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Decrescita felice e gioie in famiglia: Daniil Medvedev compie ventinove anni

Il campione moscovita vive bene il ridimensionamento nell’era di Sinner e Alcaraz. Daniil sorride fiero dei suoi successi, magari alla faccia di qualche “amico” che non ha vinto quanto lui...

Last updated: 14/02/2025 9:57
By Danilo Gori Published 11/02/2025
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5 Min Read
Daniil Medvedev - ATP Finals 2024 (foto X @ATPTour_ES)


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“Ritiro? Non ancora, amo il tennis e guadagno un sacco di soldi”, in effetti ha ragione lui. Se poi piano piano abbassi lo stress e vivi in maniera sostenibile, con un occhio sempre più indirizzato alla famiglia e alle gioie della paternità, perché fermarsi? Saggio e cinico, intelligente e irascibile, alto-alto e secco-secco come raramente se ne vedono sul court, Daniil Medvedev spegne ventinove candeline avendo pochi giorni prima rilasciando l’intervista sopraccitata a Rotterdam, quella che lo rilancia come esponente della teoria della “Decrescita Felice”. E Meddy ci si è messo di brutto a decrescere; non batte più un chiodo che è uno, non vince da Roma 2023, un successo, l’unico sul rosso, al quale sembrò credere poco persino lui.

Perché l’ironia, e l’autoironia, non gli hanno mai fatto difetto e ora lo proteggono e secondo noi lo inducono al sorriso mentre sbraccia malamente e si arrende al nuovo arrivato di turno che lo sfratta senza preavviso da un tabellone principale, uno dei tanti. Daniil sorride e perdona, forse non danzerà più dopo aver inflitto un nuovo scorno a Tsitsipas, ma sotto i baffetti e la barbula da busto di Nerone giovincello ridacchia e forse pensa maligno “io il mio Slam l’ho vinto, tu non ci arriverai mai”.

Nel 2025 ha perso due volte, dal giovanissimo Learner Tien a Melbourne e dal nostro Mattia Bellucci, e i due promettenti giovanotti ci perdoneranno se ricordiamo che la somma delle loro classifiche ci restituisce il numero 213. Tecnicamente il moscovita non cresce mentre intorno a lui il tennis fugge inesorabilmente; l’età avanza, le soddisfazioni extra-court si moltiplicano e lui sembra stia imbroccando la fase dell’ultimo Wilander, che all’indomani della vittoria nel 1988 a New York al cospetto del quasi invincibile Lendl, si svegliò chiedendosi: “E ora che faccio?”.

Wilander vinse a Palermo due settimane dopo ma smise di soffrire per essere al cento per cento sul campo da gioco. Tutti intorno a lui erano attoniti e lo stesso Mats aveva l’espressione triste di chi non sa più come comportarsi, se trascinare il proprio blasone in battaglie durissime contro avversari non degni di lui o se ritirarsi come zio Borg. Tanta tristezza non scompiglia l’espressione da monello del nostro eroe russo, spelacchiato come un Paperoga, come una volpe che di sicuro non disprezza l’uva che non ha potuto cogliere bensì gioisce per gli allori, non pochi, ventuno, che ha vinto con merito.

Daniil non è mai stato banale, adora l’amico e padrino di sua figlia Alisa Andrey Rublev e dice “non siamo amici ma ci rispettiamo” con Tsitsipas e Zverev; Daniil sbadiglia di noia con baby-Sinner fino al brusco risveglio di Melbourne, con Jannik che mette la freccia, nel match di finale come nel ranking. Daniil se la ride con l’altro fratello Bublik perché l’arbitro chiama hindrance mentre loro due scambiano tranquilli; sincero e furbone, Medvedev pretende ancora il suo spazio e ha ragione, perché in lui di certo alligna la curiosità di vedere come andrà questo 2025 durante il quale nessuno gli chiederà più di vincere un grande torneo e lui potrà muoversi in piena tranquillità, sereno e magari capace di assestare il colpaccio improvviso

“Il futuro è passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti” dice Vittorio Gassmann-Gianni Perego in “C’eravamo tanto amati”; è la frase dei rimpianti e delle occasioni perdute, della vita che abbiamo sognato e che ci è stata negata, o che magari ci siamo negati. Ma il buon Danilone non ha rimpianti. Sì, forse con Nadal in Australia… ma era pur sempre Nadal; “la mia vita va bene così” si sarà detto davanti alla birthday cake, “I did it My Way”.

Daniil il moscovita appartiene alla generazione degli anni Novanta, quella che ha pazientemente aspettato il tramonto senza fine dei Big Four, talmente rallentato da specchiarsi nell’alba dei talenti di inizio millennio, i nuovi pigliatutto Sinner e Alcaraz; ma chissà, forse ai suoi occhi oggi è un vanto fare parte del gruppo dei secondi, soprattutto quando in realtà hai saputo essere primo, diabolicamente primo al punto da sabotare la chimera del Grande Slam di Novak Djokovic nel 2021. E allora tanti auguri anche da noi Meddy, vecchio filosofo nell’era dei nuovi ventenni terribili.


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