Roland Garros: Swiatek batte Muchova in volata e si conferma regina a Parigi [VIDEO]

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Roland Garros: Swiatek batte Muchova in volata e si conferma regina a Parigi [VIDEO]

Iga Swiatek va in vantaggio 6-2 3-0 ma si fa rimontare e chiude solamente 6-4 al terzo set. Quarto titolo Slam per la polacca

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Iga Swiatek - Roland Garros 2023 (Twitter @rolandgarros)
Iga Swiatek - Roland Garros 2023 (Twitter @rolandgarros)
 

(dal nostro inviato a Parigi)

[1] I. Swiatek b. K. Muchova 6-2 5-7 6-4

Quella che avrebbe dovuto essere una finale a senso unico è invece stato un match molto combattuto, per larghi tratti divertente e nel quale il nome della vincitrice è rimasto incerto fino alla fine. Il pronostico è stato rispettato, con la vittoria di Iga Swiatek che ha completato la sua tripletta al Roland Garros, ma Muchova ha per larghi tratti tenuto testa alla campionessa polacca, se non condotto la gara con concrete possibilità di portarla a casa. Nonostante uno svantaggio iniziale di 2-6 0-3, la giocatrice ceca è quasi riuscita a ribaltare la partita arrivando a condurre per 4-3 e servizio nel set decisivo e avendo a disposizione una palla per andare a servire per la Coupe Suzanne Lenglen.

 

Swiatek ha avuto i suoi soliti problemi con la seconda di servizio, ha subito gli schemi dell’avversaria che le ha fatto male in più occasioni sul lungolinea di diritto, ma nei momenti decisivi ha fatto valere la sua maggiore esperienza ed ha attaccato il rovescio di Muchova, colpo con il quale la giocatrice ceca non ha mai trovato soluzioni difensive apprezzabili.

LA PARTITA – Non era difficile aspettarsi che Muchova potesse essere nervosa all’inizio del match, al suo esordio in una finale del Grande Slam. E infatti la ragazza ceca commette quattro errori gratuiti nei primi due game, che aggiunti a un paio di diritti vincenti di Swiatek danno il primo strappo del match sul 3-0.

Karolina sa che deve cercare di fare gioco, e fa molta attenzione a variare i colpi da fondocampo alternandoli, quando serve, con una palla corta, soprattutto di rovescio. Swiatek tuttavia sembra che faccia molta meno fatica a tenere la velocità di crociera, anche perché non è lei a dover “inventare” gli schemi di attacco, a lei basta rispondere. Rispondere, e caricare con il dirittone.

Swiatek esce bene da un turno di servizio complicato (14 punti) nel quale salva una palla del controbreak con un bel passante di rovescio incrociato e poi approfitta di due errori di diritti consecutivi di Muchova per firmare il 4-1.

La ceca gioca bene, ma con troppi alti e bassi: nel gioco successivo dal 30-0 si trova a fronteggiare una palla dell’1-5, ben annullata peraltro con uno schema servizio-rovescio, poi confeziona due elle palle corte di diritto e accorcia le distanze. Swiatek però sente che è ora di allungare e con un parziale di 8-2 porta a casa il primo set 6-2 in 43 minuti.

Dopo una pausa piuttosto lunga per l’uscita di entrambe le giocatrici nella pausa tra i set, si riprende più o meno da dove si era lasciato: Swiatek fugge subito sul 3-0, ottenendo un break a 15 al secondo gioco grazie a quattro errori gratuiti di Muchova.

La partita sembra precipitare nel game seguente quando Karolina è 30-30 sul suo turno di battuta, ma proprio quando dietro le quinte si muovono per preparare il tavolo per la Coppa Suzanne Lenglen, Muchova ha un’impennata e con lei il ritmo della partita. La ceca inizia a macinare da fondo campo, ottiene il controbreak e pareggia sul 3-3 con due servizi vincenti.

