Si potrebbe immaginare che dentro a una sala per le conferenze stampa i giornalisti siano tutti sullo stesso ‘livello’. Ma non è così. Lo ha spiegato molto bene Sebastián Fest, co-fondatore e CEO di CLAY, in un suo pezzo pubblicato di recente sul suo sito. La riflessione di Fest è nata da una domanda che Elena Vesnina ha posto in conferenza stampa a Carlos Alcaraz dopo la sua prima vittoria contro Alex de Minaur alle Nitto ATP Finals. “Ho una domanda che mi viene posta da molte ragazze in tutto il mondo: il tuo cuore è stato conquistato?” è il quesito partorito dall’ex tennista russa – ritiratasi dal tennis a fine 2024 e intervistata a Torino anche dal direttore Ubaldo Scanagatta – verso il numero del mondo. Un quesito che, secondo Fest, porta con sé molti più spunti dell’effettivo “No, sono libero (ride, ndr)”, dichiarato da Carlitos.
C’è chi può e chi invece…
In questi giorni si è parlato tanto di tennis. La lotta al numero 1 di fine anno, l’imbattibilità al servizio di Jannik Sinner e la sua trafila vincente a Torino, ma anche sul cemento indoor; le emozioni regalate da Lorenzo Musetti, la rinascita di Alex de Minaur in sole 48 ore, la delusione dichiarata di Ben Shelton e Sascha Zverev, e quella presente un po’ più tra le righe di Taylor Fritz. Poi c’è Alcaraz, che nonostante per quasi tutti debba ancora mangiarne di pasta per diventare spietato come Sinner sul duro al coperto, è riuscito ugualmente a farsi strada sino alla finale. Bene, tutto questo lasciamolo da parte perché non è questo l’articolo sotto il quale discuterne. Il tennis puro non è il succo di questo discorso.
“Ci si potrebbe chiedere cosa succederebbe a un vero giornalista, un professionista dei media e non un tennista appena ritiratosi, se osasse porre questa domanda a un giocatore qualsiasi”, afferma Fest, che poi, rispondendosi da solo al proprio quesito, mette in luce la nuda e cruda verità: “Molto probabilmente si scatenerebbe una tempesta, una serie di critiche da parte dei poteri forti del tennis, seguite da minacce di revoca delle credenziali giornalistiche. La loro capacità di fare giornalismo verrebbe messa in discussione, così come il loro senso dell’etica professionale e personale, e sarebbero oggetto di feroci molestie sui social media. Chiedere ad Alcaraz se è innamorato non è una cosa da tutti. Di certo non è una cosa da giornalisti che si occupano regolarmente di tennis!” Ma c’è anche dell’altro…
TikToker, Spotify e tennisti influencer: altre realtà privilegiate
Se proprio non si riesce a chiudere occhio la notte se non si conosce la situazione sentimentale di Alcaraz, allora ci si può muovere anche in altri modi. Sempre se si lavora per determinate realtà. L’ATP, ad esempio, ha scelto 14 TikToker “dinamici” per “mettere in contatto” i fan con i giocatori. Questo grazie a un “accesso senza precedenti dietro le quinte”, fa sapere l’associazione con a capo Andrea Gaudenzi. Il nome scelto per questa iniziativa è “Tennis Creators Network”.
Oppure puoi chiamarti Spotify e realizzare un documentario sul dietro le quinte delle ATP Finals, che uscirà nel mese di dicembre, così da “avvicinare gli appassionati allo sport”, fa sapere l’ATP. Magari questa volta non si farà la fine di Break Point, la serie uscita negli scorsi anni che Netflix ha deciso di non produrre più dopo solamente due stagioni. Non se la passa meglio neanche Morgan Riddle, la fidanzata influencer di Taylor Fritz, che di recente ha rivelato le sue difficoltà crescenti nel realizzare dei fantomatici contenuti– parola abusata al giorno d’oggi – che di giornalistico, secondo Fest, hanno ben poco.
Oppure, se vuoi avere scoop, secondo il CEO di CLAY è meglio che ci dai dentro con il tennis e provi a diventare tu stesso un giocatore professionista. È il caso di Federico Coria, che con il suo cellulare registra clip e dichiarazioni dei giocatori che per un giornalista ‘normale’ sarebbe impossibile ottenere. Poi ovvio, bisogna saperlo fare e serve porsi in un certo modo. Immaginate Corentin Moutet che entra in spogliatoio con il telefono e fa lo spiritoso con Sasha Bublik registrando il tutto… Ecco appunto.
Il tennis e la guerra ai giornalisti
“Dobbiamo accettarlo: il tennis è in guerra con i giornalisti, con chi scrive, lavora in radio e non ha il vantaggio di lavorare per un grande sponsor o per una delle reti televisive che pagano fortune per far girare la ruota del tennis”, scrive Fest. “Nella stragrande maggioranza del mondo del tennis, e in molti dei suoi organi di governo, i giornalisti sono sempre meno apprezzati e sempre più disprezzati”, aggiunge.
Integriamo noi che anche il direttore Ubaldo Scanagatta ci aveva provato a far presente una faccia di questa dinamica – ovvero la concessione delle interviste – a Sinner durante lo US Open. La risposta di Jannik era stata la seguente: “Non dipende da me. Io faccio le interviste quando mi dicono, non è il mio compito organizzarle”. Quindi, se sei un giornalista ‘normale’, secondo Fest alla fine della fiera hai uno spettro di manovra limitato rispetto ad altri che godono di determinati ‘privilegi’, se così li vogliamo chiamare. “Se il futuro è quello del tennis raccontato dagli influencer e dagli sponsor, il futuro sarà quello di un tennis peggiore”, conclude Fest.
E i lettori di Ubitennis cosa ne pensano? Come vedrebbero un tennis raccontato solamente dagli influencer e dalle associazioni stesse, oltre che dagli organizzatori dei tornei?
