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04/07/2012 08:07 CEST - Rassegna Nazionale

Come vola Ferrer, travolto Del Potro; oggi c'è Murray (Martucci, De Martino, Palizzotto, Semeraro, Ferrero); Riecco la miglior Serena, e la Kvitova va k.o. (Mariantoni, Marcotti, Azzolini, Clerici, Tommasi)

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A cura di Davide Uccella

Martello spagnolo - Come vola Ferrer, Travolto Del Potro; oggi c'è Murray (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 04-07-2012)


Un muro, un rompiballe, un bulldog. O, peggio, «piccola bestia» e «sanguisuga». Questo dicono di lui le facce disgustate e gli occhi spiritati degli avversari, l'ultimo, l'omone Juan Martin del Potro, che ha schiantato in tre set ieri a Wimbledon. Perché David Ferrer, il numero 2 di Spagna solo perché davanti c'è quel mostro di Rafa Nadal, il numero 5 del mondo meno considerato dagli appassionati e dai puristi, è un millepiedi sgraziato ma estremamente efficace (1.75 per 72 chili), con quattro polmoni e doppia volontà, zero colpi eclatanti e/o decisivi, che però non fa regali (44 errori gratuiti in 4 match qui, meno di tutti gli ultimi 8 in gara), rimanda di là del net sempre una palla in più e corre, corre, corre. «Uno specialista della terra "Ferru"? Molto di più. È andato in semifinale ad Australian e Us Open, ha vinto un torneo sull'erba la settimana scorsa in Olanda, e così ora ha 8 match di fila qua sopra. Si muove meglio dell'anno scorso e sta giocando il miglior tennis di sempre. Dovrò servire bene e vicino le righe», puntualizza Andy Murray che se lo ritrova davanti oggi, nei quarti nobili dei Championships, dove il suddito prediletto di Sua Maestà arriva per il quinto anno di fila, mentre Fereu è al primo in 10 tentativi.


Ciclismo Sull'erba, dove gli omoni del tennis bruciano le polveri del servizio ma pagano dazio negli spostamenti, il piccolo-grande David esalta le qualità naturali: il baricentro basso, che l'aiuta a star sempre basso, e la facilità nella corsa, che prima allenava sui 400 metri in pista e, da due anni, dopo la tendinite alle ginocchia, affina in bici. Prima mountain bike, ora da strada, con cui percorre i 70 chilometri da Valencia a Cullera. Anche se ha promesso che al santuario di Santiago di Compostela ci andrà a piedi, quando vincerà uno Slam. Come ripete all'amico Rafa durante le interminabili sfide a playstation che accendono il suo io introverso e taciturno. Diverso, diversissimo, dal Ferrer ribelle che a Costa Blanca fu rinchiuso in uno sgabuzzino dall'allenatore (Javier Piles) a pane e acqua, il tempo dell'allenamento che non voleva fare. David ne uscì giurando che qualsiasi altra cosa sarebbe stato meglio del tennis. Ma, dopo qualche giornata da muratore, tornò dall'uomo che tuttora è un secondo padre.


Pressione Murray-Ferrer è la riedizione della cicala e della formica, ma la formica ha già battuto 5 volte la cicala, sempre sulla terra, anche tre settimane fa al Roland Garros, e pure sul veloce indoor, l'anno scorso, addirittura al Masters di Londra. Infatti, David, pensando a «un match così tanto importante, contro un avversario più forte di me, che è difficile da battere su qualsiasi superficie, ancor di più sull'erba», esprime un solo desiderio: «Qui a Wimbledon c'è tanto vento, meglio giocare col tetto chiuso, indoor». Il più in forma dei Championships è carico a mille: «Con Delpo ho giocato uno dei miei migliori match sull'erba, di sicuro il migliore dell'anno. La risposta che è la mia miglior arma sta funzionando molto bene». E sfugge alla ribalta: «Non voglio pensare a chi mi sta attorno e alle aspettative, voglio concentrarmi solo punto dopo punto. Murray avrà più pressione». E l'idea di diventare per un giorno il numero 1 di Spagna?


Riecco la miglior Serena, e la Kvitova va k.o. (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 04-07-2012)


Con un giorno di ritardo rispetto a Federer e Djokovic, Andy Murray trova per il quinto anno consecutivo la strada dei quarti seppellendo con servizi vincenti, palle corte e lob il solito Marin Cilic di sempre, bello quanto vuoto. «Giocare match a pezzi — dice Murray — non è mai piacevole. Anche se sei avanti, è come iniziare da capo». Lo scozzese riparte dal 7-5, 3-1, 40-0. Meno di due game, poi una nuova interruzione che non distrae Murray, già proiettato con la testa alla sfida di mercoledì contro l'inossidabile David Ferrer. «Guai a considerare lo spagnolo uno specialista del rosso. I migliori risultati li ha ottenuti sul veloce, il suo 2012 è fantastico. Contro Roddick si muoveva benissimo e l'erba gli permette di vincere molti punti senza faticare molto».

Sfidante Dalla parte di Murray anche Kohlschreiber, che ha preso il posto lasciato libero da Nadal, ma soprattutto il francese Tsonga che recupera un set e vince in quattro contro cuore matto Mardy Fish. «Nel primo set — racconta Tsonga — non gli stavo dietro. Sono contento per lui che è ritornato in pena forma».
Serena Nel big match dei quarti femminili si è rivista la miglior Serena Williams smontare pezzo per pezzo la campionessa uscente Petra Kvitova. «Neppure io — racconta Serena — sono riuscita a difendere il mio primo slam». Serena piazza una prima vincente sulla palla che allungherebbe il match al terzo set e poi, dopo il break decisivo per un clamoroso dritto in rete della Kvitova, si ripete con il servizio sul match point. «Odio perdere, le semifinali non sono un traguardo, voglio il torneo».


Serena, come un videogame (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport, 04-07-2012)


Ha ritrovato d'incanto il servizio e le giuste motivazioni. Con conseguenze devastanti per la sua avversaria. Perché la Serena che ieri ha travolto la campionessa in carica Petra Kvitova è certamente la candidata più autorevole per la vittoria dei Championships. Non solo per l'autorevolezza con cui ha condotto tutto il match, lasciando all'avversaria giusto una palla break in un'ora e 24'. Coincisa con un set-point nel secondo set, salvato con la sua prepotente classe.


Le incertezze contro le più modeste Zheng Jie e Yaroslava Shvedova, dunque, sono sparite. Di fronte alla migliore avversaria trovata fin qui, Serena ha alzato il livello del suo tennis. Firmando un match senza storia, soprattutto grazie al servizio, mai perso, che le ha garantito 13 ace in 11 turni di battuta.


«Ho giocato un ottimo match ma so di poter giocare anche meglio. Ho ancora margini di crescita. E questa consapevolezza mi dà tanta fiducia perché questo è un torneo speciale, che sogno di vincere ancora una volta». Così da eguagliare il record della sorella Venus, cinque volte regina a Wimbledon, presenza fissa in tribuna quando gioca la più giovane delle Williams. «Prima dell'incontro ho parlato con mio padre e anche con Venus. E' stato importante perché mi hanno trasmesso le giuste motivazioni, ma quello che mi hanno detto resta un segreto tra noi».

CHE NUMERI! - Per Serena, 13 titoli dello Slam in carriera, numeri da campionessa assoluta: 75 semifinali in 153 tornei, quinta semifinale negli ultimi dieci, 21 in 48 apparizioni negli Slam.

«lo odio perdere. Quando non vinco, non tengo neppure il premio. Questa semifinale è un grande risultato, ma se non vinco in finale per me è come se fossi uscita al primo turno».


In una giornata caratterizzata dai continui scrosci di pioggia, Serena, che domani troverà in semifinale la bielorussa Victoria Azarenka, per la prima volta ha giocato sotto il tetto chiuso sul Centrale.


«Mi sono divertita tantissimo. E' stata una sensazione fantastica, mi piaceva sentire il suono della pallina. Davvero un momento speciale. Non ci avevo mai giocato prima d'ora, è stato bellissimo perché è come stare in un videogame».


Di umore decisamente più cupo la Kvitova, unica donna però ad aver centrato i quarti di finale nei primi tre Slam della stagione. Una magra consolazione dopo essere stata detronizzata. «Sono entrata in campo troppo contratta, forse ho sentito la pressione di giocare contro Serena», l'ammissione della ceca.


