Apparentemente nessun problema per un Daniil Medvedev capace di battere il francese Gael Monfils 6-2 6-4, al suo esordio stagionale sulla terra battuta. Superficie a lui da sempre poco amica, protagonista di infinite discussioni e scene che resteranno negli annali del tennis dei social. E anche nei due set rifilati a Monfils nel secondo turno all’ATP Master 1000 di Montecarlo, il dramma non è certo mancato, anzi.
Cosa è successo?
Il russo ha già vinto il primo set, sopra 30 a 0 nel quarto gioco del secondo parziale, quando tutto ha inizio: il recupero in back del francese è chiamato out dal giudice di linea, ma Monfils non sembra convinto. Come da prassi, scende il giudice di sedia, Lahyani, per controllare il segno e assicurarsi che la chiamata fosse corretta. Analizzato il punto d’impatto, Lahyani non sembra essere d’accordo: la palla è buona, e il russo impazzisce. Il video del falco, mostrato solamente nelle varie dirette televisive, evidenzia come effettivamente la palla fosse fuori, ma in campo nessuno può averne l’assoluta certezza. Il punto immediatamente dopo non fa altro che alimentare l’incredibile tensione: la risposta di Monfils è chiaramente fuori, ma dal giudice di linea non arriva alcuna chiamata. Questa volta, l’arbitro scende e da ragione al russo, facendolo salire 40-15. Medvedev cede all’emotività, la reazione di rabbia nei confronti di arbitro e giudice di linea è ai limite dell’accettabile, perde il servizio e la colpa è, ovviamente, tutta di Lahyani, costretto a richiamare il russo: “Questa è fuori. Daniil, Daniil, per favore, non urlargli addosso, può commettere un errore. Non urlare, grazie Daniil, grazie“.
Le due situazioni al limite, una dopo l’altra, contribuiscono a rendere l’ex numero 1 del mondo, semplicemente incontrollabile. Al cambio di campo la situazione non migliora: “E’ un f*** scherzo, come posso aver perso il game se era fuori? E’ fuori, è fuori! F***“. Sembra che le colpe, ora, comincino a ricadere anche sulla povera tenda, di cui l’unico torto era forse quello di trovarsi li per riparare Daniil dal cocente sole monegasco. Lahyani, nel tentativo di calmare le acque, sceglie la via dell’empatia, provando a far capire a Medvedev che l’errore è umano anche per gli imparziali arbitri: “Magari mi sbaglio. Se ho sbagliato, mi scuserò“. Per il russo, ovviamente, questo non è sufficiente: “Come ti puoi scusare? Era un f*** gioco, è un f*** sport. Io non so come… Mio dio! Voi ragazzi state diventando ridicoli. Con l’Hawk-Eye live, non vedi nulla“.
A fine partita, scaricata la tensione e recuperato il break di svantaggio con conseguente vittoria, Medvedev si scusa stringendo la mano a Lahyani: “Visto, forse mi sono sbagliato“. L’arbitro svedese replica con grande sincerità: “No, penso che tu abbia ragione, il falco lo ha mostrato“.
Recuperata tranquillità nella conferenza stampa post partita, Medvedev, incalzato dalla domanda del giornalista, racconta la propria versione: “Sto ancora cercando il rimbalzo. In realtà non posso dire al 100% che fosse fuori, perché non l’ho vista. Ma ho sentito da qualcuno, credo dall’ATP, che fosse fuori. Quando l’ho vista, l’ho vista fuori di molto, e non sono rimasto a controllare cosa avrebbe detto Lahyani. Quando ho visto la sua correzione, ho pensato che stesse letteralmente dando buona una palla che era fuori. Gli ho detto, Okay, cosa facciamo? Perché io so che è fuori. Cosa facciamo dopo la partita se perdo questo gioco perché siamo 30-15 al posto di 40-0? Dopo mi sono detto di calmarmi, di pensare ai prossimi punti e ai prossimi giochi. Cosa succede se la palla è ancora più fuori e il giudice di sedia non dice nulla? La palla è veramente lenta, lui è qui. Non capisco come non sia stata chiamata subito fuori. Sono impazzito. Ho perso due game perché sono impazzito. Mi sono calmato. Ho vinto la partita, quindi sono felice“.
Tutto è bene quel che finisce bene, no? Certamente, ma alcune considerazioni sono necessarie.
Il diritto all’errore e il progresso
In primis, serve domandarsi per quale motivo sia cosi complicato accettare l’umanità della figura arbitrale. Nel tennis, come in ogni sport, è inaccettabile che un giudice commetta un errore, che osi addirittura sbagliare. E se questo è razionalmente inevitabile, a chi è in campo non è comprensibile: loro stessi sono gli unici aventi diritto allo sbaglio, meritevoli di complimenti anche dopo una rovinosa sconfitta dipesa solo e solamente da una loro cattiva prestazione. L’arbitraggio merita i medesimi diritti. Certo, emotivamente è comprensibile, ma serve razionalità per non sfociare in scene simili che contribuiscono a rendere anche il tennis uno sport tossico per chi sceglie di farsi garante delle regole. Sport che è sempre stato esposto come di grande eleganza, giocato dalla ricca ed educata borghesia, immacolato: non distruggiamone la positiva immagine che molti ne hanno, non costruiamone una cattiva per chi invece non ne possiede alcuna. Serve crescere sportivi, in grado di accettare l’errore di terzi che, come loro, sono essere umani.
D’altra parte, proprio per il medesimo concetto, casi come questo ci aiutano a ricordare l’importanza della tecnologia nel tennis, che tante polemiche ha placato nei tempi. Vedremo quindi cosa succederà dal prossimo anno, quando in tutti i tornei del Tour i giudici di linea lasceranno il posto all’Electronic Line Calling Live. Ma la priorità è sempre e comunque l’atteggiamento immaturo di Daniil Medvedev, già in passato protagonista di scene simili, e che in quanto figura fra le più seguite del tour avrebbe l’onere di mostrarsi maggiormente d’esempio per chi cresce idolatrandolo.