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10/12/2010 09:37 CEST - Reportage

Se non uccide
fa crescere

TENNIS - La vittoria in Coppa Davis della Serbia è il simbolo del successo di due generazioni di tennisti che hanno vissuto le sofferenze della guerra uscendone più forti. Tutta la storia del tennis serbo, da Monica Seles a Novak Djokovic, è fatta di orgoglio e di conflitti, di sangue e di rinascite. E' la storia di una lotta darwiniana per la realizzazione di un sogno. Alessandro Mastroluca PARTE 2 - PARTE 3

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Ha scritto l'autore serbo di aforismi Zoran T. Popovic: "I serbi hanno sognato una Grande Serbia. I croati una Grande Croazia. I macedoni una Grande Macedonia, gli albanesi una Grande Albania. In breve, la Yugoslavia è stato il paese dei sogni".

Il sogno serbo inizia, paradossalmente, con una sconfitta, nella battaglia della Piana dei Merli (l'odierna Kosovo Polje) contro l'esercito ottomano nel 1389: il principe Lazar, che guidava l'esercito slavo, è stato canonizzato dalla Chiesa nazionale.

Nello sport il sogno si è trasformato nella realtà di una Serbia diventata grande nella pallavolo, nella pallanuoto, nel basket. Senza contare le presenze con le maglie degli azzurri di Jugoslavia, dalla fine della prima guerra dei Balcani i serbi (fino al 2006 insieme al Montenegro) hanno vinto due campionati mondiali di basket (1995, su cui torneremo, e 2002) e un Europeo nel 2001; sono stati campioni continentali nel volley, sempre nel 2001, prima di vincere due bronzi mondiali (2005 e 2007) e del terzo posto europeo a Roma quest'anno, con Nikola Grbic votato miglior palleggiatore del torneo. Due anni fa ai Giochi di Pechino solo i giudici tolsero a Milorad Cavic l'oro nel millimetrico e contestatissimo arrivo dei 100 farfalla con il serbo unico capace di mettere paura al Cannibale di Baltimora, Michael Phelps.

Anche senza successi di rilievo (a parte due finali europee perse, nel '60 contro l'Urss e nel '68 contro l'Italia), lo sport nazionale rimane il calcio. Anche se il tennis, con i trionfi di Novak Djokovic, Jelena Jankovic e Ana Ivanovic, e la Davis alzata al primo tentativo nell'entusiasmo incontenibile dei 20 mila della Belgrade Arena, sta insinuandone il primato.

Le origini del tennis in Serbia
Nonostante siano da considerare dei parvenu di lusso tra le nazioni di vertice del tennis mondiale, i serbi giocano a tennis almeno dal 1893. Dopo la Prima guerra mondiale a Belgrado nascono i Club Sumadja (con i campi a Kalemegdan), BOB, e il Club tennistico di Belgrado. Si poteva giocare anche a Topcider, alla Banca centrale dove c'era la zecca, al Club tennistico di Novi Sad (fondato nel 1922) e di Vrsac (nel 1924).

La nazionale jugoslava di Davis giocò la sua prima partita nel 1927 (contro l'India) e a Belgrado ottiene la sua prima vittoria, 5-0 alla Svezia nel 1930. Nel 1939 vince il torneo della zona Europea, 3-2 in finale contro la Germania, ma viene battuta 4-1 nello spareggio inter-zona dall'Australia. In quella nazionale, però, c'erano praticamente solo giocatori croati: contro la Germania scesero in campo Dragutin Mitic, Franko Puncec e Franjo Kukuljevic. Mitic e Puncec sono, rispettivamente, secondo e terzo per tie giocati in Davis con la Jugoslavia (finché è rimasta unita), dietro a un altro croato, Josip Palada.

Il primo serbo che si incontra nella classifica di presenze nella Coppa per la Jugoslavia nel periodo 1927-1992 è l'attuale presidente federale Slobodan "Bobo" Zivojinovic.

Per decenni, nella Jugoslavia terzomondista e non allineata di Tito, il tennis viene malvisto per lo status di sport da ricchi, e chi lo pratica incontra più di qualche problema.

E' proprio con Zivojinovic, a metà degli anni Ottanta, che la Jugoslavia torna, e la Serbia arriva, ai vertici del tennis. Nel 1985 "Bobo" batte Wilander al primo turno a Wimbledon e McEnroe nei quarti agli Australian Open, conquistando la prima semifinale della carriera in uno Slam. Superbrat, che subisce anche l'umiliazione di un 6-0 al quinto set, a fine partita gli urla: "Te la farò pagare per questo, puoi contarci!".

Si toglie anche la soddisfazione di battere Cash in Davis e l’anno successivo, a Belgrado, replica contro Leconte e Noah. In un glorioso 1986 in cui, a Wimbledon, supera Youl, Wostenholme, Ken Flach, Van Rensburg e Ramesh Krishnan prima di perdere in semifinale da Ivan Lendl 62 67 63 67 64, punteggio che valse una bella somma a Piero Montecchio, campione di Telemike che ricordava i risultati di tutte le 1310 partite giocate in carriera da Ivan il Terribile.

