera. Ai traguardi del serbo va aggiunto che raggiungerebbe Rafa Nadal a quota 22 Slam nella classifica dei più vincenti di sempre nei quattro major. Di che pasta è fatto ancora Djokovic basta chiedere agli avversari, battuti su una gamba, e ai quali è rimasta la brutale consapevolezza di quanto ancora li separi dal livello di gioco offerto da questo cannibale trentacinquenne. […] «Giocare un’altra finale di un torneo del Grande Slam è esattamente quello che ho immaginato e che ho sperato arrivando in Australia», ha dichiarato invece il serbo in conferenza stampa. Contro Paul il suo gioco ha impiegato un po’ più di tempo prima di ritrovare il ritmo da crociera che lo avrebbe poi scortato fino a destinazione: avanti 5-1 nel primo set:, Nole ha avuto un blackout che ha permesso all’americano di riportarsi in parità. Ma più che dal campo, è plausibile credere che ieri la distrazione da lui pagata in avvio sia figlia di quanto accaduto mercoledì sera fuori del rettangolo di gioco, che ha visto coinvolto il padre, Srdjan, immortalato a far festa con un gruppo di tifosi russi filoputiniani. Ieri a poche ore dall’incontro, è stato lo stesso Srdjan, in una nota, a chiarire «di essere qui solo per sostenere mio figlio, non avevo nessuna intenzione di causare alcun disturbo né ritrovarmi invischiato in quanto accaduto. La mia famiglia ha conosciuto l’orrore della guerra e quel che ci auguriamo è solo la pace. Per non alimentare ulteriori problemi ho quindi deciso di guardare la semifinale da casa». Una versione confermata da Novak: «Era di passaggio e c’erano molte bandiere serbe. Pensava di fare una foto con qualcuno dalla Serbia. Questo è tutto. Non è piacevole per me affrontare tutto questo considerando tutto ciò che è accaduto l’anno scorso e quest’anno in Australia. E’ qualcosa che non voglio e di cui non ho bisogno. Spero che possiamo concentrarci sul tennis. Non è stato bello non averlo nel box. È una decisione che abbiamo preso insieme. Spero che ci sarà nel box per la finale». Tennis Australia intanto in un comunicato aveva già dato notizia dell’allontanamento dei manifestanti dalla sede del torneo, rassicurando sull’impegno con cui continuerà ad essere garantita la sicurezza del pubblico presente e sulla rimozione di eventuali altre bandiere russe e bielorusse dovessero nuovamente apparire sugli spalti. Stamattina la finale femminile tra Sabalenka e Rybakina sarà l’occasione per verificarlo.
Eliminati i big, la piccola Urgesi fa grande l’Italia (Alessandro Nidzegorodcew)
L’Italia batte un (piccolo) colpo agli Australian Open. Federica Urgesi, diciassettenne di Fano, ha conquistato il titolo di doppio femminile juniores insieme alla quindicenne Renata Jamrichova. la coppia italo-slovacca ha sconfitto in finale le giapponesi Kinoshita e Saito 7-6 1-610-7 nella bella cornice del campo 3 di Melbourne Park. Una grande soddisfazione per la giovane marchigiana che in singolare era stata sconfitta, non senza rammarico, al secondo turno. Fisico da giocatrice moderna (alta 175 cm), tennis potente e dalle buone geometrie, Federica Urgesi ha iniziato a giocare a sei anni seguendo le orme della sorella maggiore Arianna. «Avevo provato anche basket, pallavolo e nuoto – racconta – ma il tennis mi è sempre piaciuto più di tutti. Ricordo che andavo con i miei genitori a seguire i tornei di Arianna, facendo crescere la mia passione sempre di più». A 13 anni è arrivata la chiamata dal Centro Tecnico Federale di Formia, diretto da Vittorio Magnelli e con la presenza costante di Tàthiana Garbin, capitano della nazionale azzurra. Formia dista circa 400 chilometri da Fano, non una banalità per una ragazza così giovane, che ha scelto di lasciare la famiglia per inseguire un sogno. «Sono arrivata al centro tecnico che ero una bambina, orami sento più matura e professionale». Il tennis come passione pura, ma anche il talento per riuscire ad arrivare in alto. «È ciò che mi piace fare e sto investendo le mie energie per diventare una professionista. Il sogno è vincere Roma. Se devo fare un discorso più concreto e razionale, ritengo che la Top-50 W1A sia lo step da raggiungere». II rovescio è il colpo naturale di Urgesi, mentre il dritto è in continuo miglioramento e sta diventando, pian piano, un’arma importante. […] La strada verso il professionismo è ancora lunga, ma questa vittoria può dare a Federica Urgesi consapevolezza e fiducia, così da proseguire il percorso intrapreso senza dubbi e con grande determinazione.
Una poltrona per due (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Nel mondo di Novak Djokovic c’è una spiegazione per tutto a cominciare dai padri che si trovano per caso là dove non dovrebbero essere. Ne prendiamo atto. L’importante è che a crederci sia lui, quando spiega che papà Srdjan, nelle foto e nei video con i russi che inneggiavano a Putin, mostrando do magliette e bandiere con le famigerate “zeta” dei tank in Ucraina, ci sia finito per caso, convinto fossero tifosi del figlio, tra i tanti con cui è solito festeggiare all’uscita dello stadio. «La nostra famiglia conosce la guerra, ne abbiamo vissute parecchie dagli anni Novanta, sappiamo quanto siano devastanti per i popoli e non le sosterremo mai», dice Novak con una frase che gli fa onore e che non abbiamo dubbi lui possa permettersi di pronunciare. Altri, chi lo sa.. […] Tanto più che in quello stesso mondo, c’è un tennis spesso inarrivabile. Composto da un insieme quasi perfetto di ingranaggi cine ruotano all’unisono e assai più speditamente di quanto non riesca agli altri. Sempre in una unica direzione, si dirà, ma in termini ineccepibili e difficili da comprendere, per chi dimentica l’evoluzione di questo nostro sport dagli anni Settanta a oggi, centrata sulla figura di tennisti che attaccano difendendosi, e colpiscono forte quanto più forte provano a colpirli. […] Le stesse distrazioni che hanno indotto il semifinalista per caso Tommy Paul a una prova tanto coraggiosa quanto inutile, nella quale ha provato a sbrecciare la barricata con tutto ciò che aveva a disposizione, e cioè assai poco per riuscirvi davvero. In ognuno dei set si è ritrovato sotto di due break, 5-1 il primo 5-0 il secondo, 4-0 il terzo, musica sulle note di` la festa appena cominciata, è già finita (“Canzone per te” Sergio Endrigo e Roberto Carlos, Sanremo 1968). Bravo è stato Paul ad agganciare Nole nel primo set recuperando fino al 5pari,ma lo sforzo gli è costato un nuovo break e la brusca fine del sogno. Trentatreesima finale, la decima in Australia dove Nole, nell’atto decisivo, non ha mai perso. Lo sa tutto questo Stefanos Tsitsipas, che quando gli chiedono della finale al Roland Garros 2019, l’unica giocata nello Slam, che l’altro giorno Djokovic sosteneva di aver dimenticato, non trova di meglio che rispondere piccato, ” l’ho dimenticata anch’io»? Oppure era un modo per dirci che è giunto il momento di azzerare il passato, e per correre nuove strade? Attendiamo, domani i due saranno a tiro e in palio c’è la prima vittoria Slam per Stefanos, la ventiduesima per Djokovic, e il primato in classifica per il vincitore. All in… Con una mano, si prende tutta. Nel casa vale la pena di ricordare al greco ventiquattrenne i tempi, non lontanissimi, del suo avvento nel tennis che conta, tra il 2018 e il 2019, quando – unico tra i giovani- s’impose sulla sacra trimurti del nostro sport con Federer proprio agli Open d’Australia, negli ottavi, con Nadal in semfinale a Madrid, e con Djokovic in Canada e a Shanghai, fino a essere.. avanti 2-1 nei testa a testa che oggi invece segnano un netto divario (10-2) a favore del serbo. Quel primo Tsitsipas giocava spingendo come un ossesso su ogni palla, poi si è acquietato. Ma da questi Open lo abbiamo rivisto più vicino a quella figurina che aveva impressionato tutto il mondo del tennis. Nei primi due set contro Sinner, per esempio. E a tratti anche nella semifinale di ieri notte contro Khachanov, che poteva finire in tre set se ilrusso non avesse randellato i due match point che Tsitsi ha avuto sulla punta della racchetta, evento che non gli haimpedito di vincere a mani basse nel quarto. In questi anni di fulgore solitario Djokovic ha subito sconfitte solo dai suoi pari e da quei pochi che siano riusciti a sovrastarlo, con le arti magiche che lui non conosce (Federer), con una difesa ancora più ermetica della sua (Nadal. e nel 2016 Murray) o forzando i colpi oltre la soglia che Nole possa sfidare con le sue ribattute (Wawrinka nelle finali di Parigi e New York, e in sott’ordine Del Potro). La via per farcela è questa, Tsitsipas è avvisato. “Conosco bene Djokovic e le sue armi, sono pronto. Rispetto all’anno scorso ho recuperato la fiducia e un po’ dell’ottimismo che avevo perduto. Sto giocando un buon tennis e sono disposto a dare più del cento per cento”, assicura il greco che si sente in buona compagnia. La comunità greca di Melbourne è la più grande, il tifo è assicurato. […]
Rassegna stampa
Provaci ancora, Jannik! (Azzolini). Volandri: “Punto sul Rosso” (Crivelli). Fine emergenza, Djokovic sarà agli US Open (Giammò)
La rassegna stampa di venerdì 31 marzo 2023
