Continua la settimana della rinascita di Andrey Rublev. Dopo un periodo complicato il russo trova il modo di riemergere e conquistare quella è la sua sesta finale in un Masters 1000 della sua carriera, la seconda di questo 2024 dopo il trionfo di Madrid.
A cedere il passo al tennista russo è il nostro Matteo Arnaldi che ha offerto una discreta prestazione ma nulla ha potuto contro il Rublev centrato che sta giocando in Canada (qui le dichiarazioni post partita del tennista italiano).
Vediamo quindi cosa ha dichiarato Andrey Rublev al termine del match vinto per 6-4 6-2 su Arnaldi e che gli ha garantito la finale dell’Omnium Banque Nationale contro l’australiano Popyrin.
D. Prima di tutto, congratulazioni, Andrey. Con il risultato qui in Canada hai raggiunto almeno i quarti di finale in tutti i Masters 1000, poi sei arrivato per la prima volta in semifinale qui in Canada, e ora sei in finale. Come ti senti?
“È fantastico aver raggiunto la mia prima finale canadese. Penso di aver vinto solo una partita a Toronto su tutti gli anni in cui ho giocato. Quindi è una bella sensazione essere in finale. Non c’è molto da dire. Voglio solo riposare bene, riprendermi bene ed essere pronto per domani.”
D. Vittoria piuttosto emozionante ieri contro il numero 1 al mondo. Oggi hai fatto sembrare tutto facile in campo. Sei sorpreso di quanto hai giocato bene, considerando che ieri hai giocato due partite?
“Oggi è stata una partita completamente diversa. Con Jannik non avevo niente da perdere. Sapevo che l’unico modo che mi avrebbe offerto la possibilità di batterlo era giocare in quel modo, e non avevo altra scelta. Quindi se volevo vincere la partita ero in un certo senso costretto a giocare in quel modo. Oggi è diverso perché avevo più pressione dato che ero il tennista che aveva più possibilità di vincere. Anche Matteo è davvero un grande giocatore, e l’ultima volta mi ha battuto. Ma oggi era tutto era diverso a cominciare dallo stile di gioco, perché oggi c’era vento. Lui ama rompere il ritmo. Fa molti slice. Fa molti lob lenti. Poi all’improvviso può colpire molto forte dal nulla e contrattaccarti. È dura quando non ti danno ritmo. Devi essere davvero, davvero concentrato. Con il vento, non è stato facile, quindi la partita è stata un po’ diversa. Non è stato un tennis così aperto come lo è stato ieri con Jannik, dove abbiamo pensato solo a colpire. Poi dopo la sospensione per pioggia, quando sono tornato in campo, ho giocato molto meglio. Ero più concentrato. Sono stato in grado di dettare le mie condizioni. Sono stato in grado di giocare in modo più aggressivo. Posso dire di essere felice di essere stato in grado di vendicarmi della sconfitta subita al Roland Garros.”
D. Sembra che tu preferisca essere lo sfavorito al favorito. È sempre stato così anche durante gli juniores, o è qualcosa che è cambiato nel corso della tua carriera?
“Non lo so, a dire il vero. Entrambe le posizioni hanno vantaggi e svantaggi. Quando sei sfavorito, il lato positivo è che non hai nulla da perdere. In un certo senso hai meno aspettative, quindi giochi più liberamente. Per questo motivo, a volte vinci le partite. Ma la cosa negativa di questo quando sei sfavorito, dipende contro chi giochi, e che ci sono dei giocatori che solo con il nome in un certo senso hanno già battuto gli altri giocatori, non hanno nemmeno bisogno di fare molto. Devono solo scendere in campo e hanno già vinto la partita solo per il nome e il rispetto che hai verso di loro. Questo è il lato negativo dello sfavorito, non hai questo potere. Quando sei favorito, hai questo potere che definirei come rispetto da parte dell’avversario che ti fa vincere molte partite solo perché scendi in campo e sei il favorito. Questo è un potere, ma il lato negativo è che hai molte più aspettative. Nella tua testa pensi al fatto che devi vincere o altro. Quando le cose non vanno come vuoi, ti stressi molto di più. Quindi questo è il lato negativo. Ci sono pro e contro.”
Giovanni Pelazzo, Ubitennis. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai parlato ieri di depressione e salute mentale. Hai qualche consiglio anche per i giovani che stanno lottando con questi problemi?
“Domanda difficile perché anch’io ho bisogno di quel consiglio (ride). La cosa che spero di aver imparato e che avrei voluto imparare quando ero più giovane è fare tutto con consapevolezza. Come ogni decisione che prendi o ogni sentimento che provi o emozione, essere consapevoli di ciò, da dove proviene esattamente, perché avviene, ed essere consapevoli che è una tua decisione. Non devi pensare che perché la maggior parte delle persone ti mette qualcosa in testa, tu inizi a pensare in quel modo. In quel caso non capisci che non è davvero la tua opinione o pensare una cosa perché ti educano in quel modo o qualcosa del genere. Quindi essere consapevoli di ogni passo, di ogni sentimento che provi, per assicurarti che sia tuo perché quando vivi la vita come vorresti, ti senti molto meglio. Altrimenti, è solo una specie di bugia verso te stesso. Allora è per questo che immagino che iniziamo tutti a lottare perché nel profondo capiamo che qualcosa non va, ma non vogliamo accettarlo.“
D. Andrey, non devi rispondere se è troppo personale, ma hai lavorato con qualcuno o hai ricevuto aiuto dall’esterno per cercare di capire tutto questo, o stai cercando di capirlo da solo?
“Stavo cercando di capire molto da solo. Stavo cercando di capire molto quelle cose con lo psicologo, focalizzandoci su aspetti diversi, ma chi mi ha aiutato molto e mi ha fatto capire tutto è Marat Safin. Sembra buffo, ma è vero. È lui che mi ha aiutato. Dopo Wimbledon abbiamo avuto una bella chiacchierata e mi ha aiutato molto, quindi un grande grazie a lui.”
Giovanni Pelazzo, Ubitennis. Prima hai parlato di quei giocatori che scendono in campo e hanno già vinto la partita. Ti senti uno di loro? Chi sono quei giocatori?
“Dipende. Non sempre, ma qualche volta ho pensato di aver vinto la partita solo perché l’avversario era troppo spaventato, e io non avevo nemmeno bisogno di fare niente. Ma ovviamente di sicuro Alcaraz, Sinner… chi altro… Medvedev. Penso che la maggior parte dei giocatori non appena vedono Daniil in campo, non vogliono giocare perché sanno che devono giocare uno scambio per 40 colpi, e metà del campo partecipanti pensa ok, non ci provo nemmeno. Ovviamente non posso non citare i tre grandi. Novak. Roger, anche se ora si è ritirato, e Rafa. Vincono metà dei tornei solo per il nome, non per il livello espresso. Poi dal quarto turno, quinto round, iniziano a mettere in campo anche il livello di gioco. Ma nei primi turni gli basta scendere in campo ed è più che sufficiente.”