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04/11/2010 19:21 CEST - IL LIBRO DI AGASSI

Lui ha 9 anni. Ti sfiderà per soldi

I miei incontri pubblici sono soprattutto affari loschi. Ho una routine consolidata per fregare gli “sciocchi”. Per prima cosa, scelgo un campo con grande visibilità, dove gioco da solo, colpendo la palla verso tutte le direzioni. Secondo, quando qualche giovane presuntuoso o quando un ospite ubriaco del casino passano, li invito a giocare. Terzo, mi faccio...Traduzione a cura di Giulia Vai

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Terza puntata della nostra rivisitazione (tradotta e commentata) del libro di Andre Agassi: "Open: an auotibiography". In questo capitolo, le perfidie di un piccolo Andre. In fondo all'articolo, i link con le puntate precedenti.

A parte le esibizioni occasionali con giocatori di alta classifica, I miei incontri pubblici sono soprattutto affari loschi. Ho una routine consolidata per fregare gli “sciocchi”.
Per prima cosa, scelgo un campo con grande visibilità, dove gioco da solo, colpendo la palla verso tutte le direzioni. Secondo, quando qualche giovane presuntuoso o quando un ospite ubriaco del casino passano, li invito a giocare. Terzo, mi faccio battere sonoramente. Infine, con il tono più commovente possibile, gli chiedo se vorrebbero giocare per un dollaro. Forse cinque? Prima che si rendano conto di quello che sta succedendo, sto servendo per il match e per 20 dollari.
Non dite a mio padre dei miei affari extra. Non che lui pensi che sia sbagliato. Solo che non mi va di parlargli di tennis più dello stretto necessario.
Inoltre mio padre ha già il suo trambusto. È successo al Cambridge Racket Club a Vegas. Mentre camminavamo un giorno, mio padre indica un uomo che sta parlando con il sig. Fong, il proprietario. È Jim Brown, mi sussurra mio padre. Il più grande giocatore di football di tutti i tempi.
È un enorme blocco di muscoli, indossa scarpe da tennis bianche e calze tubolari. Si sta lamentando con il sig. Fong su dei soldi di un incontro sfumati.
Mio padre si fa avanti. Sta cercando una gara?
Sì, dice il sig. Brown.
Mio figlio Andre giocherà con lei.
Il sig. Brown si gira. Mi guarda e poi rivolto a mio padre.
Non gioco contro un ragazzino di otto anni!
Nove.

Guardi, dice il sig Brown, non gioco per divertimento, ok? Gioco per soldi.
Mio figlio la sfiderà per soldi.
Ho sentito un rivolo di sudore scendere dall’ascella.
Sì? Quanto?
Mio padre ride e dice, scommetto la mia c***o di casa.
Non ho bisogno della sua casa, dice il sig. Brown, ce l’ho una casa. Diciamo diecimila dollari.
Ci sto, dice mio padre.
Mi incammino verso il campo.
Aspetti, dice il sig. Brown. Voglio prima vedere i soldi.
Vado a casa a prenderli, dice mio padre. Ritorno subito.
Mio padre si affretta. Sento un peso nel mezzo del petto. Che cosa succederà a me, a mio padre, a mia madre e ai miei tre fratelli, se perdo i risparmi di una vita di mio padre?
[...]

La personalità di Andre, esplosa in età adulta sotto forma di carisma, si manifesta già in giovane età. Ha pura di perdere i soldi del padre, ma la paura resta dentro di lui. Non emerge all'esterno. Il piccolo Andre è una macchina da guerra. Nasce così, dai match come quelli contro il Signor Brown, la sua grande capacità di giocare i punti importanti. Quando stava bene ed era focalizzato sul tennis, Andre non li perdeva mai.

Lentamente mi rendo conto che il sig. Brown mi sta osservando. Fissando. Si avvicina e mi stringe la mano. La sua è callosa e grande. Mi chiede da quanto giochi, quanti incontri abbia vinto e perso.
Non perdo mai, gli dico tranquillamente.
I suoi occhi si stringono. Il sig. Fong prende il sig. Brown da parte e gli dice: Non farlo, Jim.
Il ragazzo lo vuole, sussurra il sig. Brown. Lo sciocco e i suoi soldi.

Non capisci, dice il sig. Fong, perderai, Jim.
Di che diavolo stai…? È solo un ragazzino.
Questo non è un ragazzino qualunque.
Sei pazzo.
Il sig. Brown si riavvicina e inizia a far domande a raffica.
Quanto giochi?
Ogni giorno.
No- Per quanto tempo giochi? Un’ora, un paio d’ore?
Mio padre ritorna. Ha le mani piene di pezzi da cento. Li agita in aria. Ma il sig. Brown cambia idea.
Questo è quello che faremo, dice il sig. Brown a mio padre. Giochiamo due set, e poi decidiamo quanto scommettere sul terzo.
Faccia come vuole.
Giochiamo sul campo 7, all’ingresso. Una folla si è riunita e rumoreggia dopo la mia vittoria del primo set, 6-3. Il sig. Brown scuote la testa. Parla tra sé e sé. Sbatte la racchetta per terra. Non è contento, siamo in due. Sento che dovrei fermarmi da un momento all’altro, perché devo vomitare.
Nonostante ciò, vinco il secondo set, 6-3.
Ora il sig. Brown è furioso. Si mette in ginocchio, si allaccia le stringhe. Mio padre si avvicina.
Allora? Diecimila?
Noo, dice il sig. Brown. Perché non scommettiamo solo 500 dollari?
Faccia come vuole.
Il mio corpo si rilassa. Voglio danzare sulla riga di fondo, sapendo di non dover giocare per 10,000 $.
Il sig. Brown nel frattempo, sta giocando in modo meno rilassato. Improvvisamente inizia a fare palle corte, alzare pallonetti, angolare la palla negli angoli, provare rotazioni e tutti i generi di giochetti. Sta cercando di farmi correre avanti e indietro, di stancarmi. Ma non mi posso stancare, e non posso perdere. Batto il sig. Brown 6-2.
Il sudore corre lungo la sua faccia, tira fuori dalla sua tasca e conta cinque pezzi da cento. Glieli consegna a mio padre e poi si volta verso di me.
Grande partita, figliolo.

Mi chiede quali siano i miei obbiettivi, i miei sogni. Inizio a rispondere, ma mio padre si intromette.
Sarà il numero uno al mondo.
Non gli scommetterei contro, dice il sig. Brown.

Profezie che si autoavverano.

MIO PADRE (Traduzione di Roberto Paterlini)

1977 - CAPITANO BRUTTE COSE QUANDO MIO PADRE E' TURBATO (Trad. di A. Mastroluca)

PROLOGO (Traduzione di Veronica Villa)

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker