Vincitore in tre set su Luciano Darderi, Carlos Alcaraz affronta una varietà di argomenti, dal problema al ginocchio nel secondo set, del suo livello di inglese, di Jannik Sinner e molto altro.
D. Carlos, quando ti stavano controllando il ginocchio, avevi qualche preoccupazione? Che problema sentivi alla gamba?
Beh, è stato solo in quel game in cui mi ha brekkato, sull’ultimo punto dopo il servizio, al primo passo ho sentito qualcosa al ginocchio che mi dava fastidio.
Ma dopo cinque, sei punti era sparito. Mi ero preoccupato per quello, per questo ho chiesto il fisioterapista, ma non era niente di serio, solo per precauzione. Dopo non l’ho più sentito ed è andata bene. Quindi niente di serio.
D. Non è comune per un giocatore del tuo livello giocare una partita di Slam alle 11:30 del mattino. Di solito è alle 23:30. A che ora ti sei alzato? A che ora mangi il tuo riso? Come cambia la giornata quando cominci così presto?
Sì, è qualcosa a cui non sono abituato. È solo la seconda partita che gioco alle 11:00 o 11:30. La prima è stata a Roma. Questa è la seconda volta che gioco a quest’ora. Quindi per me sono andato a dormire alle 23:00, 23:15. Per me è davvero strano, a dire il vero, e ne sono anche orgoglioso (sorride). Sì, mi sono svegliato alle 7:00 per essere pronto, scaldarmi bene, sentirmi sveglio e in forma. Un orario insolito per me, ma allo stesso tempo buono, perché avevo già finito tutto.
D. Volevo chiederti: ci sono video e foto di te e Jannik insieme in un ristorante.
Sì.
D. Stavate mangiando insieme o eravate solo nello stesso ristorante per caso?
No, è stata una coincidenza. Una coincidenza. Ho visto molta gente dire che potevamo essere andati a pranzo o a cena insieme, ma era solo una coincidenza. È un buon ristorante, comunque. Sì, ci siamo incrociati lì. Non sarebbe strano se andassimo insieme a cena, probabilmente un giorno succederà.
D. Giochi con un sorriso in faccia e il pubblico si diverte a vederti. Mi chiedevo cosa pensassi del fatto che in questi giorni molta attenzione è andata alle cose fuori dal campo, con litigi tra giocatori e discussioni tra giornalisti e giocatori.
Cerco di sentirmi il più possibile a mio agio fuori dal campo, affrontando tutto nel modo migliore possibile. Poi, quando entro in campo, senza preoccuparmi di nient’altro. Solo del giocare. È quello che amo.
Cerco di portare gioia in campo, di giocare con il sorriso, senza avere alcuna preoccupazione. Solo giocare. Quindi non penso e non do troppa attenzione ad altro. È questo per me, ed è così che mi sento dentro e fuori dal campo.
D. Un’altra domanda su Jannik. La vostra partita qui qualche anno fa per molti è stata l’inizio della vostra rivalità. Che ricordi hai di quel match?
Un ottovolante, quella partita. Probabilmente — anzi, non probabilmente, è stata una delle migliori partite della mia carriera finora. Ricordo alcune cose: il match point salvato, il colpo dal fondo… Quindi ci sono stati grandi momenti. Ricordo che ho corso da una parte all’altra per tutta la partita, 5 ore e 15 minuti. La seconda partita più lunga che abbia mai giocato. Mi ricordo che il livello era davvero alto.
Come hai detto, da quella partita si è cominciato a parlare della nostra rivalità, e credo che da lì abbia trovato un posto nella storia del tennis. È fantastico, e grazie a quel match sono cresciuto molto. Ho dovuto affrontare certe situazioni e a volte ripenso a quella partita, a come mi sentivo fisicamente e a come ho gestito tutto. Quindi ricordo che è stata una grande partita.
D. So che due giorni fa hai detto che pensavi di più allo US Open dell’anno scorso, quello che non hai vinto, rispetto a quello che hai vinto. Ora sembri molto concentrato. Quanto usi lo US Open dell’anno scorso come motivazione per quest’anno?
Cerco solo di non ripetere le stesse cose dell’anno scorso. Provo a migliorare e fare tutto meglio. Ogni volta che entro in campo, sono concentrato dal primo punto all’ultimo.
Sto usando l’anno scorso come motivazione per quest’anno, per essere più affamato, più ambizioso, per fare grandi cose qui. Questo è un posto dove amo giocare. L’energia è pazzesca, quindi cerco di sentire l’amore e l’energia del pubblico il più possibile e di giocare quante più partite riesco. Questo mi motiva.
D. Puoi dire qualcosa sul tuo prossimo avversario? Credo che lo hai affrontato di recente al torneo del Queen’s.
È Arthur [Rinderknech], giusto? Solo per essere sicuro. Il mio coach mi ha detto quando Arthur ha vinto: “Ok, questo è il tuo prossimo avversario”. E io: “Davvero?”. Non lo sapevo, quindi volevo essere sicuro. È davvero difficile giocarci contro, molto aggressivo, gran servizio, cerca di andare a rete. Sarà dura, ma come ho detto cerco di concentrarmi su me stesso. Sto giocando un gran tennis, mi sento molto bene fisicamente e mentalmente, e sto colpendo la palla davvero bene.
D. Carlos, quanto hai lavorato per migliorare il tuo inglese, e cosa pensi ora di queste conferenze stampa rispetto a qualche anno fa?
Beh, qualche anno fa venivo qui in conferenza che sudavo (sorride). Tipo: “Ok, vediamo se capisco la domanda. Vediamo cosa rispondo”. Adesso mi sento più a mio agio. Mi sento come se foste di casa, diciamo così. Quindi sì, il mio inglese è migliorato molto. Cerco di parlare con i giocatori, chiacchierare in giro, guardare serie e film in inglese, questo mi ha aiutato molto a migliorare. Ora me la prendo più tranquilla. Cerco di rispondere nel miglior modo possibile.
D. Ti diverti a farlo?
La maggior parte delle volte sì. La maggior parte delle volte. A volte fate domande insidiose, ma per lo più mi diverto.
