Netflix cancella "Break Point": cronaca e analisi di un fallimento annunciato sin dal primo episodio

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Netflix cancella “Break Point”: cronaca e analisi di un fallimento annunciato sin dal primo episodio

Numeri di ascolto troppo bassi, difficoltà a ottenere la disponibilità dei top player. “Break Point” non è riuscita a emulare “Drive to Survive” della Formula 1… ma non poteva farlo

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È già finito il flirt tra il tennis e Netflix? La risposta probabilmente è no ma il primo approccio è sostanzialmente fallito e per quanto riguarda il secondo non ci sono prospettive definite. A nemmeno una settimana dal primo incontro trasmesso in streaming dalla piattaforma americana – l’esibizione con protagonisti Nadal e Alcaraz denominata “Netflix Slam” – è emersa la notizia che la strada inizialmente seguita per avvicinarsi al nostro sport si è arenata portando a un vicolo cieco. Netflix non produrrà più Break Point, la serie modellata sull’esempio virtuoso di Drive to Survive per la Formula 1 e che si è dimostrata incapace di rispettare le aspettative.

Dopo due stagioni una più scialba dell’altra, non sarà questo il futuro del rapporto tra tennis e la piattaforma di streaming – ammesso che ve ne sia uno. I numeri raccolti sono stati insufficienti e non reggono il confronto né con Drive to Survive né con il corrispettivo golfistico Full Swing. A riportare la notizia è stato il The Times of London che riporta tra le cause della decisione presa da Netflix anche la difficoltà di collaborare con i principali personaggi del circuito, riferendosi in particolare a Djokovic.

Il grande hype e la speranza di ampliare il pubblico del tennis

Quando a dicembre del 2022 era stata annunciata l’uscita della prima stagione di Break Point, molti iniziarono a pensare che quello potesse essere l’inizio di una nuova era per il tennis. In linea con il cambio generazionale tra i giocatori, dopo il ritiro di Federer e con gli altri due Big Three evidentemente sempre più vicini anche loro al pensionamento, lo sbarco su Netflix doveva essere il simbolo della ricerca di un pubblico nuovo, desideroso di contenuti intriganti e non di “semplici” partite lunghe anche più di tre ore. Guadenzi stesso, sin dalle sue prime dichiarazioni pubbliche da Presidente dell’ATP, aveva sottolineato come i competitors del tennis non fossero tanto gli altri sport ma le serie tv. E così Break Point sembrava la concretizzazione dell’espressione (attribuita a Giulio Cesare) “se non puoi battere il tuo nemico, fattelo amico”.

Dall’altra parte, sin dalle sue origini Netflix ha sempre prestato molta attenzione all’asset sport. Ha iniziato con i documentari su singoli atleti (The Last Dance su Michael Jordan è l’esempio più alto e forse inavvicinabile), passando poi alle inchieste e infine al docu-reality (filone maggiormente seguito da Amazon con le varie edizioni di All or Nothing che hanno coinvolto anche la Juventus) e in particolare al docu-drama.

Con il tennis, però, Netflix ha fin qui fallito e il tennis ha fallito con Netflix. Vedremo dove porterà la strada del live streaming, ma al momento la sfida Nadal-Alcaraz (entrambi acciaccati ed entrambi quasi costretti a non mancare l’appuntamento per rispettare gli accordi commerciali) sembra essere stata una sorta di cattedrale nel deserto con buoni numeri in termini di ascolti ma nessun seguito definito.

Un docu-drama senza drama

In ogni caso, il primo tentativo non è andato a buon fine. Doveva essere un docu-drama per l’appunto, ma il drama non si è praticamente mai visto, come aveva segnalato Margherita Sciaulino già nella recensione dei primi cinque episodi della prima stagione. Le storie potenzialmente più interessanti sono state accantonate perché i produttori non hanno avuto la disponibilità dei loro protagonisti: il Djokovic Gate all’Australian Open nel 2022, l’incredibile trionfo di Nadal in quello stesso torneo, la vicenda doping di Halep e le accuse che hanno colpito Zverev sono solo alcuni esempi.

A proposito di Zverev, lui sì, si è reso disponibile ma probabilmente solo a condizione che venisse raccontata solo la parte edificante della sua storia: quella che prende avvio dall’infortunio al Roland Garros 2022 e che narra della sua forza di volontà capace di riportarlo nelle prime posizioni del ranking ATP, dando spazio, tra le altre cose, alla sua attuale fidanzata e alla sua fondazione che sostiene le persone affette da diabete. Così Break Point ha assunto a pieno la forma di “progetto per la ripulitura delle pubbliche relazioni che secondo Stuart Fraser del Times era emersa già nella prima stagione.

Alla radice del fallimento: alcune cause

Break Point non è riuscita a costruirsi un’identità forte. Come detto, i giocatori non hanno contribuito alla causa: sia quelli che non hanno collaborato sia, paradossalmente, quelli che lo hanno fatto. La stragrande maggioranza di questi ultimi (e su tutti Kyrgios, potenziale star della serie) non è infatti riuscita a raccogliere risultati significativi che avrebbero potuto costituire una base interessante per lo sviluppo della serie (non a caso si è parlato di “maledizione Netflix” sui giocatori coinvolti). Allo stesso tempo, però, i produttori non sono stati in grado di adattarsi a quanto avevano a disposizione e, soprattutto, alla specificità del tennis, sperando di poter riprodurre il modello di Drive to Survive senza avere le possibilità per farlo. Il tennis non è la Formula 1: “la partita di tennis si svolge soprattutto dentro l’animo dei due contendenti” diceva Gianni Clerici e perciò non è affatto impresa facile cercare di rappresentare questo sport con queste modalità narrative.

Oltretutto, i tennisti di oggi (e forse di sempre, eccezioni a parte) non sono superstar eccentriche come possono essere quelle del basket o quelle della Formula 1, storicamente più vicine al modello delle rockstar per il fanatismo che possono generare nei tifosi (uomini ma anche e forse soprattutto donne) e tendenzialmente più inclini allo sfogo e al litigio. Perciò Break Point doveva seguire un taglio diverso, rinunciando a un drama che fondamentalmente non esiste. Ed è quello che è riuscito a fare Full Swing nel golf, concentrandosi sul dualismo tra PGA Tour e il circuito LIV.

Il risultato – fallimentare – è stato che Break Point non ha né generato valore aggiunto per chi conosceva già abbastanza bene le dinamiche del mondo del tennis né è riuscita a catturare l’attenzione di un pubblico giovane che non seguiva e, a questo punto, continua a non seguire questo sport. La banalità, sottolineata da un commento di Opelka al prodotto, ha dominato per due stagioni e 16 episodi complessivi e così l’interruzione della serie era inevitabile.

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