Provaci ancora, Jannik! (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Non era giornata da esibizioni balistiche, e anche il talento una volta tanto ha potuto permettersi una partecipazione in relax, tra pigri svolazzi qui e là giusto per dare una mano (il talento ha le mani, non lo sapevate?) nei momenti in cui ce n’era bisogno. Non troppi, come si è visto. Già in modalità semifinale, Jannik Sinner a Miami si è affidato al pilota automatico, lasciando volentieri che a fare la differenza fossero altre specialità della casa. Solo alcune, delle molte che Jannik tiene al riparo nella personale dispensa da tennista. Il padre, Chef Johann del rifugio Fondovalle nella val Fiscalina passa per un maestro dei canederli, Jannik sa fare la pizza, così così dicono in giro (anche se lui tende a esaltarla), ma gli ingredienti del tennis sono più numerosi. Se usati tutti assieme, nel modo più sapiente, si ottengono match da ristorante stellato, a volte però ne basta uno – ben scelto – per portare a casa il risultato senza soffrire più che tanto. L’attenzione al match, per esempio. Non è mancata davvero con Ruusuvuori, figurarsi se un tipino listo come Jannik si faceva cogliere con la testa ad altro durante un quarto di finale buono per una nuova semifinale “mille”. Anzi, direi che Sinner l’ha scelto come ingrediente di giornata, disponendolo bene in vista davanti al promettente Emil, compagno di allenamenti, «e persona davvero per bene». Del resto, a certi livelli il messaggio non può tener conto delle amicizie, ma è bene che arrivi chiaro e tondo. Se acceleri, accelero, se cerchi drop, sai che li faccio meglio di te, io oggi mi alleno sul servizio, «vedi tu che puoi fare», è quanto comunicato da Sinner all’avversario. E il servizio è stata l’altra chiave del match. Aria tipica da rifinitura in vista d’impegni ben più consistenti. Utile anche dal lato “mentale”, dato che nei primi game il finlandese ha provato a fare un po’ di resistenza e Sinner non aveva ancora dimenticato il match point che l’anno scorso fu costretto a sfilare al biondo Emil. Ma non c’era alcuna intenzione di rispolverare le incertezze del passato, Jannik ha subito allungato la gittata dei colpi per prendere le distanze, ottenendo presto il break (nel quinto game) che l’ha spinto in fuga. Poi ne ha fatto un altro, stavolta in grazia di uno di quei colpi che il pubblico di Miami attende per far partire i cori di ammirazione. Sul 5-3, 40-30 la risposta di Sinner al servizio del finnico è stata di quelle che si vedono raramente. Una botta al tritolo, incrociata e imprendibile. Gli appassionati più introdotti alle difficoltà tecniche hanno apprezzato vivamente. Sinner è pronto, la conclusione. La semifinale è apparecchiata. Resta da attendere giusto l’altro commensale. Ci si chiede se il pubblico di Miami avrà spinto per Alcaraz, […] o se le preferenze saranno andare a Fritz, americano ma non di casa, anzi, dell’altra sponda, quella del Pacifico. Bella domanda, ma ci si è messa la pioggia, giunta sul 6-3 2-0 per Sinner, che aveva appena posto in saccoccia il terzo break (il primo del secondo set) e il quarto game consecutivo. Giornata di nuvole nere, e due ore di attesa. Il tempo di chiudere la disputa, concedendo a Ruusuvuori appena un game, e di nuovo pioggia, a impedire la disputa del secondo quarto di finale, tra Alcaraz-Fritz, infine rimandato alla notte appena trascorsa e chissà se poi andato in porto, visto che il maltempo ha continuato a imperversare e anche Medvedev e Eubanks sono stati costretti a rientrare negli spogliatoi non appena cominciato il confronto. […]
Volandri: “Punto sul Rosso” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Non era mai successo che un italiano conquistasse la semifinale in due Masters 1000 consecutivi. Ma per questo Jannik Sinner, che stanotte a Miami affronterà Alcaraz (rivincita di Indian Wells) o Fritz (già battuto in California), il limite può essere solo il cielo. Come sa anche il capitano azzurro Filippo Volandri. Filippo, a che punto siamo della crescita di Sinner? «I suoi risultati di adesso sono l’evoluzione di un lavoro cominciato un anno fa con il cambio di allenatore. Ai tempi, mi aveva detto che non gli importava scendere al numero 20 prima di adattarsi al nuovo corso, era convinto della scelta. I frutti iniziano a vedersi, ma il percorso è ancora lungo».
Confortante: significa che ha ancora margini dl miglioramento.
Ma senza dubbio. Però il suo livello attuale è già molto alto: ha dominato Ruusuvuori giocando una partita “normale” e in generale ha imparato a vincere le partite “sporche”. Si poteva immaginare che dopo la pausa per la pioggia avrebbe potuto smarrire un po’ di concentrazione, e invece ha finito in 20 minuti. Ora è il momento di vincere anche quelle al top, come la semifinale di Miami, ad esempio.
Cosa la sta sorprendendo di più nel cammino di Jannik?
Potrei parlare dei miglioramenti tecnici, ma in realtà ciò che colpisce di più è questa sua continua tensione verso la perfezione: ricerca tutto ciò che lo può rendere un giocatore migliore. Adesso ha uno staff scelto completamente da lui, a cui dare gli indirizzi tecnici e da cui ricevere input. E questo conta molto.
Cos’ha portato in più il supercoach Cahill?
Intanto, non mi piace la parola supercoach, perché sembra rendere tutti gli altri dei “mini coach”. Preferisco consulente o collaboratore. Di certo, Cahill è un grande allenatore, con enorme esperienza, che ha dimostrato di poter accompagnare i giocatori verso l’obiettivo più alto, il numero uno del mondo. La sua presenza dà sicuramente tranquillità al team, perché gli altri sanno quali risultati si possono raggiungere con i suoi consigli, specialmente nella gestione della partita. Ma la crescita tecnica di Jannik è totalmente figlia delle capacità di Simone Vagnozzi. […]
Se dovesse affrontare Alcaraz e perderci di nuovo, si potrebbe parlare di sudditanza verso lo spagnolo?
