WTA Linz: Errani supera le qualificazioni ed entra in tabellone. Sconfitta Pavlyuchenkova

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WTA Linz: Errani supera le qualificazioni ed entra in tabellone. Sconfitta Pavlyuchenkova

Errani si aggiunge a Bronzetti e Giorgi. La russa Pavlyuchenkova torna alla vittoria dopo 13 mesi ma è sconfitta nel turno decisivo

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Per la prima volta da luglio dello scorso anno quando a Varsavia raggiunse il secondo turno, Sara Errani riesce a superare le qualificazioni di un evento WTA e raggiunge il tabellone principale del torneo di categoria ‘250’ in programma questa settimana a Linz. L’ultima apparizione in un evento WTA invece risale al 26 settembre 2022 quando con una wild card partecipò al torneo di Parma. In quest’occasione, nel turno decisivo di qualificazione Errani ha battuto la venezuelana Andrea Gamiz (30 anni, n.375) per 6-2 6-3 in quella che è la quarta vittoria stagionale. La 35enne tennista italiana con questo risultato raggiunge Lucia Bronzetti e Camila Giorgi, già presenti nel tabellone del torneo di Linz.

IL TABELLONE COMPLETO DEL WTA 250 DI LINZ

Oltre ad Errani, hanno strappato il pass anche la tedesca Friedsman, le spagnole Masarova (ai danni della giovane e promettente Tauson) e Bassols, l’ungherese Galfi, e la bulgara Tomova che nel turno decisivo di qualificazioni ha battuto la russa Pavlyuchenkova in tre set, 6-4 4-6 6-3. Quest’ultima era tornata a vincere un match dopo 13 mesi a Linz, dove nel primo turno aveva superato Kuzmova (6-3, 6-4), ma non è riuscita a completare l’opera venendo sconfitta al secondo turno di qualificazioni. Pavlyuchenkova a 31 anni non sta certamente passando un periodo facile: dopo aver saltato tutta la seconda parte della stagione 2022, ora sta cercando di ritrovare fiducia dopo una spedizione australiana poco felice (sconfitta al primo turno sia ad Adelaide che a Melbourne). Intanto può consolarsi avendo riassaporato il gusto della vittoria in Austria.

 

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ATP Miami: discontinuo ma cinico, Medvedev batte Khachanov ed è in finale

Khachanov prova a prendere l’iniziativa ma Daniil prende il controllo del match nei momenti importanti: affronterà Sinner o Alcaraz

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Daniil Medvedev - Miami 2023 (foto Ubitennis)

[4] D. Medvedev b. [14] K. Khachanov 7-6(5) 3-6 6-3 

 

Fra alti e bassi, errori e blackout, un discontinuo ma cinico Daniil Medvedev ha la meglio su Karen Khachanov, amico-rivale che ha disputato un match coraggioso, tentando di spezzare la ragnatela del suo avversario, riuscendoci, per altro, soprattutto nel secondo set; Ma non basta: Daniil raggiunge la prima finale a Miami, Karen manca il ritorno in top ten. L’avversario del numero cinque del mondo verrà deciso stanotte nel nuovo capitolo della recente ma promettente saga Sinner-Alcaraz

Primo set 

Prima semifinale del Miami Open. Nel giorno dell’annuncio della revoca del bando a Wimbledon, in campo due tennisti russi: Daniil Medvedev, in striscia positiva (se si esclude la finale contro l’intoccabile Alcaraz ad Indian Wells) dal torneo di Rotterdam, parte nettamente favorito contro l’amico Karen Khachanov, tornato dopo anni a battere un top ten (23 le sconfitte consecutive dalla vittoria a Bercy 2018 su Djokovic) e di nuovo a ridosso dei primi dieci dopo la recente semifinale slam in Australia. Daniil è in vantaggio 3-1 negli h2h, l’ultimo quest’anno ad Adelaide. Chi vince trova Jannik Sinner o Carlos Alcaraz, in campo nella notte italiana. 

