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08/11/2010 10:03 CEST - FINALE FED CUP

Italy-Usa 2-0: quasi fatta

TENNIS - Le azzurre vincono i primi due singolari: la Fed Cup è a un passo. Tanti tifosi per le azzurre e anche tanti giornalisti. Inclusi diversi spesso assenti nei Grandi Slam: la "colpa" non è loro ma di una cultura e di editori...un po' troppo provinciali. Prevale la logica del trionfo per salire sul carro dei vincitori. Come hanno fatto gli Stati Uniti a centrare due finali di fila con le riserve? Ubaldo Scanagatta

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La sorpresa non è certo che l’Italia conduca 2-0 dopo i primi due singolari di Fed Cup a San Diego. Direi, onestamente e senza voler passare da presuntuosi, che era proprio scontato. Troppa la differenza fra le nostre e le americane, la n.1 fuori dalle top.50 (58), la n.2 fuori dalle 100 (114). Trasferta o non trasferta, campo sintetico (e neppure troppo veloce), si ha un bel dire che la classifica in Fed Cup non conta, ma è semmai in Coppa Davis che conta meno, perché il divario fra il n.10/20 uomo e il n.100 è molto inferiore rispetto a quello che c’è nelle donne fra la n.10 e la n.100.

La sorpresa _ e non è che io voglia cercare il pelo nell’uovo, perché ovviamente sono contentissimo che si stia sul 2-0 _ è semmai che si sia dovuto soffrire così tanto per conquistare il secondo punto. Due ore infatti. Tante ce ne sono volute alla Pennetta per rimandare negli spogliatoi a testa china e con i crampi, la modesta Mattek-Sands.

Più d’un’ora e 20 ha impiegato per il solo primo set (7-6,7 punti a 4, prima del 6-2 del secondo set). A Flavia va dato tuttavia il non piccolo merito di essere stata solida di testa _ come magari non sarebbe stata fino a 3 anni fa _ per essere riuscita a portare comunque a casa il suo punto in una giornata in cui ha giocato decisamente male. Era proprio spenta, giocava a due all’ora, subiva sempre. Infatti, dopo che Francesca Schiavone aveva regolato l’esordiente Coco Vandenweghe con un 6-2,6-4 in un’ora e 26 minuti, che avrebbe potuto essere anche più netto se Franci non si fosse fatta recuperare un break di vantaggio, la stanchissima “Penna” si era complicata terribilmente la vita dopo aver condotto il primo set per 5-1.

Un 5-1 magari un po’ bugiardo perché c’era stato più equilibrio di quel che dicesse quel punteggio, anche se Flavia aveva _ alla fin fine _ avuto più d’un’occasione per vincere anche l’unico game perso. Poi però c’erano stati ben cinque games di fila vinti da quella mediocre giocatrice che è certo sempre stata, ed è ancora, Bethanie Mattek-Sands.

Basti pensare, a riprova di quanto dico, che nel primo set la Mattek-Sands ha commesso 36 errori gratuiti e ciò sebbene Flavia giocasse così corto che i suoi colpi parevano veri assists per farle fare bella figura.

Nonostante quella caterva di errori l’americana dai calzettoni rossi era riuscita ugualmente a conquistarsi un setpoint. Chissà che in quei momenti Corrado Barazzutti non rimpiangesse fra sé e sé _ non l’avrebbe mai ammesso _ di non aver messo in campo Robertina Vinci, certo più in forma. Questo anche se, francamente chiunque al posto di Corrado, ben difficilmente avrebbe avuto il coraggio di lasciare in panchina una spenta “Penna” per la Vinci, sì più in forma ma non paragonabile come singolarista a Flavia per i risultati a livello internazionale in singolare e in Fed Cup.

Per nostra buona sorte proprio sul setpoint per la Mattek (6-5,30-40) Flavia ha servito bene e giocato poi uno dei punti più coraggiosi di un match intriso di paura, quello che _ perfino nel secondo set con la Mattek che non ce la faceva più _ ha costretto Corrado a gridarle per tutta la partita : “Spingi, spingi, tira!” oppure anche “Prova a passare più alto sopra la rete” nel tentativo di farle allungare colpi evidentemente rattrappiti dalla tensione, dalla mancanza di lucidità.

