19/02/2013 09:38 CEST - Approfondimenti

California farewell: addio al torneo di San Jose

TENNIS - Dopo 125 anni, il secondo torneo più antico degli Stati Uniti lascia la California. Il SAP Open è stato venduto: dall'anno prossimo si giocherà a Rio. Ripercorriamo i grandi campioni che hanno fatto la sua storia: da Budge e Perry a Borg e McEnroe fino a Agassi e Sampras, Hewitt e Murray. Alessandro Mastroluca

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L'HP Pavillion di San Jose
L'HP Pavillion di San Jose

C'mon on and take your best shot/Let me see what you got/Bring on your wrecking ball!”. Di sicuro, come nella title-track dell'ultimo album di Bruce Springsteen, Raonic ha fatto vedere i suoi colpi migliori. I suoi tre anni di dominio, 12 successi su 12, 24 set vinti su 24, hanno chiuso a suon di ace la storia del secondo torneo più antico degli Stati Uniti dopo gli Us Championships, ora Us Open. Dopo 125 anni il SAP Open lascia gli Usa. I proprietari, il San Jose Sports & Entertainment Enterprises che possiedono anche la squadra dei San Jose Sharks, hanno venduto l'evento a Rio de Janeiro. Per questo i versi del Boss, scritti per commemorare la demolizione del Giants Stadium di New York dal punto di vista dell'impianto, suonano ancora meglio per accompagnare storie e ricordi di un torneo diventato malinconico. Un evento che dal 1998, quando Agassi sconfisse Sampras in finale, non ha più visto partecipare i top player, i grandissimi campioni.

La prima edizione del Pacific Coast Singles Championships si conclude il 4 febbraio 1889. William H. Taylor vince il titolo all'Hotel del Monte di Monterey. Nell'era pre-Open, il torneo si sposta prima all'Hotel Rafael, a San Rafael e al California Tennis Club a San Francisco. Negli anni migliori, però, tra il 1934 e il 1941, la sede è il Berkeley Tennis Club: Don Budge perde da Fred Perry prima di vincere il titolo tre volte di fila battendo due volte Bobby Riggs. Dopo la parentesi a San Francisco si torna a Berkeley dal 1949, con finali memorabili come Tony Trabert-Vic Seixas, Rafael Osuna-Whitney Reed, Marty Riessen-Dennis Ralston, Fred Stolle-Charlie Pasarell, Stan Smith-Jim McManus, nel 1968, l'anno della rivoluzione, dell'inizio dell'era Open, in cui grazie a Barry McKay gli organizzatori ottengono una sponsorizzazione dalla Redwood Bank per 25 mila dollari.

Il 1970 è un anno importante. Il torneo cresce, l'impianto è stracolmo di spettatori entusiasti. La semifinale tra Cliff Richey e Stan Smith vale un posto in finale e il titolo di numero 1 degli Stati Uniti. Tra i raccattapalle anche un bambino di nove anni che avrebbe insegnato ai campioni come vincere sporco: Brad Gilbert. La partita si decide per un punto. Si arriva infatti al 4-4 nel tiebreak del quinto set, e allora si giocava con la formula della “sudden death”: distanza massima di nove punti, vince chi ne porta a casa cinque. Il quinto e decisivo punto lo firma Richey con una volée in allungo. Perderà in finale da Arthur Ashe.

Dopo una parentesi ad Albany nel 1972 (titolo a Connors in finale su Tanner), dal 1973 si torna a San Francisco: nella prima edizione il diciassettenne Borg perde dal 36enne Roy Emerson. È sempre McKay a introdurre un nuovo cambiamento, a partire dal 1974: stessa città, nuova arena, il Cow Palace, che ha ospitato un po' tutto, dalle partite NBA dei Golden State Warriors ai concerti dei Beatles. Nel 1976 Transamerica, una società di servizi finanziari, lega per la prima volta il suo nome al torneo. Il contratto di sponsorizzazione durerà 14 anni. Quattro anni prima ha inaugurato il suo nuovo quartier generale a San Francisco in un palazzo a forma di piramide, la stessa del trofeo per il vincitore.

