Verso lo US Open più indecifrabile di sempre

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Verso lo US Open più indecifrabile di sempre

Si torna finalmente a giocare uno Slam, ma senza reali certezze tecniche e con molte incognite. Saprà Serena Williams confermare il ruolo da favorita?

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Serena Williams e Bianca Andreescu - US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)
 

Nella settimana che precede l’inizio di uno Slam questa rubrica è dedicata alla presentazione del grande evento in arrivo. Sarà così anche questa volta, anche se ci troviamo in una situazione anomala, del tutto diversa da un normale vigilia pre-Major.

I motivi sono ormai arcinoti: lo svolgimento del torneo all’interno della “bolla”, la mancanza di pubblico, i pochissimi match di preparazione disputati e l’assoluta incognita sulle condizioni di forma delle tenniste di vertice. Se possibile la sensazione di incertezza è ulteriormente aumentata in queste ore, dato che le prime due teste di serie sono state sconfitte all’esordio nel Premier di preparazione (normalmente svolto a Cincinnati ma quest’anno ospitato nell’impianto di Flushing Meadows). La testa di serie numero 1 Karolina Pliskova è stata infatti eliminata da Veronika Kudermetova per 7-5 6-4, mentre Sofia Kenin è stata estromessa da Alizè Cornet per 6-1, 7-6 (dopo aver rischiato di perdere ancora peggio, visto che ha salvato due match point sul 6-1, 5-2).

Insomma, al momento la situazione in vista dello Slam è questa: le condizioni di forma della giocatrici presenti sono ancora tutte da capire, mentre già sappiamo che ci saranno assenze di rilievo. Il campo di partecipazione delle Top 10 è infatti menomato, tanto che ci si chiede: in una situazione del genere quanto varrà il prossimo US Open? Andrà considerato come uno Slam “vero” oppure no? Per esempio Marion Bartoli lo ha già ridimensionato in partenza. Lo ha fatto ricorrendo a una iperbole (“Mancheranno 20 dei migliori 32 al mondo”), ma se invece che numeri generici avesse citato il dato reale, forse non avrebbe fatto meno impressione: infatti mancheranno sei delle prime otto giocatrici del mondo. Ecco l’elenco delle Top 10 assenti:

1 Ashleigh Barty
2 Simona Halep
5 Elina Svitolina
6 Bianca Andreescu
7 Kiki Bertens
8 Belinda Bencic

In pratica se non fosse per la presenza di Pliskova e Kenin (numero 3 e 4 del ranking), avremmo come prime teste di serie le giocatrici che di solito scendono in campo nel “masterino” di Zhuhai, che prevede come partecipanti proprio chi ha la classifica dal numero 9 in poi. In più sappiamo che mancheranno altre tenniste attualmente di classifica inferiore come Wang Qiang, Pavlyuchenkova, Strycova, Kuznetsova, Zheng, Goerges, Ferro, Zhu, Wang Yafan, Potapova, Bogdan, Stosur (che ha vinto lo US Open 2011, mentre Kuznetsova è la campionessa del 2004).

E quindi? Quanto il prestigio intrinseco dello Slam riuscirà a mascherare le assenze? Penso che la risposta dipenderà in parte dalla qualità di gioco offerta. Se molte partite saranno deludenti e si sentirà la mancanza di tante giocatrici di vertice, sarà un ulteriore colpo al torneo. Se invece avremo parecchi match di qualità (le tenniste presenti potrebbero comunque essere in grado di offrirli), sarà un punto a favore della credibilità.

Ma al di là di tutto, indipendentemente dalle singole e personali interpretazioni di ciascuno di noi (commentatori, giornalisti, appassionati), credo che la risposta definitiva ce la darà la storia. Mi spiego: se in futuro si consoliderà l’abitudine di ricordare i risultati di questo US Open citandoli sempre con un virtuale asterisco accanto, sottolineando che il torneo ha avuto un lotto di partecipanti falcidiato, inevitabilmente lo Slam risulterà sminuito.

Se invece prevarrà la tendenza e parlarne senza particolari connotazioni negative, a lungo andare finirà “digerito” all’incirca come uno Slam normale. Ma per scoprire come andranno le cose occorreranno anni, quelli necessari a valutare il tutto con una prospettiva storica. Mentre per il futuro prossimo immagino le diatribe tra tifosi quando si dicuterà della giocatrice che uscirà vincente dallo US Open 2020: “Eh sì, bella forza vincere uno Slam del genere”.

Magari sbaglio, ma forse un solo esito metterebbe subito in secondo piano la questione: se a vincere fosse Serena Williams. Innanzitutto perché in senso assoluto il curriculum di Serena rimarrebbe comunque inattaccabile. Mentre per quanto riguarda il traguardo storico che eguaglierebbe, cioè i 24 Major di Margaret Smith Court, nessuno potrebbe avere granché da obiettare, visto che Smith Court vanta nel proprio palmarès 11 Slam australiani, alcuni dei quali vinti di fronte a una concorrenza non irresistibile.

Guardate per esempio il tabellone degli Australian Championships 1961 (vedi QUI) con meno di 50 tenniste al via, tutte australiane a parte la britannica Cox. O quello del 1964, che per essere vinto richiese a Court appena quattro match. Sono dati come questi che permetterebbero a Williams di assommare il prossimo US Open ai suoi attuali 23 senza particolari discussioni o diminutio; perché, in sostanza, il record con cui si misura Serena non è esente da obiezioni tecniche anche più gravi.

Sicuramente ci sarà occasione di tornare sul tema a torneo concluso. Al momento la speranza è che non si debba rinunciare in extremis ad altre partecipanti, perché ci potrebbero essere altri forfait non causati da scelte prudenziali ma da più usuali infortuni sportivi. Ricordo che la campionessa in carica Bianca Andreescu molto probabilmente non sarebbe stata al via anche in un torneo “normale”, visto che non gioca dell’ottobre 2019, quando si è infortunata al ginocchio al Masters di Shenzhen; da allora è passata di forfait in forfait, senza più affrontare match ufficiali.

Oggi qualche dubbio c’è anche su Muguruza, che ha rinunciato al Premier in corso per problemi a una caviglia. Infine potrebbero esserci assenze che potrebbero dipendere da positività al virus di chi è all’interno della bolla predisposta dagli organizzatori.

a pagina 2: I dati delle prime teste di serie

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