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Nikola Pilić: “Cosa abbiamo fatto quando gli americani hanno ucciso un milione di civili in Iraq? Niente” [ESCLUSIVA]

Il finalista del Roland Garros 1973 aggiunge: "La politica non dovrebbe entrare in questo modo nel mondo dello Sport"

Ultimo aggiornamento: 03/05/2022 0:01
Di Cipriano Colonna Pubblicato il 25/04/2022
4 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Niki Pilic e Fabio Fognini a Belgrado 2022 (foto Ubitennis)

Seconda parte (qui la prima) dell’intervista rilasciata ai microfoni esclusivi del Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta, da parte di Nikola Pilic. Il finalista del Roland Garros del 1973 ha toccato nuovamente il tema del divieto imposto, dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club e dalla Lawn Tennis Association, agli atleti russi e bielorussi, concentrandosi questa volta sui differenti trattamenti che sono stati riservati, andando indietro nella storia, nei confronti di tennisti appartenenti a quelle Nazioni che avevano avviato dei conflitti; e cercando anche d’individuare possibili soluzioni per dirimere la delicata vicenda.

PERCHÈ AGLI STATI UNITI NON FU RISERVATO LO STESSO TRATTAMENTO? – Dunque il primo quesito posto all’82enne di Spalato riguarda l’ormai famigerata questione Wimbledon con l’esclusione dei tennisti russi e bielorussi. Ma più precisamente viene chiesta a Pilic un’opinione in merito al perché i vari Medvedev, Rublev, Sabalenka debbano essere risparmiati dalle sanzioni, a differenza di tutti gli altri connazionali, impiegati in altri settori che pur non avendo impugnato loro la decisione d’invadere l’Ucraina sono stati costretti a subire le misure d’isolamento adottate dall’Occidente. Questa la risposta di Nikki: “Io penso che nessuno nel mondo voglia la guerra. Ma queste sanzioni contro i giocatori russi e bielorussi non sono normali. Cosa abbiamo fatto quando gli americani hanno ucciso un milione di civili in Iraq? Niente. Dunque io penso che la politica non debba stare così dentro allo sport, perché questa gente vuole giocare a tennis, nient’altro. La politica è un’altra cosa, Boris Johnson e tutti gli altri stano facendo del male allo Sport”.

LO SPORT E’ UN’ISOLA – Il direttore a questo punto chiede all’ex campione iugoslavo, se lo sport possa essere considerato un’isola separata da tutto il resto. Inoltre gli domanda se la proposta di Rublev, di donare tutto il prize-money dei Champhionship raccolto dai tennisti russi e bielorussi, qualora venisse concessa loro la possibilità di giocare, alle vittime del conflitto o le altre iniziative avanzate come quelle di far comunque disputare il torneo ai giocatori e alle giocatrici bannate, facendogli scendere in campo con indosso delle magliette in grado di trasmettere messaggi molto forti: “No War, Peace”; possano essere il giusto compromesso. La replica del vincitore in doppio dello US Open del ’70: “Io penso che questa sia una buona parola (isola) per rappresentare al meglio la situazione. Ovviamente nessuno vuole vedere la guerra. Quindi è abbastanza normale capire come Rublev non c’entri nulla con Putin, lui vuole soltanto giocare a tennis“. La chiacchierata, però, tra il direttore Scanagatta e il croato viene interrotta improvvisamente da un ospite a sorpresa, ma molto gradito: Viktor Troicki. Dopo il saluto dell’attuale Capitano di Coppa Davis della Serbia, uno che da Capitano ha vinto ben quattro volte la Davis (con la Germania nel 1988, nel 1989 e nel 1993; e con la Croazia nel 2005) chiosa in maniera definitiva: “Penso che questo possa essere un buon compromesso“.


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