Dopo umide giornate di pioggia, il clima di Miami sembra quasi apprezzabile (al 62 per cento l’umidità). E sembra Khachanov il giocatore in grado di approfittare delle favorevoli condizioni climatiche: la testa di serie numero 14 si procura subito due palle break, ma Medvedev è bravo ad annullarle con i primi due ace della partita. I suoi turni al servizio rimarranno macchiati da qualche sbavatura, mentre intonsi saranno quelli di Khachanov, che tiene a zero i primi tre. Escluse alcune magie (non andate a buon fine) da parte di Medvedev, è calma piatta sul centrale, finchè sul 3-4, con le palle nuove, la striscia di Khachanov si interrompe all’improvviso: all’improvviso Daniil si accende, intrappola Karen nella sua tela, e basta qualche seconda che il numero cinque del mondo si prenda tutto il braccio, si procuri due palle break e si trovi a servire per il primo set.  

Come si accende in un attimo, basta poco perché l’attenzione di Medvedev cali: un doppio fallo e un nastro sfortunato non arridono al campione dello US Open 2021, che si fa recuperare immediatamente il vantaggio, mancando fra l’altro un set point sul quale commette un doppio fallo. Ora Khachanov prova a sciogliere la trama del suo avversario, prende più volte l’iniziativa e tiene con autorità i turni successivi, nonostante l’esasperata difesa di Medvedev: è tiebreak. Qui fa tutto Daniil: si prende un minibreak, lo getta via con un errore di rovescio, se lo riprende e infine, nonostante il coraggio e i tentativi di Khachanov, chiude 7-5 dopo un’ora e due minuti. I numeri sono a favore di chi rincorre: 75 percento di seconde palle contro il 33 dell’avversario, addirittura tre punti in più, ma chi passa a condurre è col suo solito cinismo Medvedev, che ora si dirige verso il bagno dove sosterà per ben sette minuti e mezzo. 

Secondo set 

Il toilet break, in realtà, sembra favorire Khachanov piuttosto che Daniil: Il vincitore di Parigi Bercy 2018 parte forte, brekkando a 15 Medvedev, scomparso dal campo (a volte letteralmente: la telecamera fatica a inseguire le sue stoiche difese). La tattica del logoramento non sortisce più alcun effetto su Khachanov, che ora esce in maniera relativamente agevole dallo scambio: dopo i primi tre giochi in cui vince 12 punti su 15, Karen tiene il suo avversario a debita distanza, sia nel punteggio che dalla linea di fondo, e chiude in breve tempo, senza particolari patemi ed in completo controllo, per 6-3. Si va al terzo e decisivo set. Medvedev è chiamato a riaccendersi un’altra volta. 

Terzo set 

Il buon momento di Khachanov continua anche in apertura di terzo set: subito palla break nel game d’apertura, ma Medvedev alza le percentuali al servizio e suggella col nono ace un game molto complicato. È la svolta: i turni di battuta di Khachanov sono ora un lontano ricordo di quelli del primo set, e, probabilmente accusando la stanchezza fisica e mentale a cui il suo avversario l’ha inevitabilmente condotto, concede due palle break e con ben tre gratuiti perde il servizio e torna a inseguire. Per la prima volta, Medvedev è davvero in controllo della partita: i suoi game di battuta seguono trame predefinite e, nonostante alcuni caparbi colpi di coda di Khachanov in scambi da venticinque punti, il numero cinque chiude 6-3 e dopo due ore e diciassette si qualifica per la quinta finale consecutiva. Un Khachanov sfinito ci prova fino all’ultimo punto ma alla fine si avvicina alla rete con il sorriso sportivo dello sconfitto. Chiunque vinca stanotte, sarà una bella finale. 

