Come toccava una racchetta, diventava la più venduta in Italia. Ma Riccardo Pietra ci ha lasciato

Editoriali del Direttore

Come toccava una racchetta, diventava la più venduta in Italia. Ma Riccardo Pietra ci ha lasciato

Era un vero gentiluomo, pioniere dell’industria tennistica. Pietrangeli, Merlo, Gardini, Sirola Panatta, Laver, McEnroe, Graf, Moya, Nadal, cento altri big, hanno giocato e vinto con le sue racchette, Maxima, Dunlop, Babolat

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Riccardo Petra
 

Chiunque abbia giocato a tennis e oggi abbia più di 40 (45?) anni non può non ricordare l’esistenza delle racchette Maxima. Chi scrive ci ha giocato per una vita, prima di passare alla Dunlop e poi alla Babolat, tutti marchi caratterizzati dalla presenza imprenditoriale della famiglia Pietra. Se non sono stato un campione, ma un modesto giocatore, la colpa è tutta mia, perché con quelle racchette ci hanno giocato, vinto e trionfato i migliori tennisti del mondo. A tutte le latitudini, su tutte le superfici.

Oggi ne scrivo perché purtroppo il 3 marzo scorso è venuto a mancare a Milano e a 84 anni, Riccardo Pietra, con il quale condividevo il giorno del compleanno, 31 agosto, ma non l’anno di nascita. Lui era nato esattamente 10 anni prima, nel 1939. Ma anche lui a Firenze.

La madre era fiorentina, il padre vercellese. Nacque il giorno prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Non è mai stato un gran sportivo, a differenza di suo padre Piergiovanni, che fu un prima categoria di tennis e l’uomo che “negoziava” con i migliori tennisti italiani la sponsorizzazione di Maxima.

Dovevi essere davvero bravo, o almeno sufficientemente promettente, per riuscire a farti dare “gratis” qualche racchetta. Figurarsi i soldi. Io credo di ricordare che quando riuscii a “strappare” al mitico “cavalier” Pietra  6 racchette Maxima per l’anno in cui ero salito fra i primi seconda categoria, o forse quando con Agostino Serra battemmo Adriano Panatta e Stefano Matteoli in finali ai campionati italiani di terza categoria a Como, brindai a casa!
Riccardo più che giocare e occuparsi di tennis preferiva in realtà leggere libri storici. D’altra parte c’è da capirlo:  viveva a Palestro, sede della seconda battaglia d’Indipendenza. E davvero unica è la sua collezione di stampe di quell’ epica battaglia.
Avendo frequentato all’università la facoltà di agraria sembrava destinato a seguire una cascina di famiglia, che coltivava riso nel vercellese. Invece già durante l’università si ritrovò a lavorare in Maxima.
La Maxima era stata fondata da suo padre Piergiovanni e il socio (altro buon tennista) George Prouse nel 1936. Ubitennis ha già scritto una volta la storia della racchetta più venduta d’Italia, e all’interno di questo link qui sotto e dell’articolo scritto da Giovanni Pietra, il nipote di Piergiovanni e il figlio di Riccardo, potete trovare foto storiche dei tennisti italiani di Coppa Davis, Sirola, Pietrangeli, Jacobini, Merlo e Gardini tutti in maglia azzurra e tutti con una Maxima in pugno. Ma…non solo loro: come tenniste erano un po’ meno brave, ma quali testimonial potevano dirsi più straordinarie di Sofia Loren e Virna Lisi! Le loro foto sono nell’articolo a questo link.

Sophia Loren e Virna Lisi sulla racchetta Maxima

Se andrete a leggere l’articolo di cui sopra – vale la pena – e avrete la pazienza di scendere in basso, troverete fra i commenti dei lettori alcune storie quasi commoventi su che cosa significò per loro la Maxima, la loro prima racchetta.

Maxima è stata leader nel mondo italiano delle racchette dalla nascita fino all inizio degli anni Ottanta. Nel 1977 fu famosa la pubblicità che citava un’ indagine Doxa che affermava: “Un giocatore su tre in Italia gioca con Maxima”.
Maxima è stata importatrice per l’Italia di parecchi marchi stranieri: Dunlop, con la mitica Maxply (con la quale ha giocato a lungo Adriano Panatta, ma anche un certo Rod Laver) e poi con la Max 200 G (la racchetta di John McEnroe e Steffi Graf), quindi brand come Babolat, Fred Perry, gli sci Blizzard, gli attacchi Tyrolia, gli scarponi Dynafit…
La racchetta più venduta da Maxima era la iconica  “Torneo de Luxe”. Era, naturalmente, in legno. Addirittura nel 1976 se ne vendettero circa 200.000.

 “Oggi – mi dice Giovanni Pietra – il mercato totale italiano conta annualmente soltanto un po’ più di 100.000 racchette”.

Eppure siamo in pieno boom del tennis. Ma le racchette di oggi sono quasi indistruttibili. Chi ne compra una, se non è un tennista professionista, tiene la stessa per anni.
Maxima all’inizio degli anni ottanta cominció a produrre racchette in grafite.
Nel 1992 Maxima si fuse con Babolat
, perché il marchio francese con sede a Lione, immersa in campagna, fra stalle e vacche – non a caso era leader mondiale per le corde di budello con le quali giocavano tutti i campioni che mai si sarebbero abbassati a giocare con il “sintetico!- aveva deciso di entrare nel mondo delle racchette e per accelerare il processo della messa a punto delle racchette, Babolat si avvalse del know how di Maxima.
Riccardo Pietra nel 1992 divenne Amministratore Delegato di Babolat Italia e entrò nel consiglio d’ amministrazione del marchio francese.
Quando a inizio anni Duemila Babolat si affermò racchetta leader in Italia – poco prima di “ingaggiare” Carlos Moya campione al Roland Garros nel 1998 e qualche anno dopo Rafa Nadal il testimonial più prestigioso che ha certo contribuito a far vendere milioni di Babolat Pure Drive nel mondo- fu deciso di sospendere il marchio Maxima.
Considerato com’è nata la racchetta Babolat, si può però dire che nel DNA delle racchette Babolat è sopravvissuta una forte presenza di Maxima.
In pochi decenni il marchio Babolat si è imposta tra i 3 marchi leader nel mondo del tennis, insieme a Wilson e Head.
La Pure Drive è diventata la racchetta più venduta al mondo.
Papà detiene un record – dice con orgoglio Giovanni Pietra – è infatti l’unico imprenditore al mondo a poter vantare di avere gestito 3 racchette di 3 marchi differenti assoluti leader nel suo mercato domestico:
Maxima Torneo de Luxe, Dunlop Max 200G e Babolat Pure Drive”
.
Soltanto nel 2018, a ormai 79 anni, Riccardo Pietra, un vero gentleman posso assicurarvi per averlo conosciuto e apprezzato tantissimo, ha venduto alla famiglia Babolat le sue quote ed è uscito dal mondo operativo del tennis, restandone naturalmente grande appassionato.

Se questo genere di “storie” di racchette e personaggi leggendari vi piacciono, mi permetto di consigliarvi anche questa lettura di un articolo pubblicato da Ubitennis nel 2014 e firmato da Salvatore Sodano su “Tennis Ticinese”.

Come curiosità, infine, segnalo che il figlio di Riccardo Pietra, Giovanni, ha una piccola, anzi piccolissima collezione di cravatte con motivi legati al tennis, a racchette, palle e grandi tornei: sono soltanto 365! Sì, potrebbe indossarne una diversa per ogni giorno dell’anno!

Ce ne sono di splendide, di Wimbledon, di Roland Garros, di Gucci, di Ferragamo – mi dice suscitando una terribile invidia in chi, come me che ne possiede sì e no una ventina …ma poi mi consola aggiungendo- però ce ne sono anche di immettibili! Le chiamo orrori!”

Carissimo Riccardo, ti sia lieve la terra. Riposa in pace.

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