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I dolori del giovane Holger: il fiatone di Rune nella corsa a Sinner e Alcaraz

Il danese è attualmente lontano dall'essere il terzo incomodo: gli scivoloni e le polemiche aumentano la distanza che lo separa da Jannik e Carlos

Last updated: 24/02/2025 12:24
By Manuel Ventriglia Published 20/02/2025
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8 Min Read
Holger Rune – ATP Rotterdam 2025 (foto: Carlo Casalini)

Tra i due litiganti, il terzo gode. Quando la lotta tra due contendenti è serrata, tanto serrata da sfinirsi e sfiancarsi reciprocamente, ecco sopraggiungere il terzo incomodo, colui che alla stregua di un puma sulle rocce è abile nell’attendere il momento giusto per prendersi la tanto agognata posta in gioco. Il soggetto in questione che vorrebbe calarsi nelle vesti di questo ruolo è Holger Rune, ma il danese allo stato dell’arte sembra essere più un gatto a cui hanno spuntato gli artigli, piuttosto che il sopraccitato felino da cui prende nome un’omonima casa di abbigliamento. I due da guardare a vista, invece, sono nientemeno che Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. L’azzurro e lo spagnolo hanno il passo di un ghepardo, e con un gatto di solito la corsa è alquanto impari.

Lo sport, nella fattispecie il tennis, ha sempre premiato questa tipologia di interpreti in una sorta di ricompensa per l’ottimo sviluppo delle qualità opportunistiche. La massima espressione è incarnata nella figura di Novak Djokovic, con l’etichetta di guastafeste di Federer e Nadal a fare da non meno importante corredo al curriculum da ventiquattro Slam. Proprio Nole è la sliding door di Holger, è il click che lo fa diventare Rune. O per lo meno sembrava. L’anno è il 2022, quello sul finire del quale riecheggia ancora il fragore della bomba Alcaraz, arrivata al massimo della detonazione talentuosa in quel di Flushing Meadow che lo ha visto incoronato nuovo re di New York.

Il pretendente già pare essersi seduto sul trono targato “Nuova Era” ma la finale di Parigi Bercy sembra rimescolare le carte, con quel Novak Djokovic di cui parlavamo prima a concedere l’endorsement dopo aver reso le armi. Holger Rune brilla in tutto il suo splendore, acceca il totem serbo dopo essere stato in vantaggio di un set e ha tutta l’intenzione di considerare il primo Master 1000 della carriera come un gustoso antipasto di quello che verrà. Peccato che il menù che ne viene non sia all’altezza, appagante per chiunque altro ma non per chi deve guardarsi le spalle da un altro cavallo rampante in ascesa. Si tratta di Jannik Sinner, lo stesso altoatesino battuto nella semifinale di Monte Carlo 2023 che gli sfrutterà solo un secondo posto dietro Rublev. Peccato che Jannik sul finale di stagione ingrani la marcia e con un ritornello alla Pezzali sembra dire “Ci sono anche io”.

Il 1000 in Canada e i due 500 di Shanghai e Vienna sono un trampolino di lancio mostruoso e un segnale inequivocabile: c’è un altro sceriffo in città. Il 2024 è indubbiamente l’anno del duopolio, il tandem famelico che con clemenza potrebbero lasciare le briciole agli avversari: apre e chiude Sinner con Melbourne e New York, nel mezzo Alcaraz con Wimbledon e Roland Garros. Roba da caricare a pallettoni la bile di chi come Rune sogna di stare nello stesso circoletto. Il danese prova a rimboccarsi le maniche, sicuro di avere i mezzi per contrastare i rivali e giocarsi le sue chance.

L’ultimo confronto con Sinner all’Australian Open 2025, comparato alla già citata semifinale di Monte Carlo 2023, restituisce quanto le parti si siano ribaltate e quanto attualmente sia distante Holger soprattutto da un’ottica di fiducia, consapevolezza e forza mentale. In terra monegasca fu abile il danese a irretire l’altoatesino nei momenti topici e portare il match dalla sua al terzo. A Melbourne, è bastato un Sinner palesemente gravato da una spossatezza fisica per avere la meglio in quattro set, dove prima dell’interruzione per sostituire la rete, l’inerzia sembrava completamente in favore dello scandinavo. Un epilogo che porta con sé una buona dose di frustrazione.

Un’insoddisfazione che si riflette anche in alcune dichiarazioni post-match quando, con tanto di allusione poco mascherata, si fece scappare: “Il suo Medical Timeout è durato troppo a lungo. Sinner è tornato molto bene in campo, non so cosa gli abbiano fatto”. Non proprio un trattato di sportività, di cui si poteva fare a meno. Quella nei confronti dell’azzurro non è sicuramente l’unica esternazione polemica di un ragazzo classe 2003 che sembra attualmente vittima di se stesso, perdendo troppo spesso il focus e che tra alti e bassi faccia fatica a proporre una continuità di rendimento all’altezza dei suoi indiscussi mezzi tecnici.

Eliminazione dolorosa nel confronto diretto con Sinner a parte, sembrava che la campagna di Melbourne avesse restituito a Rune parte di quelle certezze smarrite, come l’agonismo riversato in tutte le battaglie da cinque set vinte con Zhang, Berrettini e Kecmanovic. Ma la mente offuscata del danese, attualmente, sembra imitare le lucciole. Un’alternanza tra buio e luce che spesso lo porta a scivoloni, forse dettati da una programmazione di calendario poco mirata e oggetto di discussione.

Con il senno del poi non una trovata geniale prendere parte allo swing sudamericano subito dopo Rotterdam, con la città olandese lasciata con un pesante ko contro Pedro Martinez che gli lascia solo cinque game. Si torna sul rosso e le cose precipitano anche per certi versi. Prima di cancellarsi dall’ATP 500 di Rio de Janeiro per febbre, Rune diventa facile preda nella tana del padrone di casa, con Mariano Navone che accende Buenos Aires ed elimina il danese 6-1 7-6 con un tie break da horror giocato dal favorito dell’incontro. Un’altra prova non all’altezza che lascia strascichi per quanto riguarda le considerazioni del dopo gara, dove Holger ha da recriminare sulla qualità dei campi. Salvo poi ritrattare e assumersi tutta la responsabilità della debacle, è un’altra evidenza del momento poco felice di quello che fu il campione di Parigi Bercy.

Le 22 candeline che spegnerà il 29 aprile unite alla prodigiosa mano destra datagli in dote sono le credenziali più importanti per un fruttuoso reset da compiere il prima possibile, per non incappare nell’anatema della Lost Generation, per intenderci quella incompleta ridotta in macerie dai “Big Three” e incastrata nel duopolio italo-spagnolo. Sì, perchè mentre il danese è in crisi, c’è una batteria di giovani, Joao Fonseca per dirne uno, che sta facendo quello che Holger faceva un tempo: correre per il gusto di farlo, correre senza avere il fiatone per rincorrere.


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