Cilic: “Mi prendo Roma” (Lobasso). Panatta si scusa: “Niente contro Sau, era una battuta” (Piras). “Così ho sconfitto il tumore e sono tornato a vincere” (Lobasso)

Rassegna stampa

Cilic: “Mi prendo Roma” (Lobasso). Panatta si scusa: “Niente contro Sau, era una battuta” (Piras). “Così ho sconfitto il tumore e sono tornato a vincere” (Lobasso)

La rassegna stampa di martedì 11 dicembre 2018

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Cilic: “Mi prendo Roma” (Marco Lobasso, Leggo)

Campione del mondo in Coppa Davis con la sua Croazia, Marin Cilic riparte dal clamoroso successo contro la Francia per lanciare la sfida nel 2019 ai tre grandi del tennis mondiale: Federer, Nadal e Djokovic, tutti già battuti almeno una volta. Intanto, è venuto in Italia, a Napoli, per essere protagonista del “Cilic Day” organizzato da Capri Watch del Ceo Silvio Staiano, sui campi del TC Napoli del presidente Riccardo Villari. Un clamoroso successo con mille bambini tutti per lui. Poi, tanto allenamento fino agli Australian Open di gennaio, dove è stato finalista a gennaio scorso. Il 2019 sarà l’anno dell’aggancio di Cilic ai tre grandi del tennis mondiale? «Lo sogno, ci credo. Io sono pronto. Ho 30 anni e sono al massimo, ma posso ancora migliorare. Loro sono grandissimi ma a me manca poco per raggiungere». Serve vincere tornei del Grande Slam. «L’ho fatto una volta e poi due finali. Ci posso riuscire ancora». Tra I sogni di Cilic c’è anche Roma dove è stato semifinalista quest’anno? «Certo che c’è. L’anno prossimo giocherò gli Internazionali d’Italia e voglio vincerli. Perché no? Posso farlo, ci sono andato già così vicino; sarò pronto anche sulla terra». Che tennis mondiale vivremo il prossimo anno? «I talenti diventeranno ancora più forti. Faccio un solo nome, il mio giovane compagno di squadra Borna Coric, 22 anni. Io vi dico che lui anche solo in un anno può diventare il più forte del mondo. E oggi è già n. 12». Come è messa l’Italia a livello internazionale? «Fognini è fortissimo e non calerà; ho molto rispetto per lui. E poi c’è Cecchinato che sulla terra battuta è un fenomeno e si ripeterà». E la grande speranza azzurra Matteo Berrettini? «Ha un gran fisico e un grande servizio. Fidatevi di lui: arriverà al top» […].


Panatta si scusa: “Niente contro Sau, era una battuta” (Lorenzo Piras, Unione Sarda)

«Se qualcuno si è risentito per quel che ho detto mi scuso, ma la mia era solo una battuta in romanesco». Adriano Panatta, ex fuoriclasse del tennis tricolore, non fa marcia indietro sul caso del “sorcio nero”. Ma ci tiene a precisare il senso della frase che ha usato per descrivere il gol del 2-2 di Marco Sau con la Roma a “Quelli che il calcio” su Rai Due: «La mia è solo ironia romana», spiega a L’Unione Sarda. «L’intenzione era quella di elogiare la furbizia dell’attaccante del Cagliari che, come un topolino, è riuscito a far breccia nella difesa giallorossa». Panatta “abbraccia” virtualmente Marco Sau: «È un ottimo calciatore. E il Cagliari non me ne voglia: la Sardegna, dove ho tanti amici, è sempre nel mio cuore». Ammetterà però che la sua battuta può prestarsi a fraintendimenti. «Chiamavo sorcio anche Harold Solomon. Perché se ti giravi un secondo, ti fregava. Era l’avversario che ho sconfitto nella finale del Roland Garros nel 1976, ma di lui avevo assoluto rispetto». Tutto qua? «I social ingigantiscono anche le virgole. Credo che i veri problemi siano altri». Traduca dal romanesco che cosa ha detto durante “Quelli che il calcio”. «C’erano tre marcantoni della Roma in difesa. Sau li ha beffati. Sorcio nero – lo ripeto – è sinonimo di furbizia. A Roma dare del sorcio significa attribuire a qualcuno la dote della scaltrezza». Posto che lei ce l’avesse con i giallorossi e non con Sau, non trova che il suo tono abbia tratto un po’ tutti in inganno? «Ho un sacro rispetto degli sportivi. Sau sabato ha compiuto un’impresa incredibile e con lui il Cagliari». Si stava rivolgendo a una platea nazionale, non solo romana e romanista. «So di essere stato frainteso. Mi dispiace». Quale insegnamento trae da questa vicenda? «Il calcio è una materia su cui non si può scherzare. Eppure, in fondo, è un gioco» […]. Come replica al Cagliari, che non ha preso benissimo le sue parole? «Non volevo offendere nessuno». Lei è pro o contro Di Francesco? «È un bravo allenatore. Ha una squadra che può stare tra le prime quattro-cinque del campionato, ma non si capisce perché la Roma perda concentrazione. Per la Champions penso però che i discorsi siano chiusi» […].


