La finale dello US Open 2024, tra Fritz e Sinner, lega il presente col passato del tennis, rappresentando la quattordicesima finale Slam della storia tra un numero uno e un non top 10 della classifica. Cosa dicono le statistiche? Su tredici finali disputate, dodici volte il numero uno ha battuto l’avversario fuori dai migliori dieci del ranking mondiale, e la tredicesima? Soltanto una volta nella storia, il numero uno ha ceduto con lo sfavorito, bisogna tornare indietro sino al lontano 1987, quando a Wimbledon, Ivan Lendl si arrese all’australiano Pat Cash, che gli rifilò un netto 3-0, diventando l’unico giocatore nella storia a battere un numero uno non top 10.
Le altre dodici finali che citeremo hanno tutte rispettato i favori del pronostico, dunque, andiamo con ordine. A Wimbledon, quattro anni prima della disfatta di Ivan Lendl, nel 1983, John McEnroe – al tempo numero del mondo – si impose con un triplo 6-2 sul neozelandese Chris Lewis, soltanto numero 57 del ranking. Nel 1997, a Church Road, Pete Sampras conquisto il suo quarto Wimbledon, battendo in tre comodi set il francese Cedric Pioline, vittima sacrificale dello statunitense anche nell’edizione 1993 dello US Open. Il quattordici volte vincitore Slam, l’anno successivo, a SW19, si rese protagonista di un match terminato al quinto set, contro un Goran Ivanisevic “soltanto” numero 25 al mondo, dopo aver raggiunto il suo best ranking (2) nel luglio del 1994. I più recenti successi dei numeri uno contro dei non top-10 a Wimbledon, risalgono rispettivamente al 2002 e al 2010. Nel primo incontro, l’australiano Lleyton Hewitt, si prese gioco in tre set dell’allora ventenne David Nalbadian, trentaduesimo del ranking ATP. Nel 2010, invece, Rafa Nadal, sconfisse il talentosissimo ceco Tomas Berdych – al tempo tredicesimo nel ranking mondiale – che soltanto cinque anni più tardi avrebbe raggiunto la quarta posizione in classifica.
Archiviate le statistiche registrate in terra inglese, passiamo all’Australian Open. Anche qui, Pete Sampras miete vittime, facendo tabula rasa dei poveri giocatori non top 10 giunti in finale del Grand Slam. Prima nel 1994 – anno in cui conquistò il primo titolo Slam a Melbourne – contro Todd Martin, connazionale di Pete e numero 12 del ranking, sconfitto con un netto 3-0 in favore del numero uno al mondo, il quale rincara la dosa nel 1997, questa volta contro Carlos Moya, anch’egli sconfitto in finale per tre set a zero. Nel più recente 2006, a Melbourne, Roger Federer, sconfisse il cipriota Carlos Baghdatis, che riuscì a strappare un set al giocatore svizzero, terminando secondo in quell’edizione dell’Australian Open.
Soltanto due precedenti, nelle finali al Roland-Garros, tra numeri uno e giocatori fuori dai migliori dieci. Nel 1986, Ivan Lendl, si impose sullo svedese Mikael Pernfors, allora 27 della classifica, senza lasciargli scampo, sconfiggendolo con lo score di 6-3 6-2 6-4. Nel 2001, sul Philippe Chatrier, in scena una finale tra due esperti della superficie: Gustavo Kuerten, numero uno del mondo, contro Alex Corretja. Nessuna eccezione, Kuerten cede soltanto un set allo spagnolo, sollevando per la terza ed ultima volta il titolo al Roland-Garros.
Riguardo US Open, prima di scoprire l’esito dell’incontro tra Sinner e Fritz, focalizziamoci sui due precedenti in terra statunitense: Nel 1986, Lendl, batté Miroslav Mecir per tre set a zero, rifilando allo slovacco un pesante 6-0 nel terzo ed ultimo set. Nel recente 2017, Rafa Nadal, non si è fatto trovare impreparato a Flushing Meadows dal fortissimo sudafricano Kevin Anderson, numero trentadue della classifica, sconfitto, senza vincere nemmeno un set contro il maiorchino.