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17/03/2012 16:24 CEST - Personaggi

Re David
è tornato?

TENNIS - David Nalbandian è tornato a sconfiggere due top 10 nello stesso torneo come non gli accadeva da Bercy 2008. Ha sfiorato la vittoria con Nadal. Il segreto? Meno infortuni e la preparazione invernale. Alessandro Mastroluca

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Era da Bercy 2008 che Nalbandian non batteva due top-10 nello stesso torneo. A Indian Wells, dopo Tsonga e Tipsarevic, ha rischiato di aggiungere anche lo scalpo di Rafa Nadal. Come ai tempi dell’accoppiata Madrid-Parigi del 2007. Allora, in Spagna mise in fila i primi 3 giocatori del mondo (Federer, Nadal e Djokovic) come era riuscito solo a Becker a Stoccolma tredici anni prima.

Era dal 2008, soprattutto, che Nalbandian non riusciva a fare una preparazione come si deve tra una stagione e l’altra. Ha avuto l’ultimo infortunio un anno fa, a febbraio 2011, è uscito in lacrime dopo aver comunque dato all’Argentina, contro Ungur, il punto decisivo per battere la Romania in Davis. La diagnosi parla di ernia inguinale e problemi all’adduttore.

Quest’anno torna a lavorare bene in pre-season, grazie al preparatore Claudio Galasso, con i fisioterapisti Diego Rodriguez e Mariano Seara e con il supporto dei medici Miguel Khoury e Angel Ruiz Cotorro.

Galasso ha spiegato a Jorge Viale di ESPN che il lavoro svolto in inverno ha rafforzato sia la muscolatura interna sia quella esterna, che permette l’azione. “I muscoli che consentono il movimento” spiega Galasso, “quando non lavorano su un’articolazione sana perché i muscoli fissatori interni non ce la fanno a reggere l’articolazione, iniziano a fungere loro stessi come fissatori. E in un movimento deliberatamente rapido, finiscono per lesionarsi”.

La sconfitta con Isner agli Australian Open, con lo strascico di polemiche sull’Hawk Eye, sulla chiamata un po’ tardiva per gli applausi del pubblico e sull’over-rule di Nouni (cui McEnroe avrebbe dato dell’idiota) sull’8-8 al quinto, qualcosa di buono ha comunque portato per Nalbandian. “Re David” ha potuto fare un secondo richiamo atletico in vista dei tornei sudamericani sulla terra, superficie certo meno adatta a chi ha sofferto di problemi all’anca. Ha ottenuto così i quarti a San Paolo perdendo da Volandri e le semi a Buenos Aires (sconfitto da Ferrer) uscendo poi al primo turno ad Acapulco.

Giocare oltre due ore sotto un caldo umido (anche se la cosa non lo fa soffrire più di tanto, ha detto in Messico e confermato sul campo a Indian Wells) non è facile. Ma i segnali positivi, soprattutto per il suo fisico, ci sono. La scorsa settimana ha battuto in allenamento Almagro e Ferrer, ha sconfitto Tipsarevic e Tsonga e con Nadal ha mostrato per due ore testa, cuore ma anche una notevole tonicità atletica.

Ha giocato un tennis dispendioso, con i piedi a cavallo della riga, in propensione offensiva e d’anticipo. Ha dimostrato, di nuovo, di avere le armi tecniche per dar fastidio a Nadal anche su un campo in cui la palla rimbalza alta grazie alle sbracciate di rovescio con cui stringe l’angolo sulla diagonale o anticipa il lungolinea colpendo l’angolo scoperto dopo il toppone di Rafa in diagonale.

Un tennis dispendioso, quello messo in scena nel quarto con Nadal, perché fatto di scatti e frenate, di discese a rete per togliere campo e chiudere lo scambio. Un tennis generoso, non percentuale ma molto cerebrale, che richiede massima concentrazione per far sì che i muscoli rispondano e che il risultato sia quello sperato.

Un puzzle che ha funzionato per quasi due set, prima che Nalbandian aprisse uno spiraglio col doppio fallo che porta Rafab a servire per il secondo set e non riuscisse più a richiuderlo. Negli ultimi tre, quattro game quando spalle al muro ha dato tutto e sognato, toccato, sfiorato una rimonta che avrebbe avuto i connotati e il sapore dell’impresa. Nella stagione che porta alle Olimpiadi, su quell’erba dove ha giocato una finale a suo modo storica (senza serve and volley), per David più che per chiunque altro vale il motto decoubertiniano. Con Nadal era più importante esserci che vincere.

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Alessandro Mastroluca

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