Durante il suo addio a Parigi, il momento più toccante è stato quando quei tre — Federer, Djokovic e Andy Murray, definito da Nadal “un rivale straordinario, anche lui” — lo hanno raggiunto sul campo. Un gesto che ha racchiuso anni di sfide, rispetto e storia condivisa.
“Poter dire addio insieme a loro è stato qualcosa di molto profondo, a livello personale”, ha detto Nadal. “Prima di quel momento ero già in pace con me stesso, e lo sono rimasto dopo, ma è stato bellissimo ricevere un saluto così emozionante”.
Nadal è convinto che senza quella concorrenza feroce non avrebbe vinto così tanto — 92 titoli complessivi, comprese medaglie olimpiche in singolare e doppio, e cinque Coppe Davis. E crede che ognuno dei tre avrebbe superato il record di 14 Slam di Pete Sampras anche senza gli altri, ma la rivalità ha alzato l’asticella per tutti: “Non avevamo mai tempo per rilassarci”, ha detto. “Bisognava sempre spingersi al limite per restare competitivi in quell’epoca. Quando mi allenavo, lo facevo per migliorarmi, certo, ma anche con davanti l’idea chiara di quei rivali”.
Nadal mirava costantemente a migliorarsi studiando cosa Federer e Djokovic facessero meglio di lui. La stagione 2011 fu particolarmente dura: Djokovic vinse tre Slam e batté Nadal in sei finali, due delle quali nei major (Wimbledon e US Open), e quattro nei Masters 1000. Nadal non riuscì a batterlo nemmeno una volta quell’anno. “Dopo quella stagione capii che dovevo aggiungere qualcosa al mio gioco”, ha raccontato Nadal, riferendosi al 2011. “Alla fine dell’anno, mi sono chiesto: ‘Cosa devo fare per avere più chance contro di lui, soprattutto sul cemento?’ Così, parlando con mio zio Toni e con il resto del team, abbiamo elaborato un piano: dovevo migliorare determinati aspetti per poterlo sfidare ad armi pari”.
Contro Djokovic, la chiave era chiara: essere più aggressivo, alzare il livello del dritto, cercare il vincente con più decisione. Nadal era già abituato a dover inseguire: contro Federer, inizialmente, era “il secondo”, colui che doveva colmare un divario. Ma vedere Djokovic fare la stessa cosa con lui ha rappresentato una svolta psicologica importante. Nadal aveva già smantellato la famosa risposta a una mano dello svizzero, vincendo 3 finali Slam contro di lui tra il 2008 e il 2009, e dominando il 2010 con tre titoli major su quattro. “In un certo senso, avere davanti giocatori come Roger e Novak ti mostra con chiarezza su cosa lavorare”, ha spiegato.