Trionfa Medvedev (Crivelli). Da Djokovic a Federer. Big (quasi) pronti per gli USA (Mancuso). Crazy tennis (Clerici)

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Trionfa Medvedev (Crivelli). Da Djokovic a Federer. Big (quasi) pronti per gli USA (Mancuso). Crazy tennis (Clerici)

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Trionfa Medvedev. Settimana perfetta dell’Orso di Mosca (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

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La settimana perfetta di Medvevev si conclude come era da pronostico dopo che in semifinale aveva ribaltato il match con Djokovic da un set sotto e 0-30 sul 3-3 del secondo set: con un successo combattuto ma sostanzialmente mai in discussione su Goffin, che regala all’Orso russo (medved significa appunto orso nella lingua di Tolstoj) il primo sorriso in un Masters 1000 e soprattutto il numero 5 della classifica. Da oggi, Daniil è il più in alto della tanto celebrata Next Gen, di cui rappresenta l’archetipo contrario rispetto agli strombazzati Tsitsipas e Shapovalov: pochissima vita sui social, una moglie (Daria) già a carico e una straordinaria etica lavorativa, che lo ha portato a migliorare a grandi passi, soprattutto al servizio. Che a Cincinnati è stato l’arma letale, togliendolo sempre dagli impicci. Medvedev è il giocatore più caldo del momento (tre finali in tre settimane, finalmente si è tolto la scimmia dopo i k.o. di Washington e Montreal) e quello con più vittorie in stagione, 44.

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Tra le donne, vittoria della Keys, al primo Premier 5 in carriera.

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Avrebbe tutto per rimanere costantemente al top: un servizio che spacca e colpi molto pesanti da fondo, ma non è mai stata una tigre nei momenti caldi di una partita o di una stagione. È vero, ha giocato una finale Slam a New York nel 2017, ma è stata travolta dalla Stephens e comunque ci si immaginava che alla sua età (24 anni) si fosse già costruita un palmarès da star. Ecco dunque che il trionfo in Ohio ci consegna una giocatrice che finalmente è stata aggressiva quando si è scoperta spalle al muro: la Kuznetsova è stata in vantaggio 5-3 in entrambi i set, ma a quel punto Madison ha alzato l’intensità del gioco ed è uscita dal pantano con 13 ace e 45 vincenti. Chapeau.

Da Djokovic a Federer. Big (quasi) pronti per gli USA (Angelo Mancuso, Il Messaggero)

Attenuanti generiche. Dopo il ko in semifinale al Masters 1000 di Cincinnati, Djokovic si concentra sugli US Open: «Ho perso contro un avversario che ha giocato benissimo, sarò pronto per New York». Manca una settimana esatta all’ultimo Slam della stagione e il n.1 era al rientro dopo il trionfo a Wimbledon e con il riacutizzarsi del dolore al gomito destro: contro Medvedev ha dominato per un set e mezzo, poi la risposta migliore del pianeta si è inceppata e il talentuoso russo classe 1996 ha messo la freccia (3-6 6-3 6-3). Allarmanti le condizioni di Federer: probabilmente avrebbe avuto bisogno di qualche giorno in più per digerire la sbornia dei 2 match point falliti contro Djokovic nella finale dei Championships. King Roger nel caldo umido di Cincinnati è apparso lento e spaesato e ha incassato una brutta sconfitta già al 3° turno contro Rublev.

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Sempre in tema di Fab Three, Nadal si è chiamato fuori dalla mischia in Ohio dopo aver vinto però a Toronto. GOSSIP In attesa di rivederlo sul cemento degli US Open, gli appassionati di gossip conoscono la data delle nozze con Xisca Perello: la cerimonia si terrà sabato 19 ottobre a Pollensa (…).

Crazy tennis (Gianni Clerici, La Repubblica)

A Cincinnati — Ohio — il tennista australiano Nick Kyrgios, durante il suo match contro il russo Karen Khachanov, n. 9 in classifica, è stato multato di ben 113 mila dollari per otto infrazioni antisportive (…).

Non sorprenderà il lettore che abbia ammirato Kyrgios a Roma scagliare sul campo una sedia durante gli ultimi Internazionali, o me stesso, la prima volta che lo vidi in Australia (…). Fu quella volta, in cui trovò modo di prendersela soltanto con una bottiglietta, che il collega australiano che mi accompagnava mi fece notare quanto dovesse essere difficile il ruolo di “new australian”, come vengono definiti i conquistatori della nuova nazionalità. «Kyrgios — disse l’amico — non ha solo un papà greco, ma una mamma malese».

(…) Scrivo queste cose dopo una presentazione di un mio libretto, Il Tennis nell’Arte, del quale avrete letto forse, se abitate in Lombardia, una intervista di un altro innamorato del tennis, Carlo Annovazzi. (…) Parlando di Kyrgios, il collega mi domandò se nella mia lunga vita sui campi fossi stato testimone di qualche altra vicenda sconveniente, e mi venne in mente il nome, oltre che di McEnroe, di Cecchino Romanoni, che durante la guerra si era trasferito in Portogallo per evitare il servizio militare, era cocainomane e trasportava la droga in un foro praticato nel manico delle racchette di legno. Fu forse sotto l’effetto della cocaina che l’esaltazione della vittoria lo portò a un comportamento che non ebbe mai un suo eguale sui court. Romanoni fu considerato “Il più bel rovescio italiano degli Anni Quaranta”, e pure io lo ammirai, ma la storia mi venne raccontata dall’autore cinematografico e teatrale Franco Brusati, che lo battè sorprendentemente ad un torneo milanese del 1942, l’anno della conquista di Romanoni del titolo italiano. Brusati, autore di film quali Pane e Cioccolata e Dimenticare Venezia, avrebbe avuto la benevolenza di giocare con me negli Anni Cinquanta, e mi avrebbe raccontato che Romanoni, ingaggiato nella troupe americana di Bobby Riggs, n. 1 Usa durante la guerra, esaltato dalla sua prima vittoria sullo stesso Riggs, iniziò a masturbarsi a fine match su un Centrale di Buenos Aires. Fu soltanto un accenno, perché qualcuno fortunatamente intervenne, e la vicenda fu lungi dal causare le conseguenze che stanno costando tesori e riprovazione a Kyrgios, al quale farebbe bene essere seguito da un consigliere più che da un allenatore. Così come sarebbe stato utile a McEnroe, per evitare le abituali liti con gli arbitri che racconta nella sua biografia You cannot be serious, una genitrice meno materna di sua mamma Kathy, per non essere giunto all’espulsione da socio di Wimbledon. L’espulsione fu conseguente ad una attesa che si era protratta troppo a lungo della moglie del presidente del Queen’s Club. Dopo aver atteso una ventina di minuti che Mac finisse il suo allenamento, la presidentessa si decise a ricordargli, molto gentilmente, di aver prenotato il campo, e quel gentiluomo le mostrò il manico della racchetta, e le suggerì, con un sorriso ironico, di farne un uso davvero intimo

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Un analogo fenomeno di cattiva educazione accadde anche a me, giocatore certo immeritevole di rimanere nella storia del tennis. Nella finale del torneo di Nizza, negli anni Cinquanta, il mio avversario di doppio, il numero 1 americano Bartzen, prese a chiamarmi tra un punto e l’altro “piccolo giocatore”, o addirittura “incapace”. Dopo una decina di volte, persi la pazienza, e scavalcai le rete. Avrei tanto desiderato colpirlo con una racchettata, ma mi sentii sollevare dalle manone del mio partner Orlando Sirola, un due metri colossale, che mi riportò al di là della rete, nel nostro campo.

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