Sinner e Berrettini, sotto con l’Australia (Pietro Corso, Il Corriere dello Sport)
Stessa storia, stesso posto, stesso bar Un anno dopo, alle 13.00 di oggi sarà ancora Italia-Australia, ma stavolta il tie di Coppa Davis non vale “l’insalatiera d’argento”. […]. Il doppio vinto da Jannik Sinner e Matteo Berrettini ha fatto tirare un sospiro di sollievo a squadra e tifosi, con la sfida contro Gonzalez/Molteni che nascondeva più di qualche insidia. Aver vissuto una partita così equilibrata (6-4 7-5) ha fatto sì che il folto pubblico azzurro presente al Palacio de Deportes Carpena di Malaga trasmettesse ancora più entusiasmo ai ragazzi, in un clima quasi calcistico che ha accompagnato i momenti topici del duo italiano. Dopo le prove delle ultime ore e la prestazione opaca di Lorenzo Musetti contro Cerundolo, Filippo Volandri sembra pronto a schierare Sinner e Berrettini nei singolari per disinnescare la potenza australiana ed evitare un altro eventuale doppio. PREMIATA DITTA. «Ho una grande voglia di dare tutto per l’Italia, a Volandri ho detto che farei anche il capo ultrà». Dopo aver visto i propri compagni alzare la coppa lo scorso anno, Berrettini sogna qualcosa di più. E adesso che la condizione fisica finalmente lo accompagna, il desiderio di incidere in questa Final 8 è cresciuto esponenzialmente. «Come sempre, ho accettato la scelta del capitano di schierare “Muso” come secondo singolarista contro l’Argentina. Non importa chi scenderà in campo, la nostra forza è sostenerci e rimanere sempre uniti. Detto questo, sono pronto e ho tanta voglia di competere perché mi sento bene e credo che la prestazione in doppio Io dimostri». Sul risultato di 1-1 tra Italia e Argentina, il capitano azzurro ha scelto il romano e l’altoatesino per giocarsi la qualificazione. «Sono tutte scelte che prendiamo insieme – ha spiegato Volandri – Prima del debutto abbiamo provato anche questa soluzione, ma ci aggiorniamo costantemente senza dare nulla per scontato». Sull’inedita soluzione in Davis chiosa poi la coppia: «Abbiamo avuto modo di parlare finalmente con calma, anche di questo doppio. Vediamo molti aspetti della vita nello stesso modo e ci sentiamo vicini». PROVA DEL 9. In quella che sarà la ventesima semifinale azzurra, l’Italia va a caccia del nono ultimo atto della sua storia. Ieri, l’Italia è ripartita con gli allenamenti proprio da Sinner e Berrettini. I due hanno parlato molto, provato tutti i colpi e giocato qualche game. Stavolta sembrerebbero pochi i dubbi: riempirebbero loro i due slot in singolare per provare a portarci sul 2-0 ed evitare un altro doppio decisivo. «Come dico sempre, sono fortunato perché qualsiasi cosa chieda ai miei ragazzi ricevo una risposta positiva ha detto il capitano -. Raccogliamo altre indicazioni preziose per prendere le solite decisioni importanti». In caso di parità, non è escluso che Volandri possa riproporre la “premiata ditta” per provare a riportarci a un solo tie dalla terza Coppa Davis della nostra storia.
