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08/03/2011 15:06 CEST - Rassegna Stampa del 8 Marzo 2011

Guardate Karlovic il tennista che serve a 251 km (Viggiani), Grande, che maestra «Conta la passione» (Martucci), Jelena Dokic, l'odissea è finita (Azzolini), II Coni scagiona la "vernice": si usa anche a Wimbledon ed è anallergica (Patania)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Guardate Karlovic il tennista che serve a 251 km

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 8.03.2011

Diciamo la verità: quasi quasi, faceva più notizia il fatto che il record di velocità non fosse suo. E sì, perché quando si parla di ace e di servizi vincenti, si pensa subito a Ivo Karlovic. Invece fino a tre giorni fa il primatista in materia era Andy Roddick, che nel settembre 2004 (semifinale di Coppa Davis a Charleston contro la Bielorussia) piazzò una prima a 249,4 km/h. Sabato però il "grattacielo croato" (è il giocatore più alto del circuito Atp, con i suoi 2 metri e 8 centimetri) ha messo le cose a posto, diventando il primo andato oltre il muro dei 250 orari, arrivando a quota 251 nel doppio contro la Germania. Una bella soddisfazione per il gigante di Zagabria. Anche se probabilmente Karlovic avrebbe volentieri barattato questa prodezza con un esito diverso della sfida di Davis: con Dodig ha perso in doppio, contro Kas-Petzschner, lanciando la Germania sul 2-1, e dopo il temporaneo pareggio di Cilic è stato proprio lui a concedere il punto decisivo ancora a Petzschner. Tedeschi ai quarti di Coppa, croati ai play off. BASKET - Il 32enne Ivo, che dal marzo 2005 è sposato con la giamaicana Alsi ed è figlio di un meteorologo, si divide tra la Croazia e gli Stati Uniti. Ha casa in Florida, a Miami, dove segue con grande entusiasmo gli Heat. Inevitabilmente proprio il basket è stato l'altra sirena della sua vita sportiva. O almeno lo è stato fino a 13 anni, quando il suo coach lo mise in squadra con ragazzi 18enni: a quel punto realizzò che forse avrebbe avuto maggiori possibilità di emergere con la racchetta e si dedicò completamente al tennis. Sa bene, Karlovic, che i risultati fin qui ottenuti (quattro tornei Atp, n. 14 nell'agosto 2008) sono arrivati soprattutto grazie a questo servizio che scarica con forza pazzesca dal... primo piano. Tuttavia il croato è contento del suo livello di gioco: «Mi muovo bene, per essere un due e otto». Lo è decisamente meno ogni volta che gli tocca parlare in pubblico: «Per me è stato più difficile parlare con un microfono in mano, davanti a diecimila spettatori, che vincere ognuno di quei quattro tornei». DAVIS PROPIZIA - Non solo Karlovic, tuttavia, nel week-end di Davis. Come spesso capita da un po' di tempo a questa parte, le partite di Coppa hanno fatto impazzire i rilevatori di velocità, al punto che è stata riscritta la Top Ten delle migliori prestazioni di sempre. Infatti Roddick, che era impegnato con gli Stati Uniti in Cile, ha eguagliato il suo vecchio record di 249 km/h. E soprattutto c'è stata la new entry del canadese Milos Raonic: l'emergente canadese è arrivato a 245, agganciando al quarto posto lo svedese Joachim Johansson. L'aria è che il prossimo recordman possa essere questo Strappato al basket vive a Miami e tifa Heat Nel 2007 arrivò a 1.318 servizi vincenti, tuttavia il record è di Ivanisevic *** 20enne ragazzone nato in Montenegro. ALL TIME - Se "Doctor Ivo" è il nuovo primatista, Roddick si consola con il fatto che sono sue 5 delle 10 velocità più alte di tutti i tempi (e addirittura il delle prime 20!). Tra gli specialisti del servizio, "Pim Pim" Johansson sempre in Davis, contro la Russia, è tornato a servire a 241 e 240 orari, appena 4 e 5 km/h in meno del proprio per-sonal best. ACE - Tornato a giocare a gennaio dopo sette mesi di stop per un intervento al tallone d'Achille, Karlovic ha vinto per tre volte la classifica degli ace (dal 2007 al 2009, sempre con almeno l'80% dei punti vinti sulla prima). Il suo record annuale è di 1.318, ottenuto nel 2007 con appena 64 partite (media 20,6 a partita): meglio di lui ha fatto solo il suo idolo, e grande amico, Go-ran Ivanisevic (1.477 nel 1996, media 15,4). Riuscisse a vincere qualche partita in più, Ivo, e disputarne tra le 70 e le 80, nel-l'anno, anche questo primato diventerebbe suo. E sarebbe altrettanto giusto. UNA NEW ENTRY: RAONIC 209 Tra le donne, il primato di velocità del servizio appartiene a Venus Williams, che a Zurigo nel 2008 ha raggiunto i 209 km/h