“Così ho sconfitto il tumore e sono tornato a vincere” (Marco Lobasso, Mattino)

L’ultimo punto è stato il suo, poi la pazza gioia di 500 tifosi in campo a festeggiare la promozione del Tennis Vomero nella serie A1 del tennis. Mariano Esposito è l’eroe del club, non solo perché in doppio con Gianmarco Cacace ha firmato la storica vittoria che vale una carriera, ma perché da meno di un anno sta vivendo la sua seconda vita. Nel dicembre 2016 gli avevano diagnosticato un cancro all’addome: sembrava impossibile per un ragazzone di 22 anni di 185 centimetri come lui, campione italiano di tennis (in Terza categoria), un talento giovanile di livello nazionale, primi punti in classifica mondiale ATP di singolo e doppio. L’immagine della forza fisica e della gioventù. «Sarà una lotteria» gli aveva detto senza mezzi termini la dottoressa che lo aveva in cura all’Istituto Pascale: il cancro era già di dimensioni notevoli. L’intervento di urgenza, quattro mesi di chemio, una lunghissima riabilitazione, muscoli e chili persi (circa venti) e solo per tornare a una vita normale. E il tennis? «Sembrava impossibile tornare a giocare ai miei livelli migliori e anche se ora sto bene. So che non sono ancora al meglio ma lo volevo più di ogni altra cosa. Ho lottato, ho battuto un brutto male e adesso vivo la mia seconda vita con più ironia e con uno spirito zen che prima non avevo». Mese dopo mese si è ripreso, aiutato dal suo circolo, il Tc Vomero, dagli amici delll’Accademia Tennis Napoli, la sua seconda casa, poi anche dal Tennis Petrarca. Ha ripreso gli studi in filosofia all’Università Suor Orsola e, soprattutto, ha ripreso a tirare forte a tennis. «Ci è voluto un anno. Ho curato fisico e morale, volevo tornare utile al Tennis Vomero e riprendermi un posto nella squadra di serie A2. Mi ha aiutato la mia famiglia a cui dedico la promozione, la mia fidanzata Giorgia, i miei compagni di squadra, mio cognato Geppino. Devo fare controlli per altri cinque anni. Sono uscito dal tunnel ma non definitivamente; però ora è tutto diverso». La seconda vita da tennista di Mariano regala speranze a tutti quei giovani colpiti come lui da un male terribile a vent’anni. «È dura, lo so. Ci vuole fortuna ma si può vincere. Bisogna crederci fino in fondo e io l’ho fatto. Il destino mi ha regalato una seconda chance e io l’ho sfruttata» […]. Il premio è la serie A1 e adesso si continua. Ancora un passo in avanti, giorno dopo giorno. La sua seconda vita è diventata la più bella.

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