Australian Open – La grande attesa per i duellanti dai tanti punti in comune Djokovic e Sinner. Vinca il migliore? “Sperem de no”

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Australian Open – La grande attesa per i duellanti dai tanti punti in comune Djokovic e Sinner. Vinca il migliore? “Sperem de no”

Venerdì sveglia alle 4 e mezzo, e live su Ubitennis, per seguire l’ambiziosa sfida del nostro n.1 contro il n.1 del mondo. Sinner cerca la sua prima vittoria contro il fenomeno serbo sulla distanza più lunga. Due vittorie negli ultimi tre duelli contano qualcosa psicologicamente?

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Novak Djokovic (sinistra) e Jannik Sinner (destra) - ATP Finals 2023 (foto: X @atptour)
 

Guarda l’editoriale del direttore Scanagatta

Questo giorno di pausa in più, fra la fine dei quarti della metà superiore del tabellone e la disputa delle semifinali, ci voleva per Djokovic, per consentire cioè al mago serbo dei recuperi e della sconfessione di qualsiasi certificato anagrafico, degli Slam e delle partite consecutive vinte senza macchia in Australia, 33 di fila dal ko con il desaparecido Chung. Ha giocato 3 ore  e mezzo più di Sinner e dovrà giocare nel pomeriggio australiano contro Jannik.

Nei primi due set contro l’amico Fritz Nole ha sofferto il caldo, come gli è accaduto spesso in carriera, e chissà che non sia stato anche per quello se non è riuscito a convertire nessuna delle prime 15 palle-break che gli sono capitate a tiro. Mai successo prima al ribattitore più quotato al mondo.

Ma questo giorno di riposo in più, a contrario, non ci voleva proprio per Sinner che era arrivato bello fresco e quasi riposato, con la fedina penale dei set persi immacolata come nessun altro, con 26 palle break coraggiosamente annullate su 28, e sia pure senza confessarlo avrebbe certamente preferito in cuor suo affrontare un avversario più vicino ai 40 che ai 30 un po’ stanchino, magari con le agili membra di caucciù un tantino appesantite, arrugginite per gli intensi sforzi sostenuti.

 A Sinner, che a differenza di Djoko sempre impegnato by night – l’eccezione è stato il match con Fritz – ha giocato invece per la prima volta nella sera australiana con Rublev, sarebbe piaciuto ritrovare il bel caldo dei giorni scorsi: invece il meteo prevede un discreto calo della temperatura. Vero però che Melbourne ha fama di città in cui il clima può cambiare drasticamente anche quattro volte in un giorno, in barba a tutte le previsioni. Ti svegli in una giornata di sole cocente e conviene che tu esca con l’ombrello, mi dice l’esperienza accumulata in una trentina di Australian Open. E viceversa. Insomma ci si è messa anche questa giornata di riposo in più della quale avrebbero tanto voluto godere i due stacanovisti giunti alle semifinali della metà bassa del tabellone, Medvedev e Zverev, emersi da maratone corse sull’orlo di un precipizio. Mi era sembrato poco convincente lo stato di forma di Alcaraz, forse ha pesato l’assenza forzata del suo coach Juan Carlos Ferrero, e avevo scritto nel mio precedente editoriale che per Sinner consideravo avversari più temibili proprio Zverev, con il quale il bilancio dei confronti diretti lo vede in rosso, 1-4, e Medvedev a dispetto delle ultime tre partite vinte (una molto contrastata) dopo ben sei partite perse di fila che qualcosa dovranno pur significare.

Così invece tutto sembra congiurare a favor di Djokovic, che di tanti favori non avrebbe neppure così bisogno. Stiamo parlando infatti di uno che ha vinto 10 precedenti semifinali su 10, sempre seguite da una finale anch’essa vittoriosa, di uno che ne ha giocate 48 in tutti gli Slam (e di quegli Slam ne ha poi vinti la metà). Di un fenomeno che affronta un ragazzo più giovane di 14 anni, un pischello di 22 anni e dai capelli rossi che arriva a disputare appena la sua seconda semifinale, per l’appunto dopo aver perso quella prima giocata (Wimbledon 2023) proprio contro il vecchio campione e in tre soli set per giunta.

Alcuni i punti in comune fra i due più attesi duellanti: gli sci ai piedi da bambini per essere nati e cresciuti fra montagne nevose, una famiglia di persone modeste e con pochi mezzi, la scelta quasi sorprendente per una racchetta diversa da quelle utili a tenersi ritti in mezzo alla neve, una voglia straordinaria di competere e affermarsi in uno sport sconosciuto ai genitori, una gioventù subito rivelatrice di un talento naturale incredibile, una precocità di risultati fuori dal comune, una determinazione perfino disumana per avvicinarsi alla perfezione in una passione diventata professione (e ormai professione iper remunerata) costruendo, infinitesimale dettaglio dopo infinitesimale dettaglio, ogni più piccolo progresso. Per Nole da 28 anni a oggi, per Jannik da 10 anni a oggi. Sempre tanti.

Uno è già nella storia del tennis come l’uomo che ha battuto tutti i record possibili e immaginabili. L’altro, il ragazzino della Val Pusteria, sembra volerci entrare a piedi uniti, più che in punta di piedi come sembrerebbe la sua natura apparentemente riservata, quasi timida, in realtà più scanzonata di quanto sia lo stereotipo che accompagna gli atleti altoatesini, perseguitati dalla nomea di parlare meglio il tedesco dell’italiano, di essere italiani a metà. sembra aver tutto contro, record, palmares, pronostici.

Anni fa nelle nostre telecronache con Rino Tommasi e Gianni Clerici, raccontavamo le gesta gloriose di Boris Becker, teenager campione di Wimbledon e con i capelli quasi rossi dicevamo: “Ma non poteva nascere qualche centinaio di chilometri più a sud, a Merano, a Bolzano?”.  

A Rino e Gianni sarebbe piaciuto immensamente parlare, e veder giocare Jannik, il Jannik di questi ultimi sei mesi, intendo, perché almeno Gianni quello dei primi passi professionistici lo ha intravisto e gli era anche subito piaciuto moltissimo.

Questo giorno extra di riposo prima della grande sfida ha preso un po’ in contropiede anche noi giornalisti perché alla vigilia di un quinto match in sei mesi fra Jannik Sinner e Nole Djokovic è dura inventarsi qualcosa che non abbiamo già detto. Anche se – perdonate la banalità – ogni partita è diversa dalle altre, è una partita nuova.

Ci si ripete se vogliamo sottolineare le diverse caratteristiche tecniche dei due. Le conoscono tutti. Vale ripeterle?

Peggio sarebbe contraddirsi. Come spesso accade con il… senno di poi, a match concluso. Alla fine del quale se uno aveva previsto quel che è successo non deve cadere nella facile tentazione di scrivere “Ve l’avevo detto”, perché chi lo fa di solito è odioso ai più. E se invece non l’aveva previsto e si era sbilanciato troppo dalla parte risultata sbagliata, dovrebbe ammetterlo e magari scusarsi senza arrivare a cosparsi il capo di cenere. Perché? Perché in fondo di tennis parliamo e sono pure sensazioni quelle che esprimiamo. Magari dettate dal cuore. Se non dall’amor di patria. Amor pervasivo.

A volte sono sensazioni più facilmente condivise dalla massa degli opinionisti e degli appassionati, e allora anche il boomerang di una sensazione sbagliata – visto che parliamo di un evento australiano siamo in tema – viene condiviso. Se invece si è azzardato una previsione più arrischiata, beh vorrà dire che verrà rinfacciata… a maggior ragione con il senno di poi.

Mi sono divertito a pronosticare ieri un Sinner capace di vincere in 3 e in 4 set contro un Djokovic che qualche crepa secondo me l’ha mostrata, immaginando che invece  Djokovic diventi praticamente quasi imbattibile se il match si protraesse fino al quinto set. Se invece accadesse il contrario… beh, Sinner sarebbe riuscito in un’impresa ancor più epica. E chissenefrega delle previsioni di Scanagatta.

Sinner non è favorito, non può esser favorito. Ma i motivi per cui potrebbe ribaltare il generale pronostico ci sono. E hanno ragion d’essere.

La maggior età porta i vantaggi dell’esperienza. La minore quelli dell’intraprendenza. Il più contendente più anziano ha le sue sicurezze. Ma anche quello più giovane ha le sue. Ed entrambi sono legittimamente ambiziosi. Il più giovane sembra garantire un ottimo stato di forma e l’avverte lui per primo, con tutto il suo clan, con estrema consapevolezza. Non ha mai giocato meglio che negli ultimi sei mesi. Il più anziano invece sa di aver giocato meglio, anche molto meglio, ma pensa che il suo attuale standard sia più che sufficiente per raggiungere la finale n.11, lo Slam n.25. I bookmakers prendono atto che la gente crede e scommette più in Djokovic che in Sinner e così pagano un po’ di più, ma poi non tantissimo di più, chi mostri fiducia nella sorpresa, nel giovanotto che sogna di essere il primo a battere in 6 anni il re designato.

Venerdì mattina, dopo una notte insonne, sapremo se il giovane è riuscito o meno a colmare, per la terza volta in quattro duelli e financo in un match tre su cinque, il gap che la storia ci insegna. Il fattore psicologico potrebbe avere anche un suo peso.  Due vittorie restano due vittorie e il fatto che Djokovic abbia perso un match quasi dominato con tre matchpoint consecutivi a favore può avere risvolti psicologici contrapposti e quasi imprevedibili. Più rabbia e voglia di rivincita in Djokovic, più calma e sensazione di chi non ha nulla da perdere in Sinner. Nereo Rocco, il vecchio Paron, allenatore dello storico Padova di Scagnellato, Blason, Azzini cui era tanto difficile segnare, rispose a chi gli augurò “Vinca il migliore” alla vigilia di un Padova Milan – mi pare fosse il Milan -con lo storico “Sperem de no”.

Forse domani saremo in tanti a sognare che…non vinca quello che la maggior parte della gente ha ragione di ritenere il migliore, addirittura il GOAT. “Sperem de no” anche noi.

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