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Torino, non solo ATP Finals ma anche Piemonte Open Intesa Sanpaolo (14-20 maggio)

La forza della tradizione: storia di cinque Coppe Davis, Nicola Pietrangeli che batté Rod Laver (1961) e a maggio, un challenger (175.000 €) al Circolo della Stampa – Sporting con un probabile cast di partecipanti da ATP 250.  Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo: “Ecco un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione…”

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a sinistra Fabrizio Paschina (direttore comunicazione e immagine Intesa Sanpaolo) e a destra Giorgio Di Palermo (direttore del torneo Piemonte Open Intesa Sanpaolo) - foto Andrea Pellegrini / FITP

Il “Piemonte Open Intesa Sanpaolo”, evento premium della neonata categoria Challenger 175, sarà il nuovo torneo ATP della città di Torino che va ad arricchire il già importante scenario e calendario tennistico offerto dal capoluogo piemontese. Dal 14 al 20 maggio saranno i campi in terra rossa del Circolo della Stampa Sporting ad ospitare i campioni affermati e le giovani promesse che vi prenderanno parte, per un appuntamento che promette di offrire grande spettacolo per tutti gli appassionati di tennis. “Essere Title Partner di questo nuovo evento che si svolgerà a maggio è fondamentale per aggiungere un altro tassello alla nostra strategia di partecipazione sia sul territorio, sia su Torino, sia verso gli appassionati di tennis” ha dichiarato Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo.

Un ritorno ai fasti del passato per l’impianto torinese, dato che lo Stadio del Tennis vanta una ricca storia avendo ospitato gli Internazionali d’Italia del 1961 e la Nazionale italiana per alcune sfide di Coppa Davis e Federation Cup tra gli anni ’60 e ’70.

Questi gli incontri della nazionale italiana di Coppa Davis disputati al Circolo della Stampa Sporting Torino:

 

1949 – Italia b. Cile 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 9-16 giugno)
1953 – Italia b. Svezia 4-1 (Zona europea, quarti di finale, 10-14 giugno)
1960 – Italia b. Cile 3-2 (Zona europea, quarti di finale, 10-12 giugno)
1964 – Svezia b. Italia 3-1 (Zona europea, quarti di finale, 11-14 giugno)
1973 – Italia b. Spagna 3-2 (Zona europea, semifinali, 20-22 luglio)


Intervengono Pietro Garibaldi, Presidente del Circolo della Stampa Sporting Torino, Giorgio Di Palermo, Direttore del Torneo, Gianni Ocleppo, Presidente Comitato d’Onore Nitto ATP Finals, e Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo

Ed ecco la ricostruzione della famosa finale vinta da Nicola Pietrangeli su Rod Laver pubblicata da OK Tennis.

Il giorno che Pietrangeli distrusse Laver

di Raffaello Esposito

1961, gli albori dei mitici Sixties.

Mentre ad Amburgo la bionda Astrid Kircherr sforbiciava alla Giulio Cesare i capelli a quattro teddy boys di Liverpool, a Berlino prende forma concreta l’incubo della “cortina di ferro” evocato quindici anni prima da Churchill. Nella capitale tedesca ha inizio la costruzione di un muro che per quasi trent’anni separa amici e fratelli, simbolo visibile di un mondo diviso a metà. Il 26 giugno di due anni dopo è una giornata ventosa e quel muro una dolorosa realtà. Da un podio imbandierato eretto in Rudolph-Wilde-Platz il ciuffo alla James Dean di John Fitzgerald Kennedy è spettinato mentre celebra “the fighting spirit of West Berlin” con il celebre passaggio “Today, in the world of freedom, the proudest boast is Ich bin ein Berliner!”. Oggi quella è la sua piazza. Gli fu intitolata tre giorni dopo l’assassinio di Dallas.

Il loro muro gli uomini con la racchetta lo aveva costruito ben prima.

Il passaggio del grande Tilden fra “le puttane dei pro” (ipse dixit) alla fine del 1930 non poté essere ignorato e fino al 1968 una barriera, invisibile, impenetrabile, ipocrita, tagliò in due il mondo del tennis. Chi passava di là pagava l’affronto con l’esclusione dal circuito ufficiale che comprendeva Wimbledon, la Davis e tutto il resto. Il risultato fu che per decenni i campioni veri erano altrove, con pochissime eccezioni. Una di queste fu Roy Emerson, l’australiano scolpito con l’accetta che si credeva sempre il più forte di tutti.

