Tirare fuori una Serena dal cilindro ovvero come fare il Grande Slam

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Tirare fuori una Serena dal cilindro ovvero come fare il Grande Slam

Motivi per cui di 17 partite al terzo set, e di 12 iniziate con un handicap di un set, Serena Williams ne ha persa soltanto 1. Un dominio tecnico e fisico, ma che nasconde una predisposizione per la teatralità e un timore reverenziale delle avversarie. Gli stessi motivi per cui vincerà il Grande Slam, oppure no?

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«Cosa significa “tirare fuori una Serena”? Significa rimontare e vincere.» Simple as that. È la stessa Serena Williams che ha utilizzato queste parole dopo i quarti di finale del torneo di Cincinnati dove, nemmeno a dirlo, ha rimontato di un set Ana Ivanovic per poi vincere nettamente al terzo set. “Tirare fuori una Serena” è quando Serena si ricorda che è la più forte al mondo e ribalta il risultato. Ma “tirare fuori una Serena” è più semplice di come ve la raccontano. Parlando di rimonte viene sempre in mente l’immagine dell’impresa, della campionessa che ad un passo dal baratro raccoglie tutte il suo orgoglio e finisce per spuntarla. Macché.

Per Serena Williams rimontare le partite è ordinaria amministrazione, e chi più chi meno lo sa. Serena Williams è così forte, che riesce a giocare con l’handicap. Un po’ come quando da piccoli si faceva la partita di calcetto e alla squadra più scarsa si concedeva il dubbio beneficio dell’uomo in più, tanto per riequilibrare le forze. Serena Williams invece dell’uomo, concede un set.

Un tempo potevamo stupirci di ritrovarla sotto nel parziale. Al Roland Garros del 2014, Eurosport non aveva preventivato che Serena Williams potesse uscire al secondo turno per mano di Garbine Muguruza, tant’è che s’è dovuta collegare in fretta e furia con il canale principale sul rispettivo campo quando la numero 1 del mondo era inaspettatamente sotto di un set. Ma chi, dopo questa stagione, sarebbe sorpreso alla stessa maniera? Chi davvero, quando ha visto che Ana Ivanovic aveva vinto il primo set 6-4, non ha pensato che ci volesse un nonnulla perché Serena Williams vincesse facilmente i restanti due set?

Quest’anno sono ben 17 le partite che Serena Williams ha disputato al terzo set. Diciassette partite su quarantanove totale disputate (non contando quelle non giocate per ritiro); l’equivalente di un 34% di partite giocate al terzo set, ovvero 1 su 3. Per la numero 1 al mondo, con un dominio così netto con le avversarie, è un’enormità. Percentuali simili sono quelle delle altre top5 attuali:

Simona Halep: 17/51 (partite al terzo set/partite totali) 33%
Maria Sharapova: 9/42 21%
Petra Kvitova: 12/35 34%
Caroline Wozniacki: 10/49 20%

Ma rimane comunque stupefacente che una giocatrice con 6000 punti di scarto dalla numero 2 del mondo abbia una percentuale maggiore delle altre di partite “equilibrate”, che si sono decise soltanto all’ultimo parziale. Se poi si va a vedere la sostanza che sta sotto a questa percentuale, il dato è ancora “sorprendente”. Di 17 partite giocate al terzo set, Serena Williams ne ha persa… una (5,8%). Vediamo invece le altre quattro tenniste in esame:

Simona Halep: 4/17 (partite perse/partite al terzo set) 23%
Maria Sharapova: 2/9 22%
Petra Kvitova: 5/12 41%
Caroline Wozniacki: 4/10 40%

Di 17 partite finite al terzo set, in 11 Serena aveva perso il primo. Di queste 11, non ne ha persa nessuna. In generale, Serena Williams nel 2015 dopo aver perso il primo set ha perso soltanto una partita (con Petra Kvitova a Madrid, peraltro con punteggio secco, 6-2 6-3). Una percentuale che nessun’altra giocatrice in WTA può vantare.

Ecco, “tirare fuori una Serena dal cilindro” significa perdere una partita su diciassette mentre le tue avversarie ne perderebbero minimo quattro; significa finire sotto nel punteggio e rimontare facilmente 11 volte su 12. Ma chi non conoscesse un minimo il tennis e chi sia Serena Williams, nel vedere i soli risultati, per forza di cose direbbe che la concorrenza è così alta ed equilibrata che è normale che le sue partite, seppur vinte, risultino così tirate. Ma questo è vero per l’appunto soltanto per chi non sa nulla di Serena Williams. Delle 16 vittorie al terzo set (ha perso infatti con Belinda Bencic a Toronto), cinque volte il terzo set si è concluso 6-3 o 6-2, tre volte per 6-0, due per 7-5 e una per 7-6. Si parla dunque quasi sempre di parziali non-lottati, terzi set senza storie.

Ma allora come si può spiegare questo fenomeno? Cosa c’è davvero dietro al “tirare fuori una Serena”?
L’ipotesi della concorrenza molto elevata, l’abbiamo scartata a prescindere. Davvero non si capirebbe come mai ci siano 6000 punti di scarto nella classifica mondiale e perché non perda quasi mai, o sia comunque la favorita di ogni torneo.
Un’ipotesi incerta: che Serena lo faccia appositamente. Sembra difficile da digerire che una campionessa possa inscenare delle farse rischiando di compromettere anche i suoi risultati, ma è davvero così impossibile da pensare? Tra i c’mon d’incitamento, le espressioni contrite e la mimica del viso che mostra tra un punto e l’altro, le esultanze rabbiose e chi più ne ha più ne metta, assistere ad una partita di Serena Williams è come assistere ad uno show, ad una pièce teatrale. Pare davvero difficile credere che, volente o nolente, Serena rifletta questo atteggiamento anche nel punteggio?
Ma la vera altra faccia di questa medaglia, del “tirare fuori una Serena”, è invece essenzialmente questa: se c’è del merito da parte dell’americana, c’è una buona dose di demerito anche dall’altra parte del campo.

Una delle ragioni per cui Serena Williams può tranquillamente permettersi il passo falso di perdere un set per strada, è la stessa per cui in tutta probabilità farà il Grande Slam in pompa magna a New York: le altre glielo permettono, hanno paura. Timore, più che paura. Timore reverenziale, della figura di Serena e di quello che è riuscita a realizzare. Justine Henin coglieva nel segno qualche giorno fa quando affermava che “[…] non abbiamo delle ragazze – una nuova generazione – che dicano con determinazione ‘Ok, le vecchie se ne sono andate. Ora prenderemo il vostro posto’. Credo che per il bene del gioco sarebbe molto importante che due o tre o quattro giocatrici dietro di lei realmente provassero a metter Serena Williams più in difficoltà.”

La verità è anche che sono davvero poche le tenniste che sentono la determinazione per poter (per voler?) battere Serena Williams. In WTA aleggia un clima particolare che in ATP non credo esista. In WTA è come se esista una causa comune, e questa causa comune, al momento, è vedere Serena Williams fare la storia del tennis. Il trionfo di Williams diviene in realtà il trionfo di tutte, perché è il trionfo del tennis femminile, della WTA. Williams che fa il Grande Slam? Vuol dire definitivamente che è la più forte di sempre, vuol dire che il tennis femminile è al suo apice, vuol dire che merita rispetto e considerazione. Vince Serena Williams, vinciamo tutte. Un dato forse non scientifico ma sul quale si può riflettere è il numero di tenniste professioniste che twittano i complimenti a Serena Williams all’indomani di un titolo Slam, che è di gran lunga superiore al numero di tennisti maschi che fanno lo stesso per un titolo di Djokovic. È un clima di alta solidarietà e non-competitività, per certi aspetti, che alla fin fine può anche andare ad inficiare il piano del gioco.

Serena Williams è un mito, è la più forte, è ad un passo dalla storia. Chi si sentirà di fermarla, davvero, agli US Open? Sicuri che, davanti all’opportunità di sconfiggere non solo la numero 1 del mondo, ma anche la più concreta probabilità di completare il Grande Slam di qui a molti anni, alle tenniste che incontrerà Serena in tabellone non tremerà un po’ il braccio? Chissà se allora ci sarà davvero bisogno di tirare fuori una Serena dal cilindro.

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