Australian Open, un Nadal mostruoso: “Aggressivo sì, ma non sono Roger Federer”

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Australian Open, un Nadal mostruoso: “Aggressivo sì, ma non sono Roger Federer”

Le risposte di Rafa confermano la sua straordinaria intelligenza. “Ogni colpo che tiro ha l’obiettivo di far male al mio avversario. Chi dice che non sono aggressivo non capisce niente”

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(foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)


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Se vi dico che non avevo mai visto Rafa Nadal giocare in questo modo sul cemento, mi dovete credere. Certamente mi crederebbe Tsitsipas che è venuto in conferenza stampa con l’aria del cane bastonato. Si era illuso di poter far partita pari, magari di vincere, e invece ha fatto solo sei game. Nel primo set ha conquistato solo tre punti sul servizio di Rafa, nel secondo quattro, ed è arrivato per la prima volta a 40, e a palla break, sul 6-2 6-4 5-0 per Rafa.

“Non riesco a spiegarmi cosa sia successo. Non ho idea. Non sono mai stato vicino a conquistar qualcosa, ho fatto solo sei game. Mi sento molto strano, contento per il torneo, deluso per il match, pensavo che avrei fatto meglio e invece…”Stefanos si era un po’ illuso dopo la finale persa a Toronto, nella quale aveva subito un 6-2 7-6 che gli aveva dato l’impressione di un Nadal non imbattibile sul cemento, diversamente da come gli era apparso invece sulla terra battuta di Barcellona dove era stato dominato. Ma l’arcano l’avrebbe rivelato Rafa parlando in spagnolo (e quindi non ne troverete traccia nei transcript che arrivano in inglese dall’Australian Open): “Di tutti i tornei che ho vinto – e sono 80, mentre Tsitsipas ne ha vinto uno solo, ma il greco deve aver pazienza, ha 12 anni e 70 giorni meno di Rafa – quello di Toronto è stato quello che ho giocato peggio. Sia durante il torneo sia durante la finale”.

Sempre in spagnolo Rafa ha detto: “Oggi ho servito davvero bene, ma non ho fatto 30 ace. Ma ho fatto bene tutto. Il dritto è sempre stato molto centrato in questi giorni, ma se non avessi avuto anche il miglior rovescio di tutto il torneo, non sarei riuscito a vincere così. Con il rovescio che andava così bene il mio gioco era più difficile da prevedere”. E a chi gli chiedeva se non fosse orgoglioso di essere ancora una volta in finale a uno Slam, a 32 anni e passa. Rafa rispondeva: “No, non è questo che mi rende orgoglioso ma il fatto di avere sempre cercato in tutti questi anni di trovare, trovare, trovare soluzioni ai vari problemi che si potevano presentare. Risposte a infortuni, a momenti delicati, a periodi meno brillanti e talvolta di sfiducia. Non mi sono mai arreso ai problemi che potevano presentarsi.

Della partita con Tsitsipas, come immaginate, si può dire ben poco, tale è stato il dominio di Rafa. Il risultato dice già molto, i pochi punti persi al servizio aggiungono altro, ma chi lo ha visto buttarsi a rete e cogliere quasi sempre il punto anche in acrobazia, e con una tecnica sopraffina, ha creduto di avere scoperto un nuovo Nadal. Lui ha spiegato alla perfezione perché in realtà nessuno avrebbe dovuto sorprendersi. Trovo che la successiva conferenza stampa di Rafa sia stata la riprova straordinaria dell’intelligenza del campione maiorchino. Quasi ogni sua risposta andrebbe trascritta e tradotta. Ma a me sono piaciute soprattutto queste in risposta a un collega che sottolineava la sua spaventosa aggressività:

“Ero aggressivo perché giocavo bene no? Non è una novità che io sia giochi un tennis aggressivo. Il problema con me (con la percezione che la gente ha di me) è che io ho avuto tanti successi sulla terra battuta e quindi la gente è portata a pensare che io non sia aggressivo. E io credo proprio che chi la pensa così abbia torto, si sbagli completamente. Certo io non faccio serve&volley e non tiro vincenti su ogni palla, ma io gioco tutti i colpi con un obiettivo. Non c’è miglior modo di essere aggressivo che quello di tirare qualsiasi colpo pensando a come creare un problema all’avversario. Quello è stato il mio obiettivo lungo tutta la mia carriera. Oggi posso far danni all’avversario un po’ prima di una volta perché in questo torneo ho servito alla grande. E quando servi alla grande poi la palla successiva è un po’ più facile. È la sola ragione probabile. Avevo la determinazione perché ciò accadesse. Questo è tutto.

Non posso giocare come Roger perché non ho il servizio di Roger! Roger fa un sacco di punti facili, quando mette dentro un gran servizio e poi lo fa seguire da un un gran dritto nemmeno troppo difficile. Non è mai stato il caso mio lungo tutta la mia carriera perché non ho mai avuto lo stesso suo servizio. Ma ora sto servendo meglio – ha modificato qualcosa nel movimento dacché lavora con Carlo Moya – e sono più capace di procurarmi un maggior numero di vincenti. Per tutto il resto ho sempre cercato di essere aggressivo. Ho la mia mentalità. Non puoi andare contro il modo nel quale tu capisci lo sport che stai giocando. Non posso tirar vincenti su ogni palla, se non è il mio modo di comprendere questo sport. L’aspetto mentale deve prevalere su tutto il gioco, e questo è quello che ho fatto per tutta la mia carriera.

Beh, più chiaro di così Rafa non poteva essere. Spero che tutti quelli che in passato lo hanno chiamato una volta “pallettaro” e un’altra “arrotino” oppure “grande difensore”, abbiano inteso quello che lui ha detto. Mi è piaciuta anche un’altra sua risposta, perché non banale. La domanda era stata: “Non hai giocato molti tornei l’anno scorso, non avevi più giocato un torneo dopo l’US Open. Pensi che esageriamo nel sottolineare tutto questo… e forse non è poi così rilevante?”

E lui: “No, è rilevante! È normale che abbiate dubbi su me, perché anch’io ho dubbi su me. Naturalmente non è un problema, io lo capisco al 100% perché ho i vostri stessi dubbi. È vero altresì che se una cosa del genere fosse accaduta dieci anni fa sarebbe stata una situazione più difficile per me, perché avevo sempre bisogno di essere in pieno ritmo per giocare bene. Da un po’ va meglio perché con il tempo è cresciuta la mia fiducia in me stesso. Ma credo che quando sei meno giovane, perdi meno il tuo tennis se giochi meno. Non hai più bisogno di tanti incontri per giocare bene. Questo è quello che mi è accaduto negli ultimi due anni. Forse perché mi alleno bene quando non sto facendo tornei. Rientro in azione un po’ più rapidamente. Detto questo, non è facile tornare a essere competitivo dopo 4-5 mesi di stop e giocare come sto giocando. Naturalmente non me lo aspettavo per nulla.

Va detto, per chi non ci avesse fatto caso, che Rafa qui è in finale senza aver perso un set. Il giorno di più di riposo prima della finale che tutti (tranne Pouille, ma forse anche lui) si aspettano sia contro Djokovic onestamente non conta. “Abbiamo giocato meno di due ore, avessi avuto anche un giorno solo di riposo non sarebbe cambiato nulla”.

Furono 5 ore e 53 minuti in quella finale memorabile del 2012 vinta da Djokovic, con il quale Rafa sembra avere meno feeling che con Federer. “Abbiamo una buona relazione, ho il massimo rispetto.” e si sente un po’ in credito con l’Australian Open: “Sì, giocherò qui la mia quinta finale, quindi non posso davvero dire che sia un brutto record – ha detto sempre in spagnolo e per questo ve lo riferisco – ma non ho avuto neppure molta “buena suerte”. Ho subito diverse volte degli infortuni…” E ha alluso alla finale con Wawrinka, a quella del 2012 con Djokovic, al ritiro lo scorso anno con Cilic nei quarti. E poi dovette saltare l’edizione 2013. Inoltre Rafa ha sempre considerato anche la finale persa con Federer nel 2017 piuttosto sfortunata per il modo in cui perse il break che aveva di vantaggio. ”Onestamente qua qualche opportunità per far meglio l’ho persa. Ma confido sui progressi che ogni giorno sento di star facendo”.

Salvo miracoli di Pouille vedremo un’ennesima sfida Djokovic-Nadal. Il giornalista serbo con il quale ho registrato oggi il video in inglese spiega perché secondo lui Djokovic avrebbe una “mental edge” sopra Nadal, giustificata anche dal record favorevole al campione di Belgrado. Ascoltatelo e dite la vostra.

Osservo infine che mi fa piacere che la finale femminile veda di fronte Naomi Osaka, la campionessa dell’ultimo US Open –e spero che qui se dovesse vincere non venga subissata di fischi ingiusti come le capitò a New York per le intemperanze di Serena – e Petra Kvitova che secondo me avrebbe più talento (ma forse meno testa) di tutte per vincere ovunque, non solo sull’erba di Wimbledon dove è stata regina due volte. Mi piace molto anche il fatto che chi vincerà sarà la nuova n.1 del mondo. Non mi piace invece che qualunque sia l’esito della finale maschile il ranking ATP sia già decretato, Djokovic n.1 e Nadal n.2. Sarebbe stato più bello se il trono fosse stato in ballottaggio.

Chiudo rallegrandomi con “Muso” e “Zeppo”, alias Musetti e Zeppieri che alle 5 del mattino (per voi italiani) si batteranno per un posto in finale all’Australian Open, un traguardo qui mai raggiunto da un azzurrino. Peccato, da una parte, che uno dei due amici e compagni di doppio – ascoltate la mia intervista a Musetti oggi e quella ai due di ieri – debba perdere stanotte. Ma almeno un finalista sicuro ce l’abbiamo. Se qualcuno dirà che era meglio che si incontrassero in finale si potrà rispondergli: “Ehi, ma non sei proprio mai contento!”.

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