Un’altra fu Nicola Pietrangeli, nato a Tunisi lunedì 11 settembre 1936.

“I miei nonni materni russi e nobili , quelli di mio padre tedeschi e svedesi. Insomma, sono un bel bastardo ma avrei potuto farmi chiamare conte”.

In questa dichiarazione c’è tutto il personaggio.

Cosmopolitismo, consapevolezza del proprio valore, furbizia e quel pizzico di ribalderia che quando è ben dosata non guasta.

Ma poi c’era la pigrizia, caratteristica , quella sì, tutta italiana fin dagli ozi capuani di Annibale Barca, il fulmine di guerra.

Il talento evidente gli avrebbe consentito qualunque tipo di gioco, ma quanto era più comodo governare scambi e avversari da fondocampo con quel rovescio olimpico – più forte del dritto al pari di grandi come Budge e Jimmy Connors – che era pura sinfonia?

Solo il piccolo maestro Rosewall rivaleggiava con lui in quel colpo.

Era bravo come i pro, li batteva spesso in allenamento e nel 1960 Jack Kramer riuscì finalmente a fargli firmare un contratto per passare l’Acheronte.

Ricco, ricchissimo. Faraonico.

Ma significava essere banditi dal salotto buono dei circoli più prestigiosi del mondo, nei quali il suo sguardo ceruleo faceva strage di cuori. In cambio scompartimenti di treno e sedili d’aereo per dieci mesi l’anno, arene improvvisate e spogliatoi fatiscenti con un chiodo per appendiabiti. Decise che i soldi non valevano quella vita scabra, alla quale per natura era poco incline. Preferì l’esistenza comoda del circuito ufficiale, nel quale comunque circolavano cospicui “Under the table money”, come li chiamava lo sgamato Bobby Riggs, uno che ne capiva e che forse li aveva pure inventati.

Nicola Pietrangeli fu un tennista sublime pur non sfruttando al massimo tutte le doti che possedeva. Resistentissimo e solido, sapeva essere potente ma preferì sempre l’accuratezza del piazzamento, il controllo totale della palla. La sensibilità del tocco gli consentiva comunque un’agevole frequentazione della rete, come stanno a mostrare i notevoli successi in doppio con Orlando Sirola e un giovane Panatta.

Quando si aprono gli Internazionali d’Italia 1961 Nick è considerato il più forte tennista del mondo sulla terra battuta. Ha vinto i due precedenti il Roland Garros e anche quell’anno Parigi lo vedrà in finale. Perderà al quinto contro l’astro nascente Santana, pagando forse carissima una fuga a Roma per la nascita del figlio.

“…vado dal giudice e gli dico che parto. La domenica sono partito, mio figlio è nato e ancora oggi non so perché l’ho fatto ma sono rimasto a Roma altri tre giorni”.

Novello Annibale, appunto.

Si celebra il centenario dell’Unità d’Italia e quell’anno il torneo si gioca a Torino, capitale fino al 1865, sui campi rossi del Circolo della Stampa.

I nomi sul tabellone certificano durezza e lignaggio della competizione. Oltre a Nicola e Beppe Merlo ci sono lo spagnolo Manolo Santana, inventore del lift estremo, e tre australiani uno più forte dell’altro. Nell’ordine Neale Fraser, Roy Emerson e un ventiduenne dall’occhio di falco che è solo all’inizio ma ha già fatto parlare di sé.

Il suo nome è Rodney George Laver, per tutti Rod.

