Sinner (G.B. Olivero, La Gazzetta dello Sport)
Adesso manca solo l’ultimo capitolo di una storia bellissima e travolgente. […]. Il cuore immenso di un campione eccezionale. Jannik Sinner è in finale agli Us Open, primo italiano a giocare l’ultimo atto dello Slam americano. Non ci sono limiti per questo ragazzo, non ci sono barriere invalicabili, non ci sono imprese impossibili. C’è, invece, la forza del talento e quella del lavoro. C’è la ricerca della perfezione. Jannik è nato per giocare a tennis e si impegna ogni giorno per farlo nel modo migliore. Da numero uno del mondo. Ieri in semifinale Sinner ha sconfitto in 3h03′ un ottimo Jack Draper, a cui non è bastata la migliore prestazione della carriera per superare il suo grande amico italiano, ma che si merita gli applausi e anche la nuova dimensione in cui potrà entrare se darà continuità ai suoi meravigliosi picchi di gioco. Jannik non ha espresso il suo miglior tennis, ma ha gestito bene il margine di superiorità che aveva nei confronti dell’avversario. Ha vinto in volata i primi due set (7-5 7-6) e poi ha dominato il terzo (6-2), quando ormai l’inglese, pure condizionato da un malessere che l’ha costretto a vomitare in campo, non ha potuto far altro che arrendersi. Domani alle 20 italiane Jannik sfiderà il vincente della semifinale disputata nella notte tra Taylor Fritz e Frances Tiafoe. Ci saranno 24.000 spettatori, un’atmosfera incredibile, le bandiere. Speriamo che Jannik riesca a issare il tricolore sul tetto dell’Arthur Ashe. Il match. Draper, ragazzo delizioso a cui non si può non voler bene per il modo in cui gioca e quello in cui si comporta, ha un solo piano gara: fare veloce. Che significa accorciare gli scambi, ma soprattutto impedire a Sinner di imporre il suo ritmo, insostenibile per lui e per quasi tutti. L’idea viene eseguita bene nonostante il break subito sul 3-3 quando la scelta bizzarra di fare il primo serve&volley sulla seconda palla e sul 30 pari dimostra come l’inglese sappia di dover uscire dalla normalità per confondere l’azzurro anche a costo di consegnarsi a qualche esecuzione senza pietà. Jannik, molto impreciso con il dritto e meno pulito nei solito anche con il rovescio, non sfrutta l’occasione e perde la battuta. Ma è solo questione di tempo. Jack è una macchina lanciata con il motore a pieni giri, Jannik viaggia con il cruise control e una velocità di crociera che gli consente di accelerare quando vuole o quando serve. Per spezzare l’equilibrio basta che Sinner alzi un po’ il ritmo sbagliando meno e che Draper perda il controllo. E così in pochi minuti l’azzurro vince il set (7-5), che è il primo perso da Jack nel torneo. La paura. Solo la strana imprecisione di Sinner da fondo impedisce il break già all’inizio del secondo parziale. Alcuni dritti vengono addirittura colpiti male, forse per la rotazione mancina impressa dall’avversario e anche per la posizione di Draper, che cerca di stare vicino per togliere il tempo a Sinner. L’azzurro chiede al team due racchette con tensioni diverse, è abbastanza evidente che non senta bene la palla come accaduto al servizio contro Medvedev. Può darsi che c’entri anche l’umidità che quando le nuvole nascondono il sole si fa sentire (ma le condizioni non sono drammatiche: 24 gradi e il 66% di umidità). Jack aumenta le discese a rete e per restare attaccato alla partita tira una serie di vincenti abbaglianti, confermando anche nell’occasione più importante e uno splendido momento di forma. La semifinale dell’inglese non è stata un caso, a prescindere dal tabellone non complicato. Infilarsi nel corridoio aperto dall’eliminazione di Alcaraz è stato un merito, non un colpo di fortuna. Draper si carica tenendo il servizio in due game complicatissimi che avrebbero compromesso set e partita. E poi esalta il pubblico con alcune carezze a rete che John McEnroe, al commento nella postazione Espn affacciata sul campo, avrà
sicuramente apprezzato. Sul 5-4 per l’inglese entrambi i giocatori
vengono visitati da medici e fisioterapisti: Draper ha conati di vomito e poi cambia le scarpe, Sinner chiede il medical timeout per un dolore al polso sinistro, sollecitato appoggiandolo a terra dopo un cambio di direzione e una caduta in un punto che l’azzurro vince rialzandosi e tirando un missile di dritto in risposta a uno smash di Draper. Siamo più o meno alla fantascienza. Jack ritrova efficacia e sicurezza al servizio e non rischia più nulla fino al tie-break che potrebbe essere la pietra
