Coach Martinez e la rottura con Kasatkina: “Non c'entra il tennis. Eravamo in disaccordo su come ci si comporta fuori dal campo” [ESCLUSIVA]

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Coach Martinez e la rottura con Kasatkina: “Non c’entra il tennis. Eravamo in disaccordo su come ci si comporta fuori dal campo” [ESCLUSIVA]

“Ha tantissimo talento, l’ho resa più continua e capace di affrontare chiunque” dice di Daria Kasatkina il suo ex allenatore Carlos Martinez

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Daria Kasatkina e Carlos Martinez (foto via Instagram @carlosmartinezcomet)
 

Nel tennis, come nella vita, ci sono novità che sorprendono e altre alle quali la reazione non può che essere un sarcastico “sai che novità”. Tra queste ultime, si possono senza dubbio annoverare i cambi di allenatore nel Tour WTA. Tuttavia, non tutte le collaborazioni sono uguali, come non lo sono i momenti per scrivere la parola fine. Emma Raducanu che rompe con un coach è come un match di Andy Murray che va in lotta – te lo aspetti di più rispetto a un incontro di Iga Swiatek. Così, la off-season è certo il momento più adatto, sia perché è il momento più naturale per fare un bilancio, sia perché l’inizio della conoscenza reciproca con il nuovo arrivato non va a sovrapporsi agli impegni agonistici.

Con un po’ di sorpresa è stata quindi accolta la rottura di metà febbraio tra Daria Kasatkina e Carlos Martinez (sostituito da Flavio Cipolla), peraltro non annunciata con il consueto post sui profili social della giocatrice, bensì dalla fidanzata di Dasha – la pattinatrice artistica su ghiaccio Natalja Zabijako – nel suo vlog.

La collaborazione con Martinez era cominciata durante il torneo di Eastbourne nel 2019 quando Kasatkina, terminata al 10° posto ranking la stagione precedente, faticava a vincere match. Quest’anno, a parte la finale ad Adelaide 2, due sconfitte all’esordio e altrettante al secondo incontro. Un inizio non brillante ma, sotto la guida di Carlos, Daria ha raggiunto lo scorso ottobre il suo best ranking (quel n. 8 che tuttora occupa) e messo in bacheca quattro dei suoi sei titoli. Quindi, cosa è andato storto?

 

Adam Addicott di Ubitennis.net lo ha domandato in esclusiva al diretto interessato. “Ci sono diverse ragioni” ha detto Martinez. “Non c’entra il tennis, bensì altre priorità che ho e principi che voglio seguire. Abbiamo punti di vista diversi sulle cose ed è meglio così”. Quest’uomo sa come solleticare l’altrui curiosità, questo gli va riconosciuto. Via con le domande.

La decisione di Daria è stata inaspettata?
“Me l’aspettavo, non è stata una grossa sorpresa. Ero triste perché mi piaceva lavorare con Dasha. È una ragazza fantastica e una grande tennista. La nostra intesa in campo era ottima, ma alla fine c’entravano cose che faceva fuori dal campo. Secondo me, non le migliori per la sua carriera. Ecco perché ha deciso di finirla, perché la nostra ultima conversazione aveva preso la stessa piega. Penso che fosse un po’ stanca e in disaccordo con il mio punto di vista su come deve fare le cose fuori dal campo.”

Hai detto che la decisione di smettere di collaborare non era per il tennis ma per i principi. Cosa intendi?
“In quanto allenatore, voglio fare le cose in un certo modo. Penso che se vuoi essere una top player devi fare meglio anno dopo anno, devi essere precisa in quello che fai. Specialmente fuori dal campo. Avevamo punti di vista differenti su quello che un tennista professionista deve fare.”

Quali erano questi punti di vista?
“Non dico che quello che faceva fosse sbagliato, perché è un’ottima professionista. Ma credo che certi giorni lei debba fare attenzione se vuole arrivare in alto. C’è tanta pressione, cose specifiche su cui lavorare e penso che debba gestire un po’ meglio il suo tempo fuori dal campo. A me piace concentrarmi solo sul tennis e cercare di fare del mio meglio. Investire più tempo per migliorare ogni giorno, in questo la penso un po’ diversamente. Rispetto Dasha perché alla fine è la sua carriera e decide lei. È adulta, non è un problema per me.”