Nel 2021, quando perse con Nadal a Roma, Jannik era molto deluso: pensava già di essere a quel livello. Ora è molto più consapevole, sono convinto sarebbe una partita molto diversa con Carlos rispetto a Indian Wells. Partendo però da un presupposto: in questo momento Alcaraz è davanti, che non significa sia più forte: semplicemente, ha sviluppato prima le sue enormi qualità. Ma Jannik ha bisogno di giocare tante di queste partite: più ne gioca, più apprende, più impara a vincerle e cosi può porsi l’obiettivo di conquistare i grandi tornei.[…]
Fine emergenza, Djokovic sarà agli US Open (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Con 68 voti favorevoli e 23 contrari, la scorsa notte il senato degli Stati Uniti ha posto fine allo stato d’emergenza per contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19 nel paese. La decisione, non votata dal presidente Joe Biden, che aveva comunque annunciato di non pone alcun veto per una misura considerata in linea con quella che è ormai la situazione attuale nel paese, farà sì che Novak Djokovic potrà prendere parte ai prossimi US Open, in programma a New York dal prossimo 28 agosto. Il serbo, in quanto non vaccinato e non residente negli Stati Uniti, non ha potuto partecipare ai due Masters 1000 di Indian Wells e Miami, una decisione su cui lui stesso, in un’intervista rilasciata alla Cnn la scorsa settimana, aveva dichiarato di «non aver alcun rimpianto»; il tutto nonostante gli endorsment ricevuti da diversi colleghi e le richieste ufficiali inoltrate al presidente Biden da due senatori e dal governatore della Florida affinché gli concedesse un’esenzione. […] A pochi giorni dal via della stagione sulla terra battuta, resta invece ancora un rebus la data del rientro in campo di Rafa Nadal, infortunatosi lo scorso gennaio alla gamba sinistra durante gli Australian Open. Due settimane fa era stato il direttore del Masters 1000 di Montecarlo, David Massey ad annunciarne il ritorno nell’evento del Principato. Ma pochi giorni dopo, nel corso di un evento per la premiazione della sua fondazione, il maiorchino rispondendo ai cronisti non ha voluto sciogliere ancora la riserva: «Non so da dove viene l’informazione della mia partecipazione a Montecarlo – ha dichiarato il vincitore di 22 Slam -. Mi piacerebbe confermarla, ma purtroppo non posso. Continuo con il mio percorso di recupero, al momento sono in una fase di aumento del lavoro e non so quando tornerò a giocare. Questa è la verità. Se lo sapessi, lo direi, ma non lo so».
Flash
Nuovo Medvedev sfida lanciata «Voglio ancora il numero uno» (Crivelli). Sentenza Sinner batte anche la pioggia (Giammò). Sonego, ciao Miami «Ma questo torneo ml ridona fiducia» (Azzolini). Sfida ai campioni (Semeraro)
La rassegna stampa di giovedì 30 marzo 2023
Nuovo Medvedev sfida lanciata «Voglio ancora il numero uno» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
L’Orso continua sornione la sua risalita. Abbagliato dalle prodezze di Alcaraz, ammirato dai progressi di Sinner, con il battito del cuore sospeso in attesa dei ritorni di Djokovic e Nadal, il mondo sembra essersi dimenticato della forza e del valore di Medvedev, colui che soltanto a settembre era ancora numero uno del mondo ed era stato il primo a salire al vertice dopo il dominio di tre lustri targato Big Four. Eppure, dopo l’eliminazione al terzo turno degli Australian Open che lo aveva gettato nello sconforto sportivo tanto che coach Cervara per scuoterlo aveva deciso di non rivolgergli più la parola, il russo è tornato prepotentemente a imporre la sua legge con quel suo tennis sghembo ma efficacissimo che lo rende sostanzialmente un unicum. Tre tornei vinti di fila (Rotterdam, Doha e Dubai) e il quarto, Indian Wells, perso solo in finale contro Alcaraz, una serie di 19 vittorie di fila interrotta appunto dal fenomenale spagnolo e il ritorno tra squilli di tromba prima in top 10 e adesso in top 5. E anche a Miami, senza troppi proclami, è già nei quarti, dove stasera troverà la sorpresa statunitense Eubanks, 103 del mondo, e non ha ancora perso un set
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Ora chiaramente tornando al presente, dopo quello che ho fatto nelle ultime settimane è normale che ce ne sia di più. Sarebbe strano il contrario. Ma diciamo che in venta è una cosa che riguarda la vita in generale, più cerchi di ottenere qualcosa non solo nel tennis, più pressione avrai. A volte stesso dal tuoi familiari e così poi a catena, dai fan, dalla stampa, dai media e via discorrendo. Quindi so che nel tennis più pressione hai, più significa che stai facendo del tuo meglio, il che è fantastico». L’obiettivo A dire il vero, quando si è ritrovato Iassù, al numero uno, qualche granello ha cominciato a ingolfare una macchina che sembrava perfetta: «Semplicemente, non ho più giocato al livello che dovevo tenere per meritarmi quella classifica. Ma la corsa al primato, se ci pensate, è davvero eccitante e difficile: Djokovic è stato sfortunato a non poter giocare tutti i tornei, e sono sicuro che tutti vorrebbero vederlo giocare, perché è un grande campione. Poi, se Nadal non si fosse infortunato a Wimbledon, sarebbe stato lui il numero uno. Non possiamo saperlo perché è stato fuori per infortunio.
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Non vince un Masters 1000 da Toronto 2021, ma in Florida è decisamente il secondo favorito dopo Alcaraz: «Quando ho perso da lui a Indian Wells, ero deluso dal fatto che fosse finita la serie vincente, ma ho guadagnato molta fiducia. È quello che mi è mancato l’anno scorso, una striscia di vittorie di questo tipo. Sono riuscito a vincere 19 partite di fila, ne sono orgoglioso, ma adesso è il momento di provare a costruire una nuova serie». Anche se intorno il mondo non è diventato un posto migliore: «Sapete come la penso sulla Russia e sull’Ucraina: io sono per la pace. E noi top player abbiamo la responsabilità di veicolare i messaggi più wstruttivi». La saggezza dell’Orso.