Pietrangeli ci ha già perso due volte, entrambe sull’erba dove il suo tennis è certamente meno redditizio. Nella semifinale di Wimbledon 1960 però mancava tanto così… Nicola si era arreso solo al quinto per 6-4, pagando salatissimo un calo di concentrazione in battuta all’avvio del set decisivo. Adesso però si gioca sulla sua superficie preferita, è in gran forma e in quella primavera ha trionfato dal Cairo a Montecarlo e sembra non conoscere sconfitta. A Torino sorvola il torneo senza perdere un set, annichilendo in semifinale Roy Emerson, un tipino capace di dodici Slam in carriera.

Dall’altra parte dell’arena Laver deve lottare molto più duramente per arrivare alla finale di lunedì 15 maggio. Non è ancora il consapevole monarca del tennis ma il suo gioco appare comunque rivoluzionario. Anticipo estremo, uso del polso, top spin violento anche dalla parte del rovescio, assalto della rete. L’anno dopo sarà Grande Slam, il primo di due. Spende moltissime energie per domare l’orgoglio di Beppe Merlo prima e di Santana poi e quando arriva l’incontro decisivo non ne ha più.

L’australiano dà tutto nel primo set, nel quale predominano scambi entusiasmanti soprattutto perché Nicola accetta il gioco pesante per non farsi intimidire.

Laver sembra padrone quando gli strappa due servizi per un 5-1 illusorio quanto una fatamorgana. Da quel momento Rod vincerà solo sette giochi in tre set e mezzo. Pietrangeli ci ha messo un po’ a scaldare il fisico massiccio e ora tutto gira a meraviglia. Esalta i duemila spettatori presenti sul Centrale con una rimonta furiosa che lo porta al 5 pari. Si va ad oltranza e solo due rovesci lunghi – vos quoque! – consentono a Laver il break decisivo per un 8-6 sfiancante.

Ed ecco che Pietrangeli Nicola da Tunisi decide di non sbagliare più. Letteralmente. Oltre la rete c’è un combattente vero, uno che dai suoi allenatori, prima Hollis poi Hopman, è stato cresciuto nel culto della resistenza fisica, della lotta su ogni palla. Ma gli servirebbe un bazooka per sfondare il muro che gli si para davanti, non la sua misera Dunlop.

Nick adesso piazza i colpi negli ultimi cinque centimetri del campo, impedendo al suo avversario qualunque aggressione per mezzo della sola lunghezza di palla. Poi, quando decide che è il momento giusto, chiude. Sono colpi di stiletto continui che pian piano dissanguano il grande australiano, costretto ad attaccare da lontanissimo e ripetutamente battuto da passanti piazzati col mirino. I due stanno ancora giocando ma la partita non c’è più. Nello spazio di tempo occupato del primo combattuto set Pietrangeli ne vince tre col punteggio di 6-1 6-1 6-2.

È il suo secondo titolo agli internazionali d’Italia, uno degli ultimi urrah importanti di una carriera irripetibile.

Adesso tutti sapevano che poteva essere il più forte, in fondo a lui bastava così.

“Parva sed apta mihi”.

15/05/1961

Internazionali d’Italia, Torino – Finale

N. Pietrangeli b. R. Laver 6-8 6-1 6-1 6-2

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WTA Miami, Rybakina oltre la stanchezza: “Avevo poche energie ma sono riuscita a tirarle fuori”

Elena ringrazia l’allenatore per il supporto durante il match con Pegula e si prepara alla terza finale stagionale: “Spero di riuscire a fare quest’ultimo sforzo”

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Solo Kim Clijsters, Vika Azarenka, Iga Swiatek e Steffi Graf (quest’ultima due volte) sono riuscite a fare doppietta tra Indian Wells e Miami nella storia del tennis femminile. Non può quindi stupire che Elena Rybakina, a una sola vittoria dall’entrare, mostri a parole (e non solo) tutta la sua stanchezza in sala stampa dopo la vittoria su Jessica Pegula in due set molto equilibrati e con varie interruzioni per pioggia. In totale sono diventate oltre 20 le ore passate in campo dalla kazaka nelle 11 partite disputate tra la California e la Florida e così, come lei stessa ha ammesso, le energie residue sono tutt’altro che abbondanti: “Oggi è stata una partita difficile, e in realtà le due settimane sono state davvero dure. Forse non avevo abbastanza energia. Quando ero sotto nel punteggio, però, mi sono arrabbiata un po’ e così ho cercato di spingere me stessa oltre il limite. E anche il mio box, il mio allenatore mi ha aiutato”.