A volte Daria non è continua nei risultati. Pensi che ciò sia dovuto a motivi tecnici o mentali?
“Dasha è un’ottima giocatrice. Non il tipo che vince il punto in un paio di colpi. Deve lavorare e questo è il motivo per cui riguarda più l’aspetto mentale. Deve essere più tecnica di altre, ma ha le capacità per farlo. Ha tantissimo talento. La parte tecnica è importante, certo, ma si tratta più di come gestisce le emozioni.”

Avere lavorato insieme per quattro anni. Qual è stato il tuo più importante risultato con lei?
“Sono stati quattro anni intensi. Mi sono divertito con Daria, è un’ottima tennista ed è facile lavorarci perché sa fare tutto. Il risultato migliore è stato renderla una giocatrice continua e portarla ad affrontare ogni tipo di gioco. Sa giocare contro grandi colpitrici, tenniste regolari, eccetera. Aveva le armi per batterle tutte. Ha vinto tornei importanti come i WTA 500, fatto semifinali in grandi eventi come il Roland Garros. L’anno scorso, dopo tre anni di duro lavoro insieme, ha raggiunto quello che meritava. Insomma, il risultato migliore è stato rendere Dasha più continua e farle capire il gioco molto meglio. Arrivare alle WTA Finals lo scorso anno è stato un buon segnale che stava facendo bene.”

Vi siete appena separati, ma hai già pensato a cosa fare? Ti interesserebbe ancora lavorare con qualche pro ATP o WTA oppure preferisci dedicarti alla tua accademia?
“Non so cosa farò. Effettivamente ho ricevuto offerte di lavoro da alcune tenniste, che per me va bene, mi piace lavorare nel circuito femminile. Per il momento, però, voglio restare all’accademia lavorando con coloro che si fidano di come lavoro e godermi del tempo con la mia famiglia. Ma non si può mai dire, ci sono tante opportunità. Se viene fuori qualcosa di interessante, me la studio. Starò a vedere, non cambierò nulla del modo in cui insegno il tennis.”

Ci sono giocatrici con cui ti piacerebbe lavorare se ne avessi l’occasione?
“Ne ho alcune in mente. Certo, è meglio e più facile se hai la sensazione che quella giocatrice seguirà il tuo metodo. Sento di avere un sacco di passione e capacità di aiutare i giocatori che vogliono continuare a migliorare e lavorare sodo. Il tennis è la mia passione e nulla la fermerà. Perfino in questa situazione con Dasha, molto triste, sono pronto ad aiutare chiunque voglia realizzare qualcosa di buono.”

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Roland Garros, Sabalenka: “Grandi progressi sulla terra battuta. Entusiasta di tornare a Wimbledon”

Dopo la sconfitta con match point contro Muchova, Aryna Sabalenka è esausta: “Certo, dopo aver perso un match così…”

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Aryna Sabalenka - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Aryna Sabalenka è arrivata a un punto dalla vittoria, ma in finale c’è andata Karolina Muchova che, sotto nel terzo 2-5 e match point, ha tirato fuori quello che le era rimasto (non tanto dal punto di fisico, ma parecchio tennis) ed è volata a prendersi la sua prima finale Slam – con grossa complicità dell’avversaria. Una sconfitta che, unita al sofferto successo di Iga Swiatek su Haddad Maia, non le permette di spodestare la polacca dal trono del ranking. L’analisi del match da parte di Aryna parte da due concetti semplici ma che ben ne fotografano l’andamento: “Lei ha giocato un tennis incredibile. Io ho comunque avuto tante occasioni e non le ho colte”. Via alle domande.

D. Hai avuto il match point sul 5-2. Quando hai sentito che il tuo gioco cominciava a lasciarti? In quel momento o dopo?

“Penso dopo che ho perso la battuta servendo per il match. Dopo quel gioco, lei è rientrata e a cominciato a giocare un po’ più aggressiva e io ho perso il ritmo, non c’ero.”

 

D. Lei è stata un po’ fuori dai radar, tanti infortuni. Com’è giocare contro di lei rispetto a com’è contro Iga ed Elena?

“Fuori dai radar ma gioca sempre un gran tennis, viene a rete, è aggressiva. Appena vede una palla più corta, prende la rete, quindi è un po’ complicato costruire il punto contro di lei.”

