27/08/2012 17:07 CEST - US OPEN

Lo US Open può salvarli?

A poche ore dall’inizio dello slam della grande mela, analizziamo lo stato di alcuni tra i meno soddisfatti del 2012. Lo slam newyorkese potrà raddrizzare la loro stagione? Stefano Broccoli

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Tomas Berdych
Tomas Berdych

Tomas Berdych tra i top players, è forse quello che più ha deluso in questa stagione. Non fosse altro per il tennis straordinario che ha nelle corde, quando tutti i pianeti si allineano per bene. Ce lo ha fatto vedere anche quest’anno, in diversi momenti. Negli Australian Open, ad esempio, quando ha impegnato sul serio Rafael Nadal, e nei master 1000 primaverili su terra battuta. A tratti Berdych è irrestibile per chiunque. Ma nei momenti chiave dell’anno (i tornei dello slam, chiaramente) continua a mancargli qualcosa. Il ceco non è neanche riuscito ad eguagliare uno solo dei risultati ottenuti nel 2010 nei major. Il che la dice lunga sulla sua maturazione o consacrazione, per meglio dire. Berdych non è stato in grado di fare più di quel che ha già fatto, e forse non lo sarà mai. Le sconfitte con Gulbis nel primo turno di Wimbledon e contro Darcis nel Wimbledon olimpico, sono lì a testimoniarlo. Il ceco continua a rimanere nei primi 10 del ranking, e con merito. Ma i suoi risultati continuano a non rispecchiare pienamente il suo tennis. A Ferrer, Monaco, Tipsarevic, nessuno chiede di più. A lui si, per ovvie ragioni. In queste due settimane sul cemento americano, Berdych non ha brillato particolarmente, sebbene abbia raggiunto la finale nel torneo 250 di Winston Salem. Il tabellone newyorkese è abbastanza buono. Ma nei quarti c’è Roger Federer…

Era impossibile chiedere a Mardy Fish di ripetere quanto fatto lo scorso anno. Ma in questa stagione si sono messi in mezzo anche problemi di salute, che hanno costretto Fish a fermarsi per 2 mesi e a perdere il suo status di top 10. Ma al rientro l’americano ha subito convinto, sia a Wimbledon, che sul cemento di casa propria. Nonostante l’età non più giovanissima, Fish continua a giocare molto bene, e agli US open, è da guardare con attenzione. La superficie è la sua preferita; decoturf della "Us Open Series" che mette in risalto la sua propensione offensiva. E in Canada e a Cincinnati ha ben impressionato. Soprattutto in Ohio, giocando due set tiratissimi con Roger Federer.

Milos Raonic si è fatto conoscere al mondo tennistico lo scorso anno, quando da semi-sconosciuto ha raggiunto gli ottavi agli Australian Open. Da lì una continua progressione, che l’ha portato al numero 16 in classifica mondiale (suo best ranking). Ma è mancata la fiammata slam, quella che potesse definitivamente lanciarlo nei top 10. Questa stagione hanno fatto male diverse sconfitte: in Australia contro Hewitt, a Wimbledon contro Querrey, e soprattutto il 23-25 con cui ha perso contro Tsonga alle Olimpiadi. Anche dalle sconfitte si può imparare, certo, e forse tali debacle, hanno aiutato Raonic a farsi le ossa. Ma questo slam potrebbe essere quello buono per l’affermazione definitiva. Il suo tennis esplosivo sembra concepito apposta per questi campi.

E’ un caso un po’ misterioso quello dell’ucraino Dolgopolov. I suoi risultati quest’anno non sono stati  certo eclatanti, ma la sua posizione è rimasta stabile nei top 20. Il “Dolgo” è riuscito a far punti in diversi tornei minori o in occasioni particolari (l’Atp 500 di Washington, che ha vinto, coincideva con il torneo olimpico), ma ha dispensato con minor frequenza lampi della sua genialità. Lo slam americano potrebbe essere il palcoscenico giusto per tornare alla ribalta. D’altronde l’ucraino non è prevedibile e il suo tennis può elevarsi da un momento all’altro. Qui l’anno scorso arrivò agli ottavi, dove giocò quel memorabile primo set con Novak Djokovic.

Da quando ha recuperato una buona salute, ed è in pianta stabile nel circuito, più volte si è sentito dire: il vero Del Potro è tornato. Ad esempio lo scorso anno, quando ha impegnato seriamente Nadal a Wimbledon, recuperando un posto nei primi venti giocatori del mondo. Ma la sconfitta agli Us Open con Gilles Simon, era chiaro sintomo che il gigante di Tandil non era ancora tornato. Quel diritto devastante, quella forza che gli aveva permesso di trionfare a New York nel 2009, non si erano ancora riviste del tutto. Ma quest’anno c’è stato lo step ulteriore. L’argentino si è preso la medaglia di bronzo a Londra, battendo Djokovic in due parziali. Ma è nella semifinale (pur persa) che si è rivisto il miglior Del Potro. L’argentino ha tirato fuori il carattere dei giorni migliori ed ha perso 17-19 sul filo di lana contro il 7 volte vincitore di Wimbledon. Match memorabile, forse la partita dell’anno, che ha rilanciato prepotentemente la candidatura di “Delpo” a livello slam. A New York è lui il “Fab Four”.

In pochi, quest’anno si sono accorti della presenza di Kim Clijsters. E pensare che il 2012 è il suo ultimo anno da professionista. Doveva essere un degno anno di celebrazione, ma Kim ha fatto poco per farsi notare. Inoltre, dopo la semifinale in Australia, ci si son messi anche gli infortuni a complicare le cose. Gli Us Open saranno il suo ultimo torneo da professionista. Proprio per questo non sarà un torneo come tanti. Ma sarebbe un nuovo miracolo (come e forse più del 2009) se riuscisse a ripetersi.

Wimbledon, master di fine anno. Come Roger Federer nel 2003/2004, anche Petra Kvitova ha seguito questo bell’iter. In molti pensavano potesse essere finalmente arrivata la nuova dominatrice del circuito femminile. Giocatrice completa, potente e possente. Ecco, è proprio questo l’elemento che la condiziona maggiormente. Semplicemente il suo gioco di gambe non è all’altezza dei fondamentali. Quest’anno è scesa al numero 5 del ranking e non ha vinto neanche un torneo, almeno fino al recente premier di Montreal. Il successo canadese può essere lo sprone giusto per far bene a Flushing Meadows. Di certo meglio del primo turno dello scorso anno.

Caroline Wozniacki quest’anno, è stata ridimensionata sul serio, dal pubblico e dalla classifica. E si, perché nel 2011, nonostante le lacune contro le “grandi” nei grandi tornei, era ancora la prima della classe. Quest’anno anche la classifica è impietosa (n.9), e rispecchia più o meno il valore della danese. Certo, le cose sono andate particolarmente male, e Caroline ha perso con giocatrici che in passato avrebbe battuto.Poco male, forse il fatto di non essere più sotto i riflettori, potrà giovarle in questo slam, l’unico nel quale ha raggiunto la finale. 

Stefano Broccoli

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