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09/12/2010 10:49 CEST - Reportage

Se non uccide, fa crescere - parte 2

TENNIS - La vittoria in Coppa Davis della Serbia è il simbolo del successo di due generazioni di tennisti che hanno vissuto le sofferenze della guerra uscendone più forti. Tutta la storia del tennis serbo è fatta di orgoglio e di conflitti, di sangue e di rinascite. E' la storia di una lotta darwiniana per la realizzazione di un sogno. Alessandro Mastroluca

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Pride (in the name of hate)
La guerra scoppia il 25 giugno 1991, con la secessione della Slovenia, ma già nel 1990 si avvertono i primi segnali, con le violenze sui serbi che vivono in Croazia e l'autoritarismo di Slobodan Milosevic. Il 1990 è anche l'anno delle prime elezioni multi-partito in oltre 50 anni. In Croazia, al secondo turno, il 6 maggio 1990 vince l'Unione Democratica Croata di Tudjman. La Croazia diventa così, insieme alla Slovenia (le cui delegazioni hanno abbandonato a gennaio il congresso della Lega dei comunisti slavi in protesta con Milosevic), la nazione guida per una riforma in senso confederale, fortemente osteggiata da Milosevic.

Una settimana dopo, il 13 maggio, si gioca allo stadio Maksimir Dinamo Zagabria-Stella Rossa Belgrado. A Zagabria arrivano 3 mila ultras della Stella Rossa (Delije) guidati da Zeljko Raznatovic, Arkan, che iniziano a cantare "Zagabria è Serbia" e "Uccideremo Tudjman". Scopppiano incidenti, aggressioni con sedie e coltelli. La polizia, a maggioranza serba, carica i tifosi della Dinamo con manganelli e gas lacrimogeni. Gli ultras reagiscono, e anche i giocatori se la prendono con i poliziotti: Zvonimir Boban sferra un calcio a un poliziotto e diventa una sorta di eroe nazionale, anche se la Federazione jugoslava lo sospende per sei mesi. La partita, comprensibilmente, non si giocherà.

Ma il 1990 è anche l'anno che segna l'inizio della fine dell'amicizia fraterna tra i due campioni di basket Vlade Divac, pivot dei Lakers adorato da Magic Johnson, e Drazen Petrovic, stella dei New Jersey Nets, il Mozart del basket. Serbo il primo, croato il secondo, amici fraterni, vengono quasi alle mani ai Mondiali di Buenos Aires: durante i festeggiamenti irrompe un tifoso con la bandiera croata che Divac butta via dicendo «Siamo Jugoslavia, non Serbia o Croazia». Alcuni capiscono, altri, soprattutto in Croazia, no. Non capisce l'altra stella slava in Nba, Toni Kukoc, croato pure lui, non capisce Drazen, non capiscono i media. E quando nel 1995, ai Mondiali di Atene, la Jugoslavia (che ormai racchiude solo Serbia e Montenegro) vince il titolo, la Croazia, arrivata terza, ma senza più Petrovic morto a Monaco di Baviera in un incidente stradale nel '93, abbandona la cerimonia di premiazione.

Sport e politica sono sempre andati a braccetto in Jugoslavia, ancora di più in quegli anni segnati dalla guerra. Così, ad agosto 1991, dopo aver sconfitto Prpic, croato come lui, al secondo turno degli Us Open, Goran Ivanisevic annuncia, insieme all'amico, che non parteciperà alla semifinale di Coppa Davis tra Jugoslavia e Francia. «Non vedo una ragione per giocare per una nazione che non esiste» spiega Prpic, che aggiunge: «È stupido uccidere, combattere qualcuno che sei mesi fa consideravi tuo amico».

Goran era stato grande protagonista, nei quarti, contro la Cecoslovacchia di Korda e di Novacek, ma contro la Francia dei nuovi Moschettieri lascia solo il vecchio Zivojinovic e il giovane Srdjan Muskatirovic, 19 anni, al debutto della manifestazione. Finisce 5-0 per la Francia, finisce un'era per il tennis serbo.

Inizia un decennio in cui, come ha detto la Gencic i modelli di riferimento, per i giovani serbi, sono i gangster, i trafficanti di droga. Modelli che saranno sostituiti da Novak Djokovic e Ana Ivanovic, da Nenad Zimonjic e Jelena Jankovic, da Janko Tipsarevic a Viktor Troicki (la cui storia è stata raccontata dal nostro Riccardo Bisti), scappato in Ungheria, e da lì negli States nel 1999: il tennis come orgoglio nazionale positivo, come occasione di rilancio e riscatto.
 

Parte 1 - Le origini del tennis in Serbia

Parte 3 - La moderna età dell'oro

Alessandro Mastroluca

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker