In questi giorni sta tenendo banco la questione legata a Jannik Sinner e alla sua assenza per la fase finale di Coppa Davis che andrà in scena per la prima volta a Bologna dal 18 al 23 novembre. Tutti si sono espressi riguardo questa vicenda, manifestando chi più chi meno tolleranza. Di seguito, la trascrizione del commento di Ubaldo Scanagatta, direttore di Ubitennis.
“Amici di Ubitennis, ben ritrovati. Ovunque e anche sulle prime pagine di tutti i giornali o quasi, si discute del caso Sinner e del suo rifiuto a giocare le finali di Coppa Davis con otto squadre, che per la prima volta si disputeranno a Bologna. E quindi, devo necessariamente esprimere anche io il mio parere. Voglio dire, prima di tutto, che certamente io sono un personaggio all’antica, perché sono uno di quelli che ancora si commuove ogni volta che sente il ‘Fratelli d’Italia’. Per questo, e non solo per questo, sono andato alle ultime otto Olimpiadi con la speranza di vedere un italiano sul podio. E quindi io non mi accontenterei di aver vinto le ultime due Coppe Davis, ma vorrei vincere tutte le prossime dieci se fosse possibile. E vorrei poter schierare sempre la squadra migliore. L’Italia questa volta non potrà farlo. Mi rendo conto che non si possa chiedere a Sinner, che è protagonista di uno sport individuale, di dare la propria disponibilità anno dopo anno per dieci-dodici anni. Al tempo stesso, ritengo che ci siano anche degli obblighi che si hanno, pur essendo atleti di uno sport individuale, nei confronti di tutta una comunità di milioni di spettatori, o di appassionati che avrebbero voluto vederlo anche a Bologna. E avrebbero voluto vederlo impegnato in tre gare di cui almeno una, se non due – vale a dire contro l’Austria e poi contro i vincenti di Francia-Belgio – abbastanza semplici per un giocatore della forza di Sinner, che quindi non gli avrebbero richiesto un grandissimo sacrificio. Detto questo, ripeto, lui è liberissimo di non fare questo piccolo sforzo.
Però teniamo presente che quest’anno ha giocato tutto sommato molto meno degli altri, perché è stato tre mesi fermo per via della sospensione e lui stesso ha detto ‘Beh, ho giocato solo nove tornei’. L’altra cosa è che è la prima volta che si giocano queste finali in casa e che sono stati messi in palio da tempo biglietti a prezzi non proprio banali, contando sulla sua partecipazione. In questo caso, se lui avesse dichiarato la propria indisponibilità alla federazione fin da tempo addietro, addirittura dall’inizio dell’anno, la federazione si sarebbe macchiata un po’ di una vendita scorretta. Perché non si fa sapere che non gioca o che non giocherà l’allora numero uno del mondo, si vendono i biglietti a prezzi anche esosi e poi dopo tutto cambia. L’altra cosa è che sì, ha ragione Sinner che ogni settimana è importante, che la stagione è lunga, anche se la sua è stata più corta di altri. Ma l’Australian Open l’anno prossimo comincerà una settimana dopo rispetto a quest’anno e all’anno precedente. Quindi, che l’impegno di una settimana in più fosse tale da pregiudicare la preparazione per l’anno prossimo, o forse le vacanze, sono vicende che mi lasciano poco persuaso.
Detto questo, ripeto e ribadisco, è uno sport individuale il tennis: ognuno fa quello che gli pare. Tanti giocatori in passato hanno saltato degli appuntamenti di Coppa Davis. Nadal l’ha vinta cinque volte, poi ne ha mancate alcune o perché era in condizioni precarie di forma o addirittura infortunato, oppure qualche volta liberamente ha deciso di non andare. Ma non si può mettere sullo stesso piano uno che ne ha vinte cinque e ne ha giocate altre con uno che ne ha giocate due. Poi, quando si parla di Federer, si parla di vecchi impegni di Coppa Davis di altri giocatori. Prima la Coppa Davis era un’altra cosa. Richiedeva quattro settimane di gare con dei weekend in cui si giocava tre volte: venerdì, sabato e domenica, 3 set su 5 – e non 2 su 3 come adesso – e non una volta sola come è richiesto ora ai tennisti azzurri che giocano in Davis (dato che erano già qualificati per la fase finale). Poi quelle quattro settimane in realtà si trasformavano anche in sette-otto, perché c’era da preparare la settimana precedente, e magari si arrivava dall’altra parte del continente e da una superficie differente. Per cui bisognava aggiungere altre settimane di preparazione, oppure di viaggi, anche solo per lasciare le sedi dove si era giocato. Mentre questo non è il caso di Bologna, che è a due ore di treno da Torino, dove si giocano le finali ATP. Inoltre, la superficie poteva essere identica, quindi non c’era tutto questo problema.
Quindi, ripeto, lascio completamente il potere e la facoltà ai giocatori di scegliere se giocare o no. Secondo me fu giustissimo, per esempio, nel 1973 la manifestazione di solidarietà di un’ottantina di giocatori che decisero di boicottare Wimbledon perché la federazione Jugoslava intendeva squalificare Pilić, Niki Pilić, che purtroppo è scomparso proprio recentemente – noi gli abbiamo pubblicato un lungo ricordo -, si era preso un impegno di giocare un doppio, mi pare in Canada a Montreal, e quindi disse ‘Io questa volta in Coppa Davis per la Jugoslavia non posso giocare, non mi sento di giocare’. I giocatori intervennero perché dissero ‘Il giocatore deve essere libero di accettare o non accettare di giocare la Coppa Davis’. E questa libertà la deve avere giustamente anche Sinner, che ha tutto il diritto di non giocarla. Semmai è un problema di priorità e di opportunità. Nel senso che in Italia quanti ragazzi sarebbero andati a Bologna a cercare di vederlo? Quanti l’avrebbero visto in televisione, magari in una finale contro Alcaraz? È uno che è sempre stato una bellissima persona e dovrebbe, fra virgolette, dare anche ottimi esempi ai suoi appassionati. In questa occasione, secondo me, un grande esempio non lo dà. Poi per carità, ripeto, libero di non andarci, ma non ci racconti però che questa settimana è decisiva a due mesi e mezzo dall’Australian Open per farlo giocare meglio a Melbourne. E quando poi le partite da giocare sono 2 set su 3 e una contro forse l’austriaco Ofner, oppure Rodionov, e poi dopo o francesi o belgi, anch’essi certo non tennisti in grado di impensierire un Sinner che giochi al 75% delle proprie possibilità.
Spero ancora possa cambiare idea. Anche se, fin dall’inizio dell’anno, il dubbio mi era venuto, perché le dichiarazioni dell’anno scorso, anche di Binaghi, facevano pensare che forse non avrebbe giocato. Sono stato io, quando mi trovavo a Riad, in Arabia, a fargli la domanda e a chiedergli ‘Ma giochi la Coppa Davis?’. E lui tre giorni fa m’ha detto ‘Non abbiamo ancora deciso’. Se invece lo aveva deciso, c’è un difetto di trasparenza. Non ci devono raccontare cose che non sono vere. Se davvero non avevano deciso, allora viene assolta anche la Federazione che ha venduto biglietti dando per scontato che Sinner ci sarebbe stato. Comunque, è anche vero che l’Italia deve poter cercare di vincere questa Coppa Davis anche se Sinner non c’è. E questo sarà un bel banco di prova per Musetti, Berrettini, Cobolli e chiunque verrà schierato. Però è normale anche che dispiaccia a tutti il fatto che Sinner non ci sia, perché è un’occasione comunque di promozione per il tennis ben diversa se c’è Sinner o se non c’è. Non ho idea di che cosa pensino i suoi vari sponsor, che sono quindici. Qualcuno l’ho sentito ed era tutto sommato condiscendente. Però va anche detto, e questo vale anche per i media, che molti temono di inimicarselo, di dire delle cose spiacevoli che poi dopo si traducano in mancate interviste o occasioni di collaborazioni di vario tipo. E quindi questo inquina un po’ la serietà anche del giornalismo che si occupa di questa vicenda. Perché tutti abbiamo interesse, me compreso, ad avere buoni rapporti con Sinner. Ma questo non deve però sacrificare la nostra autonomia di giudizio, la nostra indipendenza di critica.
Ripeto, e lo ribadisco perché spesso si viene fraintesi soprattutto da chi ha già le proprie convinzioni, che io considero Sinner un’ottima persona, un grandissimo esempio fin qui per il tennis italiano e per quello che ci ha dato. E gli sono immensamente grato. Voi sapete che addirittura lui è stato così carino, gentile e generoso di scambiare addirittura alcuni palleggi sotto rete con me a Riad; quindi, non posso che essergli grato e riconoscente. Però al tempo stesso mi devo anche consentire di esprimere dei dubbi su una decisione che è accettabile ma, secondo me, non troppo condivisibile, perché sono convinto che si trattava o si tratterebbe di un piccolo sforzo. E quel piccolo sforzo Jannik e il suo team avrebbero dovuto e potuto farlo. Sono ancora in tempo perché, come sapete, fino a pochi giorni prima della Davis si può ancora cambiare tre dei cinque elementi che sono stati segnalati da Volandri. E io spero che ci ripensi, anche perché a oggi non si può sapere come si presenterà, dato che adesso c’è un piccolo tour de force: il torneo di Vienna, a seguire il torneo di Parigi a la Défense, e poi ci sono le finali ATP. Voglio dire, uno potrebbe anche legittimamente sentirsi stanco, provato e desideroso di riposo dopo queste tre, quattro settimane. Ma il fatto che la decisione arrivi adesso fa pensare che comunque sia stata presa una decisione che non ha sufficienti elementi per sostenere che sarà decisamente stanco. In teoria, e non glielo auguro davvero, potrebbe perdere in qualcuno dei tornei a cui si è iscritto adesso e quindi avere più giorni di riposo. Quindi, non mi sembra sia stata presa una decisione giusta, anche come tempistica.
Meglio, mi direte, che l’abbia detto oggi piuttosto che due giorni prima della Coppa Davis se non ci sono motivi. Questo forse sì. Ma ripeto, se avesse detto alla Federazione già mesi e mesi fa che non era disponibile, beh allora in quel caso la Federazione avrebbe dovuto annunciarlo e non puntare soprattutto alla vendita dei biglietti. Ma non si può sapere come stanno esattamente le cose e non mi sembra giusto nemmeno, se vogliamo, ipotizzare delle situazioni che non conosco. Di certo è vero che la Davis è cambiata. Ho letto anche quello che ha scritto Paolo Bertolucci sulla Gazzetta, che questa Coppa Davis non è più quella di una volta, non ha più la stessa importanza e che oggi ai giocatori interessano i quattro Slam e le finali ATP. La Davis interessa molto meno. Però è sempre una manifestazione che riguarda le nazionali. Sappiamo che Alcaraz e Zverev, che non l’hanno mai vinta, ci saranno a Bologna, ed è un peccato che non ci sia anche chi avrebbe potuto affrontare uno dei due molto probabilmente in finale.
È diverso quando molti segnalano che una volta che Federer ha giocato la Coppa Davis, poi non l’ha più rigiocata. Ma era già un Federer anziano. Nadal l’ha voluta giocare ancora l’anno scorso, anche se per le condizioni in cui era forse era meglio se non la giocava. Non citiamo e non facciamo paragoni con situazioni completamente diverse. La Coppa Davis di prima era un’altra cosa ed è vero che era molto più importante. Questa però non è che non abbia nessuna importanza, tant’è che per averla vinta in questi ultimi due anni si sono fatte paginate su tutti i giornali, interviste a destra e a manca, tutti i giocatori se ne sono giovati e probabilmente anche i loro sponsor. Quindi, secondo me, è sbagliato dire che questa Coppa Davis, perché è cambiata, non vale più nulla e ce ne si può allontanare senza nessuna ragione o decidere di non giocarla. Poi dopo, per carità, il tennis è uno sport individuale. Sinner faccia quello che gli pare. Magari appunto non gioca quest’anno e tutti hanno interesse a tenersi i rapporti buoni con lui, anche perché l’anno prossimo magari invece la giocherà. Oppure fra due anni, oppure fra tre anni, e sarà sempre un aspetto positivo. Però, secondo me, se l’avesse giocata anche quest’anno non sarebbe stato un grande sacrificio. Saluti a tutti”.