Sul 4-4 il pubblico prova timidamente a rientrare nella partita sostenendo la propria beniamina (decisamente più numerosi i polacchi, ma Muchova ha il sostegno del pubblico neutrale che vuole una partita combattuta) e Swiatek sente il nervosismo: tre errori gratuiti e un doppio fallo finale mandano la ceca a servire per il set. Anche lei però non ha il sangue freddo per chiudere, e quattro gratuiti ristabiliscono la parità al 5-5.  La n. 1 del mondo però sembra aver perso il bandolo della matassa, soprattutto sembra aver ceduto il pallino del gioco: altri tre gratuiti e Muchova torna a servire per il set sul 6-5.

Nel game più emozionante della partita si va prima 0-30 (con un doppio fallo), poi un set point per Muchova, poi un secondo, tutti svaniti. La ceca poi compie un capolavoro aggiudicandosi il più bel punto del match con tre volée acrobatiche, e poi su un rovescio lungo di Swiatek incamera il secondo set.

Prima dell’inizio della partita decisiva arriva qualche nuvoletta fornire un po’ di riparo dal sole, in una giornata altrimenti piuttosto calda e appiccicosa quasi senza alcuna brezza.

Muchova continua nel terzo set sull’onda dell’entusiasmo del secondo e vince i primi otto punto consecutivi per il 2-0. Swiatek non ci sta e due game più tardi, con l’aiuto di due passanti di rovescio lungolinea pareggia sul 2-2, ma non è tranquilla, il servizio non l’assiste e subisce più del necessario. La polacca subisce un secondo break sul 3-3, ma lo recupera immediatamente grazie a due diritti lungolinea e una palla corta di Muchova che non arriva neanche alla rete.

Swiatek trova un varco sul rovescio dell’avversaria e riesce a tenere il turno di battuta seguente rimontando da 0-30 annullando una delicatissima palla break (che avrebbe mandato Muchova a servire per il titolo) e poi sul 5-4, l’avversaria si consegna a lei: due errori gratuiti di diritto e un doppio fallo pongono fine alla contesa

IGA IV – Si tratta del quarto titolo del Grande Slam per Iga Swiatek, il terzo sulla terra parigina. Questa vittoria le consente di mantenere la vetta della classifica WTA alla vigilia della stagione sull’erba che non è tradizionalmente il suo miglior periodo dell’anno. Per Karolina Muchova rimane un grande torneo, impreziosito dalla vittoria in semifinale su Aryna Sabalenka, e una scalata di ben 27 posizioni nel ranking che ora la vede alla sua migliore posizione in carriera al n. 16.

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Asian Games, l’ossessione dei tennisti sudcoreani: Kwon distrugge la racchetta e si rifiuta di stringere la mano all’avversario

I retroscena della più importante competizione tennistica asiatica: racchette distrutte e strette di mano negate, quando l’oro vale più di una medaglia

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L’Asia da prestazione. Che gli Asian Games siano per i tennisti orientali la competizione più sentita è fuori di dubbio: le migliori racchette cinesi hanno saltato i tornei della settimana per essere presenti a Hangzhou e, ancora più emblematico, vincendo l’oro i sudcoreani hanno diritto a saltare la leva militare (Son Heung-min, attaccante del Tottenham, ne sa qualcosa). Sumit Nagal – recentemente critico per le scarse finanze dei tennisti di bassa fascia – li preferisce ai tornei ATP 250 e 500: “È tutto magnifico qui, se non fosse per il cibo… (sorride, ndr). Tutti ne parlano, e non solo per il tennis giocato: ecco il fuoriprogramma che ha finito per diventare virale.

Dopo aver perso al secondo turno in un intenso testa a testa (3-6 7-5 3-6) con il tailandese Kasidit Samrej (n.636 del ranking), il giocatore della nazionale coreana Kwon Soon-woo (n.112) dapprima si è rifiutato di stringere la mano all’avversario e poi ha iniziato a sbattere violentemente a terra la sua racchetta, continuando a fracassarla fino a distruggerla mentre si dirigeva verso la sedia a bordo cambio. Nell’imbarazzo generale, il giocatore tailandese si è inchinato davanti agli spalti, ma – come ogni pubblico che si rispetti – l’attenzione in quel momento era tutta sul colpo di scena. Non ha tardato ad arrivare una fitta pioggia di critiche da parte dei media coreani: “Kwon dovrebbe essere penalizzato”, scrivono in molti.

La Korea Tennis Association prova a mettere una pezza, riferendo poco dopo le scuse del tennista: “Ha visitato il ritiro della Thailandia e ha chiesto scusa a Samrej aggiungendo parole di incoraggiamento per il prossimo match”. Ci riesce: niente ostracismo per Kwon, che gareggerà ora per la medaglia d’oro nel doppio maschile insieme a Hong Seong-chan. Se da una parte sembra che il tennista tailandese abbia accettato le sue scuse, la controversia in patria si spegne con più difficoltà: “Mi scuso sinceramente con tutti coloro che hanno sostenuto la competizione della loro squadra nazionale e con coloro che erano sugli spalti”, afferma Kwon. Parole che possono bastare per le scuse, meno per far riporre meno amaramente a una nazione intera la speranza di vittoria: due titoli ATP, un terzo turno al Roland Garros nel 2021 e posizione numero 52 del ranking mondiale nello stesso anno. Difficile da digerire.

 

Contro pronostico anche l’uscita al secondo turno del tandem indiano guidato da Rohan Bopanna – favorito per la medaglia d’oro –, battuto insieme a Yuki Bhambri dalla coppia uzbeka composta da Sergey Fomin e Khumoyun Sultanov. L’ex numero 3 di specialità si consola con una vittoria facile in doppio misto con Rutuja Bhosale. Almeno lui l’ha digerita meglio.

Tra le donne citiamo la bella prestazione della 18enne filippina Alex Eala, lo scorso anno vincitrice allo US Open junior. La numero 190 del mondo è alla quinta settimana consecutiva in campo nel tour ed è in semifinale agli Asian Games nel tabellone di singolare.

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Ljudmila Samsonova: “Una parte di me è sempre italiana” [ESCLUSIVA]

Da speranza azzurra ad allieva di Pizzorno e finalista Mille con (senza) bandiera russa: Ljudmila “Ljuda” Samsonova è già stata molte cose, e questo, forse, è solo l’inizio

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Samsonova - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Essere chiamati al doppio turno nella giornata conclusiva di un 1000 è certo un avvenimento quantomeno inusuale: e infatti a Montreal, uscita vincitrice da un match combattuto con la testa di serie numero tre, Elena Rybakina, Ljudmila Samsonova, russa, ventiquattro anni, è costretta ad arrendersi poche ore dopo a Jessica Pegula, racimolando un solo game alla sua prima finale 1000 (“fa male rendersi conto che agli organizzatori non importi nulla di noi tennisti”, ha dichiarato a margine dell’incontro).

Un torneo in cui, in fila, “Ljuda” aveva eliminato la testa di serie numero due (Sabalenka), la dodici (Bencic), e la tre (appunto Rybakina) prima di arrendersi alla quarta forza del seeding. Il lunedì 14 agosto, Ljudmila si “accontenta” della posizione numero dodici, suo best ranking. Una classifica costruita nel tempo, da quel 2013 in cui, per la prima volta, scese in campo da professionista.

Probabilmente, il momento della svolta è stata l’estate scorsa, quella del 2022: fra Washington e Tokyo, passando per Cleveland, Samsonova si porta a casa tre tornei, due 500 e un 250. Se diamo uno sguardo alle sue principali affermazioni, è facile notare una particolare predilezione per il nord America. “Entrambe le volte che sono arrivata negli Stati Uniti in quel periodo avevo la testa libera: ho come resettato da zero il periodo precedente. È forse per la mia leggerezza in quel periodo che sono venuti fuori i risultati migliori.”  

 

Samsonova, che mentre scriviamo è numero ventidue del mondo, si trova ora a dover confermare i risultati raggiunti, iniziando dalla difesa del titolo di Tokyo. Ora, però, riavvolgiamo un po’ il nastro.

A casa non puoi non praticare un minimo di sport” sorride Ljuda: Samsonova proviene da Olenegorsk, una cittadina della Russia europea settentrionale, dell’Oblast di Murmansk. Insomma, il polo nord non è poi così distante. Tuttavia, lo sport è arrivato fin lassù, peraltro con ottimi risultati: il padre è stato campione europeo di Ping-pong, il nonno uno sciatore. “Penso di essere stata comunque fortunata ad essere una bambina dotata per lo sport; la mia famiglia mi ha trasmesso tanto anche in quest’ambito.”

Ljudmila, però, ci risponde in italiano fluente. Fa un certo effetto apprendere come Samsonova abbia vissuto diciotto anni in Italia, e si sia sentita, in tutta la sua giovinezza, una tennista azzurra. Al compimento dei diciotto anni, avrebbe dovuto ricevere il passaporto italiano. Ciò, tuttavia, non è avvenuto, ed oggi gareggia per la Russia (o meglio, gareggiava, ora è tennisticamente “apolide” a causa della guerra in Ucraina). A quanto pare, l’ostacolo sarebbe stato la mancanza di un “reddito certo”, carenza che avrebbe impedito alla Federazione di assegnarle il passaporto. Ljudmila, insomma, avrebbe dovuto trovarsi un altro lavoro: una condizione spesso non richiesta da molte altre federazioni nel mondo. Da quel 2017 sono passati sei anni, e Ljudmila oggi si sente “metà e metà: ho una parte di me a cui l’Italia, quando sono via, mancherà sempre, e un’altra che è invece molto legata alle origini; essendo cresciuta in una famiglia che ha sempre tenuto molto a mantenere le tradizioni e la lingua mi sento di far parte anche di quel mondo.”

La carriera di Samsonova ha dunque preso davvero il via da quel momento; solamente due anni fa, tuttavia (era il luglio 2021) Ljuda era appena entrata in top 100, e ancora non si delineava l’exploit che l’avrebbe portata alle vette della classifica mondiale. “È stato il coraggio a permettermi di fare il decisivo salto in avanti. Il coraggio che ho avuto nel fare determinate scelte, a credere sempre in me stessa nonostante prendessi batoste in continuazione, anche da parte di chi mi fidavo: è stata la mia determinazione a farmi arrivare qui, più di tutto il resto.”

Un forte legame con l’Italia Ljudmila l’ha, comunque, indubbiamente preservato: il suo coach è Danilo Pizzorno, torinese che ha acquisito una grande importanza nel panorama italiano e internazionale per il suo utilizzo metodico e “scientifico” della videoanalisi. “Penso che Danilo, oltre ad essere il miglior coach WTA, sia anche e soprattutto una bellissima persona; dopo le esperienze che ho vissuto, cerco di guardare prima al lato umano e poi a quello professionale.”

Un circuito, quello WTA, che solo recentemente sembra incamminarsi verso una sorta di stabilità ai vertici, con il dominio di Iga Swiatek (interrotto ora da Aryna Sabalenka). Nel confronto con quello maschile, che ha vissuto di un triumvirato (ad eccezione, forse, di un effimero quadrumviro) per oltre vent’anni, non tutti vedono l’incertezza femminile come un qualcosa di positivo per la WTA. “Io invece credo che sia un bene – ci dice Ljudmila -. In questo modo c’è posto per più giocatrici: il livello si è alzato e chiunque può ambire a fare grandi cose.”

L’incertezza non è solamente tennistica: dal febbraio 2022, la guerra fredda, le cui fiamme pensavamo definitivamente spente da anni, si è riaccesa e porta con sé il pericolo di scatenare un grande incendio. Il primo focolare si è acceso in Ucraina, a causa dell’invasione russa. Come sempre, lo sport non può considerarsi del tutto scisso dalla realtà che lo circonda. È forse per quella chiamata di Hitler che il barone Von Cramm perse quella finale di Wimbledon. Riguardo a quale sia il suo ruolo in certi contesti, comunque, il dibattito è aperto e certo di non facile risoluzione.

La situazione è indubbiamente controversa: le atlete russe e bielorusse non possono più giocare sotto la loro bandiera, le loro nazionali non possono più partecipare alle competizioni internazionali. “Lo sport può mandare certi messaggi –  dice Ljuda, che oltre ad essere russa è vissuta, lo ricordiamo, diciotto anni in Italia –, ma non credo possa avere un vero impatto, cambiare ciò che avviene nel mondo.”

Ljudmila ha solo ventiquattro anni; eppure ha già vissuto molto, fra l’Italia, il Polo nord e il tennis professionistico. Forse, però, il meglio deve ancora arrivare. “Il mio desiderio per il futuro è essere una persona felice e realizzata: nessun premio o classifica può essere tanto importante quanto lo stare veramente bene con sé stessi.”

Di Ljudmila “Ljuda” Samsonova, nativa di Olenegorsk, il cuore diviso fra Russia e Italia, sentiremo – non c’è dubbio – ancora parlare.

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Djokovic contro i bassi salari dei colleghi: “È un fallimento per il mondo del tennis”

Il giocatore più vincente di sempre scende dal trono per abbracciare per primo la causa comune dei tennisti oltre la top 100: l’attacco di Nole ai bassi salari

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Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)

Il lavoro nobilita l’uomo. Il tennis professionistico è un lavoro. Il tennis professionistico nobilita l’uomo. Siamo sicuri? Novak Djokovic non sarebbe d’accordo. Da sempre attento ai diritti del mondo della racchetta, il campione serbo tuona sulla situazione dei salari per i colleghi al di fuori della top 100. E sì, perché né lui né Carlitos né tantomeno il nostro caro Jannik rischiano di restare con le tasche vuote: oneri e onori di aver scalato l’Olimpo del tennis e sedere sulla cima. Ma tutti gli altri?

“Sono stato al posto di tutti quei tennisti che ora hanno gravi difficoltà economiche. Capisco la loro fatica e le loro difficoltà, so i problemi che hanno nel dover pagare le trasferte, gli allenatori e i fisioterapisti”, dichiara Nole in un’intervista. “Alla fine, se non hai il sostegno di una federazione forte, avrai sempre grossi problemi. Io vengo dalla Serbia e non avevo aiuti. Ora ho una certa influenza e voglio utilizzarla per migliorare le condizioni degli altri“, asserisce convinto. Insieme al canadese Vasek Pospisil, il campione serbo è attualmente il principale esponente – oltre che fondatore – della PTPA (Professional Tennis Players Association), nata nel 2020 tra non poche critiche di divisionismo: tra le altre, quelle di un certo Roger Federer e di un altro che si chiama Rafael Nadal. Ma non roviniamo il panegirico a Djokovic, chiusa parentesi.

“Solitamente si parla di tennisti che partecipano allo US Open e che guadagnano tanto, degli altri nessuna traccia”. Ma ci sono, e sono tanti: molti di più di quelli (più) conosciuti, tifati e pagati. “Ci sono tantissimi tennisti che non riescono a guadagnarsi da vivere con il tennis: maschile, femminile o doppio. Solo quattrocento giocatori tra tutti riescono a vivere di tennis, il resto no. È una cifra bassissima per uno sport mondiale come il nostro, un vero fallimento per il mondo del tennis”, prosegue Nole. A mettere il dito nella piaga ci pensa Ons Jabeur che – coinvolta anch’ella nei progetti PTPA – sottolinea: “Prima nessuno mi prestava attenzione, ora che sono in top 10 tutti ascoltano quello che dicono. Questo non è affatto bello”. E neanche nobile, per rispondere alla domanda su.

 

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