OGGI GLI UOMINI - Oggi in programma i quarti maschili. Sarà l'austriaco Florian Mayer a sfidare il numero 1 al mondo, Novak Djokovic, dopo la vittoria in tre set contro il francese Gasquet. Il match del serbo - tempo permettendo - è in programma come primo della giornata sul campo n.1, mentre sul centrale andrà in scena la sfida tra Federer e il russo Youzhny. Stacca il biglietto dei quarti anche lo spagnolo Ferrer, devastante contro Del Potro costretto ad arrendersi in tre set. Identico parziale per l'idolo di casa Andy Murray contro il croato Cilic: lo scozzese troverà proprio Ferrer in un match dall'esito tutt'altro che scontato. L'ultimo quarto mette di fronte il francese Tsonga e il tedesco Philipp Kohlschreiber, che ha liquidato in scioltezza lo statunitense Baker.


E’ tornata Serena, Kvitova spazzata via (Daniele Azzolini, Tuttosport, 04-07-2012)


Tra i vantaggi dell'età c'è quello di poter fare come le pare. A Serena piace moltissimo. L'ha sempre fatto, e ora ha persino il patentino per continuare a farlo, in santa pace. Onusta di gloria e di peccatucci, capace di regolare una conferenza stampa di noiosi giornalisti solo con gli sguardi e di farne arrossire la maggior parte quando vanno fuori dalle righe, la Serena trentenne ha aggiunto un po' di savoir faire ai suoi modi tran-chant, e dunque continua a dire ciò che le salta in testa, ma lo fa con un sorriso. La sostanza non cambia, ma il quadro d'assieme è di molto migliorato. In più ha aggregato un coach alla comitiva circense dei suoi famigli, composta da mamma separata, sorelle, babbo con nuova compagna al seguito, amici, amici delle sorelle, cagnetti e guardie del corpo. Il coach si chiama Patrick Mouratoglou, greco con accademia nella banlieu parigina, uno che ha svezzato Rezai e Wickmayer, e lo stesso sta facendo oggi con Grigor Dimitrov. Ha un ruolo di consulente e aggiunge un tocco classico alla scompigliata compagine. A memoria di tennista, è il primo coach invitato all'angolo della Sister Minore. “Non so se vincerà il torneo, la Williams, ma dentro di me sono convinto che lo vincerà”, dice con stile zigzagante. Serena lo ringrazia così: “Insieme con papà ha avuto il merito di farmi tornare a credere di essere ancora Serena Williams”.


ULTIMI DUE ANNI Il rischio di dimenticare le sue doti, il suo stesso passato, è stato parte fondante degli ultimi due anni di Serena. Da quando una serata di festa si concluse con un piede tagliato da un vetro all'uscita di un ristorante. Sul vetro il marketing ha già lavorato, lasciando intendere che fosse di una bottiglia preziosa, forse champagne, forse un Mouton Rotschild d'annata. Sul resto della vicenda, che condusse Serena a due interventi, a un anno intero d'assenza, e a molti fatti correlati, fra i quali un incidente in bicicletta, uno in macchina, e un rischio di trombosi che fece scattare l'allarme rosso per la vita stessa della tennista, esiste ancora quel riserbo che non permette di dare ordine logico e cronologico al susseguirsi delle sventure, a meno che, anche qui, non vi sia lo zampino del marketing, e che tutti i particolari della cronaca non siano stati destinati a una prossima biografia della Sister, in uscita magari quando tornerà in vetta alla classifica.