Sentenza Sinner batte anche la pioggia (Ronald Giammò, Il Corriere dello Sport Roma)
Continua spedita la marcia di Sinner al Masters 1000 di Miami: ieri neanche la pioggia ha fermato la marcia dell’azzurro che si è liberato del finlandese Ruusuvuori in due set con il punteggio di 6-3 6-1 volando in semifinale. La partita era stata interrotta già con Sinner nettamente padrone del match avanti di un set e 2-0 nel secondo. Alla ripresa, dopo due ore di stop (una per la pioggia, la seconda solo per asciugare il campo) per il finlandese non c’è stato letteralmente scampo e la resa è arrivata in una manciata di minuti cercando una reazione di orgoglio solo nel quinto game. Perso il servizio, il 6-1 è diventato una formalità. Sinner a Miami non ha perso neanche un set: 2-0 a Djere, Dimitrov, Rublev e ieri Ruusuvuori.
[…]
«E’ un bilancio molto positivo – riflette ancora Arbino – che riguarda anche la settimana in California, quando abbiamo perso subito da Kubier Da un certo punto di vista è stata una sconfitta salutare perché così ha potuto svolgere un bel lavoro di dieci giorni sul fisico e sulla tecnica, facendo così un grande investimento per questa prima parte dell’anno sul veloce. Mi aspettavo, con un pizzico di fortuna, che qui potesse andar bene perché vedevo che stava davvero in forma. Virtuale numero 47 del mondo, il segreto per decifrare ìl tennis di Sonego è pensarlo felice. «Oggi è più potente, sta lavorando molto bene atleticamente, è migliorato nella forza e nella rapidità – conferma il coach – E ancora un po’ leggerino per via della sua struttura fisica». Come programmare allora il rientro in Europa, dove ad attenderlo ci saranno campi in terra battuta? «Stranamente, in certi casi e in cerri campi il rosso è più rapido del cemento: l’umidità o la composizione di alcuni campi rendono a volte il cemento superficie più lenta della terra battuta. Continueremo a lavorare ancora tanto sul fisico»
Sonego, ciao Miami «Ma questo torneo ml ridona fiducia» (Daniele Azzolini, Tuttosport)
E’ complicato spiegare perché un tennista come Francisco Cerandolo, argentino di Palermo – nel senso del quartiere dove è nato a Buenos Aires -, quando mette piede a Miami diventi un giocatore diverso, capace di mostrare un tennis da cemento di lignaggio ben superiore a quello che gli ho visto porre in scena nei tornei su terra rossa, là dove le sue attitudini tecniche dovrebbero funzionare a meraviglia. A Miami la palla corre più che a Indian Wells, è un dato di fatto. E Francisco passa per essere un buon ribattitore, non altro, per quanto volenteroso e rapido di gamba. Mentre su questi campi a un passo dal mare, assume connotati da esperto costruttore di geometrie tattiche che nascono dai requisiti tipici di chi sul cemento c’è nato, su tutte quella di accettare gli scambi con i piedi hen poggiati sulla riga di fondo, senza mai retrocedere.
[…]
Piuttosto, è stato l’argentino a cambiare le regole d’ingaggio della disfida. Nel secondo set è migliorato non poco alla risposta, mostrandosi reattivo come non era stato in grado di essere nella prima frazione, e ha obbligato Sonego – su ogni scambio – a giocare un numero di palle almeno doppio rispetto ai primi game. La seconda frazione l’ha visto avanti 0-4, poi Sonego ha recuperato un break La terza l’ha avviata addirittura con una striscia di quindici ponti vincenti a due, e su quella ha potuto giocare in tranquillità la parte finale del match. «Ha giocato meglio di me, é stato bravo, ha fatto le cose giuste». La sensazione che Sonny si sia un po’ spento c’è stata, ma Lorenzo offre altre spiega zioni: «Nessun cedimento fisico, esco da questo torneo in ottima forma e nient’affatto stanco. Tho anche mostrato con Eran, quando ho ceduto il primo set, poi sono venuto a capo del match. È successo lo stesso con Cerundolo, ma a suo favore». Resta, nelle considerazioni ottimistiche del torinese, il buon torneo disputato. «Ho avuto la sensazione di poter giocare alla pari con chiunque, e devo dire che da un po’ di tempo, forse troppo, era una percezione che mi mancava. È stato un torneo importante per me, perché mi ha restituito fiducia e convinzione. Ora voglio trasformare i tornei sulla terra rossa in una nuova chance, e continuare a tirare su la mia classifica». A cominciare da Montecarlo, che Sonego aspetta come una “prova del nove”. «Ci tengo, è un torneo che nel 2019 mi ha visto nei quarti, e venivo dalle qualificazioni. Coach Arbino mi ha fatto appena sapere di aver preso appuntamento con Djokovic, per gli allenamenti dei prossimi giorni. Non vedo l’ora…». Le posizioni scalate in classifica saranno con ogni probabilità 12. Dal numero 59 dell’ultimo ranking, Soan y ritroverà posto frai primi 50, intorno al numero 47. La nottata è ormai alle spalle.
