È giunto alla fine l’ottimo US Open di Matteo Arnaldi, fermato agli ottavi di finale dal numero 1 del mondo Carlos Alcaraz sull’Arthur Ashe Stadium. Davanti ai giornalisti dopo il match, Matteo strappa come sempre sorrisi e risate con la sua sincerità e con l’umiltà che però non nasconde la consapevolezza nei propri mezzi e nei miglioramenti già realizzati in questa stagione e in quelli attesi per il futuro.
D. Ventiquattromila persone, il n, 1 del mondo: pesava un po’ la palla all’inizio o ti sei saputo sciogliere presto?
“Stavo bene, non vedevo l’ora di giocare questa partita. Sono entrato, ho cercato di essere me stesso da subito e credo di esserci riuscito.”
D. La risposta di rovescio, gli hai dato tanto fastidio all’inizio. Si vedeva che stava imparando a conoscerti e ha iniziato a evitarti lì. L’impressione è di poter far male anche a un giocatore del genere.
“Non ho giocato la mia miglior partita e non era facile farla. Non mi vedo così lontano, ma ancora c’è differenza e si è vista nei momenti importanti. Non credo che lui abbia alzato il livello in quei frangenti, più che altro sono stato io a fare errori.”
D: Che obiettivo ti eri dato oggi, a parte vincere…
“Vincere [risate]. Nessun altro obiettivo, sono entrato in campo per quello e per godermi questa partita”.
D. A questo punto della stagione è più la fatica fisica o quella mentale?
“Non sono stanco e mentalmente sto bene. Mi piace giocare tanto, fisicamente mi reputo molto ‘buono’.”
D. Se a inizio anno ti avessero detto che saresti uscito con una standing ovation del pubblico dopo il match con Alcaraz, cosa avresti risposto?”
“Speriamo [risate]. Mi pongo degli obiettivi, anche alti perché sono molto critico, però alla fine conta il lavoro, quello faccio con il mio team. Da ora in poi non sarà più una prima volta e spero di gestirla meglio”.
D. Con il tuo coach Alessandro Petrone, che cosa vi siete detti dopo l’incontro?
[pausa] “Sto pensando, forse è meglio che non lo dica… Di solito non parliamo subito dopo la partita, faccio le mie cose in palestra con il preparatore. Quando arriva il momento giusto, ne parliamo. Ha visto che non ero contento al 100% e mi ha detto di stare tranquillo”.
D. Gli hai detto, ‘la prossima volta questo lo batto’?
“L’ho detto anche prima della partita [risate].”
D. Quando sul maxischermo inquadrano qualche personaggio famoso, pensi ‘bello che siano qua a guardarci” oppure non ti interessa?
“Non mi focalizzo su quello. Fa piacere che ci sia tanta gente a vederci, ma non mi emoziona più di tanto”.
D. La cosa più complicata da gestire rispetto a qualsiasi altro campo?
“L’ho affrontata come una partita normale. Gli schermi dietro danno un po’ fastidio a me che gioco con le lenti, ma poi ti abitui”.
D. Dove senti di aver bisogno di migliorare?
“Oggi il servizio non ha funzionato come avrei voluto. Ci sono altre cose che avrei potuto fare meglio, ma non mi sento così lontano”.
D. L’arma migliore di Alcaraz? E le sue debolezze?
“È molto completo, fa tutto bene, è un gran lottatore. Ciò gli dà più fiducia, sai che devi guadagnarti ogni punto, non ti regala nulla e mette a te più pressione. Non l’ho messo abbastanza in difficoltà per mostrare le sue debolezze.”
D. John McEnroe sulla ESPN si è complimentato per i tuoi miglioramenti, cosa ne pensi?
“Non credo l’abbia detto davvero. Se una leggenda come lui dice questo, ne sono felice e mi dà ulteriore fiducia.”