TREDICI SLAM Ipotesi, quest'ultima, sulla quale Serena non ha mai avuto grossi dubbi, convinta com'è che il tennis femminile, e le molte giovani e rampanti avversarie, debbano prima o poi fare i conti con lei, unica regolatrice del traffico tennistico dalle parti della vetta. Più o meno, una "pizzardona" del tennis. Del resto, se le va, ed è in condizioni decenti, le altre non sembrano ancora disporre delle necessarie contromisure. Serena è la più potente, la più solida, la più rabbiosa del gruppo. -L'obiettivo è tornare a divertirsi, ci sto riuscendo, e questo mi elettrizza, mi fa stare di nuovo bene con me stessa-, dice lei, nascondendosi un po'. Ha battuto la campionessa in carica Petra Kvitova, per giunta, dilagando nel primo set e contenendola nel secondo (6-3, 7-5), e ora tutti le chiedono se vincerà il suo quinto Wimbledon. Serena non dice di no, ma sta sulle sue. -Sono in semifinale, l'ottava qui, ed è un buon traguardo. Se troverò Vika Azarenka sarà un duello difficile, lei ha giocato benissimo all'inizio di questa stagione. Ma anche con la Paszek sarà dura, sull'erba ci sa fare». E la ventunesima semifinale su 48 Slam giocati. “I conti si fanno in tornei come questo. Il resto conta, ma la Storia è qui, e io alla Storia ci penso, mi piace farne parte”. Serena ne ha vinti tredici, di Slam, e sa meglio delle altre come giocarsi le sue chances, quando il torneo si fa duro. “Sapete, io odio perdere. Mi dico sempre, se non sei prima, alla fine della giornata, vuol dire che sei ultima”. Saggezza tennistica. L'età offre anche questi vantaggi.


Braccio d’acciaio, zero tattica, il tennis “videogame” di Serena (Gianni Clerici, La Repubblica, 04-07-2012)


Donnone, Rasdore (in emiliano) Sollevatrici di Racchette, Wrestlers, Dirlindonn (in pavese) Marcantoni (in lombardo), Pugilesse (Tommasi), e oggi, mentre faticavo a credere ai miei occhi, nel mio scranno N. 15 sul Centre Court, Sumo Girls, un'esclamazione del mio vicino Peter Bodo, un signor giomalista americano di TennisMagazine. Ci trovavamo sotto il tetto del Centrale, che consente a questo bagnatissimo torneo di andare avanti, tra un "drizzle" (pioggerella continua) uno "shower" (acquazzone), e frequentissime "droplets" (goccioline),mentre sul campo si scontravano due rappresentanti di questa nuova umanità. Erano, le due, Serena Williams, con i suoi quattro titoli (2002-3, 200910) e la detentora Petra Kvitova. Nera, come tutti sanno, l'americana, di 75 chili e 1,85 di statura, biondissima la boema, 72 chili e 1,83.


Non mi aspettavo che la bionda ripetesse l'impresa che avevo pronosticato lo scorso anno, dopo averla vista in grande difficoltà ieri, contro la nostra Leonessa, battutasi in parte da sola dopo la lite con l'arbitra Fiona Edwards, a proposito dell'erba bagnata. Ma nemmeno Serena era quella di una volta, dopo i mediocri risultati di Roma e Parigi, un ritiro al secondo turno, una sconfitta al primo, contro l'oriunda Razzano.


Tuttavia non è stato tanto la condizione delle due, a lasciarmi incredulo, quanto il gioco. Parevano intente, le due, ad una sorta di braccio di ferro a distanza, un nuovo sport a chi tira più forte. Scomparsa ogni intenzione tattica, ogni riflessione sui propri errori, ogni forma di pensiero. Botte da orbe, ad ogni scambio, e palleggi che sarebbero durati in media, secondo un mio vicino statistico, 5 colpi virgola 3/4 ciascuno.


Io stesso, incredulo a quella comunicazione, avrei finito per tener conto di ogni sparatoria, e sari riuscito a stabilire i due più lunghi palleggi, uno di dieci tiri, precisamente sulla palla game del 4-3 per Kvitova, l'altro addirittura di dodici, sul primo punto del 5 pari. ll lettore che mi abbia seguito sin qui, e soprattutto la lettrice femminista che equivoca sul mio machismo, in realtà inesistente, mi ricorderanno che le prima regola è di ricordare il nome della vincitrice. È stata, per 6-3, 7-5, Serena, ritornata simile a quella di pochi anni addietro, capace di qualcosa come 14 aces, di cui tre nel game conclusivo. Una Serenona dimagrita se non proprio snella, i muscoli posteriori contenuti da due splendidi mutandoni color fucsia scura, il colore di moda, secondo la mia consulente Rosita Missoni. Una Serena che ha dichiarato, non certo allo scriba, ma in conferenza stampa, quella che serve ai più per interviste immaginarie, “ho sempre cercato di rimandare la palla. Ho giocato meglio che nei turni precedenti. Ho migliorato la mia concentrazione. Mi ha certo aiutato giocare sotto il tetto, sentire il suono della palla. E come sentire un video game”. Sembra a me che il video game non fosse soltanto un suono.


La ribalta – Il ritorno della Germania (Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport, 04-07-2012)

Se ci fosse una classifica per nazioni la Germania la dominerebbe. Con dieci giocatori nel settore maschile e con cinque giocatrici in quello femminile, i tedeschi sorprendono più per la quantità che per la qualità. Non hanno più i Becker, gli Stich e le Graf e nemmeno i Von Cramm, le Aussem e le Krahwinkel dell'anteguerra ma si difendono con dignità sui valori medi al punto di essersi già assicurati un posto in semifinale donne per la Kerber, vittoriosa nel derby con la Lisicki. C'era stato un momento in cui la Germania era diventata padrona del tennis assicurandosi per molti anni il Masters maschile a Francoforte e alcune fasi finali della Fed Cup ed inventandosi una manifestazione atipica ed anche un po' artificiale come la Coppa del Grande Slam. Un manager attento come Ion Tiriac aveva fiutato e sfruttato il momento favorevole, pronto a trasferire il suo quartier generale in Spagna, quando l'avvento di Nadal ed il declino di Becker e della Graf hanno spostato il baricentro europeo del tennis. Tiriac ha fatto costruire uno stadio moderno a Madrid, pubblicizzandolo con alcune iniziative quasi provocatorie come le raccattapalle pin-up e la terra blu di Madrid. Complessivamente il torneo femminile pur sacrificando la Sharapova ha concesso poco alle sorprese tenendo in corsa, con l'eccezione della Paszek, solo protagoniste di buona qualità: Wimbledon onorerà ancora una volta la sua tradizione di eccellenza confermata anche dall'aver avuto nei quarti una partita (Serena-Kvitova) degna di una finale.


Murray, un sogno lungo 76 anni (Marco De Martino, Il Messaggero, 04-07-2012)


Celebre per i castelli, il salmone, i mostri nei laghi, Sean Connery, il whisky, le Highlands e il St. Andrews di golf, la gotica, verde e umidissima Scozia potrebbe entrare nella storia del tennis per aver dato i natali ad Andy Murray, il primo britannico capace di vincere Wimbledon 76 anni dopo Fred Perry (ebbene sì, quello delle magliette). Tra una sberla di vento e uno spruzzo di pioggia, ieri Murray ha battuto in tre set il religiosissimo spilungone croato Marin Cilic (nato a Medjugorje ma residente a Montecarlo, ehm ehm...) e così per la quinta volta negli ultimi cinque anni il Predestinato e sedicente high-lander si è qualificato per i quarti di finale del torneo. Nel 2008 un Andy quasi bambino venne fermato da Nadal in tre set, poi nel 2009 da Roddick in semifinale, quindi nel 2010 e 2011 ancora in semifinale dal solito e terribilissimo Nadal. Oggi, siccome Rafa eliminato dal carneade Rosol è a casa sua in barca a pescare a Manacor, i tifosi del Britannico Regno sognano. Perché Nadal non ha lasciato un vuoto ma una voragine, al punto che chiunque arriverà m f-male nella parte bassa del tabellone sarà un deb, uno che non si era mai spinto tanto avanti.


Perry, figlio di un laburista ma poi elevato a ruolo di baronetto dopo aver chiuso il trittico 1934-36, aspetta un erede e Murray ce la potrebbe anche fare, solo che adesso dovrà fare i conti con lo spagnolo di scorta David Ferrer, mai visto così pompato, solido, invasato e competitivo sull'erba. Ieri Ferrer ha travolto nientemeno che Del Potro in tre velocissimi set e adesso minaccia di bucare con uno spillone il sogno a colori di Andy. Guardando il tabellone dall'alto in basso, questi sono gli accoppiamenti: Djokovic contro Mayer, Fede-rer contro Youzhny, Murray contro Ferrer e Kohlschreiber contro Tsonga. In altre parole: è sempre durissima, ma non è un Wimbledon impossibile come le altre volte. Semmai, il problema di Murray è mentale perché, pur essendo stato numero 2 del mondo, a 25 anni non ha ancora vinto uno Slam perdendo 3 finali (due in Australia e una agli US Open, potrebbe diventare un complesso). Comunque sia, tra Murray e Ferrer è sempre battaglia come dimostrano anche i precedenti, 10 volte di fronte e 5 vittorie a testa, anche se le ultime due le ha vinte Ferrer.


Intanto, Wimbledon saluta la vincitrice dell'anno scorso Petra Kvitova, battuta 6-3 7-5 da Serena Williams. La panterona ha annullato un set-point alla ceca sul 5-4 del secondo set, poi ha servito troppo bene (13 ace) per correre altri rischi. Adesso in semifinale troverà la bielorussa Viktoria Azarenka che ieri ha battuto 6-3 7-6 (7-4) l'austriaca Tamira Paszek. Angelica Kerber si è invece aggiudicato il derby tedesco con la Lisicki in cima a una partita vinta, persa e alla fine rivinta 6-3 6-7 7-5. Le italiane non ci sono più da lunedì, ma nel torneo junior è sopravvissuto il baby Gianluigi Quinzi che alla fine di un incontro da batticuore ha superato il cileno Garin 6-16-7 8-6. Quinzi non sarà un fenomeno, ma è uno che sa vincere. Non resta che sperare e attendere.


L’occasione di Murray (Daniele Palizzotto, Il Tempo, 04-07-2012)


Andy Murray e Serena Williams, ovvero due facce opposte della stessa medaglia: una perdente, l'altra vincente. Eppure quest'anno, dopo la clamorosa eliminazione di Rafa Nadal, la maledetta tradizione britannica sui prati di Wimbledon potrebbe, anzi dovrebbe cambiare: quale migliore occasione può pretendere lo scozzese per sfatare un tabù che dura da 76 lunghi anni, ossia dalla vittoria di Fred Perry nel 1936? Magari l'eterna speranza Murray - Fab Four di nome ma non di fatto - può prendere ad esempio Serena, campionessa vera e cristallina.


Come definire altrimenti chi, alla soglia dei 31 anni e dopo un'inaspettata eliminazione subita al primo turno del Roland Garros, ritrova all'improvviso colpi e forza mentale, sopravvive alle trappole disseminate da Zheng (9-7 al terzo) e Shvedova (7-5 al set decisivo) e poi sbatte fuori dal torneo la campionessa in carica Petra Kvitova con inusuale autorità (6-4 7-5), annullando tra l'altro un set point con un servizio vincente? Doti sconosciute al pavido Murray, nonostante 22 tornei e ben 8 Masters 1000 già riposti nella bacheca personale.


Troppo spesso il britannico - o forse sarebbe meglio chiamarlo scozzese, almeno fino alla sospirata conquista dei  Championships - ha tradito le attese. Troppo spesso ha tremato davanti alla grande occasione, troppo spesso ha lasciato passare il treno senza provare a prenderlo in corsa. E neppure il sodalizio con Ivan Lendl ha prodotto i risultati sperati e promessi con sicurezza a inizio stagione: il trionfo di Brisbane non può certo bilanciare le delusioni raccolte in semifinale a Melbourne contro Djokovic e nei quarti a Parigi con Ferrer. Ecco perché stavolta, sull'agognata erba di Wimbledon, il 25enne Murray non può davvero voltare le spalle al destino benevolo. Dopo tre semifinali consecutive - la prima persa contro Roddick, le ultime due con Nadal - l'occasione è troppo grande: dimostrare finalmente il proprio valore, volare in finale senza dover per forza battere Nadal, Federer o Djokovic e poi prendere l'attesa rivincita cancellando ogni pregiudizio.


Certo oggi, nel quarto di finale contro un Ferrer mostratosi implacabile con Del Potro (6-3 6-2 6-3), non basterà la solita tattica attendista: aspettare l'errore dell'avversario è stato sufficiente contro Baghdatis e in parte Cilic (7-5 6-2 6-3), ora però Murray deve cambiare atteggiamento. Altrimenti vinceranno Djokovic (oggi contro Florian Mayer) o Federer (contro Youzhny). Altrimenti, forse, sarà giusto considerarlo un fantastico perdente.


Ferrer, il guerriero di riserva mette paura all’Inghilterra (Stefano Semeraro, La Stampa, 04-07-2012)


A Wimbledon fa freschino ma gli spagnoli nemmeno se ne accorgono. Da domenica passeggiano rilassati nei loro cachemire, se incrociano un italiano salutano ilari con la manita ridotta - quattro dita e il pollice ripiegato. Potenza del calcio. Neppure la precoce dipartita di Rafa Nadal, sconfitto al secondo turno da Rosol, riesce ad immalinconirli più del necessario. Tanto c'è Ferrer, l'altro spagnolo, il guerriero di riserva. Il numero 5 del mondo - ma è stato anche 4 - uno che da sette anni dimora silenziosamente ma graniticamente fra i primi 20, e di cui tutti si accorgono, ingiustamente solo in occasioni speciali. Come questa.


Perché «Ferru», 30 anni, è un ragazzo umile, vive agli antipodi di McEnroe, quando gli capita di battere uno come Nadal quasi se ne vergogna, arrivando talvolta a scusarsene, come in Australia due anni fa. E' un antipersonaggio di lusso, lo spagnolo di scorta che vive nell'ombra di Nadal, ma che ieri sul Centre Court ha rasato a zero le ambizioni di Juan Martin Del Potro. Tre set facili e Palito ha dovuto fare le valigie mentre David oggi incontrerà il local hero Murray nei quarti di finale.


I british, sotto sotto, tremano. Questo «deve» essere l'anno di Andy, e in teoria Ferrer, con la sua molto riduttiva etichetta da terraiolo, sul verde è un avversario abbordabile. La pratica del circuito, al contrario, insegna che Ferrer è ormai da tempo un sub-campeon universale che fa paura su ogni superficie. Sulla terra come sul cemento, dove è arrivato in semifinale sia agli Us Open sia agli Australian Open. Al coperto ha raggiunto una finale del Masters (nel 2007, battuto solo da Federer) e quest'anno si è preso anche un torneo sull'erba, a 's-Hertogenbosch, il 15esimo in totale di una carriera che vale più di 14 milioni di dollari. Nel 2012 poi a «Ferru» le cose girano decisamente bene. Ha già vinto 4 tornei, come solo Nadal e Federer, nessuno conta un bilancio vittorie-sconfitte migliore del suo (47-8). A Wimbledon non è mai andato oltre gli ottavi - ma si sa, l'erba non è più quella di un tempo.


Non ha un gran servizio, David, e un maligno anni fa disse che appoggiava il rovescio come una ragazza. «La mia arma sull'erba è la risposta», spiega lui con il solito sorriso inox. La risposta, ma anche il dritto, due gambe da fenomeno e una grinta terrificante: «Ferrer gioca a tennis come un bulldog addenta un osso», hanno scritto. Non è sempre stato così. «Ferro» ha iniziato a giocare seguendo le orme del fratello maggiore Javier, campione di Spagna under 12, ma da cucciolo non era uno Stakanov. «Arrivava al circolo sulla sua motoretta e mi diceva che non se la sentiva di allenarsi», racconta il suo coach di sempre, Javier Piles.


«Allora lo chiudevo, senza luce, nello sgabuzzino dove tenevamo le palle e gli attrezzi, dalle 9 alle 12 del mattino, con un panino e una bottiglia d'acqua e gli dicevo: questo è il tuo orario di allenamento. Dopo cinque minuti iniziava a lamentarsi. Ma nessuno gli apriva perché mi ero raccomandato con tutti di non dargli retta».


A 17 anni, ammorbato dalle mattine passate in clausura e pieno di dubbi per i risultati che tardavano ad arrivare, mollò la racchetta. Restavano da finanziare le uscite con gli amici, e visto che papà gli aveva tagliato la paghetta il bamboccione decise di mettersi a lavorare: muratore in un cantiere, 30 euro alla settimana. Dopo sette giorni David richiamò Piles: «okay, domani vengo ad allenarmi». Non ha più smesso, e se è diventato il modello di Sara Errani, che a Valencia lavora con lui, e il nuovo incubo di Andy Murray, è per la lezione imparata tanti anni fa nel buio di uno sgabuzzino.


Wimbledon, ancora Ferrer sulla strada di Murray (Federico Ferrero, L’Unità, 04-07-2012)


QUANDO L'ERBA DEL VICINO ERA UN PO' PIÙ VERDE, L'IPOTESI DI UN DAVID FERRER COMPETIVO NON SI SAREBBE MAI DATA
. II miracolo del responsabile della manutenzione dei campi di Wimbledon, Eddie Seaward, ha reso partecipe un capo giardiniere del primo quarto di finale on grass del piccolo Ferru, capofila di quella comunità valenciana del tennis in cui ha trovato la sua dimensione anche Sara Errani. Beninteso, se a prevalere fossero stati Juan Martin del Potro e le sue botte da supermassimo il Dna del tennis di rimbalzo ormai vincente su tutti i terreni non si sarebbe alterato. E l'erba gene-ticamente manipolata è ormai seminata anche nel Continente, dove Ferrer ha confermato quest'anno il titolo olandese di 's-Hertogenbosch già catturato a suon di dritti quattro anni fa. Chi rischia di masticare amaro, piuttosto, è Andy Murray, dato per finalista in ciabatte - l'ultimo successo britannico qui fu, nel 1936, il terzo consecutivo di Fred Perry, nome che per i giovani è il logo di una polo - e agile esorcista del tennis di Marin Cilic, unico spilungone croato dell'Era Open che non sa tirare ace. Murray. messo a dura prova da Karlovic e Baghdatis, ha il peso di un imperativo: non sbagliare. Dal momento della dipartita di Nadal una nazione soffia la barchetta del suo idolo verso il porto della grande domenica; eppure potrebbe anche colare a picco, se Ferrer gli proporrà il vigore delle ultime due sfide (Masters, Roland Garros) e lotterà finalmente libero dal complesso di inferiorità patito in troppi tornei dello Slam. Anche contro Murray, in una sfida australiana indimenticata e persa per scarsa autostima. Lo sguardo pigro di Ivan Lendl nel box tecnico dello scozzese non chiarisce il dilemma: riuscirà a convincere Andy a una indispensabile aggressività o lo aiuterà a raccogliere l'ennesima insoddisfazione?

Wimbledon rosa, per contro, potrebbe già essersi concluso con i due set a zero rifilati da Serena Williams alla campionessa in carica Petra Kvitova. Un match di poche carezze e tante sberle tra il presente e il futuro del nostro sport: è che non tutte le generazioni contano su un fenomeno. Chi volesse consultare la classifica sbaglierebbe unità di misura: con i suoi 13 Slam, un servizio da Atp Tour e soluzioni vincenti precluse a chiunque altra, Serena è tornata a pestare come miss Tyson. E solo un raptus autolesionista potrebbe separare le manone di Serena dal quinto piatto dei Championships.
 

Murray fa sognare, Serena Williams in semifinale (Alberto Giorni, Il Giorno Sport, 04-07-2012)

Andy Murray fa sognare il pubblico britannico, che non vede vincere Wimbledon da un giocatore di casa dal lontano 1936 (Fred Perry). Nella parte di tabellone lasciata scoperta da Nadal, lo scozzese approda ai quarti: nella prosecuzione del match interrotto lunedì per la pioggia, ha superato il croato Cilic 7-5, 6-2, 6-3. Ma oggi dovrà stare attento allo spagnolo Ferrer, in gran forma, che ha dominato 6-3, 6-2, 6-3 l'argentino Del Potro. Sfida interessante anche tra il francese Tsonga e il tedesco Kohlschreiber (eliminati rispettivamente Fish e Baker). Nella parte alta, il tedesco Mayer (che a sorpresa ha superato Gasquet), affronterà il n 1 Djokovic; l'ultimo quarto sarà tra Federer e Youzhny. Tra le donne, Serena Williams è già in semifinale: nel match clou, battuta 6-3, 7-5 la campionessa uscente Kvitova. Avanza anche la Kerber, che nel derby tedesco ha eliminato 7-5 al terzo la Lisicki.

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