Spinta quasi dalla forza della disperazione Flavia (che nel corso del match ha commesso ben 7 doppi falli a riprova del suo stato emotivo assai particolare) su quel setpoint importantissimo per la Mattek è venuta a rete e ha giocato una volee di rovescio vincente.

Flavia ansimava a fine scambio come fosse proprio in apnea la nostra, costretta a rincorrere gli affondo della Mattek che, grazie alla scarsa profondità dei colpi della “Penna” giocava più dentro il campo della nostra, proprio perché non poteva farne a meno.

Già al cambio di campo del 4-1 per Flavia s’era visto il professor Parra che, nel passare a Barazzutti un bicchiere di integratori, gli allungava alcune bustine colorate a Barazzutti che, quasi infastidito, metteva rapidamente sotto l’asciugamano. Ancora a fine tiebreak si udiva lo stesso Parra invitare Corrado: “Dagliele, dagliele…”.

Ho visto un sacco di gente in tribuna a tifare le azzurre, papà e mamma Concita, tanti federales, non solo Binaghi (seduto accanto al presidente ITF Ricci Bitti), il consigliere addetto Daniele, il “ministro degli esteri” Brunetti, il direttore della comunicazione FIT, il capufficio stampa Angelo Mancuso e la moglie Amanda, la “capo tifosa” per l’occasione Alessandra Fracassini, i genitori di Flavia Oronzo (che soffriva come e più di sempre…) e Concita, un nutrito gruppo di tifosi giunti dal'Italia.

E’ proprio vero che niente piace …come vincere. Chiunque si batta. Soprattutto quando non ci si è abituati. E, salvo che le ragazze in questi anni di Fed Cup da noi onorata al massimo e dagli altri talvolta snobbata, sono 30 anni che il nostro tennis (Schiavone a parte) non vince nulla.

Ma il fatto che il Corriere della Sera mandi un suo inviato a San Diego per una partita contro la n.58 e la n.116 del mondo, così come Repubblica anche se questi non è Gianni Clerici (lo sottolineo non perché Paolo Rossi non sia un bravo giornalista, ma perché Clerici da sempre si…manda da solo, dove decide va, non deve chiedere al proprio giornale: “Ehi mi mandate?”), idem Tuttosport, e che la FIT mandi tutto il suo staff al completo _ più che legittimo, ci mancherebbe _ quando poi magari agli Slam non europei non si vede nessuno (o tutt’al più per pochi giorni), a me pare rifletta una certa provincialità che, peraltro, è condivisa da tutta la stampa nazionale italiana. Un po’ come alle Olimpiadi dove ci si esalta se L’ITALIA (a lettere maiuscoli e con inno di Mameli a corredo) si vince un oro nel tiro al piattello, o nell’arco, salvo poi ignorare tutti quegli sport, i loro campioni (con sacrifici annessi e connessi) per quattro anni.

La Schiavone che vince Parigi è una grandissima notizia, che segue una grandissima impresa. E che merita quindi di essere esaltata.

Una vittoria in una competizione come la Fed Cup, la cui serie A è disputata da 8 squadre in tutto e nemmeno tanto motivate (si pensi alle russe che pur avendo fior di giocatrici fanno fatica a schierare una formazione decente), mi esalta fino ad un certo punto, so che verrà enfatizzata oltre misura per motivazioni anche “politiche” ed ho già letto articoli che io giudico esageratamente celebrativi, anche se sono il primo a dire…beh, se le Williams non vogliono giocarla sono fatti loro e peggio per loro e per gli Stati Uniti, viva l’Italia…perché fra qualche anno sul palmares ci sarà scritto Italia e non come ha vinto e contro chi (nel senso di quali erano le avversarie della finali). Semmai una perplessità tecnica nei confronti di questa Fed Cup che ci apprestiamo a vincere per la terza volta in cinque anni mi pare deontologicamente doverosa, anche se non la leggerete probabilmente _ ci scommetterei _ in molti resoconti dei nostri inviati perché non suona nel momento delle feste e delle celebrazioni…politically correct. E perché chi invece ha il coraggio di scriverlo rischia di passare per nemico della patria, quando non di peggio.

Ma come fanno gli Stati Uniti con questa squadra di riserve orfane delle Williams a raggiungere ugualmente due finali consecutive?

Ubaldo Scanagatta

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker