24/08/2012 23:53 CEST - SCOOP

Australian Open a rischio? La minaccia dei tennisti

TENNIS - Vogliono più soldi dagli Slam. Chi preme, con l’Atp, sono gli sceicchi arabi, pronti a sostituire Melbourne con Dubai (e Qatar). All’Atp tre Slam a favore del circuito non dispiacerebbero. Decisivo il ruolo di Federer. Ubaldo Scanagatta

 

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AUSTRALIAN OPEN
AUSTRALIAN OPEN

L’Australian Open è a rischio. I giocatori presenti all’US Open e convocati dall’Atp con un “mandatory meeting invitation” - invito obbligatorio alla riunione - per questo sabato potrebbero decidere di mettere sotto pressione il più “debole” dei quattro Slam. L’Australian Open, appunto. E con esso tutti i tornei di quella parte dell’emisfero che lo precedono, Brisbane, Auckland e Sydney potrebbero subire disastrose conseguenze. A favore di chi? Si parla di un nascente supertorneo a Dubai, il cui montepremi potrebbe rivaleggiare con quello dell’Australian Open, e di una serie di tornei collaterali in Medio e Estremo Oriente, Qatar, Cina e Giappone che potrebbero in prospettiva precederlo e seguirlo. 

Tutta una questione di soldi

I giocatori vogliono una fetta maggiore della torta. I tornei dello Slam distribuiscono con i loro montepremi una percentuale variabile fra il 15 e il 20% di quel che guadagnano. I giocatori, tutti i top 100, ma in particolare quelli posizionati dal decimo posto al centesimo, ritengono di meritare molto di più. “Senza di noi questi tornei non guadagnerebbero tutto que che guadagnano, quindi abbiamo diritto a più soldi, a montepremi più elevati”.

Il discorso non è nuovo. Da tempo molti giocatori si dicono pronti a dissotterrare l’ascia di guerra, dopo un lungo periodo di pace. Fino ad ora sembra che uno dei principali oppositori allo scatenamento della guerra fosse Roger Federer, che del Player Council è il presidente e il giocatore con maggior prestigio personale. Rafa Nadal invece era uno dei sostenitori della lotta agli slam. Ma nel corso di quest’anno lo spagnolo si è dimesso dalla carica dopo aver fatto trapelare il concetto che a suo parere Federer appare poco disponibile a prendere posizioni nette. Per una questione di educazione? Perché risente della tradizionale neutralità svizzera? Perché guadagna tanto comunque? A questo riguardo le illazioni sono state tante, ma nessuna suffragata da sufficienti indizi, tantomeno certezze.

IL RUOLO DECISIVO DI FEDERER

Ora sembra – ma dico sembra dopo aver raccolto diverse voci fra i giocatori e nell’ambiente _ che anche Federer, dopo aver conquistato tutti i record cui teneva di più nell’ambito degli Slam, senza essere divenuto improvvisamente un guerrafondaio, sia però un tantino più disponibile a far sentire anche la propria voce in difesa dei soci Atp meno bravi e ricchi di lui.

Di fatto - vista dall’altra parte - gli organizzatori degli slam fino ad oggi tenevano più alla presenza di Federer che a quella di qualsiasi altro tennista. Proprio per questo per i giocatori aver l’adesione di Federer, fino a ieri recalcitrante, è divenuto un aspetto tutt’altro che secondario. Fondamentale anzi.

Federer non avrebbe mai rinunciato a un Wimbledon, e ai record ad esso connessi, ma chissà, forse per un Australian Open - che diventerebbe la tappa rompighiaccio per mettere con le spalle al muro anche tutti gli altri Slam - perfino Roger potrebbe anche starci a fare l’impasse con la benedizione dell’Atp e dei suoi consociati.

Sarebbe abbastanza paradossale che a scatenare la guerra contro l’Australian Open fosse un’Atp presieduta proprio da un australiano, Brad Drewett, ma alla fine anche i CEO devono fare i conti con i loro associati.

Sabato sera, o magari domenica, ne sapremo di più.

Certo l’Australian Open, per un complesso di ragioni, distanza e collocazione nel calendario inclusa, è lo Slam più debole, più attaccabile. Non è Wimbledon che non cederebbe mai a nessun ricatto economico: i Championships sono troppo forti, già nel ’73 resistettero ad un boicottaggio quasi universale. Una settantina abbondante dei migliori tennisti del mondo dette forfait nei Championships che soltanto i rappresentanti delle nazioni dell’est europeo non poterono esimersi dal giocare. Difatti a vincere quell’edizione in cui scattò la solidarietà compatta a Nikki Pilic (squalificato dalla federazione jugoslava perché rifiutò di giocare un match di Coppa Davis), fu il ceco Jan Kodes sul russo (della Georgia) Alex Metreveli.

Ubaldo Scanagatta

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