D. Quest’anno hai parlato spesso delle tue emozioni in campo. Come ti sei sentita oggi? C’era ulteriore pressione?

“Non tantissima di più, mi sentivo bene, ho lottato per ogni opportunità. Mi sentivo bene dal punto di vista emotivo, ma è difficile dire qualcosa su questo incontro” (sorride).

D. Hai fatto un lavoro incredibile nel superare le avversità in questa stagione. Quella scorsa è stata dura. Quest’anno hai vinto l’Australian Open, hai messo a segno una striscia di 12 vittorie Slam. Oggi è stata dura, ma la vedi come un’altra sfida che supererai?

“Hai sempre sfide da affrontare e certo devo imparare qualcosa da questo match e tornare più forte. Ma penso che quello che stavo facendo quest’anno e spero continuerò a fare sia incredibile, a un livello superiore. Non vedo questo torneo come negativo, ho fatto grandi progressi sulla terra battuta ed è il mio miglior risultato qui.”

D. Ci hai detto che sono state due settimane difficili dal punto di vista emotivo e che volevi prenderti cura di te stessa e della tua salute mentale. C’è stato un momento in cui sentivi di non voler giocare a tennis?c’è stato un periodo in cui hai pensato che le emozioni non ti avrebbero permesso di giocare al meglio?

“No, niente del genere. Mi sono sentita male emotivamente dopo una conferenza stampa, non sono riuscita a dormire. Ma l’unica cosa che so fare bne in questa vita è giocare a tennis, così cerco di concentrarmi sulle cose che posso controllare.”

D. Qualche settimana fa avevi detto di non avere ancora il visto per il Regno Unito. E adesso?

“Sì, ora ce l’ho. Yopi, posso festeggiare (sorride). Vado a Wimbledon, ottima notizia.”

D. Quanto non vedi l’ora di tornare a Wimbledon?

“Sono entusiasta, mi piace davvero giocare là, l’atmosfera. Mi è mancato l’anno scorso, non sto nella pelle.”

D. Gli Slam sono piuttosto estenuanti nel migliore dei casi. Hai detto che a volte fatichi a dormire e oggi è stato un match molto fisico. Quanto esausta ti senti?

“Adesso sono davvero esausta (sorride), ma credo solo perché ho perso un match che è stato duro perdere. Ma è normale essere spossati dopo due settimane non stop sulla terra battuta. Quindi penso che per i prossimi due giorni saranno feste selvagge. Scherzo” (risata).

D. Se ho ben capito, l’altro giorno hai detto che ora non sostieni il presidente del tuo Paese. Ti senti al sicuro dopo questa affermazione?

“Non voglio parlare di politica oggi. Ho fatto le mie dichiarazioni, parliamo solo di tennis. Datemi tregua, per favore.”

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La PTPA sul caso Kato: “Squalifica ingiusta e sproporzionata”

Tutti colpevoli tranne la tennista secondo l’associazione fondata da Djokovic. Lasciano perplessi alcune parti di un comunicato che a tratti sembra parlare più di Nole che non di Miyu Kato

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È arrivato nel pomeriggio di martedì il comunicato della PTPA sulla squalifica di Miyu Kato e Aldila Sutjiadi che tanto clamore ha suscitato, travalicando anche i confini dei media sportivi. A gioco fermo, Miyu ha colpito una palla indirizzandola verso il fondo del campo con l’ovvia intenzione di tirarla nella zone dei raccattapalle. La ball girl stava però guardando la battitrice in attesa che le facesse cenno di passarle una palla e, vedendola arrivare solo all’ultimo momento, non è riuscita a evitare di venire colpita. Inizialmente, l’arbitro ha inflitto alla giocatrice un semplice warning per comportamento antisportivo perché, ha detto, “non si è fatta male”. Le avversarie Sara Sorribes Tormo e Marie Bouzkova gli hanno allora fatto notare che la raccattapalle stava piangendo e l’arbitro si è così deciso a chiederle come stesse e a chiamare il supervisor che ha deciso per la squalifica. Leggiamo dunque quanto scritto dalla PTPA, la Professional Tennis Players Association fondata ufficialmente due anni fa da Novak Djokovic e Vasek Pospisil:

“La PTPA dichiara che assicurare la sicurezza e il benessere di tutte le persone impegnate nello sport, specialmente dei e delle raccattapalle, è una priorità. Ciò nonostante, la decisione di squalifica re Miyu Kato e Aldila Sutjadi è stata ingiustificatamente sproporzionata e ingiusta. È evidente che l’episodio è stato accidentale e per nulla intrinsecamente violento. Ciò non avrebbe dovuto portare a una violazione del codice di comportamento e alla squalifica conseguente. L’episodio e le sue conseguenze evidenziano un principio fondamentale della PTPA: la richiesta di risoluzioni giuste.

“I giocatori devono avere accesso a procedimenti di risoluzione delle controversie giusti quando i loro diritti sono violati. La PTPA sostiene meccanismi adeguati che diano voce ai giocatori e affrontino le loro preoccupazioni. Qui, significa ripristinare almeno il montepremi e i punti a Miyu e Aldila.

 

“Decisioni come le squalifiche devono essere prese con imparzialità, equità e senza alcuna influenza esterna. Questo episodio richiede un cambiamento fondamentale. Penalità severe per azioni non intenzionali danneggiano l’integrità dello sport e le carriere dei tennisti. I provvedimenti disciplinari devono conformarsi alla correttezza, riabilitazione e proporzionalità. Come per tutte le questioni che riguardano lo sport, è cruciale che i tennisti abbiano una voce indipendente e che siano coinvolti nella formazione delle regole che disciplinano il loro sport.

“Esprimiamo il nostro irremovibile sostegno per i giocatori che hanno affrontato un trattamento ingiusto. Al fine di affrontare e migliorare questa situazione stiamo attivamente dialogando con la Federazione Tennis Francese e il Grand Slam Board: siamo già in contatto diretto con Miyu Kato. Il nostro scopo è favorire discussioni aperte e un ambiente equo e giusto per tutti i giocatori.”

“Sutjiadi” non è scritto correttamente e non ci risulta che anche Aldila sia soggetta a sanzioni, per cui la richiesta di restituirle punti e montepremi appare priva di senso. Ma analizziamo alcuni passaggi.

Questo ed episodi simili sono fortuiti, non deliberati

Questo, naturalmente, è il minimo: che si tratti di Kato, di Denis Shapovalov in Coppa Davis, di David Nalbandian al Queen’s, di Djokovic a New York, nessuno di loro voleva colpire né tanto meno fare del male a una persona, anche perché in quel caso il Codice di condotta passerebbe in secondo piano rispetto a quello penale. Si tratta però di comportamenti negligenti che hanno portato a delle conseguenze.

Il gesto non è stato violento (aggressive)

È verissimo ed è una delle due ragioni per cui il caso ha suscitato clamore: di fronte a quello che è visto come un semplice “passaggio” verso il fondo del campo, la squalifica è sembrata eccessiva e forse lo è stata davvero. Così può anche essere interpretata la successiva decisione di consentire a Kato di partecipare al doppio misto ma, contrariamente a quanto afferma il comunicato, la violazione del codice di comportamento non pare in dubbio.

Il Codice stabilisce che “i giocatori non devono colpire le palline in modo violento, pericoloso o con rabbia […] tranne che nella ragionevole ricerca del punto”. Da un lato, questa è la regola la cui violazione integra l’abuso di palla, mentre questo è un caso di comportamento antisportivo e, se le palla fosse arrivata contro il telone di fondo, non ci sarebbe stata alcuna sanzione. Da un altro punto di vista, può sembrare che tirare una pallata in faccia a qualcuno non sia grave perché non fatto con la rabbia che siamo abituati a vedere – per esempio Nick Kyrgios a Indian Wells. In quel caso, se il raccattapalle non fosse stato lesto e la racchetta lo avesse centrato, il pubblico ministero che abbiamo interpellato ci aveva spiegato che le eventuali lesioni conseguenti sarebbero verosimilmente state considerate come risultato di un dolo eventuale. Non benissimo, ma non è perché “c’è chi fa peggio” che si deve sorvolare su una semplice colpa.

Senza alcuna influenza esterna

Qui è chiara l’intenzione di colpevolizzare Sara Sorribes Tormo e Marie Bouzkova, che è poi la seconda ragione per il clamore che la vicenda ha scatenato. Le due hanno richiamato l’attenzione dell’arbitro, inizialmente poco interessato alle condizioni della raccattapalle, e sono intervenute nel racconto dei fatti. A proposito di questo, si è liberi di pensare che a loro non importasse affatto della ragazzina; tuttavia, il loro comportamento non è stato molto diverso da quello del giocatore che chiede al giudice di sedia la verifica del segno, che gli fa notare che l’avversario ha toccato la rete o che ha colpito la palla al secondo rimbalzo. Forse, se l’arbitro si fosse immediatamente sincerato delle condizioni della raccattapalle e avesse chiamato senza indugio il supervisor per quello che era un caso di potenziale squalifica, tutto sarebbe andato diversamente.

È anche vero che il giudice di sedia non doveva essere in uno stato d’animo di piena tranquillità, poiché era stato coinvolto in una discussione per un suo errore appena due “15” prima, quando, invece di far ripetere il punto perché l’out sul lobbone di Sorribes Tormo (poi dato buono) era arrivato prima del colpo di Sutjiadi, l’ha dato a Sorribes e Bouzkova optando per la late call. E, quando Kato gli aveva fatto notare qualcosa come, “ok, facciamo finta che l’abbia colpita prima della chiamata, ma la palla è finita in campo”, lui proprio non aveva idea di come fossero andate le cose.

Senza difesa?

Che i tennisti debbano avere i mezzi per difendersi da decisioni errate è sacrosanto, ma certo non si può allestire un tribunale indipendente ogni volta che Zverev vede il segno diversamente dall’arbitro o che giudice arbitro e supervisor decidono (o non decidono) per una squalifica. In quelle circostanze, il giudizio rispettivamente dell’arbitro o del giudice arbitro non può non essere definitivo. Il regolamento prevede comunque una procedura di appello per il giocatore che, nell’esempio del caso qui discusso, può rivolgersi al Grand Slam Board che condurrà un’indagine per accertare fatti e circostanze. Altresì, non vediamo perché tale giocatore non possa avvalersi di un aiuto esterno, anche della stessa PTPA.

Le criticità del comunicato

Rimangono tuttavia le perplessità su un comunicato che sembra più voler cavalcare l’onda dell’indignazione espressa sui social media, supportata da un tale bias che alcuni non hanno nemmeno capito che il video dell’episodio è al rallentatore e quindi la ragazzina si sarebbe messa a piangere per poco più di una carezza. Bias che potrebbe anche affondare le proprie radici nella nota squalifica di Novak Djokovic allo US Open e un’altra perplessità riguarda appunto il richiamo del comunicato al danneggiare le carriere dei tennisti: come non pensare che l’associazione creata da Nole non parli di Nole? A ciò si aggiungono l’addossare parte della colpa di tale ingiusta squalifica ad altre giocatrici, oltre che agli ufficiali di gara non imparziali e influenzabili, per tacere dell’incipit che sembra ricalcare il classico “non abbiamo nulla contro X, ma…”, dove X sono i raccattapalle piagnoni.

Una presa di posizione necessaria e condivisibile nel merito, considerato anche l’obiettivo di rappresentare e difendere i diritti e le istanze dei tennisti che la PTPA si propone, ma che probabilmente avrebbe dovuto essere meglio espressa e argomentata.

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Roland Garros: Zverev tentenna ma batte Etcheverry. È di nuovo semifinale un anno dopo l’infortunio [VIDEO]

A un anno dal grave infortunio patito contro Nadal, Sascha Zverev è di nuovo tra gli ultimi quattro a Parigi, in attesa del match tra Ruud e Rune. A Etcheverry resta il gran torneo disputato

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Alexander Zverev - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

(dal nostro inviato a Parigi)

[22] A. Zverev b. T. M. Etcheverry 6-4 3-6 6-2 6-4

 

Si sono dovute aspettare oltre due ore per avere emozioni e buon gioco nel quarto di finale maschile tra Alexander Zverev e Tomas Martin Etcheverry. I primi tre set non sono stati particolarmente spettacolari, con i due protagonisti piuttosto discontinui e parecchi errori da entrambe le parti. Zverev ha confermato i favori del pronostico, ma ha ceduto un set, il secondo, che sembrava potesse controllare, e poi è stato bravo a dare l’accelerata finale nel quarto set, anche se aiutato da alcuni errori piuttosto cruciali del suo avversario per concedere il break decisivo.

Verso la fine della partita, quando volevano rimanere ancora un po’ a guardare tennis invece di tornare a casa, il pubblico dello Chatrier ha preso a incoraggiare a gran voce Etcheverry, il quale ha dato tutto ciò che aveva, interpretando il match con grande generosità, ma alla fine gli è mancato forse quel pizzico di esperienza in più che, magari in un prossimo futuro, potrebbe regalargli un risultato ancora più importante di questo.

LA PARTITA – Il match inizia con il sole che ha baciato il Roland Garros negli ultimi 10 giorni coperto da uno strato di nubi bianche, avvisaglie della perturbazione che dalla Spagna arriverà qui nel Nord della Francia a bagnare il weekend finale. Fin dall’inizio si vede che Etcheverry ha un atteggiamento più volitivo e prova a spingere maggiormente soprattutto con il diritto, mentre Zverev ha una condotta di gioco più attendista, ma è sicuramente più equilibrato nei colpi.

L’argentino salva due palle break nel game d’apertura grazie alla battuta, Zverev incappa in due doppi falli subito nel gioco seguente, facendo riaffiorare i fantasmi di incubi antichi, ma il resto del gioco sembra funzionare bene. Il tedesco manca l’occasione per andare in vantaggio al quinto game con un errore di rovescio, ma il break arriva poco dopo, consolidato immediatamente per il 3-5 con un game salvato da 15-40 anche grazie a due diritti sbagliati da Etcheverry.

Dopo un primo set tutto sommato abbastanza lineare, ma durato comunque 54 minuti, si continua con i servizi a dettare legge per i primi cinque game del secondo parziale (quattro punti vinti dal ribattitore, sempre Zverev) e con la sensazione che il tedesco possa fare lo strappo da un momento all’altro. In tutti i turni di battuta di Etcheverry va  0-15, una volta anche 0-30, ma l’argentino riesce sempre a recuperare. Poi, quasi come un fulmine a ciel sereno è Zverev a concedere il break per il 2-4 con un doppio fallo, copiato dal suo avversario nel game seguente, e bissato poi in maniera ancora più sconvolgente (due doppi falli e uno smash lungo conclusivo) per il 3-5, consegnando così il set ad Etcheverry.

Il terzo set ha un andamento abbastanza particolare: sulle onde dell’entusiasmo il giocatore albiceleste approfitta di un inizio catastrofico di Zverev (cinque gratuiti consecutivi) per andare 2-0, poi però Zverev ritrova il ritmo da fondo e porta a casa sei giochi consecutivi per andare due set a uno. Gli errori da fondo di Etcheverry cominciano a essere copiosi, soprattutto dalla parte del diritto che è sempre comunque un colpo al quale Tomas chiede qualcosa di più.

Zverev non dà per nulla la sensazione di sicurezza: ogni tanto riaffiorano i doppi falli, vicino a rete rimangono parecchie incertezze, accompagnate a diverse ingenuità, ma nel game più lungo dell’incontro (14 punti) il tedesco annulla con grande autorità due palle break che avrebbero mandato Etcheverry sul 3-1 e reso la possibilità di un quinto set molto più concreta.

Quattro errori gratuiti di diritto consecutivo inchiodano l’argentino nel settimo game, nel quale Zverev va 4-3 e poi mette la propria firma sul match annullando due immediate palle del controbreak con due punti di grande autorità. Le grida di incoraggiamento del pubblico (“Tomas, Tomas”) non sono sufficienti ad allungare la partita: sul 4-5 30-30 Etcheverry manca di pochi centimetri il diritto lungolinea che gli avrebbero dato la chance del 5-5, ma il suo Roland Garros finisce pochi secondi dopo quando Zverev mette a segno l’ultimo servizio vincente.

SI CHIUDE IL CERCHIOAlexander Zverev torna dunque in semifinale al Roland Garros 12 mesi dopo il terribile infortunio che interruppe il suo match con Rafael Nadal e la sua stagione per oltre cinque mesi. Per Tomas Martin Etcheverry un torneo da incorniciare, nel quale è giunto nei quarti di finale di uno Slam senza perdere un set salendo ben 17 posti in classifica per arrivare al n. 32 del ranking ATP per sperare in quella che fino a poco tempo fa sarebbe stata una improbabile testa di serie a Wimbledon.

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