Nelle parole dei campioni dello sport c’è spesso tanta umiltà e non ci si poteva aspettare altro da un maestro di eleganza come Roger Federer. Lo svizzero, uno degli otto tennisti capaci di realizzare il Career Grand Slam, ha parlato di varie tematiche in occasione della première del suo docufilm “Federer: Twelve Final Days”, in uscita il 20 giugno su Amazon Prime, tra cui Novak Djokovic. In un mondo portato avanti dal dualismo Federer-Nadal, iniziato con le rispettive prime vittorie slam nel 2003 e 2005, ad un certo punto nel 2008 ha fatto il suo battesimo nell’olimpo del tennis un 21enne Novak Djokovic, battendo Jo-Wilfried Tsonga in finale all’Australian Open e strappando il titolo proprio a Federer.
Lo stesso svizzero ammette subito: “Djokovic è stato visto sin da subito come il party crasher (guastafeste, ndr) dei miei fan e quelli di Nadal. C’era molto amore tra noi due quindi quando arrivò Novak molte persone dissero: ‘Guarda, siamo contenti di Roger e Rafa, non abbiamo bisogno di un terzo ragazzo’. Al tempo stesso anche io l’ho frainteso – ammette Federer –. Anche se c’era un po’ di clamore su di lui, io non ero del tutto convinto. Penso di non aver dato a Novak il rispetto che meritava a causa dei suo difetti tecnici”.
Mentre sotto l’aspetto tecnico ha aggiunto: “L’ho affrontai a Monaco la prima volta (nel 2006) e sono uscito dal campo e ho pensato: ‘Sì, non è male'”, ha detto Federer. “Anche se c’era un po’ di clamore intorno a lui, non ero del tutto convinto. Penso di non aver dato a Novak il rispetto che meritava a causa dei suoi difetti tecnici. ritenevo se Novak avesse un’impugnatura di diritto davvero estrema e il suo rovescio per me non era così fluido come lo è oggi. Ma poi ha risolto molto bene queste cose ed è diventato un incredibile giocatore, mostruoso”.