Gioca già in doppio con Boris Becker, con cui nel 1987 vince il torneo di Milano e di Bruxelles. Ma è proprio Bum Bum che gli toglie la possibilità di giocare, quell'anno la finale di Davis. Nei quarti, grazie anche a molte chiamate arbitrali partigiane, Zivojinovic e Oresar hanno eliminato l'Italia (Bobo ha dato tre set a zero a Cancellotti, con molte chiamate dubbie degli arbitri, pesantemente contestati da Galgani).

Contro la Germania fa il suo debutto in Davis una coppia che è un messaggio di speranza: il serbo Zivojinovic con il croato Goran Ivanisevic, che il padre, Srdjan, aveva presentato a "Bobo". I due slavi sprecano un vantaggio di due set, non sfruttano un match point sull'8-7 nel quarto set e finiscono per perdere 5-7, 4-6, 6-1, 11-9, 9-7 in 3 ore e 51: la Germania Ovest vince 3-0 e va in finale.

Ma il 1987 è soprattutto l'anno della "rivincita" promessa da Superbrat, che ha per teatro New York: è il terzo turno degli Us Open, è il 5 settembre 1987, uno dei "100 più grandi giorni per lo sport a New York", come recita il titolo di un libro di Stuart Miller.

Vinto il primo set 6-4, McEnroe è avanti 5-3 nel secondo e ha un set point a disposizione. Qui iniziano i problemi: il giudice di linea non chiama fuori una palla di Zivojinovic (che finirà per brekkare) e al cambio di campo si rivolge al giudice di sedia Richard Ings: «Complimenti, stai arbitrando alla grande! Ma che partita stai guardando?». Ings lo punisce prima con un warning, per condotta antisportiva, poi dopo i reiterati improperi gli commina un penalty point. Zivojinovic tiene e strappa nuovamente il servizio a McEnroe, che si ritrova sotto 5-6. Nuovo cambio campo, e nuovi problemi. McEnroe sbraita con il cameraman della CBS, prende il microfono e urla: «Adesso che farai, eh? Mi darai un game penalty?». E' esattamente quello che succede: Zivojinovic vince il secondo set 7-5. Un'altra violazione e Ings dovrà dare la vittoria al serbo.

Ma non succederà. McEnroe perde anche il terzo set ma per la sesta volta in carriera rimonta uno svantaggio di due set a uno agli Us Open, e per la decima volta su dieci vince se portato al quinto set nello Slam di casa: finisce 6-4, 5-7, 6-7 (3-7), 6-4, 6-3.

Nel 1989 Zivojinovic guida la Jugoslavia fino alla seconda semifinale di Davis, con la vittoria nei quarti su Emilio Sanchez e in doppio, ma non c’è in semifinale.

Quelli a cavallo tra gli anni '80 e '90 sono anche gli anni del dominio di una bambina prodigio nata a Novi Sad da genitori di origine ungherese. La avvia al tennis Jelena Gencic, un'autorità, un'istituzione: portiere di pallamano (ha vinto un argento olimpico e un oro mondiale), si è dedicata poi a insegnare tennis nei club di Belgrado con una vecchia Prince Sinergy e la borsa dei Giochi di Los Angeles. Non è abituata a lanciare frasi a effetto. Solo in due occasioni, guardando i bambini giocare, ha detto: tu farai grandi cose. L'ultima a Novak Djokovic, che deve a lei se ha cambiato l'impugnatura del rovescio preferendo la presa bimane. La prima a quella ragazzina di origini magiare: Monica Seles.

Sono, infatti, gli anni del dominio della Seles nel circuito Wta. Monica vince il suo primo Slam a Parigi, nel 1990, quando batte in finale Steffi Graf 7-6 6-4 annullando quattro set point nel tiebreak del primo set e diventa così, a 16 anni e sei mesi, la più giovane vincitrice del Roland Garros. Chiude l'anno al numero 2 del ranking grazie al titolo nei Virginia Slam Championships di fine anno: supera 6-4, 5-7, 3-6, 6-4, 6-2 Gabriela Sabatini, nel primo match femminile giocato sulla distanza dei tre set su cinque dagli United States Nationals del 1901.

Nel 1991 vince tre Slam (Australian Open, su Jana Novotna, Roland Garros su Arantxa Sanchez e Us Open su Martina Navratilova: a Wimbledon non partecipa perché infortunata), i Championships di fine stagione e chiude l'anno da numero uno.

Nel 1992 difende tutti i tre titoli nei major, ma perde la finale a Wimbledon da Steffi Graf (6-2 6-1). Dal gennaio 1991 ad aprile 1993, quando viene accoltellata, ha giocato 34 tornei, raggiungendo 33 volte la finale e vincendone 22. Negli Slam ha un record di 55 vittorie e 1 sola sconfitta. Nei suoi primi 4 anni da pro (1989-1992), la Seles registra il 90,2% di match vinti (231-25).

Ma qualcosa, in quegli anni, in Jugoslavia, sta cambiando. L'orgoglio nazionale sta esplodendo, i popoli stanno deflagrando nel più sanguinoso conflitto scoppiato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Come spesso capita, lo sport aveva lasciato intuire, prima delle bombe e dei kalashnikov, quello che sarebbe successo.

Parte 2 - Gli anni della guerra

Parte 3 - L'età dell'oro del tennis serbo

Alessandro Mastroluca

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker