Italiano English Français
HOMEPAGE > > Il fascino dei bad boys

20/12/2010 18:00 CEST - Storie di tennis

Il fascino dei bad boys

TENNIS - "Nella cattiveria c'è più sostanza, più tecnica, più stile, più rumore, colore, gusto, più immaginazione, più passione, più varietà, più di qualunque altra cosa possiate nominare". Così scriveva Curry Kirkpatrick nel 1972. E oggi, con il trionfo sempre più marcato del politically correct, molti guardano con nostalgia alla stagione dei Nastase, dei McEnroe e dei Connors. Rossana Capobianco e Alessandro Mastroluca

| | condividi

«Un giorno, dopo un brutto fallo ricevuto, l'autore del fallo (un certo Jorge Valdano) mi accusò di simulazione. Al che io gli dissi: "Quanti anni hai, ragazzo?". Lui con aria seccata rispose: "20 anni". "A 20 anni, a Johan Cruijff.. si da del lei"».

Fantastico ed esplicativo esempio di carisma. Cosa c'entra con quello che stiamo per introdurre? Molto, in realtà. L'interprete più puro e simbolico del calcio totale, il tulipano volante, all'anagrafe -olandese- Johan Cruijff, non è solo stato un grandissimo calciatore. Non ha soltanto vinto tre volte il pallone d'oro, tre Coppe dei Campioni e deliziato attraverso le sue giocate milioni di tifosi in tutto il mondo. E' stato anche un vero ed autentico personaggio.

Con una precisa personalità, uno di quelli a cui si guarda adesso con nostalgia e tendenze mitomani mentre i Cassetti, i Marchisio e i Di Natale affollano le domeniche calcistiche.

La "crisi" dei veri personaggi sportivi è, negli ultimi anni, oggetto di molte discussioni. Ma dal discorso generale, che può sicuramente trovare eccezioni, passiamo a quanto realmente ci interessa: il nostro sport.

Il tennis dei giorni nostri vede gli appassionati dividersi per lo più in due tronconi (sì, il bipolarismo spadroneggia anche qui, amici): Federer e gli apostoli, Nadal e i suoi seguaci. Si sente spesso dire che è una vera fortuna per il tennis che due così grandi rivali siano in realtà amici -persino con un uso piuttosto superficiale, di questa parola- ma è davvero così? E' davvero un bene o se i Fab Four fossero davvero Fab Four e lasciassero da parte un po' di bontà delle volte certo non proprio spontanea ci si divertirebbe anche di più?

Accantoniamo immediatamente i fraintendimenti: nessuno qui sta dicendo che Federer e Nadal siano privi di spina dorsale e che il resto del circuito sia una noia mortale. Nessuno pensa che fingano per quieto vivere o per compiacere lo sponsor, ma probabilmente se gli interessi attorno e i media non fossero così presenti e pressanti, qualche buona parolina ogni tanto verrebbe a mancare.O forse qualcosa in più. Stiamo allora parlando dei cosiddetti Bad Boys? Non necessariamente ci si deve comportare male per avere carisma, ma certo una personalità ha anche delle sfaccettature genuinamente "cattive".

L'ultimo vero personaggio "a tutto tondo" del tennis rimane Marat Safin, almeno a livello altissimo. Marat, che spaccava racchette e spiegava agli arbitri come pronunciare il suo nome, che si copriva le orecchie se un giudice di linea urlava troppo forte "Out!", che lo indicava accusandolo di manie di protagonismo (minuto 2:17), che non si curava di dire cose non appropriate o spiacevoli in conferenza stampa, o di non dare la mano ad un avversario che non giudicava corretto. Che poteva anche non parlare o non lamentarsi, ma di certo "subivi" la sua personalità, nel bene o nel male.

Dei giocatori attualmente sul circuito, dobbiamo accontentarci delle vere perle di Andy Roddick in sala stampa, delle imitazioni di Djokovic, ormai un po' stantie, e degli attacchi isterici di Serena Williams. O peggio, di Daniel Koellerer, che ogni tanto è come una boccata d'aria fresca, si deve dire (in questo articolo il nostro Livio Costarella lo aveva ben ritratto)

Sembrano ormai lontani i tempi in cui un tennista dell'Illinois, vincitore di otto titoli dello Slam e detentore del record di tornei vinti (ben 108, arrivateci se potete) dichiarava, seguito a ruota da un newyorkese che per personalità non gli era secondo, il proprio disprezzo per gli avversari. E' nota una frase meravigliosa di Jimbo: "I hate to lose more than I love to win". Detestava perdere, Connors, perchè anche più insopportabile del fatto di non vincere era veder trionfare il proprio avversario. E non tardò di fare sapere, qualche tempo fa, che non capiva perchè nessuno avesse mai pensato di rovesciare le preziose bottigliette di Rafa durante un cambio campo. Per lui, la tentazione sarebbe stata troppo forte. Come quella per la quale a Flushing Meadows fece rimanere di sasso Corrado Barazzutti:


E che anche oggi, darebbe una lezione di forza e senso della competizione a molti:

39 anni, amici. 39 e un polso rifatto.

In quei gloriosi anni '70 Connors era indubbiamente in buona compagnia. Sono gli anni del Nasty per antonomasia, Ilie Nastase.

"E' una certezza basilare: bad è sempre stato meglio di good. Nella cattiveria c'è più sostanza, più tecnica, più stile, più rumore, colore, gusto, più immaginazione, più passione, più varietà, più di qualunque altra cosa possiate nominare". Inizia così il ritratto che nel 1972 Curry Kirkpatrick gli ha dedicato, su Sports Illustrated.

In campo, ogni sua partita diventa uno spettacolo, qualcosa a metà tra il circo e un reality. Qualche esempio? Nel 1972, a Richmond, per protesta contro i giudici di linea decide di "scioperare" per un quarto d'ora. Quando finalmente rientra, col suo sorriso beffardo, l'avversario, il portoricano Charlie Pasarell, è deconcentrato e fumante di rabbia. Naturalmente, Pasarell perde, e non riuscirà a toccare una racchetta per quattro giorni. "E' stata l'unica volta che ho davvero desiderato prendere a pugni uno che mi aveva battuto" ha detto.

Al Roland Garros dà dell'animale a Cliff Richey, gesto che gli si ritorce contro quando, in un match successivo, fa l'imitazione dell'avversario di turno,Clark Graebner. L'americano non sta allo scherzo, scavalca la rete, lo prende per il collo e gli urla: "Tu non farai a me quello che hai fatto a Richey a Parigi, bastardo! Se non la pianti, ti spacco la testa!". Nastase, ridotto a più miti consigli, perde.

Resta indimenticabile il match di primo turno al Masters del 1975, a Stoccolma, contro Arthur Ashe. Per tutto l'incontro Nastase ricorre a tutto il suo arsenale di proteste, grida e crisi isteriche, continua a insultare Ashe chiamandolo "Negroni" finché l'americano, avanti 4-1 nel terzo, mette giù la racchetta. "Ne ho abbastanza" dice, "a questo punto temo di perdere il controllo. Me ne vado. Preferisco perdere questa partita che il rispetto di me stesso". L'arbitro, Horst Klosterkemper, squalifica anche Nastase producendo un match con due perdenti. Il giorno dopo, in una riunione, si decide di assegnare la vittoria a Ashe. Per la cronaca, Nastase vincerà il torneo, demolendo in finale Borg 62 62 61.

Il punto più alto (o più basso) lo raggiunge al secondo turno degli Us Open 1976, a Forest Hills. Nasty sopporta male le due crisi di crampi che colpiscono il suo avversario, il tedesco occidentale Hans Pohmann. Quando, sul match point per Nastase, Pohmann chiede il terzo intervento dei medici, Nasty straripa. Strepita contro l'arbitro e contro Pohmann e, dopo aver vinto al tie-break, lo rincorre negli spogliatoi dandogli del bastardo e del nazista. Molti chiedono la squalifica a vita, lui se la cava con una multa da mille dollari.

"Il pubblico pagava il biglietto" ha sempre detto per giustificarsi. "Aveva diritto allo show".

Delle bizze di McEnroe tutti sappiamo, soprattutto gli arbitri, per i quali nutriva vera sufficienza, considerandoli ex tennisti frustrati pronti a svilire ogni umano gesto tennistico altrui.

Ha dato a Ted James dell'idiota incompetente, è sempre stato convinto che, in fondo, non possono essere seri, e per questo l'All England Club non gli concesse il titolo di socio onorario dopo la sua vittoria a Wimbledon. McEnroe reagì disertando la cena in onore del vincitore indetta dal club, affermando: "Preferisco passare la serata con la mia famiglia e i miei amici e non con un gruppo di 70-80enni che mi dicono che mi comporto da idiota". In barba a tutti i convenevoli aristocratici britannici.

Alcune delle sue esplosioni di collera sono diventate un cult: come la domanda che ancora attende una risposta, nella fredda Stoccolma, dal 1984,da una partita in cui rompe il frigorifero con la racchetta e fa volare i vetri anche sul vestito del re di Svezia. O lo sfogo memorabile con Richard Ings nel terzo turno degli Us Open 1987, con BigMac che, dopo un warning e un penalty point, prende il microfono della Cbs e urla: «Adesso che farai, eh? Mi darai un game penalty?». E' esattamente quello che succede.

Non che la competitività diminuisca con il passare del tempo. Durante un'esibizione con Leconte, nel 2000, dopo appena 10 punti McEnroe contesta una chiamata. Dal pubblico qualcuno gli urla: "Andiamo, Mac, non così presto". McEnroe risponde: "Hai un appuntamento? Che ti frega, idiota? Che problema hai, a parte essere un disoccupato, un cretino e un coglione?". Superbrat aveva 41 anni, allora.

Salvo qualche bizza di Agassi e poco altro (l'uscita dal campo di Tarango a Wimbledon nel 1995, in protesta con l'arbitro, Bruno Rebeuh, definito "corrotto" e schiaffeggiato dalla moglie di Tarango all'uscita dal campo), oggi non si va troppo oltre la stretta di mano e la correttezza. Frasi impostate, che si potrebbero trascrivere prima che vengano dette. Siamo davvero convinti che sia quello che vogliamo? Tutto quello di cui la passione ha bisogno?
 

Rossana Capobianco e Alessandro Mastroluca

comments powered by Disqus
Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi

Fotogallery a cura di Giacomo Fazio

Ubi TV

Il guardaroba di Aravane Rezai

Quote del giorno

"Non ci sono cattive chiamate".

Ivan Lendl a chi gli chiedeva perchè amasse così tanto il golf.

Accadde oggi...

    19 Dicembre 1975

Jimmy Connors vince un match drammatico contro Marcelo Lara 6-2 6-1 3-6 4-6 7-5 nel secondo turno della Coppa Davis tra Stati Uniti e Messico a Città del Messico.

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker