Italiano English Français
HOMEPAGE > > Barbara Schwartz talento incompreso

23/12/2010 01:07 CEST - PROFILI

Barbara Schwartz talento incompreso

TENNIS - In pochi ricorderanno la mancina austriaca, ritiratasi a soli 27 anni per ricorrenti problemi fisici. Tennista brillante, a tutto campo, nel 1999 stupì il mondo al Roland Garros: partita dalle qualificazioni, arrivò fino ai quarti battendo tra le altre Venus Williams. In seguito gli infortuni le diedero poco respiro, ma si prese comunque gli scalpi di Seles, Dementieva, Majoli, Coetzer. Fino all'ultimo acuto di Innsbruck... Samuele Delpozzi

| | condividi

Nella seconda delle tre puntate dicembrine dedicate a personaggi misconosciuti, ci occuperemo di una coetanea di Olga Barabanschikova, conturbante protagonista del primo capitolo.
Nata a Vienna il 27 gennaio 1979, Barbara Schwartz si inserisce in un curioso filone che comprende molti altri tennisti del suo paese: l'uso della mano sinistra. Tuttavia, al contrario di muscolari di successo come Muster e Koubek, o di pedalatori come la Bammer, la Schwartz si distingue per l'uso raffinato dell'attrezzo, più simile al quasi coetaneo Melzer.

Gli inizi
Il cammino della viennese comincia, come quasi sempre accade, dai tornei juniores: una trafila culminata con il titolo europeo conquistato nel 1997 a Klosters, Svizzera, dopo i quarti a Wimbledon e le semifinali al Roland Garros nei due anni precedenti. Risultati che le fanno toccare anche il numero 5 del ranking giovanile.
Passata professionista a soli 15 anni, a fine 1994 è già a ridosso delle prime 500. Nelle successive cinque stagioni aggiungerà sempre qualche tassello al puzzle, migliorando costantemente il suo ranking di fine anno. Nel 1995 arriva infatti il primo titolo ITF, il 10 mila dollari sulla terra svizzera di Bossonnen, l'anno seguente il debutto WTA a Linz, dove supera tre turni di qualificazioni prima di arrendersi all'esperta Asa Carlsson-Svensson. Il 1997 è invece una stagione double-face: inizialmente funestata dagli acciacchi e relativo calo di fiducia – 8 sconfitte di fila al primo turno, classifica sprofondata di oltre 200 posizioni – la campagna si chiude in modo trionfale, una volta ritrovata la piena efficienza fisica: 27 vittorie in 29 incontri, 3 finali consecutive (di cui 2 vinte) ed una semifinale, partendo sempre dalle qualificazioni.

L'arrivo ai piani alti e la magia di Parigi
È però l'anno seguente che Barbara inizia a farsi notare nel tennis che conta, irrompendo tra le prime 100 grazie alla vittoria nel ricco ITF di Lisbona e ad un inaspettato terzo turno al Roland Garros, dove impegna duramente Monica Seles nel secondo set. Esordisce inoltre a Wimbledon e US Open – oltre che in Fed Cup, dove perde 9-7 al terzo dalla nostra Silvia Farina – mentre a fine stagione coglie un altro titolo minore in Inghilterra.
E veniamo finalmente al 1999. A gennaio un primo biglietto da visita importante, il set strappato alla Graf al secondo round di Melbourne. In primavera batte invece Jelena Dokic in Fed Cup, ma è a Parigi – sua città preferita – che la zucca si tramuta in scintillante carrozza: partita nuovamente dalle qualificazioni, ormai marchio di fabbrica, la Schwartz infilza Monami (numero 14 mondiale, 6-1 6-0!), Boogert e Dechy (numero 28, 6-2 6-1!), presentandosi così come vittima sacrificale per Venus Williams agli ottavi. Sì, perché Venere aveva appena tinto di nero la campagna rossa – vittorie ad Amburgo e Roma con autorità impressionante – tanto da esser considerata tra le primissime favorite per sollevare anche la Coupe Suzanne Lenglen... e invece. Invece, dopo un avvio secondo copione (6-2 Venus il primo), l'austriaca mostra al mondo tutte le sue qualità: giocatrice dal fisico imponente – 1 metro e 81 per quasi 70 chilogrammi – e dotata di un servizio pesante, impressiona soprattutto per i fondamentali piattissimi che filano verso gli angoli quasi fossero telecomandati. E per quanto lei consideri il diritto il suo colpo migliore, personalmente ho sempre preferito il rovescio, giocato ad una mano, velenoso in back e violentissimo nella variante piatta o con leggero top... una sbracciata che ricorda quella del geniale Petr Korda. Ed è proprio così, iniziando a spolverare le righe da ambo i lati, che riesce ad agganciare la ruota dell'americana: in un emozionante tie-break del secondo, la Schwartz annulla con coraggio ed un pizzico d'incoscienza ben 3 match point alla Williams, chiudendo poi 9 punti a 7. Il terzo, con Venus sbigottita al limite dello shock, si trasforma in un clamoroso recital di "Babsi", che va a chiudere 2-6 7-6 6-3 con un altro paio di rovesci al fulmicotone.
Il quarto di finale con la Hingis – allora numero 1 mondiale ed in forma chirurgica – ne mette invece a nudo tutti i limiti negli spostamenti, disagio acuito da una buona dose di comprensibile emozione. Nonostante la netta sconfitta (6-2 6-2 in un'oretta di gioco), la viennese può comunque festeggiare l'ingresso a passo di carica tra le prime 50.
Nel prosieguo di stagione, a Wimbledon mette alla frusta una Kournikova ancora altamente competitiva, e chiude l'annata con un paio di quarti di finale al coperto (Bratislava e Linz), fermata a fatica da Amélie Mauresmo in entrambi i casi. Il ranking di fine anno fa segnare la 42° posizione.

