Quando ormai mancavano poche ore alla scadenza dei termini per la presentazione dell’appello e sembrava che la brutta di storia di doping che ha coinvolto Jannik Sinner potesse essere mandata in archivio, ecco che da Montreal è arrivata la doccia fredda dell’annuncio di un ricorso al TAS (Tribunal Arbitral du Sport, il tribunale d’arbitrato sportivo di Losanna) da parte della WADA, secondo la quale la decisione del Tribunale Indipendente sul caso Sinner “non è corretta in base alle norme applicabili”.
Il polverone sollevato dalla positività del n. 1 del mondo che si era diradato nelle ultime settimane è risalito prepotente nel mondo del tennis ravvivando una discussione che sembrava ormai sopita.
Cosa succederà ora a Sinner? Cosa rischia il campione altoatesino? Ma soprattutto, cosa vuol dire che la WADA ritiene che Sinner debba essere sospeso tra uno e due anni?
L’appello al TAS
L’istituzione del Tribunale di Arbitrato Sportivo (chiamato anche CAS, “Court of Arbitration for Sport” in inglese) è stata fondata nel 1984 dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e si è resa progressivamente indipendente dal CIO (che inizialmente la finanziava in toto) creando a partire dal 2016 una divisione specializzata per i casi di doping.
È possibile richiedere direttamente un arbitrato oppure un appello, dopo che tutti gli altri tentativi di rimedio legale attraverso i fori competenti degli specifici sport sono risultati vani, come è accaduto in questo caso. L’entità che richiede l’appello al TAS deve mandare una richiesta scritta, le parti inizialmente comunicano tra di loro per iscritto fino a che si arriva a un’udienza che dà la possibilità a entrambe le parti di presentare il proprio caso.
L’udienza si svolge davanti a tre arbitri che possono essere selezionati tra quelli inclusi nella lista del TAS. Ognuna delle due parti coinvolte può scegliere un arbitro. Il collegio dei tre prescelti, poi, nominerà a sua volta uno degli arbitri come presidente. Mentre la decisione di un arbitrato viene solitamente comunicata qualche settimana dopo l’udienza, nel caso di un appello la decisione è resa nota il giorno stesso.
La decisione del TAS è teoricamente appellabile al Tribunale Federale Svizzero, ma è molto raro che la decisione venga rovesciata se non per errori procedurali del collegio giudicante. Quasi mai il rovesciamento avviene in base al merito della vicenda.
Cosa deve provare la WADA
In base allo scarno comunicato della WADA nel quale si annuncia la presentazione dell’appello, l’ente preposto alla lotta al doping non ha contestato la ricostruzione dei fatti fornita dal team di Sinner al Tribunale Indipendente e accettata dai giudici, ma sostiene che l’applicazione del regolamento non è stata effettuata correttamente. Secondo la WADA, infatti, si deve riscontrare un grado di negligenza da parte di Sinner che ha portato alla contaminazione involontaria, e in base all’articolo 10.6.2 del Tennis Anti Doping Programme (TADP) il periodo di squalifica varia da un massimo di due anni a un minimo della metà in base al grado di colpa riscontrato nell’atleta.
Secondo il Tribunale Indipendente Sinner non era stato considerato negligente in quanto le sue azioni nel periodo immediatamente precedente ai test positivi del 10 e del 18 marzo sono state considerate sufficienti per creare una situazione all’interno del suo team che potesse ragionevolmente impedire una contaminazione involontaria. Sinner aveva assunto al suo servizio un team di professionisti messi sotto contratto con clausole che specificavano il loro ruolo nella partecipazione al programma anti-doping dell’atleta Jannik Sinner. Era poi stato nominato come responsabile di questa funzione il preparatore atletico Umberto Ferrara, un professionista con parecchi anni di esperienza sotto questo profilo e con una laurea in farmacia. Inoltre, subito dopo l’incidente che ha causato il taglio al mignolo sinistro del fisioterapista Giacomo Naldi, Sinner ha interrogato Naldi sulla natura dell’infortunio e sull’utilizzo di farmaci per curare la ferita. Naldi avrebbe confermato a Sinner che nessun farmaco era stato usato per rimarginare la ferita, dal momento che l’interessamento di Ferrara e il suggerimento relativo al Trofodermin (il farmaco da banco in Italia che contiene la sostanza proibita Clostebol) sono arrivati dopo la domanda di Sinner.
In primo grado, questo comportamento di Sinner è stato ritenuto sufficiente ad esonerarlo da colpe o negligenze nella contaminazione accidentale, ma la WADA non è dello stesso avviso, e ritiene che Sinner avrebbe dovuto fare di più. Ma che cosa si può contestare all’atleta azzurro?
Per lo scopo di questa analisi, la ricostruzione dei fatti fornita dal team di Sinner verrà considerata come veritiera, dal momento che non è finora stata contestata da alcuna parte coinvolta.
In primo luogo, la WADA potrebbe dire che, dal momento che Naldi ha suggerito di aver utilizzato il Trofodermin sulla ferita e aver fasciato il dito tagliato per un periodo di tempo piuttosto lungo (intorno ai 10 giorni), Sinner avrebbe dovuto chiedere a Naldi ancora una volta, nel corso della convalescenza della ferita, se stesse utilizzando qualche farmaco per favorire la cicatrizzazione. Il fatto che l’interessamento di Sinner si sia limitato a una sola domanda, peraltro fatalmente arrivata prima dell’uso del farmaco incriminato, potrebbe essere considerato un comportamento negligente da parte di Sinner.
Inoltre la WADA potrebbe anche concentrarsi sulla presenza stessa del Trofodermin all’interno della borsa delle medicine di Ferrara e più in generale nell’alloggio che Sinner divideva con il suo team a Indian Wells durante il torneo. Uno dei passaggi più sbalorditivi del racconto del team Sinner, infatti, è quello che vede un professionista dell’esperienza di Ferrara andare a comprare in una farmacia italiana un farmaco notoriamente incluso nella lista tra le sostanze proibite e poi portarselo in California durante il torneo nel quale avrebbe lavorato a stretto contatto con Sinner.
Questo comportamento di Ferrara era avvenuto in violazione delle clausole del contratto che lo legava a Sinner? Oppure il possesso di sostanze proibite da parte di un membro dello staff durante una trasferta era sostanzialmente permesso all’interno del team Sinner? Se la seconda ipotesi dovesse essere quella corretta, allora la WADA potrebbe argomentare, non senza una qualche ragione, che Sinner non aveva preso sufficienti precauzioni per non venire a contatto con sostanze proibite.
Se invece il contratto tra Sinner e il suo team prevedeva una clausola che imponeva una “zona sterile” (i.e. priva di sostanze proibite) intorno all’atleta, clausola che quindi Ferrara avrebbe violato, allora l’attenzione della WADA potrebbe spostarsi su come questa regola venisse fatta rispettare da Sinner: si fidava che il suo staff si comportasse secondo le regole oppure esistevano meccanismi di controllo? L’assenza di questi meccanismi di controllo potrebbe configurare un grado di negligenza da parte del tennista italiano.
La possibile difesa di Sinner
In scenari come quelli qui sopra, Sinner potrebbe essere chiamato a provare che le azioni di controllo o di prevenzione descritte dalla WADA sarebbero state fisicamente impossibili da compiere, totalmente irragionevoli oppure avrebbero infranto qualche altra legge in vigore nei luoghi in cui il team si trovava e/o in vigore nella giurisdizione di riferimento del contratto che lega Sinner ai suoi collaboratori. Per esempio, se un membro del team di Sinner soffrisse di una condizione medica che richiedesse l’assunzione di un farmaco contenente una sostanza proibita, potrebbe essere molto difficile (se non addirittura illegale) da parte di Sinner imporre l’assenza di quel farmaco tra gli effetti personali del collaboratore stesso.
Uno dei passaggi fondamentali della difesa di Sinner nel processo di primo grado è quello che ha visto la contaminazione involontaria provocata da un’interazione abbastanza confusa tra Ferrara e Naldi. I racconti dei due al Tribunale Indipendente sono stati discordanti, e la discordanza è stata attribuita al fatto che Naldi era appena arrivato in California dall’Italia e non aveva ancora smaltito le 9 ore di fuso orario. È legittimo pensare che Sinner avrebbe dovuto interferire in uno scambio privato tra i suoi due collaboratori di cui probabilmente non sapeva nemmeno l’esistenza, con la giustificazione della protezione dei suoi legittimi interessi professionali?
Se così fosse, per estensione Sinner dovrebbe essere informato di tutte le interazioni da parte degli elementi del suo team: è ragionevole? È legale?
Zona grigia e ampia discrezionalità
Come si vede ci sono tanti elementi al momento a noi ignoti che potrebbero influenzare il risultato dell’udienza, e che lasciano ampio spazio alla discrezionalità degli arbitri. La valutazione sulle molteplici iniziative che Sinner avrebbe legittimamente potuto prendere per impedire questa contaminazione involontaria spetta al collegio giudicante, e si tratta di una valutazione molto personale e assolutamente soggettiva. Da questo punto di vista è facile prevedere come ciò comporti un margine di rischio non trascurabile per Sinner, che potrebbe diventare vittima di standard di prudenza davvero molto onerosi che i tre giudici potrebbero considerare come “ragionevoli” per confermare il verdetto di “nessuna colpa o negligenza”.
La partita è appena cominciata, ci vorranno probabilmente diversi mesi prima di una conclusione dell’appello e l’atteggiamento dei membri del collegio giudicante sarà decisivo.
L’unica cosa davvero poco chiara, in tutta questa faccenda, è la decisione della WADA di investire considerevoli risorse per perseguire in appello un caso che è stato accettato come assunzione accidentale. La missione principale della WADA “dovrebbe essere” quella di combattere il doping, ovvero l’assunzione volontaria di sostanze proibite con lo scopo di migliorare le proprie prestazioni. E non è questo il caso. Il sito della WADA tuttavia descrive la missione dell’organizzazione come “lo sviluppo, l’armonizzazione e il coordinamento delle regole e delle politiche anti-doping tra tutti gli sport e tutti i Paesi”, e da questo punto di vista l’iniziativa potrebbe creare un precedente importante per stabilire quale sia l’accettabile “due diligence” da effettuare da parte di un atleta perchè possa definirsi senza colpa o negligenza in caso di assunzione accidentale.