Berrettini: “A 19 anni potevo andare al college. Sono rimasto in Italia perché aiutato dalla Federazione”

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Berrettini: “A 19 anni potevo andare al college. Sono rimasto in Italia perché aiutato dalla Federazione”

“II mio obiettivo era vivere col tennis, non fare la storia del tennis italiano” così Matteo Berrettini in una rubrica targata Red Bull. “Nella mia carriera ho commesso degli errori facendo di testa mia, ora ascolto chi mi sta vicino”

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Matteo Berrettini - Australian Open 2023 (foto Twitter @rolandgarros)
 

Matteo Berrettini è stato protagonista del format social “Un giorno con…” prodotto da Red Bull e trasmesso sul canale YouTube di Denis Tarantello (Sinnaggagghiri), video che trovate alla fine dell’articolo. Il tennista romano ha offerto diversi spunti interessanti: “A 19 anni dopo il liceo avevo avuto diverse borse di studio dal college per andare a studiare negli Stati Uniti ha ammesso – i miei genitori spingevano perché facessi questa esperienza. Io alla fine ho deciso di rimanere in Italia per cominciare a fare le cose più seriamente visto che la federazione mi aiutava, era una scommessa ed è andata bene”.

Nell’intervista informale è stato affrontato anche un tema tanto chiacchierato in questi giorni, quello economico, sul quale si è espresso sia Pietrangeli che lo ha un po’ bacchettato, sia Kyrgios che sta dalla sua parte. Quanto guadagno? Guadagno tanto in relazione a quello che avrei pensato. Inizialmente il mio obiettivo era quello di poter vivere col tennis, sicuramente non quello di fare la storia del tennis italiano. Più cresci e più riesci ad avere un team più ampio con figure come l’osteopata, il fisioterapista, il mental coach. Il tennis è uno sport molto complicato proprio perché ti devi pagare tutto da solo: aerei, alberghi e staff”.

Interessante anche il passaggio sulla vita del tennista e l’acquisita notorietà: “Non è semplice questo mondo: in un anno si prendono anche 50 aerei, si va in tre continenti diversi in un mese e mezzo, temperature diverse, climi diversi. In pratica vivi più in una camera di hotel che in casa. Quando ho cominciato a ottenere i primi risultati dormivo peggio, avevo delle afte in bocca che erano legate allo stress: sono dovuto andare da un medico a farmi vedere. Devi gestire e convivere con le pressioni e per me è successo tutto velocemente, non ero abituato”.

Nella mia carriera ho commesso degli errori, ho voluto fare di testa mia anziché ascoltare il parere di persone che mi stavano vicine. Questo fa parte della formazione e della crescita. Per fortuna i miei genitori mi seguono sempre e quando possono vengono a vedermi giocare ai tornei. Con mio fratello specie nel periodo di off-season mi alleno: certo, le distanze rendono difficili relazioni amorose e affettive, io mi sono sempre circondato di persone che giocano a tennis e che sono in questo mondo come me”.

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