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Gael Monfils, quando l’impresa eccezionale è essere… divertente

DIRIYAH - "La gente vuole sempre vedere la parte divertente di me, ma alla fine, nero su bianco, c'è che io sono il numero dieci del mondo. E questo non è facile". L'orgoglio di un giocatore a cui sta stretto il ruolo di 'Joker' del circuito

Last updated: 17/12/2019 13:16
By Alessandro Stella Published 14/12/2019
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6 Min Read
Gael Monfils - Diriyah Tennis Cup (via Twitter, @DiriyahCup)


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da Diriyah, il nostro inviato

“Esibizioni, tornei, è sempre un piacere andare in campo e farlo con gioia. Il tennis è uno sport bellissimo e divertirmi è parte di me, in qualsiasi match: se gioco un’esibizione voglio divertirmi, se gioco un torneo voglio divertirmi, anche se gioco con mio fratello voglio divertirmi. Questo non deve essere considerato un errore solo perché qualche volta mi capita di perdere; spesso mi diverto e vinco. Non userei il termine ‘pazzo’, o meglio, sono un pazzo (‘I’m a crazy person’, dice letteralmente, lasciandosi sfuggire il solito sorriso, ndr) ma è il mio modo di essere e a volte sul campo provo a fare dei colpi che non immaginereste”.

Parole e musica di Gael Monfils, appena dopo aver intrattenuto il pubblico di Diriyah assieme a Fognini ed essere stato eliminato dalla prima competizione internazionale dell’Arabia Saudita. Al francese il concetto di esibizione calza a pennello, ma questo non significa che il suo valore si fermi alla capacità di intrattenere il pubblico, che comunque può essere considerata la cifra principale della sua carriera. In una conferenza molto interessante Gael prova a circostanziare meglio il suo ruolo di ‘Joker’ del circuito, ci tiene a non essere sminuito, e per non finire vittima della stessa follia che sconvolge la vita del villain interpretato da Joaquin Phoenix nel recente riadattamento cinematografico (osannato più del suo reale valore, probabilmente) rimarca la parte più concreta della sua natura duale.

“La gente vuole sempre vedere la parte divertente di me ed è quella che devo continuare a coltivare, ma alla fine, nero su bianco, c’è che io sono il numero dieci del mondo. E questo non è facile“. Frasi che Monfils pronuncia come se volesse scolpirle su pietra per sfuggire all’infamia del marchio di giullare, quello che sì, ci fa divertire, ma alla fine vince meno di quanto sappia intrattenere. Non che con questo discorso c’entri qualcosa la sconfitta contro Fognini – ‘oggi Fabio è stato migliore di me, e comunque ho giocato contro il numero dodici del mondo‘ – ma in qualche modo introduce i suoi obiettivi per la prossima stagione. Nel 2020 Gael è deciso è migliorare il suo best ranking di numero 6 raggiunto nel novembre 2016 dopo la semifinale di New York, probabilmente il manifesto della sua maniera di vivere il tennis: giocando una partita apparentemente (e forse davvero) priva di un filo logico è stato quasi in grado di mandare in confusione il numero uno del mondo, Novak Djokovic.

“Per salire più in alto in classifica c’è una serie di cose a cui devo prestare maggiore attenzione, la prima è sicuramente riuscire a giocare una stagione intera. Quest’anno ho chiuso al decimo posto ma ho saltato alcuni tornei” (non ha giocato i 1000 di Miami e Montecarlo, ma a dire il vero ha giocato comunque ventuno tornei). Gli chiediamo quindi se sente di avere qualche rimpianto, dacché i due principali sembrano riguardare il nostro Berrettini che l’ha battuto ai quarti dello US Open e gli ha scippato l’ottavo posto alle Finals per assicurarsi il quale a Monfils sarebbe bastato battere Shapovalov a Bercy.

“Non ho rimpianti rispetto alla scorsa stagione, il rimpianto non conta nello sport perché tutti quanti potrebbero averne. Se ho perso una partita è perché doveva andare così“. Gael si improvvisa sofista con anche una punta di misticismo, quando per ribadire il concetto dice ‘se ho perso, evidentemente Dio non voleva che vincessi‘. Comunque un modo di vedere le cose, verrebbe da pensare, ma chissà a quale divinità fa riferimento; forse meglio non approfondire, dal momento che in Arabia Saudita la libertà di culto non è tutelata dalla legge. Sparirà anche questo come altri concetti retrivi, si spera.

Intanto l’avvicinamento di Monfils alla nuova stagione procederà con la dovuta cautela. “Sono un po’ stanco, mi confronterò con il mio team a Dubai e decideremo se giocare l’esibizione di Abu Dhabi“. Fatiche da pre-season che La Monf dovrebbe comunque far presto a smaltire ritenendosi uno dei migliori – o addirittura il migliore, come afferma egli stesso – sotto il profilo atletico. Interrogato infatti su quanto gli farebbe piacere vedere un tennis con regole diverse, improntate all’accorciamento delle partite come qui a Diriyah dove il match tie-break – ma ancora dobbiamo vederne uno – sostituisce il terzo set, il francese espone il suo punto di vista.

“Si tratta di formati differenti, come quelli che stanno testando alle Next Gen Finals. In fondo, perché no?“. Poi, però, ci pensa un attimo di più e ammette che se dipendesse da lui non lascerebbe troppo campo libero al cambiamento: “Direi di sì… ma anche di no; di no perché credo di essere il più forte del tour fisicamente e mi piacciono i match lunghi!“.


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