Il Challenger di Bordeaux non è un evento mainstream, nonostante sia di categoria 175, di quelli che si tengono la settimana dei Masters 1000 “allungati” (o, come finiremo per chiamarli, “Masters 1000”). In passato, Bordeaux era stato un appuntamento del circuito Grand Prix prima e ATP poi.
Proprio l’anno prima che il Grand Prix e il WCT (l’altro circuito principale dei pro) si dissolvessero per lasciare strada all’ATP Tour, Ivan Lendl vi fece la prima di due apparizioni, tra l’altro conquistando il titolo. Erano i tempi in cui gli ingaggi dei migliori tennisti avvenivano sottobanco e avevano ormai preso piede vari escamotage dopo che erano arrivate le prime multe, per esempio farsi pagare non per essere lì a giocare, bensì per partecipare al party del torneo o tenere una clinic. Il Rulebook ATP avrebbe poi regolamentato la prassi, permettendo agli ATP 500 e 250 di offrire denaro per “servizi promozionali”.
Lendl non era però andato in Francia perché particolarmente interessato ai soldi, quanto piuttosto per trovare “materiale” con cui iniziare a riempire la cantina che si stava facendo costruire. E così a Bordeux chiese e ottenne alcune casse di vino.
Quest’anno, il Challenger, giocato in contemporanea con il Piemonte Open mentre gli Internazionali d’Italia entravano nella fase calda, si è fatto notare per il rientro dell’ex pupillo di Ivan Lendl, Andy Murray, dopo l’infortunio alla caviglia patito a Miami. A essere particolarmente notata da qualcuno attento è stata la racchetta impugnata dallo scozzese durante il primo allenamento in terra francese. Racchetta che avrebbe poi sfoggiato nei suoi due match del torneo.
Pur senza contrassegni sulle corde, la forma dell’ovale rivelava la marca, Yonex: dopo essere stato testimonial Head con la sua Radical per un paio di decenni, possibile che Andy volesse mettere fine al binomio che ci faceva risuonare in testa le note di “One night in Bangkok” e concludere la carriera con un nuovo attrezzo? La risposta è stata affermativa, perché dal torneo di Ginevra il logo dell’azienda produttrice dà bella mostra di sé sulle corde. Proprio in Svizzera è stato domandato a Murray il perché di questa decisione e come è giunto alla scelta.
“Ho giocato con la stessa racchetta per vent’anni e in questo lasso di tempo le cose cambiano, il gioco è cambiato. Ho usato anche sempre le stesse corde per tutto quel tempo” ha spiegato Andy. “Quando ho perso a Miami sono andato in negozio sportivo e ho comparto una decina di racchette. Ho comprato anche una macchina per pesarle, per misurare bilanciamento e swingweight, e del nastro piombato. Le ho misurate per conto mio, qualcosa da fare mentre ero infortunato. Le ho provate, testate con Hawk-eye quando ho potuto farlo. Adoro questa racchetta, quando l’ho provata è andata benissimo, ne sono molto contento e penso che mi aiuterà finché gioco”.
Domenica sera, dopo la rapida tournée di prova sui palcoscenici di provincia, il debutto del nuovo attrezzo nel gran teatro, il Philippe Chatrier. Senza fortuna, però, anche perché dall’altra della rete c’era Stan Wawrinka, che con quella marca ci gioca da parecchio più tempo.