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Tutto vero Italia con Super Sinner gran festa Davis dopo 47 anni (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
E’ tutto vero. L’Italia toma a incidere il suo nome nella storia dello sport vincendo la Coppa Davis dopo aver battuto in finale l’Australia di Lleyton Hewitt. Un momento di gloria straordinario che ci riporta al brividi del Mondiale di calcio del 2006. È tutto vero. Non siamo a Berlino, siamo a Malaga e l’emozione è infinita, straripante. L’Insalatiera d’argento toma in Italia 47 anni dopo la prima e unica volta. Quei ragazzi che nel 1976 a Santiago del Cile, insieme a Nicola Pietrangeli, tomarono a casa col trofeo, ora possono passare un testimone prezioso, e lo lasciano in ottime mani. Sono quelle di Jannik Sinner, Lorenzo Sonego, Matteo Arnaldi, Lorenzo Musetti, Simone Bolelli e Matteo Berrettini presi per mano in questi anni da Filippo Volandri, I1 capitano che oggi portenti in Italia il trofeo. Ad accompagnare la loro gioia, anche oggi che ha 90 anni, c’è proprio il capitano di un tempo, arrivato fino a Malaga per celebrare questa nuova generazione di eredi: «Una squadra giovane e forte, con un carr’armato come Sinner, che se lo mandi in guerra vince da solo», ha detto Pietrangeli.
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E’ la Coppa di Matteo Amaldi, che in finale è finito all’inferno per poi sralare l’Everest e portare il primo punto contro Alexei Popyrin. E la Coppa di Lorenzo Musetti, che anche dopo la sconfitta di sabato e l’infortunio, ieri è stato nel box a urlare, spingere, tifare, scuotere, applaudire i compagni. Ma è anche la Coppa di Simone Bolelli, sempre presente a dare il suo contributo in allenamento e nella preparazione dei doppi. Questa non può non essere anche la Coppa di Matteo Berrettini. Un giocatore che ha lanciato l’Italia al numero 6 del mondo e le ha fatto vivere una giornata memorabile, l’11 luglio del 2021, giocando la finale di Wimbledon contro Novak Djokovic.
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E così è adesso per Jannik e le sue imprese, che fanno accendere la televisione a milioni di italiani e chiacchierare al bar la mattina di quella palla break salvata o quel passante di rovescio. A colori Stamattina, in metropolitana, sul treno o in ufficio si parlerà della maratona di Matteo Amaldi, osannato, maledetto e poi benedetto nelle due ore e mezzo di montagne russe contro Popyrin che ci hanno portato il primo fondamentale punto, capace di evitarci il rischio del doppio con Ebden/Purcell. E poi dell’ennesima sconfitta del povero Alex De Minaur contro Sinner, il primo uomo che ha saputo battere Novak Djokovic due volte nello stesso giorno. E un giorno che pensavamo non sarebbe mai arrivato, e che cambia la storia dello sport italiano perché la Coppa Davis è sempre stata un’entità quasi mitologica, patrimonio dei padri e impresso sulle foto in bianco e nero. Ora è finalmente tutto a colori. Oggi il cielo è più blu
Balliamo sul mondo (Adriano Panatta, Tuttosport)
Li vedo ballare e abbracciarsi, gli azzurri di ora. Sinner che non sbaglia più niente, Sonego che in Davis dà sempre qualcosa in più, Arnaldi che ha vinto una partita persa non so quante volte, ma è stato bravo a tenerla in piedi, a resistere fino a cambiarle il volto. Poi Musetti che deve risalire la corrente e lo farà presto, e Berrettini che quando tornerà, perché sono convinto che tornerà il tennista che andava in finale a Wimbledon, darà a questa squadra quel tocco in più, e allora non ce ne sarà più per nessuna delle avversarie.
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Sfido chiunque a dire che sia il quarto del mondo, in questo momento. In questa Coppa malagueña è stato perfetto, non ha sbagliato nulla, anzi, ha continuato a crescere incontro dopo incontro. Griekspoor poi Djokovic, infine De Minaur… Li ha messi in fila, li ha saltati con un unico balzo. L’australiano non aveva un solo colpo da opporre al nostro, lo si è vista. È stata una gara tra una Formula Uno e una city car. Bravo anche Arnaldi, a superare Popyrin. Un incontro non hello e nemmeno giocato benissimo, ma vinto, strappato con le unghie e con i denti. La Coppa è così. Non importa giocare benissimo, importa vincere. Arnaldi ce l’ha ricordato con i fatti. E ogni qual volta l’australiano gliene ha dato la possibilità, Matteo ha infilato il colpo vincente. Aspetto ora Berrettini. Aspetto che ritrovi il suo tennis, la sua classifica, le sue vittorie. Se cosi sarà, la Davis sarà nostra per molti anni ancora. In esclusiva
Una coppa da urlo (Stefano Semeraro, La Stampa)
E’ un sentimiento nuevo, alla fine, perché erano quasi cinquant’anni che non lo provavamo: da quel novembre del 1976, fatto di gioia e di sofferenza, ed era un tennis diverso, era un mondo diverso, eravamo diversi noi. Da Santiago a Malaga, alle magliette rosse di Panatta e Bertolucci alla zazzera rossa di Jannik Sinner, resta quello il colore della passione e del ricordo, destinato a unire la generazione di chi c’era e quelle, più di una, di chi la Coppa Davis l’ha conosciuta solo in vecchie foto in bianco e nero, in ricordi sempre più stinti. Che adesso lasciano il posto ad un arcobaleno di allegria: Simone Bolelli che abbraccia Sinner, Matteo Arnaldi che innaffia tutti, Sonego che guida i cori, Musetti che si avvolge nel tricolore, la torcida azzurra che esplode, i tamburi che picchiano un ritmo di festa. E il novantenne Pietrangeli che alza la coppa in mezzo ai suoi nipotini.
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È il trionfo di un gruppo, una famiglia allargata come la definiscono gli azzurri, che ieri sera comprendeva anche Matteo Berrettini, capotifoso non giocatore ma aggregato alla gioia comune – e peccato per Fabio Fognini, vincitore ieri di un Challenger proprio in Spagna ma esiliato da una felicità che ha contribuito a costruire. È soprattutto il trionfo di Jannik Sinner, sceso dalle montagne dove è stata scritta la Storia grande dell’Italia per aiutarci a reinventare, dopo decenni di nostalgie e imprese incompiute, anche quella piccola dello sport italiano
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«Abbiamo sentito la pressione, ma siamo stati in grado di gestirla, perché va bene il cuore, ma serve anche tranquillità», spiega. «Era facile dire che eravamo favoriti, ma il capitano ha dovuto fare scelte difficili. Ora abbiamo voglia di vincere ancora, perché siamo un gruppo giovane». Poi la dedica che apre davvero il cuore: «Tathiana (Garbin, capitana di Billie Jean King Cup, alle prese con una malattia seria ndr) oggi affronta un match difficile. Abbiamo vinto la Davis e parliamo di fare la storia, ma la vita vera è fatta di altre cose. E noi siamo tutti con lei». Come una vera famiglia.
Capolavoro Jannik in un 2023 da sogno “E non finisce qui” (Vincenzo Martucci , Il Messaggero)
Palasport di Malaga è una polveriera che trabocca di tifo italiano, ma anche di canzoni italiane, di gesti italiani, di felicità italiane. Jannik Sinner, che la coppa Davis e la squadra hanno scongelato in tutto il suo misurato essere altoatesino e orgogliosamente italianissimo, prorompe: «È una vittoria particolare e speciale. Sapevamo di avere un ottimo gruppo già da un paio d’anni ormai, siamo riusciti a mettere insieme i pezzi, poi c’è anche Matteo (Berrettini, n.d.r.) che è venuto qui e ci ha sostenuto. Siamo contenti di alzare questa coppa». EROE DI SQUADRA Ai microfoni di Sky, il Profeta dai capelli rossi si lascia andare: «Ringrazio tutti gli italiani e tutto il pubblico che ci ha creduto anche quando le cose andavano male. Io ho portato tanta energia da Torino e abbiamo fatto ancora più gruppo, abbiamo sofferto già da Bologna ma siamo rimasti lì, contro la Serbia eravamo a un punto dall’esser fuori ma ora possiamo alzare la coppa».
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GRAZIE, RAGAZZI «Il ragazzo è stato eccezionale, si è anche ricordato delle cose che gli abbiamo detto», racconta capitan Volandri nell’elogiare l’ultimo aggregato al gruppo, Arnaldi. Che rivela: «Mi ha anche minacciato fisicamente se avessi insistito con la palla corta. Devo ringraziarlo della fiducia. A me piace giocare sotto pressione, però oggi non ho giocato la mia miglior partita. Ma ho dato tutto e devo ringraziare il capitano e tutta la squadra che mi ha supportato fino all’ultima palla».
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CONFESSIONE Capitan Volandri è stravolto e afono: «Sono due anni che sogno soprattutto quando abbiamo toccato il fondo e l’abbiamo dovuto raschiare ancora, ce lo siamo detti poco prima di toccare davvero la Coppa, ci siamo infilati in una fessurina piccola tutti. Non avete idea di quello che abbiamo passato, io forse anche più di loro perché mi sono preso la responsabilità di tutto. Questa è la mia famiglia allargata, di grandi giocatori che hanno contribuito tutti, dedico la Coppa a tutti quelli che ci hanno creduto almeno un pochino».