01/10/2012 16:54 CEST - TENNIS E STORIA

Eroi della patria si nasce

TENNIS E STORIA - Murray si sta facendo carico dell'intera Gran Bretagna, portando benefici enormi alla sua terra. Peter Bodo ci ricorda gli altri campioni che hanno reso grandi i rispettivi Paesi. Traduzione di Federico Romagnoli

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Goran Ivanisevic (Photo by Julian Finney/Getty Images)
Goran Ivanisevic (Photo by Julian Finney/Getty Images)

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Qualcosa di meraviglioso sta accadendo in Gran Bretagna, con molti tennisti che all'improvviso guadagnano posizioni nel ranking e attenzione nei media. Andy Murray, doppia medaglia alle Olimpiadi e recente campione dello US Open, è alla testa di una nuova "British invasion".

Sta ascendendo rapidamente anche Laura Robson, vincitrice della medaglia d'argento nel doppio misto (con Murray). La diciottenne ha giocato la finale del torneo di Guangzhou una settimana fa e finirà l'anno come la più giovane giocatrice nella top-100 WTA. Al momento è al numero 57.

Heather Watson ha pure prodotto suoni interessanti, anche se non li ha ancora condensati in una canzone compiuta. Si è qualificata e ha poi raggiunto il secondo turno al Roland-Garros, è solo ventenne e senza dubbio migliorerà. Anne Keovathong è pure nella top-100 (numero 80), e così Elena Baltacha e Johanna Konta, ungherese nata a Sydney, ma che gioca ora sotto la Union Jack.

Murray non è comunque l'unico uomo britannico in gioco. Poche settimane fa il diciottenne Liam Broady ha raggiunto la finale US Open fra i giovani. E' stata pura coincidenza che abbia ottenuto questo grande risultato nello stesso momento in cui il suo modello è riuscito a vincere il suo primo Major?

Questa rinascita generazionale non rappresenta niente di nuovo, come molti di voi sapranno. Facciamoci dunque un viaggio nella storia per vedere come individui come Murray abbiano ispirato (o in alcuni casi fallito a ispirare) legioni di giovani atleti della propria nazione. Nazioni elencate in ordine alfabetico e articolo riguardante i soli tennisti viventi:

Argentina. Diventò una potenza tennistica grazie a Guillermo Vilas (la più grande one-man story dell'era Open, insieme a Bjorn Borg). Parte della squadra di Davis negli anni Settanta, Vilas vinse quattro tornei dello Slam (più verosimilmente due, visto che i due Australian Open avevano tabelloni poverissimi in quelle edizioni - ndr) e fu il vero numero 1 del mondo nel 1977.

Vilas aprì le porte al flusso di giocatori che è seguito e che ha reso la nazione una duratura potenza del tennis: Jose-Luis Clerc, Martin Jaite, Alberto Mancini, Guillermo Coria, David Nalbandian, Juan Martin del Potro.

Considerato che l'Argentina non aveva la forte tradizione tennistica di altre nazioni, potete intuire come si tratti probabilmente del più grande esempio di cosa un giocatore possa fare per un'intera nazione, e quanto a lungo possa durare questo effetto.

Australia. Il tennis in Australia è sempre stato potente, principalmente a causa della relazione con la Gran Bretagna, ma il continente-nazione raggiunse un vertice che durò circa due decadi quando Harry Hopman diventò il capitano di coppa Davis. In questo caso il boom fu quindi generato da un coach più che da un giocatore.
I protetti di Hopman si chiamavano Lew Hoad, Rod Laver, Roy Emerson, Ken Rosewall, Tony Roche. Ma un po' come gli Stati Uniti ora, l'Australia diventò vittima del proprio successo. Con uno standard dal livello così alto, persino una generazione di giocatori forti come Pat Rafter, Mark Philippoussis e Lleyton Hewitt ha faticato a reggere il confronto.

Brasile. Sembrava potesse diventare la nuova Argentina, grazie a Gustavo Kuerten, che vinse tre volte il Roland-Garros e terminò l'anno al numero 1 nel 2000 (grazie a un Masters n cui diventò il primo giocatore a battere Sampras e Agassi nello stesso torneo). Invece non andò così: oggi il talentuoso ma imperfetto Thomaz Bellucci è l'unico brasiliano presente in top-100.

Cile. Ha prodotto alcuni eccellenti giocatori, anche prima che il successo arridesse a Marcelo Rios (ex numero 1), Nicolas Massu (medaglia d'oro alle Olimpiadi) e al recentemente ritirato Fernando Gonzalez (finalista all'Australian Open e ex numero 5): nomi come Jaimie Fillol e Hans Guildemeister. Ma è una nazione in cui l'ondata non è stata così potente da fare la differenza.

Croazia. Nikki Pilic, uno dei padri fondatori della ATP, mise il tennis sul tavolo della Croazia (al tempo parte della Jugoslavia). Ma è stato Goran Ivanisevic che ha davvero stabilizzato la nazione come potenza tennistica, anche senza l'aiuto dei giocatori serbi che in passato giocavano con la Croazia per rappresentare la Jugoslavia (pensate oggi a una squadra di coppa Davis del genere!).

La Croazia è una di quelle nazioni che, per ragioni troppo complesse da spiegare ora, ha perso un sacco di talenti a causa dell'emigrazione. Attualmente ha due giocatori in top-100: Marin Cilic (numero 13) e Ivo Karlovic (numero 80).

Repubblica Ceca. Rimane una potenza tennistica nonostante la divisione che ha separato le due nazioni una volta costituenti la Cecoslovacchia, e è sopravvissuta alla defezione verso gli Stati Uniti di due fra i più grandi tennisti della storia, Martina Navratilova e Ivan Lendl.

I cechi sono rimangono forti (tre giocatori in top-100, guidati dal numero 6 Tomas Berdych) perché hanno avuto una lunga tradizione di campioni di Slam alle spalle, a partire da Jaroslav Drobny e Jan Kodes.

Francia. Divenne una potenza tennistica durante i giorni dei quattro moschettieri, negli anni Venti, ma la sua fortuna ha fluttuato nel corso del tempo. Dopo un periodo di letargo, Yannick Noah ha generato un nuovo boom quando ha vinto il Roland-Garros nel 1983.
L'onda ha lanciato un numero notevole di imbarcazioni, tuttavia senza produrre un nuovo campione di Slam, nonostante gli otto giocatori in top-70.

Germania. Ha una lunga storia tennistica. Tuttavia considerato il dominio che ha sperimentato di recente con Boris Becker e Steffi Graf, è deludente che il numero 2 Tommy Haas sia stato il loro più celebrato successore. Le Germania ha sei giocatori in top-100, ma il più in alto è Philipp Kohlschreiber (numero 18).

Italia. E' un po' come la Germania, anche se Adriano Panatta e Corrado Barazzutti non potrebbero mai essere confusi per Becker o Michael Stich. Se cercate posizioni in classifica importanti per l'Italia, è meglio che guardiate alle donne.

Serbia. Più ancora della Gran Bretagna, la nazione-test per la teoria delle ondate generazionali. Con tre giocatori, di cui un futuro membro della Hall of Fame, nella top-100 (il numero 2 Novak Djokovic, il numero 9 Janko Tipsarevic, il numero 31 Vitkor Troiki), l'onda si sta avvicinando al culmine, ma quella che ora ci interessa è la prossima, se ce ne sarà una.

Spagna. Ha tredici giocatori in top-100, più di ogni altra nazione. E' un'onda partita da ben prima che Nadal vincesse il suo primo French Open. I padrini di questa generazione sono Sergi Bruguera, Alex Corretja e Carlos Moya. Una nazione che è stava una vera e propria supernova, ma che potrebbe generare forti delusioni in futuro. Vedremo quanto il suo momento durerà ancora.

Svezia. La crescita della Svezia da luogo isolato a potenza tennistica rimane la storia generazionale di maggior successo, considerando quanto piccola è (in termini di popolazione) rispetto a altre nazioni che hanno generato simili fenomeni. Ma dai tempi di Borg e poi di Wilander-Edberg-Jarryd-Nystrom, si è svelata inattiva, benché Robin Soderling sia stato (quando in salute) un serio contendente alla vittoria di uno Slam.

Svizzera. Lo so che le Alpi sono alte, ma non potrebbe l'onda lambirne almeno le pendici? Nel frattempo, gli Stati Uniti fungono da avvertimento (stai prendendo appunti, Spagna?), nonostante i nove giocatori in top-100.

Traduzione di Federico Romagnoli

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