Sfida ai campioni (Stefano Semeraro, La Stampa)
In Coppa Davis l’Italia nel 2023 ricomincia da dove aveva smesso a fine 2022, cioè dal Canada. Dai campioni uscenti, guidati da Felix Auger Aliassime e Denis Shapovalov, che a Malaga ci negarono un posto in finale con un drammatico (e pieno di polemiche) doppio decisivo. Nella fase a gironi di Bologna che dal 12 al 17 settembre dovrà contribuire a qualificare le Magnifiche 8 per le Finals – in calendario ancora a Malaga dal 21 al 26 novembre – gli azzurri hanno pescato, oltre ai canadesi, anche la Svezia e il Cile. Negli altri tre gironi, Gran Bretagna, Australia, Francia e Svizzera saranno in campo alla 02 Arena di Manchester; Spagna, Serbia, Repubblica Ceca e Corea a Valencia; mentre il Gruppo D, che comprende Usa, Croazia, Olanda e Finlandia sarà ospitato in Croazia ma in una città ancora da ufficializzare. Il gruppo di Bologna è alla portata dell’Italia – si qualificano le prime due – ma guai a sottovalutare la Svezia dei fratelli Ymer (Mikael n.53 Atp e Elias n. 149) che l’anno scorso, proprio a Bologna, sfiorarono il colpaccio; e il Cile di Nicolas Jarry (n.57 Atp) e Cristian Garin (n.82).
[…]
Nella speranza, soprattutto, che sia un’Italia a pieno organico, come finora si è vista giusto a Bologna, mentre in Spagna Sinner marcò visita e un Berrettini ancora convalescente giocò solo (e male) in doppio finendo per affossare le speranze azzurre. Nel frattempo, dopo il clamoroso addio del Kosmos Group, si stanno decidendo le sorti future della Coppa, che dal 2024, e soprattutto dopo le elezioni della federazione internazionale, potrebbe ricambiare format e sede. Una delle ipotesi è tornare in parte a incontri casa/trasferta, con una Final 4 al posto dell’attuale Final 8, sempre con sede unica. Che potrebbe essere anche Milano: il contratto con Malaga scade quest’anno e al Presidente Binaghi sotto sotto non dispiacerebbe portare dal 2026 l’evento nel nuovo palasport olimpico di Santa Giulia
Rassegna stampa
Sinner vola a Miami (Bertolucci, Crivelli, Giammò, Azzolini). Trevisan fuori ma a testa alta (Bertellino)
La rassegna stampa di mercoledì 29 marzo 2023
La crescita rassicurante di Sinner (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Far sembrare semplici le vittorie contro giocatori forti: è la qualità dei grandi campioni. Sinner l’ha dimostrata nella fantastica cavalcata di appena 71 minuti contro Rublev negli ottavi del Masters 1000 di Miami: ha ridotto all’impotenza il numero 7 del mondo, come se concedergli appena sei game senza praticamente mettere mai a rischio il dominio tecnico sul match fosse la più normale delle giornate. La partita ha confermato che il russo non possiede le armi per poter fronteggiare un Jannik al massimo delle sue potenzialità e il suo gioco scarno, fatto di bordate al servizio e con il dritto che puntano a chiudere in fretta gli scambi, non può contrastare la completezza e l’intelligenza tattica del giocatore italiano. Comunque vadano le cose, i due grandi tornei americani consegnano al circuito un giocatore veno e in grande crescita e al nostro tennis un che presto ci regalerà grandissime soddisfazioni. Non che ci fossero dubbi, perché è da un paio d’anni che Sinner, al netto di qualche intoppo fisico, a ogni partita aggiunge qualcosa al suo gioco e alle sue qualità. Non siamo cioè di fronte all’exploit di un momento, ma a una maturazione costante accompagnata da scelte oculate, fuori e dentro il campo. Non c’è dubbio che Jannik non sia più il fuscello sbattuto qua e là da avversari più potenti muscolarmente, bensì un uomo quasi formato con un fisico definito e reattivo, oppure che il servizio stia diventando un’arma assai incisiva. Contro Rublev, hanno preso gli occhi un paio di palle corte giocate in modo perfetto nei momenti più opportuni, e anche alcune eleganti conclusioni a rete. Tuttavia, mi soffermerei su un paio di particolari che stanno veramente scavando un solco nei confronti degli avversari: la risposta alla seconda di servizio e il rovescio incrociato. Per quanto riguarda la risposta, è stato decisivo il cambio di atteggiamento: fino all’anno scorso Sinner giocava il colpo tre metri dietro la riga di fondo per assicurarsi di poter iniziare lo scambio, adesso si è portato decisamente più avanti con l’intento di fare subito male, un’aggressività studiata che gli sta procurando un sacco di punti, mandando in tilt i rivali. Quanto al rovescio, è ormai uno dei colpi più terrificanti del circuito, con percentuali di errore praticamente azzerate e la capacità di trovare angoli addirittura più esasperati rispetto al dritto. […]
Il Rosso va (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Se non fosse che da quelle parti la parola incute sempre un certo timore, accanto al Sinner ammirato negli ottavi di Miami si accompagnerebbe bene la definizione di Uragano. Una furia devastante e pure intelligente che si abbatte su Rublev, numero 7 del mondo, azzerato in appena 72 minuti come se fosse normale dominare un avversario reduce da 10 partite vinte su 12 sul cemento e top ten consolidato da anni. E’ vero che le due sconfitte su quattro confronti diretti maturate contro il russo erano state in realtà altrettanti ritiri (Vienna 2020 e Roland Garros 2022), ma stavolta i numeri compilati dalla Volpe Rossa sono impressionanti: 8 ace e nessun doppio fallo, l’86% dei punti vinti con la prima, il 67% con la seconda, nessuna palla break concessa, 29 vincenti e appena 8 gratuiti. Una lezione, insomma, che vale la terza qualificazione consecutiva ai quarti del Masters 1000 della Florida, dove Jan giocò e perse la finale dei 2021, e il virtuale numero 10 al mondo, che gli potrà essere sottratto soltanto da Khachanov se vincerà il torneo. Intanto, è quinto nella Race per Torino, una posizione che si sta meritando sul campo con la miglior partenza stagionale di sempre (19 vittorie e appena 4 sconfitte): «lo provo a fare il massimo ogni giorno. Rublev non è mai un avversario facile, serve bene ed e aggressivo, ma il mio livello è stato ottimo, mi sono sentito bene in campo. È la partita in cui ho servito meglio e devo continuare così. Stavolta ho cambiato un po’ la tattica “bomba contro bomba”: ho cercato di essere più aggressivo di lui, ci sono riuscito e sono molto soddisfatto». Esaltano, del Sinner attuale, la maturazione fisica finalmente non frenata da Intoppi di salute, la crescita del servizio, la lucidità nelle letture tattiche che producono palle corte e discese a rete non più istintive ma contingenti al momento. Però ad impressionare di più, in questa settimana, sono la risposta al servizio sulla seconda e il rovescio incrociato, ormai una sentenza micidiale. Insomma, l’arsenale si arricchisce e gonfia le speranze: «Sto provando ad aggiungere qualcosa al mio gioco perché devo investire per il futuro. Quello che sto provando a fare è cercare di essere meno prevedibile e da questo punto di vista sono molto contento». Oggi nei quarti trova il finlandese Ruusuvuori ma è chiaro, però, che lo sguardo mira all’orizzonte della semifinale con Alcaraz, Fritz permettendo. Ma coach Vagnozzi prova ad andare oltre: «Carlos è un fenomeno. A 19 anni nessuno giocava così, nemmeno Djokovic, Nadal o Federer. Nessuno aveva la sua completezza. Sicuramente migliorerà ancora, ma noi non facciamo la corsa su di lui, dobbiamo farla su Jannik cercando di renderlo il giocatore migliore possibile». […]
Il nuovo Sinner travolge Rublev (Ronald Giammò, La Gazzetta dello Sport)
Pezzo dopo pezzo, il puzzle che Jannik Sinner ha iniziato a costruire nei primi tre mesi del 2023 comincia a restituire l’immagine di un giocatore molto diverso dalle vaghe idee di prospetto con cui se ne provava a intuire la crescita appena tre anni fa. La vittoria ottenuta ieri a Miami contro Andrey Rublev (6-2 6-4), con cui il numero uno italiano si è qualificato ai quarti del secondo Masters 1000 della stagione altro non è stato che un ulteriore tassello sulla strada di un percorso che oggi lo stesso Sinner sente ancora incompleto e alla cui realizzazione mancano ancora «due o tre anni» per dirsi completata. Che sia stato ancora Rublev, n.7 del mondo, a doverne scontare le conseguenze è coincidenza che, al pari della località, quella Miami dove due anni fa l’azzurro centrò la sua prima finale in un Masters 1000, aggiunge suggestione al successo, confermandone al tempo stesso i progressi. Se prima del match di ieri il bilancio tra i due era infatti in perfetta parità (2-2), lo si deve solo ai due ritiri con cui il russo era riuscito a bilanciare le due sconfitte patite a Barcellona nel 2021 e a Montecarlo l’anno successivo: due vittorie tirate per l’azzurro, mentre ieri non c’è stata proprio partita. Se le due vittore ottenute contro Djere e Dimitrov erano arrivate senza troppi patemi, pur non esibendo un Sinner impeccabile, quella di ieri era la partita in cui era davvero necessario alzare il proprio livello. E così è stato. Una lezione risoltasi in appena 70 minuti, sostenuta da un servizio sempre più robusto, impreziosita da variazioni e colpi che alla lunga hanno finito con lo sfibrare l’emotivo russo, sempre più impreciso e frustrato, a cui Sinner ieri non ha concesso nemmeno una palla break. «Andrey non è mai un avversario facile perché tira forte e spinge su ogni colpo – ha dichiarato Sinner a fine match – ma oggi il mio livello di gioco è stato ottimo: ho servito bene, anche rispetto alle altre partite». […] «Stavolta ho cambiato un po’ la tattica “bomba contro bomba”. Ho cercato di essere più aggressivo di lui, ci sono riuscito e sono molto soddisfatto». Sarà che Rublev è avversario che ben si presta a questo tipo di strategia, ma l’averlo sfidato a viso aperto, salvo poi continuare a pungerlo con le palle corte e minacciarlo di continuo alla risposta, dice molto della confidenza ormai raggiunta dall’allievo di Simone Vagnozzi e Darren Cahill quando è chiamato a recitare un copione diverso dall’unico spartito a cui sembrava intestato il suo tennis fino a poco tempo fa. […]