Grande, che maestra «Conta la passione»

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 8.03.2011

Ci sono maestri e maestri. Con storie e motivazioni diverse. Rita Grande è stata numero 24 del mondo ed ha vinto 8 tornei pro. «Ho fatto quello che ho potuto, non ho rimpianti. Per una che veniva da Fuorigrotta, ho fatto pure tanto. Sono contenta e serena». Ma lo ripete più a se stessa, perché è uno dei talenti non espressi fino all'ultimo del nostro tennis. Quando andò in finale a Wimbledon juniores la paragonarono a Steffi Graf, il suo idolo: «Tanto che avevo il rovescio in top e me lo cambiarono in back...». Perché, poi, non si è più espressa a livello d'eccellenza? «Era destino. Magari, se a 10 anni, quando il maestro (Luigi Cirillo) propose a mamma di mandarmi da Nick Bollettieri in Florida lei non avesse risposto: "Ma neanche per sogno"... Chissà, magari poi venivo fuori lo stesso e non ero felice». La famosa mentalità italiana: i genitori sono cambiati? «Io alleno al circolo, a Rivoli, e col circuito Kinder, e purtroppo noto un atteggiamento di protezione che non va bene. Indipendenza non vuol dire regalare il telefonino. Vedo genitori che portano addirittura la borsa ai figli... E' vero che la società è cambiata, ma Silvia Farina e io a 16 anni eravamo in Australia, da sole, perché il tennis si fa misurandosi con situazioni ed avversari sempre diversi. Così si impara, si acquisisce fiducia, e si fanno le scelte giuste». Perché, cosa ci vuole nel tennis? «Ci vuole tanta passione. Io, quando colpivo la palla, mi liberavo da qualsiasi altro pensiero, mi sembrava di avere un massaggio al cervello ed ero felice. Solo così, solo se fai quello che vuoi davvero tu, puoi sopportare i tanti sacrifici. Ragazzi, fate lo sport che volete voi, perché lo volete veramente». Anche se poi non tutti diventano campioni. Attenzione: la maggior parte dei tennisti non diventa un campione, e non fa tanti soldi. Che fanno piacere a tutti ma non risolvono la vita e non possono essere la motivazione. Figurati se una come Francesca Schiavone è mai stata mossa dai soldi o dagli articoli sui giornali: la sua molla è la sfida con se stessa. Allora sì, tutto è possibile». Quali sono gli insegnamenti del tennis? «Accettare la sconfitta, seguire le regole, rispettare l'avversario, mangiare bene, andare a letto presto, e lottare sempre, al torneo Wta di Indian Wells come nella partitella al circolo. Perché il tennis è uno sport durissimo e bello. Io l'amavo tanto che dormivo con la racchetta sotto il cuscino e non ho ma pensato di fare altri sport». Il problema del tennis italiano non sono i maestri. «Non come insegnamento, perché ci sono tanti maestri bravi. I] problema, ancora, è la passione, la motivazione per scommettere su un ragazzo ed accompagnarlo in giro per il mondo perché migliori. E' una scelta dura, per cui alla fine i più rimangono a lavorare alloro circolo». Almeno con il circuito Kinder molti ragazzi imparano il tennis. «E' una grande iniziativa, da un'azienda da sempre molto vicina ai più giovani. Ha avvicendato dopo 5 anni la Disney e si è subito mostrata molto attenta alla sua opera promozionale e insieme generosa, come i tanti circoli italiani che tolgono i campi ai soci per ospitare bimbi dagli 8 anni (compiuti) ai 16. Peccato che poi i ragazzini o fanno gare oppure smettono già a 15-16 anni».

Jelena Dokic, l'odissea è finita

Daniele Azzolini, tuttosport del 8.03.2011

Nove anni, dieci stagioni. Quante cose possono accadere nella vita di un'atleta in nove anni di tennis? Può succedere di vincere un torneo, nove anni e dieci stagioni dopo l'ultimo trionfo. E poi salire, scendere, imparare, perdersi, ritrovarsi e perdersi di nuovo. Può succedere di mettere fine a un prima e cominciare un dopo. E di innamorarsi, di completare il distacco dalla famiglia, di perdere di vista le cose importanti e ritrovarle ancora li, magari solo per scoprire che c'erano sempre state. Sapete, i ten-. nisti e le tenniste, quelli bravi, sono come soldati di ventura. Vanno incontro alla sorte; certe volte, ma non sempre riescono a indirizzarla, meno che mai a dominarla. Sono coraggiosi, però. Se c'è da rincorrere una vittoria, la rincorrono, magari per anni. E se una sconfitta sta per franare loro addosso, l'aspettano, non si tirano indietro. Ma vi sono anche vicende particolari, in questo sport che rappresenta tutto il mondo. E la vita di Jelena Dokic è proprio così, una vicenda particolare. Un'anomalia. Oggi che è tornata a vincere nel Wta di Kuala Lumpur (domenica, 26 76 64 alla ceka Safarova, ma dopo aver battuto Francesca Schiavone in primo turno), ora che nove anni sono trascorsi dall'ultima volta (Sarasota, 2002), ciò che è capitato a Jelena, l'ex serba nata in Croazia (Osijek, aprile 1983), l'ex australiana, poi di nuovo serba, oggi definitivamente australiana (definitivamente?) ma. con residenza a Monte-Carlo, può sembrare la più singolare delle punizioni. Lei che era entrata nel tennis dalla porta principale, sedicenne lottatrice con l'aria stuporosa capace di battere Martina Hingis al primo turno di Wimbledon (1999), poi diciottenne già pronta per vincere a Mosca, a Tokyo e addirittura a Roma, senza dannarsi negli stretti cunicoli dei tornei di seconda o terza serie; lei che fu subito numero quattro del mondo, destinata a chissà che altro, quasi per grazia ricevuta; lei d'improvviso è stata ricacciata indietro, privata di tutto, costretta a fare tutto ciò che la sua prima vita le aveva risparmiato. Lei lo ha fatto. E nel farlo, s'è affrancata. Ha ribaltato la sorte. Lei sì c'è riuscita. Jelena, oggi, non ha più un padre. Ha quel che resta della famiglia. Non ha un fidanzato. Ha un nuovo coach, Glenn Schaap, e ha liquidato Borna Bikic a fine dicembre. Borna svolgeva un doppio lavoro: coach e fidanzato. Glenn ha un unico. incarico e oggi Jelena può pensare solo al tennis, come faceva dieci anni fa. I miglioramenti si vedono. «Conto di giocare per altri sei anni, ma solo a questi livelli ». Ha ragione, povera Jelena. Quando toccò il fondo si era a metà del decennio. In piena crisi con il padre, l'orco Damìr che in nome della figlia amava scuotere conte fuscelli quanti tifavano contro, che pretendeva di regolare la vita di Jelena sulle sue convinzioni, che educava a suon di ceffoni, che la trascinava da un capo all'altro del mondo in cerca di residenza e vantaggi. L'Australia li accolse. Ma il padre aveva già deciso di riportarla indietro. Nel 2007 Jelena giocò un solo match, in un circolo di Roma, il Panda. Perse al primo turno, e in classifica vagava intorno alla 450 posizione. Fu lei a rompere con il padre. Era il 2008. «Siamo troppo diversi, io ho la mia vita, ho il mio tennis. Non andiamo d'accordo su niente,ho provato a trovare un compromesso per cinque anni, ma ormai ho lasciato perdere. Per farlo cambiare servirebbe un miracolo. E non credo che accadrà». Tornò in Australia, ma era come una tennista alle prime armi. Trovò Borna Bikic, ricominciò a dividersi con l'Europa, ma finalmente teneva la barra a dritta. Nel 2009 giunse ai quarti degli Open d'Australia, riscoprì il calore del tifo. Si pensava che fosse l'inizio di una nuova vita e invece sono occorsi ancora due anni. II tennis è sport meno facile di quanto si pensi. «Ho passato momenti terribili, che non giustificano i miei errori ma li spiegano», dice Jelena, tornata a vincere. «Questa vittoria mi sembra un sogno, nessuno può capire cosa significhi per me. Per due anni ho sofferto di depressione, ho pensato di piantarla lì. Ho rotto i ponti con la mia famiglia. Con mio padre e mio fratello non parlo da anni, sono rimasta in contatto solo con mia madre, e questo mi fa soffrire. Non voglio pormi traguardi, voglio solo pensare a giocare, un passo dopo l'altro, perché il tennis non è l'unica cosa nella vita ma è una cosa che amo. Quando sono arrivata in questo mondo, tutti mi chiedevano troppo, io non capivo bene e a 19 anni sono crollata». Si è ritrovata, nove anni e dieci stagioni dopo. È di nuovo numero 61. Da ora può viaggiare nel futuro.

II Coni scagiona la "vernice": si usa anche a Wimbledon ed è anallergica

Fabrizio Patania, il corriere dello sport del 8.03.2011

Caso Sculli: il Coni, proprietario e gestore dello stadio Olimpico, scagiona la vernice usata per colorare il manto erboso dopo la rizollatura. In attesa delle analisi per spiegare la reazione allergica dell'attaccante della Lazio, possibilità ridotte quasi a zero dai tecnici e dagli agronomi che lavorano sul prato. Impropriamente definito vernice, viene usata da dieci anni negli stadi di tutta Europa. E' prodotta e testata in Inghilterra, viene impiegata non solo per i campi di calcio, ma anche nel rugby e nel tennis. La usano, per esempio, a Wimbledon. Si tratta di un liquido, una miscela formata da pigmenti inorganici e da resine: serve per recuperare la tonalità e la cromaticità del manto.erboso dopo l'intervento di rizollatura. Si restituisce vivacità e colore all'erba per gli effetti televisivi. Viene considerato un prodotto anallergico, atossico, non pericoloso per la salute, sicuro dunque per atleti abituati a rotolare sul prato. PRECEDENTI - Come era trapelato l'altra sera dopo la partita tra Lazio e Palermo, l'ultimo trattamento all'Olimpico risale al 26 febbraio e ha riguardato soprattutto le due aree di rigore. La porta sotto la Curva Sud non è quasi mai esposta al sole e il manto erboso ne soffre. Domenica 27 si è giocata Roma-Parma e per tutta la settimana sono cadute abbondanti piogge: le possibilità che la reazione allergica capitata a Sculli siano da ricollegare alla vernice sono ridottissime. Al Coni hanno ricostruito le tappe degli ultimi mesi. Sul prato dell'Olimpico, dall'inizio di questo campionato, sono già stati eseguiti dieci trattamenti. Il penultimo risale al 18 gennaio, dieci giorni dopo Sculli esordi con la maglia biancoceleste (Lazio-Fiorentina 2-0). C'è un altro precedente che induce gli addetti ai lavori a escludere qualsiasi collegamento. Il 15 ottobre, dopo il concerto degli U2, si rese necessario un intervento importante e la vernice venne cosparsa in modo massiccio su tutto il prato dell'Olimpico. Il giorno successivo, ovvero il 16 ottobre, si giocò Roma-Genoa e anche Sculli, negli ultimi quaranta minuti, scese in campo. Quella volta il trattamento venne eseguito appena ventiquattro ore prima della partita. ATTESA - Ora si aspetta l'esito degli esami clinici a cui verrà sottoposto Sculli. Niente si può escludere, dalla puntura di un insetto ad un fattore alimentare: i prossimi giorni serviranno allo staff medico della Lazio per trovare una spiegazione che, in materia di reazioni allergica, a volte è difficilissima da trovare per gli stessi specialisti.

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