Amici per la Davis (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Ora non separi l’uomo ciò che il cielo ha unito. Matteo e Jannik, la coppia dei sogni. I dioscuri del rinascimento italiano che a fine 2021 si ritrovarono entrambi in top ten, la prima volta nell’Era Open in cui l’Italia poteva fregiarsi di due campioni sotto lo stesso favoloso tetto dei primi dieci del mondo. Berrettini aveva aperto la strada, Sinner stava cominciando ad allargarla. E il pensiero, accanto agli Slam che poi la Volpe Rossa avrebbe effettivamente portato alla causa azzurra, mentre il Martello si era fermato a un passo dal paradiso a Wimbledon, era corso subito alla Davis: con due così, si scommetteva. possiamo puntare a vincerla per dieci anni di fila. La scelta E invece tra impedimenti, infortuni e rinunce, capitan Volandri non è mai riuscito a convocarli insieme e dunque men che meno a vederli entrambi in campo nello stesso incontro. Fino all’apparizione divina di giovedì sera, quando la loro sublime alchimia ha messo le ali al doppio schiantando gli inermi argentini e regalando alla Nazionale il passaggio alla semifinale di oggi contro l’Australia, la rivincita della partita per il titolo di un anno fa. La plastica rappresentazione, purtroppo mai ammirata prima, di quanto possa diventare letale la loro presenza combinata: «Matteo è arrivato all’appuntamento molto carico, con una grande voglia – conferma il ct azzurro – e io sono perfettamente consapevole di cosa può dare alla squadra. In doppio ho scelto lui e Jannik, ma Bolelli e Vavassori ci hanno aiutato tanto a preparare la partita. Anche Davide, il papà di Andrea, mi dà un sacco di informazioni sui doppisti avversari. È il solito grande lavoro di squadra». Uno dei fondamenti della Davis, insieme alla capacità strategica di leggere le situazioni del momento in una sfida su tre match che non consente margini di recupero dagli errori. Ecco perché il doppio dell’altro ieri è stato decisivo per orientare le scelte odierne nel confronto con gli australiani: Berrettini tornerà titolare in singolare dopo i tre successi di settembre a Bologna che hanno contribuito alla qualificazione alle Finali. Il suo unodue dirompente servizio-dritto e l’esplosiva condizione mentale possono subito metterci in condizione di vantaggio, e cercare di sbrigare la pratica con un 2-0 contro una squadra che in Thompson-Ebden possiede un doppio decisamente più solido e competitivo di quello dei gauchos sarebbe balsamico. Se peraltro ci fosse la necessità di ricorrere un’altra volta alla partita decisiva, l’opzione Jannik-Matteo resta privilegiata, ma qualora Berrettini fosse stanco insieme al numero uno verrebbero schierati Vavassori o Bolelli: «Sappiamo che Jannik e Matteo hanno le spalle larghissime – dice ancora Volandri – e Berrettini ha dimostrato quanto ci tenga a essere qui. È stato con noi l’anno scorso, ma non poteva giocare. Quest’anno, invece, è protagonista e siamo felici che sia accaduto». Che botte Gli orientamenti del capitano azzurro sono emersi sottotraccia anche dall’allenamento di ieri, in cui ha messo l’uno contro l’altro la Volpe Rossa e il Martello per una sessione ad altissima intensità. […] A ogni pausa, confronto di opinioni reciproche e consulto con Volandri e gli altri tecnici. Sinner e Berretto avrebbero voluto concludere la loro fatica con la disputa di un set, ma l’improvviso calo di tensione delle luci dell’arena li ha fermati dopo tre game. Alla fine, scherzoso siparietto con lo scambio delle racchette e Jannik che si è rivolto all’amico pregandolo di «non insultarla» con la potenza dei suoi colpi. Un altro sintomo dell’armonia che regna nel team e del legame tra i due. La leggerezza mentale può diventare l’arma in più per la semifinale: «Dimentichiamoci la sfida di un anno fa – mette in guardia però il ct azzurro – perché si riparte da zero. Noi abbiamo fatto il primo passo con l’Argentina, e siamo pronti a quello successivo, ma aver vinto nel 2023 non conta nulla. Le cose cambiano, Jannik per esempio qui all’inizio aveva qualche dubbio se giocare il doppio. Diceva che il campo era veloce e avrebbe dovuto eseguire delle volée complicate. Alla fine, però, è il numero uno del mondo e il modo in cui lui lo è in questo momento sicuramente ci aiuta». Rosso fuoco
Missione Finale (Daniele Azzolini, Tuttosport)
E’ il giorno di mezzo, la vigilia della semifinale, in Davis giornata di litanie e di potenti richiami alla natura scaramantica dell’uomo in genere e dei tennisti in particolare. Non si fanno pronostici, in giornate così. Neanche a fronte delle più ottimistiche sensazioni, quali potrebbe sollecitare, in zona semifinali, la visione di un’Italia detentrice circondata da Australia, Germania e Olanda, prima del via considerate seconde scelte rispetto a Stati Uniti, Canada e Spagna già rispedite a casa. […] Così, tanto per dire… Sta al capitano il gravoso compito di trarre le dovute considerazioni dalla vittoria sull’Argentina. E non è così facile come potrebbe sembrare. L’ostracismo a Musetti, invocato sui social con frasi da querela, può rivelarsi una scelta doverosa, perfino obbligata visto il buon rendimento di Berrettini nel doppio («Mi ha preso sulle spalle», lo ha ringraziato Sinner), ma Volandri – se questa come ormai sembra scontato, sarà la sua scelta – dovrà spiegare con termini appropriati a Lorenzo i motivi della defenestrazione, per non spingere un tennista di alta dotazione tecnica in una sindrome da Coppa Davis che potrebbe rivelarsi quanto mai dannosa, quando tornerà utile riutilizzarlo. E che la cosa prima o poi possa accadere è nella natura decisamente border line dell’amata Coppa nelle attuali stagioni dei tennisti, già oberate di tornei e sollecitazioni. Del resto, Musetti sa da solo di aver perso male contro Cerundolo, e ha fatto pubblica ammenda. Viene da cinque sconfitte consecutive nei singolari, dunque è assai probabile che la Coppa abbia già scavato qualche solco profondo nelle sue certezze. E quello con l’Australia è un match da provare a chiudere in due partite. Meglio evitare di sfidare il loro doppio, composto da Matthew Ebden e Jordan Thompson, ben organizzato e decisamente più forte della coppia argentina, anche riproponendo la coppia dei dioscuri Berrettini e Sinner; che così bene ha funzionato contro i vecchietti Molteni (anni 36) e Gonzalez (41). Il numero due australiano è Thanasi Kokkinakis, oggi al numero 77 Atp. Il capitano Lleyton Hewitt ha un’antica passione nei suoi confronti. Lo considera uno con gli attributi, categoria cui Lleyton si sente iscritto d’ufficio. Da juniores veniva considerato alla pari di Kyrgios, forse addirittura il migliore dei due, ma l’ingresso nel tennis adulto lo ha spinto rapidamente in infermeria a curare una serie infinita di guasti. Si è ripreso, ma sono occorse due stagioni, e non ha più ritrovato la fluidità del tennis da fondo campo, di estrema solidità, che nelle categorie giovanili lo aveva reso quasi imbattibile. Con la Davis ha però un buon rapporto, e Hewitt finisce spesso per preferirlo agli altri tennisti, tutti di miglior classifica, che ha a disposizione. Alexei Popyrin, venticinquenne che ha scalato la classifica quest’anno fino all’attuale 24° posto, e lo stesso Thompson, numero 26 in singolare ma anche 3 in doppio, che è più facile dirottare nei match di coppia, accanto a Ebden, 38 anni, il quale riveste il ruolo di “vecchio saggio”, in assenza di Purcell. Berrettini e Kokkinakis non si sono mai incontrati. Matteo è avanti 2-1 invece contro Popyrin che potrebbe essere la possibile carta a sorpresa di Hewitt. Nell’ultimo confronto, al Masters di Parigi indoor, l’australiano ha piegato Matteo al primo turno. Pesa su Popyrin, però, il ricordo della sconfitta dell’anno scorso nella finale di Davis contro il “secondo Matteo”, Arnaldi. Un match dominato per tre quarti, che nel momento di chiudere i conti finì per deragliare e tingersi d’azzurro. Braccino, in una parola, la diagnosi dei problemi di Popyrin. Hewitt non ne fu entusiasta. […]. La Davis è diversa dai tornei, e porta con sé un carico di emozioni che non tutti i tennisti sono pronti a sopportare. Sinner aspetta De Minaur, e le indicazioni delle sfide fin qui affrontate – chi vuole tocchi ferro – sono abbastanza precise. Otto match, otto sconfitte per l’australiano, che fin qui è stato capace di strappare a Sinner un solo set. In più, c’è il ricordo del match di Coppa di un anno fa, in finale, chiuso 6-3 6-0 dal n. 1. Da quel confronto Alex ne uscì in briciole, e fu allora che Hewitt e il coach Gutierrez gli chiesero di essere più come Sinner in quanto ad aggressività, e di far correre di più la palla, se non attraverso la potenza dei colpi – che il venticinquenne di padre uruguaiano e mamma spagnola non possiede in larga misura – sfruttando la velocità delle gambe. Ed ecco che De Minaur si è trasformato in una sorta di grillo, che zompa sulla palla per colpirla dall’alto verso il basso, ma sempre piatta, senza rotazioni. Il cambiamento l’ha riportato in top ten, mai però al livello di Sinner, contro il quale ha continuato industriosamente a perdere. Due volte nel 2024, in finale a Rotterdam, poi nel round robin delle Finals torinesi. E sempre in due set. Se contro l’Australia andremo con Berrettini e Sinner nei singolari, resta da evadere l’ultima domanda: ce la farà Matteo a sopportare il doppio impegno? Forse sì, perché no, ma è meglio fare gli scongiuri. Ieri intanto i due si sono allenati assieme, un altro segnale. E hanno continuato nonostante un calo di luce li abbia fermati due minuti.
Hewitt, due ipotesi. L’Australia ci prova (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)
In circa 150 anni di storia del tennis come lo conosciamo oggi, l’Australia ha una storia da protagonista: 28 Coppe Davis, seconda solo ai 32 titoli degli Stati Uniti. Fa dunque un certo effetto pensare che, in questa era, siano gli azzurri a presentarsi da favoriti e detentori del titolo.[..]. LA SQUADRA. A Malaga, l’Australia ha debuttato superando gli Stati Uniti, inizialmente indicati come l’anti Italia di questa edizione. L’ago della bilancia è stato Thanasi Kokkinakis, che pur non avendo mantenuto le promesse a un certo livello, in Davis trova la fiducia del suo capitano e la sua dimensione. Contro Shelton ha trionfato al tie break del 3° set con un incredibile 16-14, annullando quattro match point senza mai cedere alla pressione nei momenti decisivi. Il punto del 2-1 per gli australiani è arrivato poi dal doppio inedito formato da Ebden e Thompson. A completare il roster dei vicecampioni del mondo ci sono Alex de Minaur, numero 9 del mondo, e Alexei Popyrin, numero 24. «Io e il resto della squadra sappiamo quale sia il livello di Thanasi. Quando scende in campo e gioca il suo miglior tennis è pericoloso per tutti – ha spiegato Hewitt dopo il successo sugli USA, un indizio di formazione in vista della sfida contro l’Italia -. Fare le scelte non è facile, io per fortuna non ho dovuto giocare con questo format. Proveremo a farci trovare pronti contro una squadra forte come l’Italia». LE IPOTESI. Da un certo punto di vista l’Australia, come l’Argentina due giorni fa, aspira all’1-1 per poi poter puntare sul doppio. Il confronto tra i numeri 1, sulla carta, vede poche chance per de Minaur: Sinner lo ha sconfitto di recente a Torino e conduce 8-0 nei precedenti. Le parole di Hewitt fanno pensare che Kokkinakis possa essere l’altro protagonista del tie contro i ragazzi di Volandri; anche se Popyrin, forte del successo di un mese fa per 7-5 7-6 sull’indoor di Bercy contro Berrettini, potrebbe provare a scalare le gerarchie. Più remota la possibilità che sia sacrificato de Minaur PRECEDENTI. Se il presente sorride all’Italia, la storia racconta un vantaggio australiano negli scontri diretti: 8-5. L’ultimo capitolo risale ovviamente alla finale dello scorso anno, decisa dalle vittorie di Arnaldi e Sinner su Popyrin e de Minaur. Prima di allora, gli australiani avevano conquistato tre Coppe Davis ai danni degli azzurri: nel 1960 e 1961, con Laver, Emerson e Fraser protagonisti nelle sfide con Pietrangeli e Sirola; e nel 1977, quando sull’erba di Sydney l’Italia campione in carica si arrese per 3-1.
Benvenuta Olanda (Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport)
La prima storica finale di Davis dell’Olanda è un’impresa cucinata amalgamando ingredienti molto diversi tra loro: fatica, nervi, sorpresa, tenacia, fiducia. Eliminare la Spagna seppellendo la gloria di Rafa Nadal sotto un finale tristissimo era stato qualcosa che si era sistemato tra il sacrilegio e la sfacciataggine. Battere la Germania ha aperto le porte della gloria. Olanda, nella storia, aveva giocato una semifinale, nel 2001, quando perse 3-2 con la Francia. Un anno fa venne fermata dagli azzurri, sempre a Malaga, nei quarti. Ora aspetta la vincente di Italia-Australia con la convinzione di aver fatto un’impresa, la leggerezza di non aver nulla da perdere e la consapevolezza, forse illusoria, di potersela giocare con chiunque, pur nei limiti dei singolaristi Van de Zandschulp, n. 80 al mondo, e Tallon Griekspoor, 40 posti più su del compagno. Ieri il primo ha battuto Stefan Altmaier 6-4 6-7 6-3 in 2h44′: poteva chiuderla ben prima, ma l’ha portata a casa al decimo match point. Il secondo, in un duello dominato dal servizio, ha superato Jan-Lennard Struff 6-7 7-5 6-4. Senza esultare. […]. Van de Zandschulp è davvero un tipo particolare: l’avevamo visto in azione contro Nadal nel match di apertura di queste finali e pensavamo che non esultasse per una forma di rispetto nei confronti del mito in difficoltà. No: VDZ non ha esultato nemmeno ieri, né sui bei punti conquistati con abilità, né alla fine della maratona, quando non è nemmeno andato ad abbracciare capitan Paul Haarhuis, stravolto dalla compulsiva fragilità del suo giocatore, che nel secondo set prima ha avuto quattro palle per portarsi sul 5-2 e servizio e poi nel lunghissimo tie-break chiuso sul 14-12 da Altmaier ha sprecato 5 match point. VDZ scuoteva il capo, triste, solitario, scontento, ma alla fine clamorosamente vincente. Goditela ragazzo: due match qui a Malaga, due punti. La scossa Poi è iniziata una partita molto punk: giochi velocissimi, scambi brevi, servizi dominanti. In un’ora, 18 game, un tie-break e la pausa tra primo e secondo set. Vinto da Struff grazie a due errori al servizio di Griekspoor, compreso uno sciagurato doppio fallo. Secondo parziale iniziato come il primo, 7 giochi in 21′, 0 punti per Struff al servizio di Griekspoor che ha rimediato tre 15 in 4 giochi col tedesco alla battuta. Poi la scossa: Struff non sfrutta due palle break, Griekspoor si riprende e difende la rottura fino al 7-5. E sulla scia approfitta dello sbandamento emotivo del rivale per strappargli il servizio anche al primo gioco del terzo set. Vantaggio prezioso, difeso coi denti fino al 6-4 finale. Paure L’Olanda ha rischiato di uscire dalla Davis in febbraio con la Svizzera, 3-2 finale dopo esser stata sotto 2-1, e in settembre, quando nel girone con Italia, Belgio e Brasile hanno battuto i sudamericani ed è passata solo grazie al quoziente set. Ieri gli Oranje hanno assistito all’omaggio dedicato al doppista Wesley Khoolof che domani, prima di ritirarsi, spera di giocare un’ultima volta. E oggi guarderanno Italia-Australia coi popcorn. Comunque vada sarà un successo.
Garbin, che partita la vita (Gabriele Tassi, QN, Giorno/Carlino/Nazione Sport)
[…] Tathiana Garbin è una gran persona. Basta parlarci un paio di volte per capire come abbia portato la nazionale fino alla vittoria della Billie Jean King Cup nell’anno più difficile della sua vita, quello della malattia. Tathiana, nel 2023 le è stato diagnosticato un raro tumore addominale, lo pseudomixoma peritonei, e durante la premiazione – con la Coppa solo sfiorata -, lo ha raccontato al mondo. Poi un anno fra campo e ospedali. Si sente di averla vinta quella partita? «La battaglia purtroppo non si vince, si combatte. Sarebbe ingiusto dirlo nei confronti di chi non ci è riuscito, ma quello che conta è mettercela tutta, quella è l’unica strada. Lo scorso anno è stato molto complicato: ero a New York quando ho capito che c’era qualcosa che non andava, poi la diagnosi. In questi mesi ho subito due operazioni, giocando anche la Billie Jean King Cup nel mezzo». Perché non si è presa una pausa? «Perché tengo alle mie ragazze, dovevo essere lì con loro per far sentire il mio supporto. Sono campionesse che si spendono sempre e danno tutto per giocare in Nazionale, mi sento molto fortunata ad averle. Quest’anno siamo arrivate alla finale con più consapevolezza e ce l’abbiamo fatta». Quando sono simili un match di tennis e la vita? «La vita, con le sue grandi difficoltà, ti insegna i valori più importanti da coltivare. La pazienza, ma soprattuto la speranza, pensando che dietro alle nuvole c’è sempre un sole che risplende. Bisogna sempre aspettarsi il meglio, col sorriso sulle labbra. Proprio come nel tennis, come fa Jasmine, come abbiamo visto fare a Sinner e Berrettini in doppio l’altra sera…durante la partita bisogna sorridere, perché è un gioco che va affrontato al meglio, lo sport deve diventare uno strumento per migliorarsi. Su questa scia scriverò il mio libro, qualcosa che spero possa aiutare le persone che ne hanno bisogno». Ma non ci sono stati momenti in cui non vedeva la luce? «L’importante è non considerarsi mai sconfitti, bisogna battersi fino alla fine. Avevo dalla mia parte una forte consapevolezza: se non ce l’avessi fatta, ci sarebbe comunque stata una vita straordinaria, vissuta al massimo. Me ne sarei andata col sorriso». Dopo il trofeo ha ringraziato i medici, chi altro c’è? «Le ragazze, mi sono state molto vicine. Sono anche venute in ospedale prima della seconda operazione: quanta umanità c’è dentro a queste campionesse. Fondamentale è stata mia moglie Ylenia, come la mia famiglia e tutte le persone che mi sono state vicine, dandomi molto più di quanto abbia mai dato io al tennis». In lei qualcosa è cambiato? «Ho imparato che non bisogna diventare cattivi nei confronti della vita, perché l’avversario ti viene sorteggiato come in un tabellone di tennis». Dopo la vittoria ha detto: potrei anche chiudere qui. Vuole già cambiar mestiere? «Con Malaga ho chiuso un cerchio. Volevo trasferire alle mie ragazze tutto ciò che il tennis mi ha dato. Abbiamo fatto la storia, ma al futuro ci penserò più avanti». C’è ancora tanto da fare? «Moltissimo. Bisogna sempre migliorare cercando sempre di crescere. C’è da lavorare ancora tanto nel settore giovanile e lo stiamo facendo con tutte le forze così che a questi risultati seguano eredità da raccogliere. Non c’è successo senza successori». C’è divario ancora nel mondo dello sport fra donne e uomini? «La prima rivoluzione è partita grazie a Billie Jean King, un cambiamento necessario e importantissimo. L’uguaglianza deve crescere nello sport come nella vita. Credo ci sia bisogno della figura femminile perché le donne abbiano sempre di più il ruolo che meritano».