Medvedev sulle parole di Swiatek e l'assumersi responsabilità: "Ho sempre sostenuto di essere per la pace in tutto il mondo, questa è l'unica risposta"

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Medvedev sulle parole di Swiatek e l’assumersi responsabilità: “Ho sempre sostenuto di essere per la pace in tutto il mondo, questa è l’unica risposta”

Dannil Medvedev fa luce sull’obiettivo più importante della carriera: “Ritirarmi senza rimpianti, avendo dato tutto quello che potevo”

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Sta inseguendo il quarto titolo consecutivo di questo suo scoppiettante inizio di 2023, malgrado un opaco Australian Open, Daniil Medvedev. Agli allori di Rotterdam, Doha e Dubai vorrebbe aggiungere anche il primo 1000 della stagione: il BNP Paribas Open di Indian Wells. La sua corsa è proseguita a vele spedite, dopo l’intensa ed equilibrata lotta in ottavi nel blockbuster contro Sascha Zverev, grazie al successo per 6-3 7-5 in poco più di un’ora e quaranta di match sul finalista in carica di Montecarlo 2022 Alejandro Davidovich Fokina nella quale oltre a fugare i dubbi sulla condizione della sua caviglia destra; ha dovuto gestire anche un’annosa escoriazione al pollice della mano. In conferenza stampa, tanti i temi toccati: ovviamente l’ennesimo quesito sulla crisi russo-ucraina conseguenza dell’entrata a gamba tesa di Iga Swiatek sulla presunta mancanza di leadership del CEO della WTA Steve Simon in merito alla querelle Tsurenko, ma anche la gestione della pressione che accresce il proprio peso specifico con l’aumentare delle vittorie, fino a far riemergere la fase iniziale della carriera di Daniil dove il campione dello US Open 2021 mancava di professionalità perché convinto cha tale approccio lo avrebbe privato dell’aspetto ludico della disciplina e nella quale ha dovuto anche fare i conti per la prima volta con il microcosmo degli haters da tastiera comprendendo lentamente che l’unico vero giudizio o critica costruttiva di qualsivoglia genere da assorbire era quella esplicata da chi gli stava accantotema quello dei leoni da social sempre caldo, chiedere a Musetti.

D. Hai avuto la possibilità di guardare con attenzione la tua mano, il tuo pollice destro. E’ qualcosa di grave?

Daniil Medvedev: “No, è tutto sotto controllo. Anche se, nel momento in cui mi sono tagliato non è stato per niente piacevole, è stato decisamente molto doloroso. Tuttavia quando me l’hanno medicato, mi hanno ripulito e disinfettato per bene la ferita. Quindi è tutto risolto. Ora ho questo piccolo tape, e con questa fasciatura non dovrei avere alcun problema. La vera domanda da porsi è se anche fra tre giorni, quando tornerò in campo, dovrò rindossare la fasciatura. Ma questa non è una grossa problematica, visto che oggi dopo qualche iniziale difficoltà e adattamento sono riuscito a giocare tranquillamente anche con il nastro al dito. Ci sono molto giocatori che addirittura si fasciano normalmente le dita della mano perché così avvertono più aderenza sulla racchetta e riescono comunque a giocare bene. Per cui, sarò in grado di farlo anche io“.

DUna o due settimane fa parlavi di quanto fossi preoccupato per il modo in cui avevi iniziato l’anno a Melbourne. Ovviamente, poi le cose per te sono decisamente cambiate avendo tu vinto tre tornei consecutivamente ed essendo ora qui già in semifinale. Sei tornato al Top, grazie ad una crescita mentale?

Daniil Medvedev: “Sì, è stata tutta una questione mentale, al 100%. Quello che sono riuscito a fare nelle ultime settimane ha semplicemente dell’incredibile. È molto difficile e complicato avere queste strisce di vittorie nel tennis. Perché hai sempre un avversario dall’altra parte che vuole batterti, ogni volta. Tutti vogliono essere in semifinale in un Masters 1000 o in finale e vincere il torneo. Quindi è veramente dura, perché chiunque può sconfiggerti in qualsiasi momento. Perciò, quando riesci a vincere così tante partite di fila provi una sensazione estremamente piacevole, per certi versi difficile da spiegare razionalmente. Tre titoli poi consecutivi, poi, è un qualcosa di ancora più speciale. Ma in questo momento, tuttavia, la mia mente è concentrata esclusivamente qui su Indian Wells. Non penso a quello che ho ottenuto nel recente passato. Ora il mio unico obbiettivo è cercare di fare mie queste ultime due partite rimaste e alzare il trofeo. Più vai avanti, poi, e più è difficile. Perché incontri avversari sempre più sicuri di loro stessi, dei loro mezzi poiché quando arrivi in semifinale o in finale significa che ti senti bene, che si stai trovando bene con i campi e le condizioni. Ma soprattutto, almeno a livello personale, ciò che accresce maggiormente dentro di me quando vinco tante partite in una settimana e arrivo in fondo ad un torneo è l’aver guadagnato più fiducia e consapevolezza rispetto a quando il torneo era nelle sue fasi primordiali. E penso valga lo stesso anche gli altri giocatori. Sono sicuro, ad esempio, che Frances [Tiafoe, suo prossimo avversario in semifinale] si senta benissimo in questo momento perché sta giocando alla grande. E sarà lo stesso anche per i ragazzi che vinceranno domani. Io mi sento benissimo, e spero di poter continuare così in questa stagione, perché è da molto tempo che non mi sentivo così“.

DQuello che ti sta accadendo, però, allo stesso tempo può essere anche osservato e analizzato dall’altra parte della medaglia. Ovvero, continui a vincere e vincere ancora, questo elemento inevitabilmente fa crescere il livello di pressione a cui sei sottoposto. Come si fa per cercare di evitare di avvertire questa ulteriore fonte di stress?

Daniil Medvedev: “Innanzitutto, a me piace la pressione perché più arriva, maggiore sarà il prestigio del traguardo per cui stai lottando. Da un certo punto di vista, c’è infatti una componente quasi divertente relativa alla pressione, in particolare quando fai il passaggio dal mondo junior ai professionisti avvertì sì una pressione enorme che effettivamente è di tale portata ma allo stesso tempo sei estremamente stimolato da essa. Quando inizi a giocare contro i professionisti a partire dai Futures, senti un’enorme pressione. Da quel momento in poi, ogni volta che succede qualcosa nella tua vita senti come se ci fosse una forza irrefrenabile che ti comprime, ma poi in realtà con il tempo e l’esperienza capisci che la tua percezione era fuorviante. Ora chiaramente tornando al presente, dopo quello che ho fatto nelle ultime settimane è normale che sia di più. Sarebbe strano il contrario. Ma diciamo che in verità è una cosa che riguarda la vita in generale, più cerchi di ottenere qualcosa non solo nel tennis, più pressione avrai. A volte stesso dai tuoi familiari e così poi a catena, dai fan, dalla stampa, dai media e via discorrendo. Quindi so che nel tennis più pressione hai, più significa che stai facendo del tuo meglio, il che è fantastico. Ti porterai sempre questa pressione alle spalle. Non so se in questa prospettiva, il numero 1 ATP mi abbia un po’ sconvolto sia emotivamente che mentalmente perché molti ex giocatori hanno sostenuto che sia stata molto dura dopo aver raggiunto quel traguardo. Onestamente, in verità, non è stata dura per me ma semplicemente una bella sensazione. Ma alla fine però conta il risultato, e quando sono stato in cima non sono riuscito a fare bene, questa è la verità. Quindi ora sono davvero felice di essere ritornato a giocare un buon tennis e dunque anche della pressione che ne consegue (sorridendo)”.

DHo una domanda abbastanza difficile e complessa. Ieri sera Iga [Swiatek, ndr], dopo aver battuto Raducanu, ha dichiarato in conferenza che gran parte della questione relativa ai tennisti bielorussi e i russi è semplicemente inutile sostenendo che i giocatori debbano avere il diritto di scendere in campo, ma che allo stesso tempo hanno una responsabilità non di poco conto visto il loro accesso privilegiato ai media. Ha poi anche detto che non riesce a comprendere, in relazione al ritiro di Tsurenko, come i tennisti ucraini riescano ad andare avanti avanti e continuare a competere nel Tour con tutto quello che sta succedendo nel loro Paese. Infine ha dichiarato, che è convinta che non abbiano ovviamente nessuna colpa i giocatori per essere nati in questo o in quell’altro Paese ma che comunque nessuno può sfuggire dalle proprie responsabilità. La mia domanda dunque è la seguente: cosa pensi riguardo alle pressioni che i giocatori ucraini devono sopportare visto che il loro Paese viene bombardato? Ritieni che i top player abbiano la responsabilità di utilizzare le loro piattaforme pubbliche per veicolare un certo tipo di messaggi sociali?

Daniil Medvedev: “Sì, è certamente una domanda difficile a cui rispondere. Prima di tutto, mi dispiace sicuramente per tutti i giocatori ucraini e per quello che hanno passato e stanno passando. Di sicuro non posso esprimermi sulla situazione di Tsurenko, non sono in possesso di tutti i dettagli necessari per poterlo fare. Questa è una domanda che sicuramente andrebbe posta più a Lesia e forse a Sabalenka, perché non ho saputo nulla della vicenda sino al giorno successivo. Anche se ovviamente ero rimasto sorpreso dopo aver concluso il mio match, di ritrovare nel programma un doppio anziché un singolare. Poi il giorno dopo mi sono reso conto di quello che era accaduto. Parlando poi di noi top player, chiaramente abbiamo una responsabilità anche se alla fine dipende tutto da come si vivono personalmente certe situazioni. Io ho sempre detto la stessa cosa, sono per la pace in tutto il mondo, e questo è tutto ciò che posso dire“.

DHai detto che sei per la pace in tutto il mondo, il che è meraviglioso. Quindi ti piacerebbe vedere la fine della guerra in Ucraina?

Daniil Medvedev: “Ridirò quello che ho detto nella mia precedente risposta, io sono per la pace. Quindi ogni qualvolta mi verrà posta nuovamente questa domanda, continuerò a rispondere in questo modo perché penso che ci sia una sola risposta alla tua domanda“.

D. Volevo chiederti, sapendo perfettamente che in questo torneo il tuo unico obiettivo sia quello di continuare la striscia vincente alzando il trofeo, se hai anche una visione d’insieme più ampia ampliando la tua prospettiva ad un futuro a lungo termine? Abbiamo visto in questi anni Novak [Djokovic, ndr] Rafa [Nadal, ndr] avere carriere incredibili, con molti Slam in bacheca ed una continuità di rendimento ai primissimi livelli del circuito impressionante. Dunque se provi ad immaginarti il tuo futuro, ti vedi concentrato esclusivamente sul raggiungimento di un certo obiettivo o su un preciso percorso che vorresti che la tua carriera prendesse; oppure semplicemente non ti poni queste visioni a lungo raggio e affronti la tua carriera solo giorno per giorno, concentrandoti sulla prossima partita mentre continui a lavorare sodo?

Daniil Medvedev: “Sicuramente la mia mentalità, il mio approccio al tennis è giorno per giorno, perché è l’unico vero obiettivo che mi sono dato quattro anni fa per dare una decisa svolta alla mia carriera iniziando a prendere il tennis più seriamente rispetto a quanto avevo fatto sino ad allora. E ciò è successo anche per una serie di motivi diversi che sono accaduti nella mia vita proprio in quel momento. All’epoca ero già in Top 100 ma in realtà il tennis professionistico era diventato solamente un continuo e perenne viaggiare passivamente per il Tour. In un certo senso badavo soltanto a divertirmi, perché pensavo che il tennis affrontato e vissuto in un modo differente non sarebbe stato divertente. Poiché ritenevo erroneamente, che approcciandomi in modo professionale avrei trasformato il tennis in un normalissimo e noiosissimo lavoro come tanti altri. Perdevo subito in un torneo nei primi turni, ma non mi importava nulla così stavo sveglio fino a notte fonda anche il giorno prima delle partite, perché al tempo ero anche troppo sicuro di me. Ero convinto che potevo fare quello che volevo, ma che comunque una volta sceso in campo avrei sempre giocato bene. Ovviamente non era così. Poi a un certo punto qualcosa nella testa è scattato, e così ho smesso di comportarmi in quel modo e ho iniziato ad essere più professionale per ciò che riguardava la mia carriera e il tennis. È stato allora che mi sono fissato l’obiettivo più importante di tutti, ovvero quello di non avere rimpianti quando finirò la mia carriera. Chiaramente il match con Rafa lo scorso anno a Melbourne, di sicuro mi pento ancora di non essere riuscito a vincerlo e di non aver messo in bacheca il mio secondo Slam. Ero così vicino, ma alla fine ho combattuto sino all’ultima goccia di energia di cui disponevo. Quindi non posso avere reali rimpianti per quel match, questo è lo sport. L’importante è dare tutto, quello che voglio assolutamente evitare è arrivare ad esempio a 35 anni o quando deciderò di ritirarmi ed essere costretto a dire: ‘se mi fossi comportato diversamente, la mia carriera avrebbe assunto tutt’altra direzione. Mi pento di ciò’. Ecco questo è quello che non voglio accada. Quando finirò la mia carriera, non importa quanti Slam avrò vinto, o tornei vinti o qualsiasi record possa aver raggiunto. L’unica cosa che mi interesserà e che avrà importanza, è se avrò o meno dato il meglio delle mie possibilità. E finora sento che l’obbiettivo è stato raggiunto. Ora va mantenuto nel tempo, l’anno scorso non è stato il mio anno migliore ma ho messo sul campo quello che avevo fino alla fine. Ci ho sempre provato duramente, facendo del mio meglio, e i frutti del duro lavoro si stanno vedendo nel 2023“.

DTornando alla questione del n. 1, quanto ti è piaciuto essere in quella posizione? Quali erano i pro, quali erano i contro? Qualcuno come John McEnroe ha sempre lottato per il numero 1 ritenendola la cosa più importante di tutte, Lendl adorava avere quello status. Anche Pete Sampras era d’accordo. Quanto ti è piaciuto essere lì in cima e quanto è stato difficile?

Daniil Medvedev: “Onestamente, è stato molto difficile ma mi pare normale dato che si sta parlando di essere il n. 1 al mondo. Quando dico “normale”, non voglio dire che sia scontato un traguardo del genere. E’ esattamente il contrario, è assolutamente fantastico. Perché quando sei lì, anche nel momento in cui non giochi al meglio e perdi alcune partite; non smarrisci mai totalmente la fiducia in te stesso perché rimani comunque il n. 1. Poi è stato un qualcosa di veramente speciale, anche perché ha rappresentato il coronamento di un lungo cammino durato un intero anno e non uno sporadico momento di dominio. Ero diventato il numero 1 perché avevo accumulato i 2.000 punti dello US Open, i 1.000 della vittoria a Toronto, i 600 di Bercy, gli 800 da Torino. Una superiorità espressa in 52 settimane, e non banalmente vincendo tre tornei di fila. Credo infatti che questo sistema di calcolo sia molto meritocratico, e non il risultato di un exploit random. Ero davvero felice di essere riuscito ad arrivare in cima e a mantenere quello status per così tanto tempo. Non ero contento del livello del mio tennis e delle prestazioni nelle partite che avevo perso, ma questo non aveva nulla a che fare con l’essere lì al numero 1. Era semplicemente perdere delle partite di tennis contro altri giocatori, ma nulla intaccava quella sensazione che derivava anche dal fatto che gli altri giocatori sono stimolati ancora di più nel provare a batterti proprio perché occupi quella posizione. Ovviamente la pressione che avverti non è facile da sostenere, perché sai che tutti si aspettano molto da te. Penso che mi abbia insegnato tanto anche perché di sicuro quando avevo 20 anni ed ero appena arrivato in questo mondo, amavo i social media, mi piaceva leggere tutti i commenti su di me, come le persone mi vedevano. Ok, fa bene capire cosa gli altri pensino di te, ma può anche rivelarsi dannoso e nocivo quando sei giovane. E da questo punto di vista, essere il numero 1 sicuramente ti porta ad avere un sacco di haters, ed è normale. Novak per esempio ne ha molti. Anche Rafa e Roger in qualche modo li hanno. Ti chiedi, com’è possibile? Non dovrebbero averne visto quello che hanno ottenuto e fatto (sorridendo). Quindi, ciò mi ha insegnato a preoccuparmi ancora di meno di quello che pensano gli altri e concentrarmi di più su me stesso, sulle persone che mi sono vicine, perché solo così puoi rimanere fedele a te stesso e non avere rimpianti. Solo perché qualcuno ti ha detto che avresti dovuto mettere questo rovescio in campo, se sai che hai fatto del tuo meglio sei in pace con te stesso. Forse il tuo allenatore, è l’unico che ti possa ti dire che qualcosa andava fatta meglio per il tuo bene“.

DHai menzionato la pressione che hai avvertito passando dal circuito junior a quello senior. Per cui ti voglio chieders, quando hai affrontato per la prima volta un torneo pro cosa hai provato?

Daniil Medvedev: “Intendi il primo torneo ATP?

D. Sì, quando hai fatto il tuo ingresso nel Tour ATP per la prima volta, sei rimasto sorpreso o le tue aspettative sono state rispettate?

Daniil Medvedev: “Prima di tutto, è stato fantastico, perché è completamente diverso da quando sei uno junior: il livello di organizzazione, gli hotel, il cibo , i campi a volte (sorridendo). E’ tutto meglio, a partire dal livello dei tuoi avversari già dai Futures. Poi riesci ad entrare nel tabellone principale per la prima volta e cose del genere, ed è meraviglioso. Quindi poi vuoi rimanere lì. Vuoi giocare bene per restarci per tanto tempo a quel livello continuando a scalare la classifica e migliorando sempre di più i tornei a cui partecipi. Venendo all’ATP, per esempio, ricordo che il mio primo torneo è stato a Nizza, quindi praticamente giocavo in casa. Poi c’è stato ‘s-Hertogenbosch, tutta l’organizzazione fu assolutamente fantastica. Arrivai ad avere compiutamente la percezione di aver raggiunto il livello più alto del tennis. Volevo solamente provare a giocare il maggior numero possibile di questi tornei. Poi ho giocato il mio primo Grande Slam è anche lì’ è stata una sensazione diversa dal resto e bellissima perché quando ci giochi da juniores afferri già la magia che sta accadendo attorno a te ma non è comunque la stessa cosa. Semplicemente, se vuoi avere quella sensazione devi lavorare sodo per averla ogni giorno. Finora non ho mai dovuto vivere la sensazione di perdere questo status, perché alcuni giocatori invece non riescono a mantenere il livello necessario per diverse stagioni di fila e devono tornare indietro per poi cercare di arrampicarsi di nuovo in alto. Non dev’essere una una bella sensazione“.

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