Elena potrà però sfruttare il giorno di riposo per ricaricare almeno parzialmente le batterie in vista di una finale in cui partirà in ogni caso da favorita. Contro Cirstea o Kvitova (in campo stasera non prima delle 21 italiane), infatti, sarà lei, che è diventata la sesta donna a raggiungere l’ultimo atto a Melbourne, Indian Wells e Miami nello stesso anno (dopo Seles, Graf, Davenport, Hingis e Sharapova), ad avere in mano le sorti del match: se servizio e dritto funzioneranno come nelle ultime settimane, difficilmente la stanchezza potrà diventare un fattore.

D: Non sono molti i giocatori che hanno fatto il cosiddetto Sunshine Double. Quanto è difficile affrontare un torneo per due settimane e poi andare da un’altra parte e rifare tutto da capo?

 

RYBAKINA: È davvero difficile, anche a causa delle condizioni diverse in queste due settimane, dalle partite si può vedere che è molto più difficile per me qui che a Indian Wells. La doppietta sembra vicina ma allo stesso tempo è ancora lontana. Farò del mio meglio e spero di farcela.

D: Hai detto di non essere al 100% dal punto di vista fisico, in termini di stanchezza e cose del genere ma sei riuscita a reagire dopo essere stata in svantaggio di un break. Ti sei accorta che dopo aver subito il break hai iniziato a colpire più forte, quasi più liberamente?

RYBAKINA: Sì, credo di aver iniziato a essere un po’ più aggressiva, anche perché sapevo che se si fosse arrivati al terzo set sarebbe stato molto più difficile. Quindi forse ho rischiato un po’ di più anche alla fine del secondo set. Ho cercato di spingere sulle sue seconde di servizio. Sapevo di poter vincere in questo modo nonostante i possibili errori. Pensavo che fosse l’unico modo per sfondare.

D: Quando sei arrivata a Miami dopo Indian Wells, prima di giocare il tuo primo match, se avessi saputo che saresti arrivata in finale, sarebbe stato un risultato sorprendente per te, visto come ti sentivi, o è quello che ti aspetti da te stessa ora?

RYBAKINA: No, non mi aspettavo di arrivare in finale. Sapevo che sarebbe stata molto dura fin dall’inizio, fin dalla prima partita. E così è stato, in effetti. I primi due incontri sono stati molto duri. Non mi aspettavo nulla. Ho cercato di giocare un match alla volta, di concentrarmi, di spronarmi e di lottare fino alla fine, quindi anche quando ero sotto, ho cercato di trovare una soluzione. Per ora ci sono riuscita.

D: La prossima avversaria sarà Petra Kvitova [1-1 i precedenti] o Sorana Cirstea [2-0 per Elena]. Puoi dirci quali sarebbero le difficoltà con l’una e con l’altra e quanto l’esperienza di queste grandi finali può aiutarti sabato?

RYBAKINA: Penso che entrambe siano avversarie molto difficili. Entrambe colpiscono forte, sono aggressive e hanno ottimi colpi. Contro Petra ho giocato all’inizio dell’anno [ad Adelaide, vittoria in due set per la ceca, ndr] e lei ha giocato molto bene, ma lì i campi erano molto più veloci. Penso che sarà diverso se giocherò di nuovo contro di lei, ma di sicuro sarà molto importante l’aspetto fisico, perché qui i campi sono piuttosto lenti, soprattutto dopo la pioggia. Quando è così umido, non è facile. In ogni caso sarà una finale molto dura. Spero di riuscire a fare l’ultimo sforzo e che le cose vadano per il verso giusto [sorride, ndr].

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