11/03/2013 22:39 CEST - IL CASO

Al tennis sono rimasti 25 secondi di vita?

TENNIS - In questi giorni la questione del limite di tempo tra un punto e l'altro sta facendo discutere, soprattutto i big (Nadal, Djokovic, Murray). E' una regola sbagliata o solo difficilmente attuabile? Riccardo Nuziale

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Consapevole di avere tra le mani un talento raro ma ancora grezzo - com'è ovvio che sia, data la verdissima età - il presidente del Brooklin Chess Club Carmine Nigro capì come e dove il bambino Bobby Fischer andava aiutato (e non è un caso che il fuoriclasse americano, solitamente parchissimo di complimenti, ricordò anni più tardi come "il signor Nigro forse non era il miglior giocatore del mondo, ma era un ottimo insegnante. Incontrarlo ha inciso notevolmente sulla mia carriera di scacchista").

Se infatti l'innata e precoce fame di conoscenza di letteratura scacchistica e una memoria che già a tredici anni lo vedeva perfettamente in grado di giocare scacchi alla cieca (ovvero visualizzando solo mentalmente scacchiera e posizioni e movimenti dei pezzi) lo avevano ben presto reso la grande speranza degli scacchi a stelle e strisce, Fischer aveva in questi primi anni di formazione un problema che ai più sembrerà un'inezia ma che invece si tratta di un handicap molto grave: straordinariamente calcolatore, era troppo lento nel scegliere le proprie mosse.

"Se io muovo il mio alfiere lì e lui muove il suo cavallo lì, allora forse dovrei muovere la mia regina lì - no così no! - Perché altrimenti mi mangia il pedone. Allora forse è meglio muovere..." Chiunque abbia giocato una partita di scacchi, anche a livelli infimi, ha inevitabilmente trovato familiare monologhi interiori di questo tipo.

Ma questo nelle competizioni internazionali di scacchi è possibile fino a un certo punto. A moderare tali intrecci di calcoli di possibilità vigono gli orologi. Senza entrare in merito, dal momento che vi sono diversi sistemi di regolamentazione temporale (e tipi di partita), basta sottolineare il fulcro del tutto: un giocatore di scacchi non deve giocare solo contro il proprio avversario, ma anche contro il tempo (prepattuito) che ha a disposizione. Questo ovviamente per evitare possibili discrepanze di tempo usate dai due giocatori, per uniformare la partita, dare le stesse possibilità ai contendenti. In caso di tempo scaduto, quel giocatore perde a tavolino la partita, anche se dovesse avere un vantaggio enorme sulle 64 caselle di gioco. Non è raro quindi vedere un giocatore che, a corto di tempo perché eccessivamente lento, si ritrova a dover prendere scelte affrettate che possono compromettere l'intera partita.

Nigro così fu lungimirante nel raddrizzare Fischer (che fece membro del suo Club quando Bobby aveva la miseria di sette anni) facendolo giocare non solo nel Club, ma anche nei tornei che si organizzavano regolarmente nei parchi di New York. Dove il sacrale silenzio meditativo tipico di ogni Club di scacchi veniva calpestato da vociare, schiamazzi e colorite esclamazioni.

Il giovane Fischer, che etichettava i suoi avversari come vecchi sebbene l'età fosse ben variegata, dovette quindi mettersi in discussione in questo mondo. Un mondo dove gli orologi dei tornei ufficiali non c'erano, ma veniva solitamente praticata la variante del gioco chiamata blitz (lampo in tedesco). In tale variante - esistente anche in forma ufficiale e meno "urlata" - il giocatore è tenuto a muovere entro pochi secondi successivi alla mossa del suo avversario; in caso contrario, quest'ultimo ha il diritto di urlare "Muovi!", costringendo l'avversario a obbedire. Pena la sconfitta a tavolino.

Fischer si trovò inizialmente come un pesce fuor d'acqua in questa dimensione, ma pian piano diventò molto più consapevole del proprio gioco, più veloce ad analizzare la scacchiera, più sicuro nel fidarsi del proprio istinto. E a incanalare meglio il proprio gioco in funzione di una realtà temporale ben specifica e non ignorabile. Ogni volta che il tuo avversario ha compiuto la propria mossa, schiaccia il pulsante che ferma il suo orologio e riattiva automaticamente il tuo. La clessidra riprende a mordicchiare la sabbia, il sudore della tensione a perlare il tuo viso.

Anziché la sabbia, Rafael Nadal sembrerebbe intenzionato a mordicchiare direttamente la clessidra. Stuzzicato dai giornalisti della sala stampa di Indian Wells sulla famigerata regola che obbliga ora i giocatori a riprendere il gioco da un punto all'altro entro 25 secondi, Rafa si è detto fermamente e ferocemente contrario a questa nuova regola, stroncandola essenzialmente in tre punti.

1) Impedisce i tempi di recupero
"Quando ripenso ai miei grandi match negli Slam, ai lunghi scambi nei grandi tornei, dove abbiamo giocato scambi da 30-40 colpi, quanto tempo ci siam presi per rifiatare?". Lo spagnolo sostiene che imporre una tempistica standard significa ignorare (o ancor peggio denigrare) le differenti casistiche che nascono all'interno di un match: un servizio e dritto sul 3-2 40-15 è ben diverso di uno scambio massacrante da fondo sul 6-7 6-3 4-6 7-5 4-4 30-30. Verissimo. Ma questo non può comunque portare a diversi trattamenti arbitrari, a seconda dei casi e dei tennisti in campo. Una regola ci dev'essere, ben precisa e imparziale. Negli ultimi anni il 90% dei giocatori ha sempre più approfittato di un tacito consenso secondo cui i biblici tempi di ripresa del gioco - tra richiesta di asciugamano, riposizionamento, ecc - sono la prassi, in teoria scorretta ma di fatto accettata. E presente da subito, non dal quinto set: perché moltissimi giocatori sforano i secondi già a partire da inizio match, a quasi ogni punto? Come il vento, il caldo e qualsiasi condizione di gioco, il tempo tra un punto e l'altro dovrebbe essere democratico e regolamentato affinché tale democrazia avvenga.

"Con i 25 secondi dopo aver giocato un lungo scambio, puoi pensare di giocarne un altro subito dopo? No." ha continuato Nadal. Infatti è quasi impossibile. Ma non si capisce perché quest'ottica sarebbe l'unica accettata per vedere del tennis di qualità.

2) Va contro il buon tennis
"Perché se guardate gli highlight di fine stagione, i punti migliori dell'anno, non c'è neppure un ace.
I punti migliori sono lunghi scambi e punti incredibili." Potrei tornare all'apologia dell'ace, arma a (spero non solo) mio avviso di sublime bellezza, riaffermando per l'ennesima volta come il plotone di esecuzione che Serena ha messo in scena a Wimbledon lo scorso anno con i suoi 102 ace sia una delle colonne portanti del tennis del XXI secolo, oppure potrei ricordare che i lettori di Ubitennis hanno scelto come miglior punto 2012 uno scambio di dodici colpi e 14-15 secondi.

Ma come tutte le fatine (del goniometro di cristallo) che si rispettano, Aga Radwanska emerge nel momento del bisogno. Nulla ho visto del suo match contro Sorana Cirstea e se non fosse stato per il canale Youtube della WTA la mia ignoranza sarebbe rimasta totale. Ma l'hot shot di giornata non poteva che essere della polacca, che in nove secondi ha racchiuso tutto ciò che può essere il tennis: risposta, lettura in anticipo del colpo avversario, capacità difensiva, tonicità atletica, footwork, reattività, sensibilità di tocco.

Finirà tra gli highlight di fine 2013? Impossibile dirlo, ma se questo punto di Aga non è buon tennis, pur non avendo nulla di epico, fisicamente esasperato, intenso, prolungato (sei colpi in tutto!), storico o che altro, non mi resta che arrendermi all'incapacità di saper guardare tennis.

3) Non è quello che il pubblico vuole
"Andatevi a rivedere il terzo set degli US Open 2011 contro Djokovic e ditemi se il pubblico fosse entusiasta o meno e ditemi se con questa nuova regola quello potrebbe succedere di nuovo. Vi prego."
Anche qui le parole di Rafa hanno il sapore di generalizzazione. Chi è il pubblico? Quello degli US Open 2011 è campione ergibile a rappresentante dell'intero mondo di appassionati di tennis? Secondo quali canoni e perché? E' davvero possibile ritenere il giudizio popolare il termometro insindacabile di una realtà? Ancor di più...è davvero possibile considerare credibile in toto l'evanescente, intoccabile, inafferrabile - e proprio per questo influenzabile e malleabile come nessun'altra cosa - giudizio di massa? La popolarità di qualcosa rende automaticamente quel qualcosa bello/valido/grande?

Nella fattispecie siamo così sicuri che i grandi numeri del pubblico tennistico abbiano la competenza necessaria per giungere a un giudizio, se non competente, pienamente consapevole?

Pur mosso - ne sono convintissimo - da intenzioni più che buone e genuine, Nadal sembra in definitiva aver cercato di dire che la sua concezione della questione e del tennis in generale (vedasi anche l'argomento campi in cemento) sia quella "vera" e "giusta", appoggiandosi però su argomentazioni quantomeno fragili e contradditorie.

Ben più competenti e di difficile soluzione sono le lamentele di Novak Djokovic, che si chiede come tutto questo possa essere regolamentato. Effettivamente è un problema non secondario: il modus operandi scacchistico non è per niente riproducibile su un campo da tennis: troppe sono le componenti d'instabilità (la foga degli spettatori in primis rende difficoltosa la ripartenza immediata del gioco anche se i giocatori lo volessero) assenti nell'asettico mondo degli scacchi.

Se il pulsante del proprio timer schiacciabile al termine della propria mossa è una linea di demarcazione nettissima e di facile manifestazione, questo non avviene nel nostro sport, come ha perfettamente detto Nole: "Penso che ci siano occasioni in cui ci mettono un po' più di tempo a darmi l'asciugamano, a capire che voglio, a darmi le palline. E si perde del tempo. Poi prendo posizione, vedo se il mio avversario è pronto, inizio a farla rimbalzare e ci vogliono altri cinque o sei secondi perché ci metto un po' più dei miei avversari. Con l'arbitro abbiamo discusso di questo: mi ha detto che finisce di contare il tempo quando lancio la palla per servire. E non capisco perché: quasi tutti gli arbitri in passato mi dicevano 'mettiti in posizione sulla riga ed è ok'."

Anche Andy Murray si è dichiarato favorevole all'uniformità della regola, a una prassi che vada oltre il giudizio personale dell'arbitro, ma scettico sulla sua realizzazione: "Quando finisco uno scambio da 40 punti, non so quando cominciano i 25 secondi esattamente. E' un tipo di regola che si applica a discrezione dell'arbitro. Invece se un giocatore vedesse un cronometro sul campo aiuterebbe. Ma non riesco a pensare a un giocatore che mentre serve sente una (simula una sirena) come nel basket. Non credo succederà nel tennis. Il cronometro in campo non mi dispiacerebbe, ovviamente a patto che non faccia rumore."

Siamo quindi nel limbo in cui si vede un problema, c'è tutta l'intenzione di porvi rimedio ma non si riesce a trovare una soluzione autentica e super partes.

Il dubbio rimane: senza un HAL 9000 che non si faccia impietosire e ci dica con quali criteri tale pausa vada cronometrata, nel quinto set dei match che contano...chi conta fino a 25?
 

Aneddoti e virgolettati dell'incipit scacchistico provengono da "Finale di partita - Ascesa e caduta di Bobby Fischer" di Frank Brady (ed. italiana Il Saggiatore, 2012)

Riccardo Nuziale

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