13/03/2013 15:06 CEST - Personaggi

Gulbis è davvero cambiato?

TENNIS - Gulbis ha affrontato Nadal quattro volte. La prima sfida, a Wimbledon, e la semifinale di Roma hanno contribuito a fare di Gulbis "un nuovo Gerulaitis". Ora il lettone sembra aver abbandonato l'immagine festaiola e cambiato l'ordine delle sue priorità. Alessandro Mastroluca

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Ernests Gulbis
Ernests Gulbis

Due opposti. Da una parte, per citare Infinite Jest, una mistura di ordine statistico e potenziale espansivo. Dall'altra il tennis come non-ordine, come limite, come punti in cui le cose, come le racchette, vanno in pezzi. E come tutti gli opposti, Nadal e Gulbis si sono attratti. Nei principali passaggi di tempo del lettone, infatti, c'è il maiorchino.

Prima tappa, Wimbledon 2008. Gulbis arriva dai quarti al Roland Garros e per un set fa impazzire Nadal prima di perdere in quattro. “Quando sono tornato a casa” ha raccontato, “ho passato la più bella settimana della mia vita con i miei amici. Non ha fatto bene al mio tennis, ma mi sono divertito un sacco”. Da allora non ha più passato il secondo turno in uno Slam.

Seconda tappa: Roma 2010, la più bella settimana della sua carriera. A Roma batte Federer, al debutto stagionale sul rosso, 26 61 75: manca sei match point (due sul 5-3 e quattro sul 5-4) ma conquista il controbreak per il 6-5 che gli spalanca un successo condito da 33 vincenti contro i 20 dello svizzero. Gulbis arriva fino alla semifinale, il suo miglior risultato in un Masters 1000, dove trova Rafa Nadal. Lo sfida a suon di palle corte, ma cede il primo set in un'ora, 6-4. Nel secondo converte la terza palla break e allunga 2-0, preludio al 6-3. Ma la stanchezza emerge nel finale, in un ultimo game di battuta in cui Gulbis non fa nemmeno un punto. L'ultimo servizio è un ace, ma viene chiamato fuori; la seconda è innocua e Nadal celebra la vittoria dopo 2 ore e 47 minuti di un sabato sera, vigilia del dì della sua festa.

Gulbis fa in tempo ad atterrare a Riga all'1 di notte. “Siamo andati direttamente in un nightclub. Siamo rimasti lì per un po', non so quanto, con un gruppo di amici e amiche, poi siamo andati tutti a casa mia”. Perché Ernests quando esce lo fa solo per restare fuori tutta la notte, vuole provare tutto, sentire il gusto del fondo del bicchiere. Per questo lo paragonano a Gerulaitis, il bon vivant ospite fisso delle feste allo Studio 54 di New York con Andy Warhol, il jet-set newyorchese e la cocaina a fare da aggregante. Ma quella è un'altra stagione, è un'era fa.

Qualche mese prima, ha vinto il suo primo titolo ATP, a Delray Beach. Tre anni dopo, fa il bis e alza il suo terzo trofeo. Ma in tre anni è cambiato molto, forse tutto. Ha cominciato a bere meno, a fumare meno (proprio l'impossibilità di farlo ovunque era stata una delle “stupide regole” che più aveva criticato negli Stati Uniti), e a prendere sul serio la preparazione atletica, l'allenamento. Ha iniziato a lavorare con Gunther Bresnik, coach austriaco di Boris Becker e Steffi Graf, che gli ha stravolto il movimento del dritto. Ora approccia la palla portando avanti il braccio sinistro, con il palmo aperto della mano, prima di ruotare il busto: sembra sbilanciato, ma evidentemente funziona. “Voglio tornare a giocare come facevo a 15. 16, 17 anni. Rilassato, aggressivo, naturale, senza pensare troppo” ha dichiarato.

Qualcosa, però, è rimasto com'era: continua a spaccare racchette. “In questo sono il migliore. È una tecnica speciale, con in più un po' di potenza”, dice negando di aver avuto Marat Safin come 'maestro'. “In questo sono bravo di mio”. C'è stato un momento in cui ha abbassato la media, che arriva a 50-70 racchette rotte all'anno, quando ha visitato gli stabilimenti di un'azienda produttrice in Austria. “Sì, ho realizzato quanto lavoro ci sia dietro. Poi però ho capito anche un'altra cosa. Non costa molto realizzarle, e romperle è un'ottima pubblicità. Tutte le telecamere inquadrano le racchette una volta che le hai spaccate”. Ne ha rotte anche contro Seppi, e ha scherzato nella conferenza stampa post-partita: “Ne avevo promessa una a un mio tifoso”.

Continua anche a flirtare con l'autosabotaggio mentale, col suo passeggero oscuro, ed è ancora il match con Seppi a darne eloquente dimostrazione. Non è tanto il calcio al banner della Corona al lato della rete nel terzo set, quanto un episodio in un momento apparentemente tranquillo, a metà del secondo set. Una raccattapalle non raccoglie una prima di servizio esterna, la palla finisce tra le prime file, Gulbis va verso il giudice di sedia Murphy, che non lo guarda, alza le braccia e grida: “E adesso? Un'altra time violation?”. Poi tira un rovescio a rete e subisce il break. Ha perso la concentrazione, e il servizio, così, senza apparente ragione.

Sarà l'eredità del bambino viziato che a due anni faceva rimbalzare una palla per casa talmente tanto e talmente forte che i genitori hanno dovuto insonorizzarla in parte per evitare le lamentele dei vicini. Sarà che ha un mondo nel cuore e non riesce ad esprimerlo con le parole, quelle parole che cerca nei libri della biblioteca del padre il quale ha scelto per lui il nome Ernests in onore di Hemingway. Sarà che ha scelto una strada diversa da quella del nonno, giocatore di basket arrivato anche nella nazionale sovietica. Sarà che viene da una famiglia ricca, e se da una parte non arriva ai tornei con l'aereo privato come a un certo punto si è ironizzato, dall'altra guadagnare non è la sua priorità, e il tennis non è stata la sua priorità, almeno fino a quest'anno.

Da gennaio le cose sono cambiate. Ha iniziato la stagione fuori dai 100, “ma nei top-100 c'è gente che non sa giocare a tennis” ha detto. Ha vinto 11 partite nei main draw ATP, un traguardo che l'anno scorso aveva raggiunto solo a luglio. E pensare che tutto questo avrebbe potuto non succedere mai, se l'oscuro russo Molchanov, dopo aver vinto il primo set del turno decisivo di qualificazione a Delray Beach, non avesse mancato la chance di chiudere finendo per perdere al terzo set.

Adesso, sulla strada di Gulbis c'è di nuovo Nadal. “Cercherò di tirare vincenti, un colpo vincente è tale contro chiunque, anche contro Nadal. Voglio vincere contro questi big”. La prossima tappa, la quinta sfida al suo opposto, segna un nuovo, fondamentale, passaggio di tempo. E ci dirà se questo è un cambiamento che fa da preludio alle grandi destinazioni o solo un gattopardesco maquillage.

Alessandro Mastroluca

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