Sinner lo spietato (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Non è più il Sinner di prima. Il quale non era male, badate, nient’affatto male… Ma questo è meglio. Lucido sempre, battagliero e aggressivo in modo quasi provocatorio per gli avversari, Jannik sembra aver intinto il proprio tennis in un infuso magico che lo abbia dotato di venefici effetti, su tutti quel senso di spietata superiorità che regna, da qualche tempo a questa parte, nella gran parte dei match in cui il `roscetto’ di casa nostra sembra – sulla carta – rischiare qualcosa. Quasi gli stimoli che ne ricava si trasformino nella più comoda delle scale grazie alla quale sollevare la fatidica asticella e portarla su, laddove gli altri non riescano più a toccarla. Nemmeno in punta di piedi. Neanche saltando. È un Sinner di lotta e di governo. Che ha smesso di sperimentare formule, ma si è appropriato definitivamente di quelle più gli servivano. Uno che risponde ai troppo aggressivi in termini ancor più acidi e corrosivi di quanto possano osare gli avversari, e per di più scoraggiante, per come gli riesca facile indossare la maschera del tennista irruente e adattarsi a essa quasi fosse una condizione stabile del suo essere. Insomma, un tipo cattivo e inavvicinabile come da normale amministrazione… Andrey Rublev, poverino, ci ha provato. È un caro ragazzo, il russo, uno che non ha avuto paura a prendere posizione contro la guerra e ribadire, in un momento difficile tra russi e ucraini nello spogliatoio del circuito, che l’amicizia con Denys Molchanov – con il quale vinse il doppio a Marsiglia nel 2022, ai primordi dell’invasione russa – non merita nemmeno di essere discussa. Lui lo considera un fratello e così sarà per sempre. Aspetti nobili di un carattere che in campo appare spesso preda dei nervi, costretto a scaricare nei colpi più violenti le pressioni che avverte dentro di sé. Condizione che contro Sinner sul campo numero uno di Miami, è rapidamente scivolata nella frustrazione di chi scopre quanto il proprio agitarsi tennistico sia vano. Nel primo set Sinner l’ha preso letteralmente a pallate, gli ha tatuato due break sul fondo schiena che gli ci vorranno anni a Rublev per cancellarne il ricordo, ha spolverano le righe del campo con dieci vincenti contro tre soli errori gratuiti. Nel secondo il russo ha opposto maggiore resistenza, ma non ha evitato il break che Sinner gli ha confezionato su misura nel settimo game, cogliendo spizzichi di riga che hanno letteralmente prostrato il poverino. Match vinto in un’ora e dodici minuti. «Oggi funzionava tutto, ho cambiato qualcosa rispetto ai nostri precedenti confronti, ma non vi dico cosa», fa il misterioso Sinner, apparso più aggressivo del solito, e sempre attento – negli scambi più lunghi – a preparare il botto finale con una frecciata laterale che spostasse il russo, liberando il corridoio per il dritto vincente. I conti tornano… Otto ace, nessun doppio fallo, nessuna palla break concessa nel match e una seconda di servizio in crescita, con il 67 per cento di trasformazioni in punti vincenti contro il 27 per cento di Andrey. Non solo… Salgono a 19 i match vinti nella stagione (4 le sconfitte), a due i quarti di finale nel Sunshine Double americano, il migliore fin qui mai giocato da un italiano, mentre il rientro in Top Ten, al decimo posto, sembra ormai assumere forme definitive. Prossimo avversario, il finlandese Emil Ruusuvuori, 54 Atp […]
Trevisan fuori ma a testa alta (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Una sfida suggestiva quella cui è stata chiamata Martina Trevisan nei quarti di finale del WTA 1000 di Miami, per molti motivi e per il valore dell’avversaria, Elena Rybakina, campionessa in carica di Wimbledon, finalista agli Australian Open d’inizio stagione e fresca di titolo a Indian Wells. L’azzurra a caccia dello scettro di prima italiana di sempre a raggiungere la semifinale nel torneo di Miami, la kazaka nata a Mosca (reduce da un filotto di 9 vittorie consecutive) impegnata a diventare la sesta giocatrice nella storia a centrare il “Sunshine Double”. Tattica e traiettorie mancine da una parte, quelle dell’azzurra, numero uno d’Italia, servizio e potenza dall’altra, in un tennis nel complesso fatto anche di buona mobilità in ragione della notevole stazza fisica. La 29enne fiorentina ha cercato di rimanere incollata al match nei primi game del set iniziale giocando alla pari con la rivale. Il break è però arrivato al quarto gioco, a spaccare la frazione per quella che è parsa essere la fuga della Rybakina sul 4-1. Lottatrice mai doma, Martina ha mantenuto la calma e anche grazie ad un doppio nastro fortunato è risalita con il contro-break sul 3-4. Nuovo strappo in avanti della kazaka, però, e sigillo sul primo set con il diritto tornato vincente. Rinfrancata dalla vittoria parziale è stato subito break in suo favore in avvio di secondo set, bissato poco dopo per il 3-0. Sempre più efficace al servizio (200 ace messi a segno in stagione) Elena Rybakina ha dominato gli ultimi game chiudendo la sfida in un’ora e 9 minuti. Ventesimo successo in stagione e sguardo sempre più convinto verso le alte sfere del ranking: «Sono molto felice e ringrazio il pubblico per il sostegno. Nel secondo set sono salita di livello e con la percentuale di prime palle». Trevisan che è uscita dal torneo a testa altissima e con nuove certezze nonché motivazioni in ottica stagionale, anche sul cemento, superficie non sempre così gradita in carriera. […]