Il torneo diventa uno degli eventi sportivi principali dell'area: tra gli ospiti si vedono le stelle del passato (Perry, Budge, Kramer) ma anche Carlos Santana e Robbie Williams. La stagione del Cow Palace, tra il 1974 e il 1989, è la migliore in assoluto nella storia del torneo, che vede tra i vincitori di quel periodo  John McEnroe, Arthur Ashe, Roscoe Tanner, Michael Chang. Gli episodi memorabili non si contano. C'è la prima visita di McEnroe negli uffici di McKay, nel 1977: “Signor McKay, mi hanno detto che è lei la persona con cui parlare per i rimborsi spese”. “Sì sono io” gli dice  tirando fuori un paio di biglietti da cento. “E secondo, chiamami Barry”. Un anno dopo Superbrat inizierà la sua collezione di 12 piramidi: cinque in singolare, record per il torneo nell'era Open, sette in doppio: l'ultima nel 2006, a 47 anni.

C'è il primo titolo ATP di Michael Chang, fortemente legato alla Bay Area dove il fratello Carl è andato a scuola. C'è la vittoria nel 1989 di Brad Gilbert, che ha partecipato da raccattapalle, giudice di linea, giocatore e poi da coach. Il trofeo non è più a forma di piramide, il contratto con Transamerica è scaduto l'anno prima. Ma sei mesi dopo McKay gliene spedisce a casa una personalizzata.

Dal 1990, con la riforma dei calendari ATP, il SAP Open si sposta a febbraio e in una nuova location, il San Francisco Civic Auditorium: la prima vittoria nel nuovo impianto è di un diciannovenne Andre Agassi, che vincerà cinque titoli, l'ultimo nel 2003. Tre anni dopo il torneo è funestato dalla notizia della morte di Arthur Ashe: è il 6 febbraio 1993, poco prima della semifinale tra Gilbert e Connors.

È anche l'ultima edizione a San Francisco. Seguendo la nuova geografia dello sviluppo tecnologico,  cambia la sede, si va a San Jose, nella Silicon Valley, e cambiano i title sponsor: prima Sybase, poi Siebel Systems, infine SAP, tutte software house.

Il 3 marzo 2002 si gioca quello che rimane con ogni probabilità il miglior match nella storia recente del torneo, la finale tra Lleyton Hewitt, numero 1 del mondo e campione in carica agli Us Open, e Andre Agassi. L'australiano vince 46 76 76 dopo quasi tre ore di gioco. Due anni dopo Roddick vince il suo primo titolo a San Jose sull'amico Fish, 76 64, dopo un tiebreak infinito terminato 15-13. Nel 2006 Murray vince il suo primo torneo in carriera, battendo in rimonta Hewitt 26 61 76. Dodici mesi dopo riesce a difendere il titolo su Karlovic, ancora 76 al terzo.

Tuttavia, dopo il ritiro di Agassi, il SAP Open non ha più visto al via i grandissimi campioni, riluttanti a partire per la West Coast a febbraio sapendo di dover tornare in California a marzo per il Masters 1000 di Indian Wells. Per l'ex giocatore Leif Shiraz “non è un bene che in California perdiamo un altro torneo” dopo quello di Los Angeles, venduto e passato a Bogotà. “Guardiamo per esempio la Francia. Lì se un torneo non va bene in una città se ne cerca un'altra dove possa funzionare. Vendere l'evento all'estero è il peggior scenario possibile negli Usa in termini di sviluppo dei giocatori e di esposizione al tennis di più alto livello”.

Ma, come ha ammesso il direttore Michael T. Lehr, “questo evento c'è da sempre, da 125 anni. Però non bisogna farsi condizionare dall'emozione, bisogna guardare al business”. I soldi hanno ragioni che la ragione del cuore non conosce.

Alessandro Mastroluca

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