tombale della sua gara: le maratone non gli piacciono e recuperare due set sarebbe improbabile. E infatti la legge di Jannik si abbatte inesorabilmente sull’amico: quindicesimo tie-break conquistato degli ultimi sedici e dominato dall’inizio, con un parziale di 4-0 che spegne il sogno di Jack, poi regolato 7-3. Il terzo set è una serena discesa verso l’epilogo: Sinner concede appena due punti in quattro turni di servizio e poi abbraccia l’amico, esausto e bravissimo. Ancora una, Jannik. Solo una
Sinner è in finale (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)
Don’t look back in anger, non guardarti alle spalle con rabbia, Jack Draper, come cantano i tuoi idoli Oasis. Non ne vale la pena. E stato un bellissimo torneo però in finale all’Open Usa ci va Jannik Sinner, con un risultato che vale l’ennesima primizia per il tennis italiano. Corrado Barazzutti fu fermato dalle furbizie di Connors sulla terra verde di Flushing nel ’77, Matteo Berrettini nel 2019 si arrese al futuro vincitore Nadal. Ma Sinner è diverso.[…]. E allora Draper, il modello di Sutton (Londra) che a New York ha approfittato del corridoio lasciato sguarnito da Alcaraz arrivando in semifinale senza cedere un set (e un totale appena di 36 game: meno di lui negli ultimi quarant’anni solo Djokovic e Lendl) è sconfitto da Jannik in una partita brutale come sa essere il cemento di Flushing a fine estate, esigente fino a succhiarti il fiato dai polmoni. È l’umidità, più del caldo. Draper non ha nulla da perdere e gioca un tennis fuori giri, al di sopra delle sue possibilità, sperando che gli basti per arrivare in fondo. Il carattere non gli manca, ma lo sforzo è notevole: nel secondo set vomita aspettando il servizio, chiede il fisioterapista. Il numero uno gestisce la sfuriata, è la legge della montagna: lascia passare la tempesta, poi rimetti fuori la testa e aspetta che torni il sole. Le occasioni di break sprecate – ma anche concesse – nel primo set si danno appuntamento all’undicesimo game, sul 5-5, quando l’inglese vacilla e con il più evitabile degli errori, un doppio fallo, si consegna al rivale, che poi terrà il servizio a zero (7-5). Potrebbe finire lì, invece Draper è davvero cresciuto, e non molla. Sul 4-4 del secondo, mentre Jannik cerca l’ordine tattico per ricondurre alla ragione il numero 25 del mondo, coetaneo classe 2001, ecco un altro imprevisto in una stagione di malanni e temporali emotivi: dopo uno scambio ravvicinato a rete, Sinner corre indietro per recuperare una palla lunga, l’aggancia ma perde l’equilibrio e cade di spalle con un salto buffo da ranocchio, atterrando con il peso sul polso sinistro. Si rialza e chiude il punto con un passante di dritto. Ovazione del centrale, certo, però la smorfia di Jannik ricorda i crampi alla stessa mano avvertiti a Parigi nella semifinale con Alcaraz: la differenza è che qui c’è un trauma da smaltire in fretta, il massaggio del medico del torneo è provvidenziale. […] «Focus!» gli grida coach Cahill dalla tribuna, e Jannik esegue. Si scorda di tutto, chiude il mondo fuori dalla porta, resta agganciato all’avversario fino al 6-6 e nel tiebreak scala la marcia, lasciando Draper sul posto (7-3). È il 15° tie-break vinto degli ultimi 16 giocati, se mai servisse qualche altra prova della rocciosità del ragazzo. Comincia un altro match. Adesso il motore di Draper batte in testa, la sofferenza per Sinner invece è una compagna di viaggio fedele (c’è anche Anna, tornata con costanza al suo posto nell’angolo del campione). Jannik prova a tagliare le gambe a un rivale esausto con la palla corta ma Jack è un duro, non arretra, fa ancora male con il dritto mancino. Con la faccia stravolta di chi ha visto un fantasma, capitola al sesto game del terzo set: passante di rovescio di Sinner, 4-2, poi 6-2. Sinner allunga il suo personalissimo record di vittorie stagionali a 54 (5 sconfitte) e porta per la prima volta l’Italia in finale a New York: un’altra pagina di storia è scritta. «E’ stato un match molto fisico, ma sono rimasto lì con la testa dice -. In finale affronterò un americano, avrò il tifo contro. Pazienza, l’importante è esserci». Poi resta in campo a giocare con il pubblico, e sembra finalmente felice.
(In aggiornamento)