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24/08/2011 22:39 CEST - LA VICENDA

Il bivio di Tennys Sandgren

TENNIS - Il giovane tennista americano viene da un'estate piena di successi e ora si trova davanti a un bivio: diventare professionista o continuare con l'università. Da una parte la possibilità di guadagnare soldi e girare il tour da pro, dall'altra l'onore di rappresentare il proprio college da miglior giocatore della squadra. Qualche anno fa la scelta sarebbe stata scontata, ma ora? Intanto gioca le qualificazioni allo Us Open. Karim Nafea

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Sfondare nel Tennis è difficilissimo. Come abbiamo visto nelle scorse settimane, il primo obiettivo per un giovane aspirante campione è entrare nel tabellone di un future e conquistare l’agognatissimo primo punto che gli permetterà di vedersi nella classifica mondiale. S’era anche detto che di tutti i tennisti impegnati pochissimi, solo una manciata, “ce l’avrebbero fatta”.
Tennys Sandgren, vent’enne statunitense di Gallatin, è uno di questi. Dopo aver raccolto un paio di punti la scorsa estate e dopo una brillante carriera di under 16 quest’anno è arrivato il botto: 39 punti ATP (che lo hanno proiettato intorno alla 600esima posizione mondiale, adesso è 591, è stato al massimo 586) e due Future vinti.
Tennys è un giocatore tipicamente americano: buona mobilità, discreto diritto, rovescio a due mani e buon servizio. Fino ad oggi la maggior parte della sua carriera si è svolta sotto i colori dell’Università del Tennessee.
L’inatteso successo arrivato quest’estate ha complicato, e di molto, le scelte dello statunitense che dovrebbe a breve iniziare il terzo anno con i Volunteers.
Adesso il dilemma è: fare il salto tra i pro o finire l’università?
Probabilmente qualche anno fa la domanda non se la sarebbe nemmeno posta ma, l’evoluzione del tennis, l’ha resa una questione molto attuale.
Mi spiego: s’è giustamente notato che di campioni teenager o anche intorno ai vent’anni non ne stanno arrivando più, un po’ per la crescente competizione, un po’ per la maggiore fisicità necessaria per vincere nel nostro sport.
Fino a qualche anno fa l’approdo al college per continuare la carriera da amateur era visto quasi come una sconfitta: di solito quelli veramente bravi intorno ai diciotto anni erano già “arrivati” ed il college era l’ultima spiaggia per chi proprio non voleva arrendersi.
In poche parole fino a qualche anno fa regnava il “chi primo arriva meglio alloggia”, c’era fretta di arrivare sul tour, di fare esperienza.
Adesso, probabilmente, serve più calma: il circuito professionistico è competitivo come non mai e mandare un giovane allo sbaraglio potrebbe minarne completamente la carriera.
Probabilmente l’esperienza universitaria è quasi consigliabile ora come ora poiché permette di far arrivare sul circuito giocatori con un tennis ben formato, che abbiano consapevolezza dei propri limiti e dei propri punti di forza, che non si debbano scoprire strada facendo.
Esempio illustre ed attuale di un giocatore ATP-ready è quello di John Isner che, appena arrivato sul circuito si dimostrò subito pronto per la sfida (si guadagnò subito una finale a Washington, persa da Roddick, ed impegnò Federer allo US Open).
Tutto ciò ovviamente non vuol dire che il giocatore uscito dai quattro anni di college sia un tennista “fatto e finito”, avrà comunque bisogno di lavorare e di migliorare.
Tornando al buon Sandgren non sarà facile scegliere poiché entrambe le alternative offrono prospettive allettanti ed il fatto che abbia solo un paio di settimane per scegliere non aiuta.
Piccola digressione: tutti hanno dimestichezza con la legge di Murphy (“Se c’è la possibilità che qualcosa vada male, sicuramente lo farà”), ma uno dei corollari alla legge è ancora più indicato per la situazione: se una cosa andando bene, potrebbe in qualche modo peggiorare la situazione, sicuramente lo farà.
In questo caso, l’eccezionale estate di Tennys di Sandgren (scusate) lo ha costretto ad operare una scelta prima del previsto.
Da una parte, la partenza di J.P. White (laureato quest’anno) e di Rhyne Williams (diventato pro) farebbero di Sandgren il numero uno dell’ateneo, posizione piena di responsabilità e che lo porterebbe a competere direttamente contro i migliori giocatori delle altre università. In pratica sarebbe il grande pesce nel piccolo stagno.
Ovviamente Tennys continuerebbe nella sua attività nei future, dovendo trascurare alcune delle maggiori competizioni universitarie. Restando all’università non rinuncerebbe al suo stato di amateur che gli impedisce di incassare i prize money conquistati finora (circa 3700 verdoni).
D’altra parte tuffarsi nel mare pieno di predatori del tour sarebbe sì molto più impegnativo ma gli darebbe subito la possibilità di vedere cosa si prova ad essere uno di quelli che col tennis ci vive.

Complicato, complicatissimo scegliere soprattutto contando che la sua intera carriera potrebbe cambiare radicalmente. Ancor più difficile se si pensa al periodo nero del tennis americano e a quello che ogni giovane prospetto potrebbe significare per il futuro del movimento.
In ogni caso, è bello avere di questi problemi.

Karim Nafea

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