Robin Haase: “Il livello complessivo si è alzato, ma i top 15 sono meno forti”

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Robin Haase: “Il livello complessivo si è alzato, ma i top 15 sono meno forti”

L’olandese Robin Haase, ex n. 33 ATP, fa paragoni tra il presente e i suoi primi anni nel Tour, parlando anche di stili e superfici. E suggerisce qualche nuova regola perché “il tennis dev’essere più veloce”

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Robin Haase - Sofia 2019 (foto Ivan Mrankov)
 

Classe 1987, Robin Haase ha raggiunto il 33° posto nel ranking nel 2012. Numero 3 del mondo da junior, due operazioni al ginocchio durante i primi anni di professionismo non hanno certo aiutato l’ascesa di questo olandese che rientra tra coloro che danno l’impressione di giocare meglio a tennis di quanto non dica la classifica. A una settimana dal trentaseiesimo compleanno, Robin ha parlato con Clay del futuro non solo suo bensì soprattutto del tennis, della necessità di renderlo più veloce, del livello attuale paragonato a quello di dieci anni fa, delle superfici e di altro ancora.

Forse doppio e coaching, ma con moderazione

Con il ranking sceso al n. 269, ora frequenta principalmente il circuito Challenger. Lo scorso gennaio ad Adelaide 2 è però arrivata una vittoria ATP rocambolesca non solo e non tanto per il 7-6 al terzo con match point annullato, quanto per come era arrivato a disputare quell’incontro. L’intenzione, a ogni modo, è di giocare in singolare il più possibile, per poi decidere se dedicarsi solo al doppio. Dopo diciotto anni, “non mi vedo ancora per molto tempo nel circuito” spiega. “Però dipende. Se hai un compagno e siete almeno in top 20 potendo giocare solo 18 tornei a stagione, ok. Ma devi trovare un compare che sia d’accordo”. Per ora ha ripreso il sodalizio con il connazionale Matwe Middelkoop, 14a coppia della Race. È anche un coach certificato e occasionalmente aiuta i giovani olandesi che “sono contenti quando dico loro qualcosa su cui lavorare”. Occasionalmente è la parte facile. “Ma il secondo giorno, il terzo, il giorno 245, cosa dici? Quella parte del coaching è sottostimata dai tennisti”. E, a proposito di parti, quella dei viaggi ogni settimana è da escludere. “Magari un part-time, come la Coppa Davis”.

Tiro dentro vs tiro forte: da dove si comincia?

Un’altra osservazione interessante è la differenza tra la sua generazione e quella attuale. “Noi abbiamo prima imparato a tenere in campo la palla, poi a colpire sempre più forte. Oggi i tennisti crescono tirando più forte possibile, poi iniziano a imparare a non commettere troppi errori. Anche le superfici sono cambiate negli ultimi vent’anni. Ora non importa se duro, terra o erba perché è ancora un po’ diverso il modo di muoversi, ma i rimbalzi sono sinili, quindi non ci sono più specialisti. Non molti che fanno servizio e volée o veri attaccanti né terraioli. Giochi più o meno allo stesso modo dappertutto. C’era più varietà, ma i più giovani stanno aggiungendo cose. Diventano più pericolosi e il loro gioco si sta evolvendo”.

 

Siamo qui per il tennis o per divertirci?

Sorprende un po’ vederlo allineato a quelle affermazioni estemporanee di Jessica Pegula e Frances Tiafoe, secondo i quali sarebbe incomprensibile dover starsene zitti durante quei pochi secondi di ogni scambio e non poter continuamente lasciare il proprio posto e tornarci facendo alzare tutta la fila – neanche fossero al cinema. Per Robin, in modo simile, è inconcepibile dover aspettare dieci minuti prima di poter accedere allo stadio. “Entra e siediti” è la sua soluzione. “Magari con qualche eccezione, tipo le prime file. Se comprassi un biglietto e dovessi aspettare dieci minuti, direi, ‘ma che è sta roba?”’. Una considerazione che rientra nel più ampio discorso secondo cui “nel tennis, l’unico divertimento è lo sport. Non c’è granché oltre quello. Niente musica, niente altro per la gente”. Qualcuno potrebbe obiettare che a volte, di musica, ce n’è anche troppa e di pessima qualità, ma è un’opinione (la qualità, la quantità è un dato oggettivo). Il tutto partendo dalla tecnologia delle chiamate elettroniche, con il sistema originale che incontra i favori del nostro: “Hawk-eye era molto divertente. I tennisti potevano chiedere il challenge e alla gente piaceva. Ora non c’è più interazione con il pubblico”. Qui sarebbe stata perfetta una citazione del tipo, “il progresso andava forse bene una volta, ma è durato troppo” (legge di Ogden Nash), ma Haase è una personcina seria. In definitiva, l’idea è che “le regole devono cambiare”. Quali regole?

L’inafferrabile concetto del let in battuta

“Non ha alcun senso il let sul servizio. L’unica argomentazione a favore è la tradizione, mentre quelle contrarie sono molto migliori” e fa l’esempio della pallavolo prima di analizzare le obiezioni. “Se tiro una bella battuta che sarebbe ace ma tocca appena il nastro, devo rigiocarla – perché? Se il nastro accomoda la palla per il ribattitore, è perché ho servito male. Poi, il marchingegno costa un sacco di soldi e neppure funziona bene”. Sul costo non siamo troppo sicuri, ma poi Haase cade nella solita retorica: “E, più importante di tutti, la gente non lo capisce”. Ok, Robin, togliamolo, ma che non sia per darla vinta agli stupidi o presunti tali.

Non importa dove, purché ci si vada in fretta

Se non pensa che il tennis sia esattamente noioso, ma dovrebbe andare più veloce e, in quest’ottica, il punteggio della spettacolare vetrina under 21 attualmente in cerca di una nuova casa con cinque set ai 4 game è meglio dei noiosi tre ai 6. Il motivo è presto detto. “Adesso ai giocatori non importa tanto dei primi game. Hai vinto il primo set, 1-1 nel secondo, l’altro è 40-15, a volte pensi, ‘vabbè, quel punto non mi interessa’. Invece, dovendo arrivare a quattro, è meglio che ti giochi quel punto perché non hai tante occasioni per brekkare. Non dico di cambiare adesso, ma possiamo sperimentarlo di più”.

Per Haase, rimane intoccabile il punteggio degli Slam anche perché i numeri in termini di presenze dicono che godono di ottima salute, ma lo stesso non vale per gli ATP 250 ed è lì che si potrebbe cambiare il punteggio: “Diamo al pubblico più divertimento”.

Poche palle, diamogliene di più

Non è però che gli siano venute queste idee ora che ha più anni nel Tour alle spalle che non davanti. “Le ho da 15 anni” assicura. “A casa ho uno schema con tutti questi suggerimenti, di quando ero nel Consiglio dei Giocatori. Nei Challenger, si gioca con quattro palline. Perché mai? Se ne possono usare sei come nell’ATP, non costano più così tanto. Se giochi con quattro, si deteriorano prima e, quando le cambi, è ancora più difficile controllarle. Eppure i Challenger sono parte del Tour ATP – perché non c’è la stessa situazione?

Una volta i top erano più forti, ma…

Lo scorso anno, Toni Nadal ha avuto occasione di affermare che il Rafa 2022 avrebbe perso dal Nadal passato, per esempio quello del 2013, 2011, 2008. Lo stesso valeva per Djokovic. E il fantastico Federer 2017? Inferiore a quello di dieci anni prima. Insomma, il livello si è abbassato. Robin c’era ed perfettamente d’accordo. A metà. “Dipende dal punto di vista. Dieci anni fa, la top 20 o la top 15 erano incredibili. Poche sorprese negli ottavi degli Slam. Roddick, Hewitt, Wawrinka, Davydenko, Nishikori… Toni ha ragione, quelle top ora sono più deboli. Tuttavia, la top 100, 250 o anche 400 sono molto più forti. Il livello complessivo è più alto. Una volta era più facile vincere i Challenger. Adesso è più dura e chi li gioca può far bene nel Tour ATP”.

Collegato a questo, il fatto che solo due Slam siano stati vinti da tennisti ora nei loro vent’anni fa dubitare della forza mentale di quella generazione. Haase vuole precisare la questione: “Se entri nei primi 100, sei fortissimo mentalmente. Chi sostiene che il numero 10 non è forte di testa non ha idea di quello che dice. Vincere uno Slam è diverso, è vero. Thiem e Medvedev ci sono risuciti, anche se Djokovic e Nadal provano di essere ancora migliori degli altri, pur non dominando com’erano abituati a fare – normale per via dell’età”.

Protezione o controllo?

La chiacchierata si conclude con il cambiamento della relazione fra tennisti e media. “Più soldi sono in ballo, più alta è la pressione. I manager e i coach vogliono proteggere i giocatori. Per i manager, tenerli lontani da certe situazioni significa controllarle e di conseguenza i tennisti non sempre sanno cosa stia succedendo. Nei Paesi Bassi, qualche giornalista si occupava solo di tennis, ora anche di calcio e pallavolo e quindi non viaggia più tanto. Ci vediamo una volta all’anno, stesse domande, non c’è più relazione ed è un problema per entrambe le parti. E ci sono i social che permettono ai tennisti di comunicare con i fan”.

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Intervento chirurgico per Rafa Nadal

Venerdì pomeriggio, il 22 volte campione Slam è stato operato in artroscopia al muscolo ileopsoas dal dottor Cotorro. Sabato mattina i dettagli

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Rafael Nadal - Australian Open 2023 (foto: twitter @usopen)

Tramite il suo team, Rafa Nadal ha comunicato che nel pomeriggio di venerdì si è sottoposto a un intervento in artroscopia. Lo scopo era quello di riesaminare la lesione al muscolo ileopsoas sinistro. L’operazione è stata eseguita dal medico di fiducia di Rafa, il dottor Ángel Cotorro.

Il campione maiorchino non gioca da quando si era infortunato all’Australian Open e, dopo aver ripetutamente rinviato il rientro, il 18 maggio scorso aveva annunciato la rinuncia al Roland Garros e una pausa di diversi mesi prima della sua ultima stagione. Sabato mattina sarà ancora lui stesso a spiegare nei dettagli l’esito dell’operazione.

 

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Roland Garros, Musetti: “Un periodo no può capitare, l’importante è uscirne. Ora voglio cavalcare l’onda”

Lorenzo Musetti soddisfatto dopo la vittoria contro Norrie, analizza il suo momento, la sua crescita e la probabile sfida con Alcaraz

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Lorenzo Musetti– Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo

D. E stata la miglior partita della tua stagione?

“Probabilmente si, ho espresso il miglior tennis anche tenendo conto del valore del mio avversario. Io credo che sia una conferma del buon periodo che sto vivendo, delle sensazioni che sto avendo in campo, sto trovando grande continuità. Partire subito bene mi mette tranquillità e la toglie al mio avversario. Credo che Cameron si sia trovato in una situazione molto scomoda, è stato bravo a reagire nel terzo, ma in ogni caso queste due mie ultime partite sono quelle più iconiche sinora della mia stagione sulla terra”.

D. Antonio Garofalo ( Ubitennis): Ho visto che ad un certo punto della partita hai variato ritmo, hai alzato molto le traiettorie. Era una cosa dovuta alle palline e alla lentezza del campo o una scelta per mettere in difficoltà il tuo avversario che avevi preparato?

 

“Penso che Norrie sia un giocatore molto bravo quando colpisce all’altezza delle spalle, se trova una palla più carica e con molto spin va in difficoltà. Credo sia stata la chiave del match aver adottato questa strategia”

D. Hai detto che devi concentrarti su te stesso, ma hai dimostrato di saper adattare la strategia al tuo avversario?

“ Una cosa non esclude l’altra, ogni partita devi concentrarti preparando la partita pensando all’avversario ma cercando di imporre le mie caratteristiche e far giocare l’avversario come voglio io”

D. Vanni Gibertini ( Ubitennis): Sei arrivato a giocare le due migliori partite della stagione in un momento importante come il Roland Garros. E’ successo qualcosa che ha fatto scattare un clic o il percorso che ti ha portato qui era il percorso giusto per arrivare esattamente dove volevi?

“Non lo so, forse non lo sa nemmeno Dio ( ride). Credo che un periodo buio lo abbiamo trascorso tutti, l’importante è uscirne, con la volontà e la forza di mettersi in gioco. Ad un ragazzo giovane come me che ha ancora tante cosa da imparare può fare anche bene avere un paio di mesi in cui le cose vanno male, poi sono stato bravo a lavorare e ad allenarmi e a venirne fuori. Speriamo di cavalcare l’onda”.

D. Sei molto giovane ma hai già una buona esperienza. In questo torneo del Grande Slam ti senti come mai in passato?

” Sì, probabilmente sì, perché io sento che tutto l’equilibrio di cui ho bisogno per essere ben preparato

ad affrontare questo tipo di giocatori in questo tipo di atmosfera è completamente diverso dai normali tornei.

  
 D. Potresti giocare contro Alcaraz al prossimo turno, lo hai già battuto. Se non fosse cresciuto così velocemente magari si parlerebbe più di te, come vedi questa partita?
 "E' il primo ada ver aperto una strada. ha vinto un torneo del Grande Slam dopo i tre grandi, quindi penso che sia una specie di ispirazione per noi, per me, Holger, Jannik e chiunque altro è dietro di lui, e cerca di spingerlo via e ci prova avvicinarsi. Quindi penso che la partita di Amburgo mi abbia dato molto fiducia. Quindi penso che ci divertiremo e godremo la nostra partita"
 D. Due anni fa hai affrontato Novak, ora probabilmente Alcaraz. Come sei cambiato in due anni?
 "Due anni fa è stata la mia prima apparizione nel Grande Slam, era tutto nuovo. Se mi chiedi se mi sento diverso rispetto a due anni fa, io dico si. Mi vedo più maturo, con più esperienza, con molte, molte più partite, vittorie, sconfitte che mi hanno aiutato ad affrontare la vita e come giocatore in un certo modo e in un modo migliore. Quindi direi sicuramente che sono sicuramente più preparato di quanto ero con Nole, ma questo non significa che andrò in campo e vincerò facile.  Ma sento di poter gestire meglio tutte le cose intorno a me la prossima partita" 

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Roland Garros, Fognini: “Pettorale stirato, ho giocato perché un’occasione così non capiterà più”

“Sono stufo di farmi male, a 36 anni è dura accettare certe cose”. Sconfitto solo al quinto da Ofner, Fabio Fognini non nasconde l’amarezza

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Fabio Fognini – Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Fabio Fognini ha perso al quinto set contro contro Sebastian Ofner, apparentemente limitato da un problema fisico. Così è, infatti, come conferma l’azzurro al termine del match. “Dopo la partita con Kubler mi sono stirato il pettorale. Ho deciso di giocare perché un’occasione così non mi capiterà più. Ultimo o penultimo Roland Garros, senza ombra di dubbio”.

D. Al di là di questo aspetto sfortunato, hai dimostrato in queste ultime settimane che il tennis c’è.

 

“Sì, peccato perché i treni passano e non tornano più indietro. Ho perso un’altra grande occasione, senza nulla togliere al mio avversario – chi vince merita sempre. Nelle condizioni in cui ero, in cui stavo giocando, sarò sbruffone, non mi interessa, ma difficilmente avrei perso questa partita.”

D. Ora naturalmente recupero, poi la stagione su erba che, avevi detto, non giocherai…

“Mi ero iscritto ai Challenger di Perugia e Parma. In questo momento, non voglio dire cose che non vorrei dire, ma avrei voglia di cancellarmi sia da Perugia sia da Parma e andare da qualche parte a rilassarmi, ho bisogno di quetso. Arrivato a 36 anni, non ho più voglia, forse non lo accetto più, ecco. Non ho più voglia suona male, anche perché mi sono rimesso in sesto nelle ultime due settimane e ho fatto vedere cosa posso fare. Però sono parecchio stufo di farmi male, non lo accetto più. Di sei mesi, ne ho giocati tre. Una volta ho perso con Alcaraz, un’altra con Djere, c’è stata discontinuità.”

D.La scintilla che ti ha fatto ritrovare Corrado [Barazzutti] e anche il tifo del pubblico in questi giorni non sono uno stimolo a provarci malgrado…

“Sì, sì. È il bello e quello che mi mancherà di questo sport una volta che mi ritirerò. Io sono senza dubbio un emotivo che gioca e vive anche per queste partite qua. Oggi il pubblico era dalla mia parte, mi conoscono, mi rende orgoglioso riuscire ancora a riempire un campo come questo, a creare un bell’ambiente. Ma sono stufo, non accetto più determinate cose e, come ho già detto, la decisione finale verrò presa davanti a una birra o a un bel bicchiere di vino in totale tranquillità, guardandomi allo specchio e decidendo il da fare.”

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