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Una nuova voce dello sport internazionale si aggiunge al coro che supporta la causa palestinese (laddove per palestinese si intende l’insieme dei civili, è bene chiarirlo). Per quanto riguarda il tennis, si era già esposta Ons Jabeur, che ha donato alla popolazione di Gaza parte dei guadagni ottenuti alle ultime Finals. Ora, a lei e ad altri professionisti (soprattutto calciatori), si è unita anche l’egiziana Mayar Sherif, numero 59 del mondo ma a un passo dalla top 30 durante la scorsa estate. La giocatrice originaria del Cairo aveva già utilizzato il suo account X per chiedere la conclusione dell’assedio a Gaza, ma in un’intervista di Sebastian Varela per il sito Clay, ha scelto di andare dritta al punto, assecondando le sue opinioni, anche a scapito di quel politically correct che è sempre più il mantra dei personaggi pubblici.
“Non ci sono scuse, nessuna, per ciò che Israele sta facendo al popolo palestinese. È straziante vedere gli ospedali demoliti, i neonati e i bambini che muoiono. Non ci sono scuse nemmeno per l’oppressione, l’occupazione illegale, tutte le aggressioni… tutto questo non è iniziato in ottobre, va avanti dal 1948. Succede spesso e tutti hanno chiuso gli occhi perché politicamente Israele è molto forte”. Questa è la tesi di Sherif che ha poi rincarato la dose accusando la comunità internazionale di razzismo. Solo così si spiega, a suo avviso, la differenza delle reazioni per quanto avvenuto da un lato in Ucraina con l’invasione russa e dall’altro a Gaza con le operazioni dell’esercito israeliano volte a sradicare il gruppo terroristico Hamas ma fortemente impattanti anche sui civili.
Ecco le sue parole: “Ora le persone hanno iniziato a prestare maggiore attenzione a ciò che sta accadendo. Le persone che hanno sostenuto questa aggressione senza senso ora si nascondono. Il Presidente francese (Emmanuel Macron, ndr) ha cambiato idea esponendosi per dire il contrario, perché non è possibile non condannare le atrocità che stanno accadendo. Devi davvero essere razzista… Abbiamo visto il mondo mobilitarsi per la guerra in Ucraina, ma quanto sta accadendo a Gaza è dieci volte peggio. Gli aiuti umanitari che arrivano nella Striscia sono insufficienti. Qual è la differenza tra il popolo ucraino e il popolo di Gaza? Ve lo dico io: il colore degli occhi, il colore dei capelli e che, mentre i palestinesi sono musulmani, gli altri vengono dall’Europa”.
L’invettiva dell’egiziana si è poi spostata, in maniera coerente e prevedibile, sulla WTA. Kissinger, storico segretario di Stato americano morto nella giornata di giovedì a 100 anni, diceva che “lo sport dovrebbe rimanere fuori dalla politica”, ma vista la sua capacità di sfruttare alcune opportunità create proprio dallo sport, come nel caso della celebre “diplomazia del ping pong” con la Cina, è probabile lo dicesse convinto che si trattasse di un’utopia. Così, qualsiasi azione compia (o non compia) un’istituzione sportiva in relazione a una qualche situazione politica non può essere neutrale.
Mayar è quindi tornata sul confronto Ucraina-Palestina che non fa altro che evidenziare questo concetto: “Ovviamente la WTA non ha preso la stessa posizione, perché politicamente il mondo non si è comportato allo stesso modo di fronte alle situazioni in Ucraina e in Palestina. La WTA ha raccolto fondi per gli ucraini. Vai negli spogliatoi e trovi le spille gialloblù… vediamo come reagirà la WTA adesso, dove si posizionerà la WTA. Ora ci sono Paesi che non ti permettono di avere bandiere palestinesi e di sostenere la Palestina. Ci sono calciatori che sono stati sospesi dalla propria squadra solo per aver parlato in difesa della Palestina (due casi sono quelli di Mazraoui del Bayern Monaco, poi reintegrato, e di El Ghazi del Mainz, addirittura licenziato, ndr). Parlano di democrazia, di libertà di parola nei paesi più avanzati del mondo, ma adesso questo non è permesso? Stiamo vedendo qual è la reale posizione del mondo”.
Sherif ha poi espresso la sua preoccupazione per la poca conoscenza che ha l’opinione pubblica della questione israelo-palestinese: “Molte persone non conoscono i retroscena pensano che tutto sia iniziato il 7 ottobre (il giorno dell’attacco terroristico di Hamas che ha poi innescato la reazione di Israele, ndr)”. Un problema presente, secondo la 27enne, anche tra i suoi colleghi e colleghe. Proprio per questo Mayar sembra intenzionata a contattare Jabeur per unire le forze e contribuire alla sensibilizzazione sulle condizioni dei civili palestinesi, alle prese con un governo terrorista e un esercito nemico non sempre chirurgico nei suoi interventi: “Non so come potremmo aiutare materialmente, ma forse è una buona idea parlarne. Siamo ottime amiche e lo sono anche i nostri staff. Ci vediamo sempre in campo o nello spogliatoio. Non tanto fuori.”.
A proposito di Jabeur, Ons è sicuramente un simbolo per il mondo arabo al femminile. Ma, almeno per quanto riguarda il tennis, dietro la tunisina c’è proprio l’egiziana: “Mi piace questo tipo di pressione. La generazione più giovane in Egitto mi segue sempre e mi piace perché mi aiuta a spingermi oltre i miei limiti e a fare più cose. Voglio dimostrare alle ragazze che non ci sono limiti, che possono andare dove vogliono e che bisogna sognare. Ons è un esempio al miglior livello mondiale in assoluto. Se vado in un circolo tennis in Egitto, mi riconoscono e mi accolgono in maniera fantastica, ma il tennis in Egitto non è ancora così popolare. Per questo mi impegnerò per far crescere lo sport nel mio Paese e nella mia regione”.