Infortuni, ultimi fuochi e ritiro
Proprio quando la Schwartz sembrava lanciata verso una brillante carriera – come minimo da top-20 – ecco arrivare il fisico, possente ma fragile, a presentare i primi, salatissimi conti: l'anno seguente gioca appena 6 tornei, senza mai superare il primo ostacolo. La sua stagione si conclude prematuramente sui prati londinesi, crollando in classifica oltre il numero 700.
Nel giugno 2001 si ripresenta priva di ranking al torneo di Tashkent, e già alla seconda uscita – a Wimbledon, mica a Roccacannuccia... – infila 5 vittorie consecutive partendo dalle qualificazioni: tra le vittime anche Chanda Rubin, testa di serie numero 25, sconfitta in 3 set al primo turno. Al terzo round si ferma poi contro la talentuosa russa Lina Krasnoroutskaya. Eccellente anche la campagna sul cemento americano, dove si annette il grosso ITF del Bronx e conquista un altro splendido terzo turno a Flushing Meadows: reduce dalle "quali" (ma dai?!), batte in successione Coetzer (13) e Razzano, prima di sfiorare il colpo anche contro la Likhovtseva (21)... finisce 6-7 7-5 6-4 dopo quasi 3 ore di lotta. A fine anno è di nuovo all'88° posto, una scalata che le sarebbe valsa come minimo una nomination a "Comeback player of the year"... se solo il premio fosse già esistito!
Il 2002 è un altro anno travagliato, nuovamente interrotto sul più bello allo US Open, poco dopo aver conquistato il primo titolo WTA di doppio, a Bruxelles. Diventa però una sorta di eroina nazionale quando a Charlotte, in Fed Cup, firma due clamorosi successi su Seles e Shaughnessy, regalando all'Austria la vittoria esterna per 3-2 sugli USA. A luglio si ripete in quel di Portschach, trascinando nuovamente la squadra biancorossa nel 4-1 rifilato alla Croazia, battendo sia Majoli che Kostanic. Purtroppo l'ennesimo infortunio le preclude la partecipazione alla semifinale di Maspalomas contro la Spagna, dove le ragazze austriache si arrendono al doppio decisivo. Con lei in campo, sul veloce indoor delle Canarie, chissà.
Da allora i problemi fisici (spalle, ginocchia, caviglie...) si fanno via via più insistenti, e le finestre di tempo entro cui ritagliare del buon tennis si fanno sempre più anguste: nel 2003 non riesce neppure a festeggiare l'ottimo terzo turno australiano, con scalpo della Dementieva – per l'ennesima volta entrando dalla porticina delle qualificazioni – che la sua stagione è già al capolinea.
Il 2004 – altra annata tristissima – le regala un secondo titolo in doppio (Bogotà), ma soprattutto gli ultimi fuochi in una delle competizioni più amate, la Fed Cup. Lo cornice è da brivido: in uno stadio approntato ai piedi del trampolino olimpico di Innsbruck, le austriache affrontano nuovamente gli Stati Uniti nei quarti del World Group. La Schwartz mette alle corde Chanda Rubin nel primo incontro, pur perso 6-4 al terzo.... poi, dopo i due singolari incamerati dalla Schett, sigla il punto decisivo al termine di un'epica maratona con Lisa Raymond: 7-6 4-6 10-8, ed è nuovamente delirio biancorosso. L'ennesima gioia di breve durata, però, visto che anche in questo caso Barbara sarà costretta a saltare la semifinale di Mosca, dove le compagne verranno sbaragliate 5-0 dallo squadrone russo.
E se pure il ritiro verrà ufficializzato solo due anni più tardi, quell'ultimo incontro nella capitale del Tirolo, con il leggendario Bergisel sullo sfondo, può considerarsi il suo testamento spirituale. L'ultima volta in cui ha davvero "volato" su un campo da tennis, come gli eroi del salto con gli sci.

Samuele Delpozzi

comments powered by Disqus
Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi

Fotogallery a cura di Giacomo Fazio

Ubi TV

Il guardaroba di Aravane Rezai

Quote del giorno

"Non ci sono cattive chiamate".

Ivan Lendl a chi gli chiedeva perchè amasse così tanto il golf.

Accadde oggi...

    19 Dicembre 1975

Jimmy Connors vince un match drammatico contro Marcelo Lara 6-2 6-1 3-6 4-6 7-5 nel secondo turno della Coppa Davis tra Stati Uniti e Messico a Città del Messico.

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker